Troppi segreti a Stonar Hall
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Troppi segreti a Stonar Hall - Sarah Westleigh
successivo.
1
Nella sua camera da letto Sebastian Tope, sprofondato in poltrona, con le folte sopracciglia aggrottate e le labbra contratte, esaminava il nuovo aspirante al posto di domestico.
Talia Marsh si teneva in disparte, le mani intrecciate davanti a sé. Alla cintura della sobria veste grigia era attaccato un mazzo di chiavi, simbolo delle sue mansioni. Quello era il terzo individuo che si presentava in risposta all'annuncio sul Kentish Times e, finora, pareva senza dubbio il più confacente.
«Sareste in grado di sollevarmi, giovanotto?» domandò bruscamente Tope.
«Sì, signore.»
«Datene prova. Aiutatemi a raggiungere il letto.»
Talia seguì la dimostrazione con occhio critico. Pringle, il valletto personale di Tope, aveva un'espressione scontenta e ansiosa: non gradiva affatto un'intrusione nei suoi compiti ma, essendo di struttura esile, non era in grado di provvedere in tutto alle necessità del padrone, uomo di fisico più che robusto e reso invalido da una brutta caduta da cavallo. Adesso che aveva potuto lasciare il letto, Tope aveva bisogno di un braccio vigoroso cui appoggiarsi. Erano occorse le forze riunite di Pringle, Jenkins l'anziano domestico, Rose la cameriera, e della stessa Talia per sistemarlo in poltrona.
Il giovane gli passò un braccio attorno alla vita e lo trasportò quasi di peso fino all'alto letto dove l'infermo sedette con un sospiro di sollievo. Quindi gli sollevò le gambe aiutandolo a sdraiarsi.
Adesso, comodamente sostenuto da diversi cuscini, Tope sorrise per la prima volta.
«Cominciavo a temere che non ci fossero più uomini gagliardi, in Inghilterra» borbottò. «L'unico che avevamo qui si è lasciato convincere ad arruolarsi nell'esercito di Sua Maestà. Temevo di dover ricorrere a uno dei giardinieri, tutti zoticoni. Il vostro nome, giovanotto?»
«Jack Hamilton, signore.»
«Hamilton, eh? E come mai un giovane aitante come voi aspira a questo posto di lavoro?»
Jack Hamilton si strinse nelle spalle. «Per avere pasti regolari e un tetto sopra la testa, signore.»
Si esprimeva con un accento un po' rozzo che a Talia parve curiosamente forzato.
«In tal caso come mai non andate sotto le armi?»
«L'ho fatto, signore. Alcuni anni fa. Congedato alla stipulazione della pace di Amiens. Ne ho avuto abbastanza di vedere morti e non voglio tornarci. Ma non è facile trovare da vivere onestamente.»
«Uhm, sì, capisco. E di dove siete?»
«Di Sevenoaks, signore. Nel Kent del nord.»
«La vostra età?»
«Ventisei anni, signore.»
«Bene. Quindici sterline l'anno oltre a vitto e allog gio. Mercoledì e domenica pomeriggio liberi. Dovrete aiutarmi a spostarmi, sbrigare commissioni e servire a tavola quando ho ospiti, il che non avviene spesso. Volete il posto?»
«Gliene sarei molto grato, signore» rispose gravemente Hamilton.
A Talia parve di scorgere il breve guizzo di qualche altra emozione su quel bel volto dal naso aquilino e dalle folte sopracciglia biondo scuro ma lo sguardo che affrontò il suo era franco e aperto. Gli occhi, notò, erano di uno strano color ambra che sfumava in verde azzurro attorno all'iride.
«Quando potete iniziare?» chiese Tope.
«Immediatamente, signore. Devo solo andare a ritirare la mia roba al King's Arms.»
Tope annuì. «D'accordo, siete assunto. Dopo di me, prenderete ordini dalla signora Marsh, che provvederà alla vostra sistemazione. Giusto, mia cara?»
Talia annuì, acutamente consapevole della mancanza di fede nuziale al suo dito. Tope aveva usato l'appellativo di cortesia accordato a tutte le governanti. «Certamente, signor Tope.»
