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Solo per i tuoi occhi: Harmony Collezione
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Solo per i tuoi occhi: Harmony Collezione

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About this ebook

Doveva essere soltanto una visita di circostanza, per assicurarsi che, sei mesi dopo l'incidente in cui l'aveva coinvolta, Eleanor Rappaport si fosse ripresa. Appena entrato in casa, però, Jack MacAllister si rende conto della dura realtà: lei è rimasta priva della vista. Incapace di restare indifferente, si offe di aiutarla qualche ora tutti i giorni, scoprendo un feeling travolgente. Adesso dove troverà il coraggio di confessarle che è stato lui la causa del suo handicap?
LanguageItaliano
Release dateSep 9, 2016
ISBN9788858954485
Solo per i tuoi occhi: Harmony Collezione

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    Solo per i tuoi occhi - Lisa Bingham

    successivo.

    Prologo

    Jackson MacAllister gemette, il corpo che pulsava di mille dolori, il peggiore dei quali sembrava concentrato sopra il suo occhio sinistro. Inesplicabilmente, la sua mente era immersa in una densa nebbia emozionale, mentre i suoi occhi guardavano...

    Che cosa?

    Gli ci vollero diversi lunghi momenti prima di capire che il suo viso premeva contro qualcosa di morbido.

    Un pallone? No... un airbag.

    Un'ondata di ricordi lo assalì all'improvviso, insieme a una fortissima nausea. Per quasi tutta la giornata il tempo era stato freddo, con un vento gelido che aveva fatto scendere la temperatura ben sotto lo zero.

    Jack, che aveva lavorato per una troupe televisiva vicino a Estes Park, in Colorado, aveva atteso con ansia la fine del suo incarico per iniziare il suo lungo viaggio verso la California.

    Con tutta quella strada davanti e settimane di duro lavoro come stuntman dietro di sé, Jack aveva solo vo glia di uscire dal canyon.

    Fortunatamente, non c'era molto traffico alle otto di sera. Il brutto tempo aveva fatto partire prima la maggior parte degli sciatori.

    Jack fischiettava allegramente e sorseggiava il suo caffè caldo, ascoltando la musica soft che usciva dagli altoparlanti del suo nuovissimo pick-up. Ma d'un tratto, dopo una curva, si era trovato davanti una scena che aveva fatto svanire il suo buonumore.

    Illuminato dai fari di un'altra vettura, aveva visto un incidente che bloccava la strada proprio davanti a lui.

    Immediatamente il suo istinto aveva preso il sopravvento. Aveva frenato con cautela, cercando di sterzare, ma proprio quando cominciava a credere di avere la situazione sotto controllo, il pick-up aveva preso una lastra di ghiaccio e...

    Jack fece una smorfia, ricordando l'orribile stridore dei freni, l'apertura dell'airbag e il terribile colpo contro le altre macchine. Poi un urlo.

    Un urlo.

    In un istante la sua mente uscì dalla nebbia e Jack si mise immediatamente in movimento.

    Ignorando il corpo dolorante, si aggrappò alla maniglia per aprire la portiera, ma l'impatto aveva distorto il meccanismo, bloccandolo.

    Si girò e afferrò la cassetta degli attrezzi sotto al sedile posteriore, la aprì e prese un martello che avvolse in uno straccio...

    Bam!

    Il vetro andò in mille pezzi, e Jack, dopo aver preso anche la cassetta del pronto soccorso, scivolò fuori dal pick-up.

    Un camion doveva essere stato il primo veicolo a slittare sul ghiaccio ed era finito di traverso, colpito poi da una station wagon e da una utilitaria.

    Il cuore gli rimbombò dolorosamente nelle orecchie quando vide il danno che il suo pick-up aveva causato alla piccola vettura.

    «State tutti bene?» gridò alle persone che stavano cominciando a uscire dalla station wagon.

    «Credo di sì» rispose un uomo anziano.

    Guardando dietro di sé per assicurarsi che non stesse arrivando nessuno, Jack fece un segno alla coppia. «Toglietevi dalla strada!» gridò.

    «E gli altri?»

    «Vedo quello che posso fare. Voi state attenti al traffico in arrivo e avvisatemi se vedete dei fari che si avvicinano.»

    «Va bene» rispose l'uomo prendendo la moglie per un braccio e spingendola verso il ciglio della strada. «Andiamo, Martha. Da brava. Arrampichiamoci su quelle rocce, così saremo fuori tiro.»

    L'attenzione di Jack fu attratta da un movimento all'interno del camion.

    «Tutto bene?» gridò al guidatore.

    L'uomo aveva un braccio messo decisamente male e, perfino alla luce dei fari, era troppo pallido. Sicuramente si era rotto qualcosa.

    «Sì, bene. Solo una... botta.» Saltò giù dalla cabina del camion e, atterrando, gemette per il dolore. In una mano teneva un set di catarifrangenti e una dozzina di torce antivento. «Vado a marcare la strada. Ho anche...» Il viso gli si contrasse in una smorfia di dolore. «Ho anche chiamato la polizia e dovrebbero essere qui tra poco anche le ambulanze. Lei vada a controllare l'utilitaria. Mi era sembrato di aver sentito un... urlo.»

    Jack si fece strada tra le lamiere contorte della piccola vettura. Con orrore notò una pozza di carburante che si stava ingrandendo sull'asfalto.

    Aprì la bocca per chiamare il camionista, ma l'uomo si stava già arrampicando sulla collina e non c'era tempo da perdere.

    Jack guardò all'interno dell'auto. Una donna era accasciata sul volante, i lunghi capelli sciolti sulle spalle. Dalle condizioni della portiera, era ovvio che doveva aver cercato di uscire dalla macchina quando il pick-up di Jack aveva perso il controllo. Se Jack fosse andato a sbattere contro di lei solo qualche secondo più tardi...