Uscì, precedendo il giovane, e si avviò lungo il corridoio: figura ben eretta e austera nell'abito senza ombra di civetteria, i folti capelli castani ben raccolti e nascosti dalla cuffietta bianca. Una tenuta severa che si addiceva alla sua posizione autorevole e che doveva compensare la giovane età.
«Non male il vecchio, no?» commentò il nuovo domestico quando giunsero nell'ufficio di lei.
Talia si irrigidì. Nutriva grande affetto per il padrone di casa che la trattava con molta gentilezza e comprensione.
«Se non sapete mostrare il debito rispetto per il vostro datore di lavoro potete congedarvi anche subito, Hamilton. Ho la facoltà di licenziarvi e non esiterei a valermene.»
«Chiedo scusa, signora. Non intendevo proprio offendere» si affrettò a rispondere lui con un sorriso seducente che la mise subito in guardia. Perché mai quel giovanotto le ricordava tanto il perfido Varley? Forse per via dei capelli biondi e ondulati, o forse per l'insolenza emersa solo in quel momento e rimasta ben celata fino ad allora.
Il signor Tope aveva bisogno di lui, certo, ma lei avrebbe controllato che si comportasse ammodo. Sedette alla scrivania e ne squadrò l'alta figura. Gli indumenti erano grossolani ma puliti.
«Avrete bisogno di una livrea» osservò. «Se non ne troverò una della vostra misura, il signor Tope provvederà a ordinarla appositamente.»
«Grazie, signora.»
«Jenkins, che è da anni presso il signor Tope, vi mostrerà la stanza che dividerete con lui e vi spiegherà le abitudini della casa. Poi potrete andare a ritirare il vostro bagaglio, ma ritornate entro un'ora.»
«Certo, signora.»
Perché aveva la sensazione che quella deferenza fosse simulata?
«Il signor Tope cena alle quattro. Lo accompagnerete in sala da pranzo e aiuterete Rose e Jenkins a servire a tavola.» Così avrebbe potuto accertarsi se aveva esperienza come domestico. Ma comunque avrebbe imparato in fretta: quel giovanotto aveva l'aria sveglia, fin troppo. Sì, doveva tenerlo d'occhio.
Suonò il campanello e, quando Jenkins si presentò, gli affidò sbrigativamente il nuovo arrivato.
«Bene, è tutto, Hamilton» concluse. «Spero che vi troviate bene da noi. E, mi raccomando, badate a non irritare Pringle, il valletto del signor Tope, che è molto affezionato al suo padrone.»
«Farò tutto il possibile» rispose il giovane inchinandosi, e Talia ebbe l'impressione che almeno in quella promessa fosse sincero.
Mentre percorreva di buon passo il sentiero, Jack si disse che le cose non sarebbero potute andar meglio, salvo l'errore commesso nel tentare di ingraziarsi la burbera governante. Era troppo giovane per la posizione che aveva: per questo probabilmente aveva un atteggiamento così impettito. Se si fosse lasciata andare al punto di permettersi un sorriso, sarebbe stata piuttosto carina. Ma sarebbe dovuto stare attento a come si muoveva, con lei, se voleva conservarsi il posto e procedere nei suoi intenti.
Entrato nella locanda, ordinò due boccali di birra e andò a raggiungere un uomo seduto a un tavolo in un angolo in ombra. Questi accennò ad alzarsi, ma fu fermato da un gesto di Jack.
«Ecco qui le birre» annunciò l'oste lanciando un'occhiata nervosa al volto dell'altro, deturpato da una cicatrice che gli dava un aspetto sinistro.
«Devo restare qui, signore?» chiese l'uomo, quando furono soli.
«Sì, Sidney. Ho ottenuto il posto e ho bisogno di averti vicino.» L'accento rozzo era scomparso.
«Molto bene, signore» borbottò Sidney Barton. Poi confidò le sue angustie. «Ma questa gente ha paura della mia faccia.»
«Bevi, Sid, e non farci caso. La cicatrice ti viene dall'aver combattuto per il tuo paese, quindi hai la coscienza a posto.»
«Sì, signore. Dunque ora dovete tornare laggiù?»
«Infatti, mi hanno concesso un'ora di tempo. Devo servire a tavola.»
Sidney Barton ebbe un sogghigno che diede al suo povero volto un aspetto ancor più grottesco. «Mi piacerebbe assistere! Che tipo è il vecchio?»
«Diverso da come mi aspettavo. Non può camminare... una caduta da cavallo.»
«Ben gli sta, allora, no?»
«Forse.» Jack aggrottò la fronte. «Ma sembra una persona perbene. Facile da accontentare, direi. La governante invece è una vera arpia.»
«La conquisterete: non ho ancora incontrato una donna che sapesse resistervi.»
«Grazie, amico mio! Forse ci riuscirei se portassi i colori del mio reggimento.»
«Vorreste esserci ancora, maggiore?»
«No, sergente. Ho una battaglia diversa da combattere, adesso. E d'ora in poi ricordati di chiamarmi Jack altrimenti potrebbero nascere dei sospetti. Hai con te la mia roba?»
«Sì, signore... Jack.»
Poco dopo Jack si alzò e raccolse la sacca dall'angolo alle spalle di Barton. «Ci vediamo qui mercoledì pomeriggio. O forse anche prima, se mi affidano qualche incarico da svolgere in paese. Tu tieni gli occhi ben aperti.»
Barton annuì. «Buona fortuna.»
Nella sua nuova stanza trovò, disposte sul lettino di ferro, due livree: una di gala, con pantaloni al ginocchio e panciotto blu, camicia e calze bianche, giacca a falde grigio ferro e parrucca incipriata. E una più semplice, grigia e nera. Gli sarebbero andate bene?
Scelse la prima, visto che doveva servire a tavola: sì, la misura era giusta, quel suo predecessore doveva essere un uomo di buona corporatura. Mise anche la parrucca, facendo una piccola smorfia vedendone la fodera unticcia.
Nessuno l'avrebbe riconosciuto così abbigliato, rifletté, guardandosi nel piccolo specchio macchiato. Era improbabile che Sebastian Tope ricevesse persone che lo conoscessero, ma non si sapeva mai, e vedere quell'immagine di sé così diversa dal solito lo rassicurava.
Un profondo gong risuonò nella casa: doveva raggiungere il primo piano dove si trovavano la suite padronale e tutte le stanze principali. L'ufficio della governante, la cucina e gli altri locali di servizio erano invece al piano terra.
Mentre scendeva dall'attico lungo le scale della servitù, diede una sbirciata al secondo piano dove si trovavano le stanze dei bambini, da tempo in disuso, e quelle riservate agli ospiti. Lì si trovava anche l'alloggio della governante.
Bussò con decisione alla porta di Sebastian Tope e Pringle gli aprì.
«Oh, finalmente!» esclamò questi irritato.
«Dovevo cambiarmi» spiegò Jack in tono mite.
«Giusto» commentò Tope, dalla sua poltrona. «È della vostra taglia, direi. Come vi ci sentite?»
«Bene, signore. Forse è appena un po' stretta di spalle e torace.»
«Per il momento può andare. Adesso che siete arri vato, aiutatemi a passare su quell'arnese.»
L'arnese era una sedia a braccioli: alle gambe erano state applicate delle ruote e, allo schienale, due impugnature. Jack vi trasferì senza grande difficoltà il signor Tope.
«Che cosa orribile dover dipendere in tutto e per tutto dagli altri» mormorò questi mentre Jack lo sospingeva verso la porta. «Pregate il cielo di non perdere mai l'uso delle gambe, ragazzo mio!»
Per arrivare alla sala da pranzo bisognava attraversare il ballatoio e quindi la stanza da musica e il salotto. Sebastian Tope aveva profuso notevoli somme per rinnovare quei locali, notò Jack nel passare. Interventi svolti con autentico buon gusto, senza alcuna ostentazione di opulenza.
Le portate erano già disposte sulla tavola: la zuppiera della minestra, prosciutto in gelatina, pesce al forno, due piccioni stufati, vari contorni di verdure. Decisamente troppo per un uomo solo. E altro ancora sarebbe certamente seguito.
Schierati presso