    Non voleva nemmeno pensare a quella possibilità. Si avvicinò e bussò al finestrino.

    All'interno la donna si mosse, girandosi a guardarlo con occhi confusi.

    «Devo tirarla fuori da qui. Subito. Pensa di essere incastrata in qualche modo?»

    La donna scosse la testa, poi fece una smorfia di dolore, toccandosi la fronte dove il sangue colava da una ferita vicino all'attaccatura dei capelli.

    Jack provò ad aprire la portiera, ma senza risultato.

    «Si copra il volto con le mani e stia indietro, devo rompere il finestrino.»

    Il vetro andò in mille pezzi e Jack tese le braccia verso la donna. «Ce la fa a uscire? Il suo serbatoio perde e mi sentirei meglio se potessimo allontanarci da qui il più presto possibile.»

    Un'ondata di panico sconvolse i lineamenti della donna, che lo fissò a occhi spalancati.

    Jack notò che uno dei due aveva la pupilla più dilatata dell'altro. Con il mestiere che faceva Jack era abbastanza esperto da sapere che quello era un brutto segno. Trauma cranico.

    «M... mi fa male la testa. L'ho battuta contro il parabrezza» gemette lei.

    «Piano, allora. Faccia piano. L'aiuto io.»

    Appena fuori dall'auto, la donna svenne proprio tra le sue braccia, e Jack fece giusto in tempo a sollevarla e a portarla a distanza di sicurezza.

    La adagiò su un tratto erboso e la avvolse nel suo giaccone. Quindi le sollevò le gambe per riattivare la circolazione.

    La donna, che nel frattempo aveva ripreso i sensi, era scossa da brividi violenti, in parte causati dallo shock e in parte dal vento gelido che soffiava.

    «Come si chiama?»

    «Eleanor. Eleanor Rappaport.»

    «Bene, Eleanor, come va la testa?»

    «Mi fa male.» Strizzò gli occhi e li sbatté più volte. «Devo avere battuto contro il parabrezza mentre cercavo di uscire dalla macchina.» Si accigliò. «Mi sembra di averglielo già detto...»

    Jack sentì un nodo allo stomaco, sapendo che era accaduto per causa sua, visto che il suo pick-up era andato a sbattere contro l'auto della donna.

    «Le fa male qualcos'altro?»

    Eleanor scosse la testa. «No... sto bene, davvero. Non so per quale motivo mi sento così... scossa.»

    Lui le prese una mano e gliela strinse. «Non si preoccupi. Ha un bel bernoccolo che si sta gonfiando proprio sopra un occhio. Per forza si sente un po' confusa.»

    Aprì la borsa del pronto soccorso, prese una salviettina disinfettante e la passò sopra alla ferita sulla fronte. Con sollievo si accorse che probabilmente non ci sarebbe stato bisogno di mettere dei punti.

    Cercando di agire in fretta, pulì tutta la zona circostante e poi applicò una garza e un cerotto. Quindi le toccò nuovamente la fronte.

    La giovane donna era fredda. Fredda e molto pallida.

    All'improvviso aprì gli occhi, li strizzò, li tenne chiusi un altro istante poi li aprì di nuovo.

    «È tutto così annebbiato...»

    Jack si sentì stringere lo stomaco.

    «Non ci vede?»

    «Non riesco... a mettere a fuoco...»

    Era chiaramente agitata, così lui le sfiorò una guancia e le prese la mano.

    «Non si preoccupi. Probabilmente con un po' di riposo andrà tutto a posto» cercò di rassicurarla.

    «Lei non mi ha mai...» mormorò Eleanor, la voce debole e leggermente infantile, «... non mi ha mai detto come si chiama.»

    Lui le strinse la mano. «Jackson. Jackson Mac...» Si interruppe e alzò la testa. Da qualche punto dietro la collina si sentiva il suono delle sirene.

    «Le sente?» chiese. «Sta già arrivando qualcuno. Tra pochissimo si troverà sana e salva in ambulanza.»

    Ma quando la guardò per vedere se quella notizia le procurava un po' di sollievo, vide invece che Eleanor lo stava fissando a occhi spalancati, e il suo viso rifletteva orrore allo stato puro.

    «Jackson? Jackson!»

    «Sono qui, Eleanor» rispose lui in tono calmo, anche se il cuore gli batteva violentemente in petto e il suono delle sirene si faceva sempre più forte, esacerbando i suoi nervi, già provati dagli eventi di quella serata.

    «Sono qui» ripeté chiedendosi se stesse per perdere conoscenza. Chinandosi su di lei si rese conto che i suoi occhi spalancati non lo vedevano. Grosse lacrime le rigavano le guance.

    «Jackson, non ci vedo» singhiozzò. «Jackson! Non ci vedo!»

    1

    Sei mesi più tardi

    Jackson MacAllister si svegliò di colpo urlando nella camera d'albergo.

    Respirando con affanno si passò le dita tra i capelli, cercando di calmare il battito furioso della sua testa.

    Quel sogno, anzi quell'incubo, era ritornato, come sempre accadeva quando era stanco o sotto pressione.

    O quando si stava riprendendo da un brutto colpo.

    Si mise a sedere e accese la lampada sul comodino. Il suo corpo era dolorante per il lavoro della giornata precedente e gli scoppiava la testa, quasi come se dovesse frantumarsi per la pressione.

    Si alzò a fatica e barcollò in direzione del bagno. Prese la boccetta delle aspirine dall'armadietto sopra il lavabo e ne ingurgitò quattro, accompagnate da un bicchiere d'acqua del rubinetto.

    Solo allora cominciò a rilassarsi.

    Non voleva ripensare al sogno, o alla donna che gli era sembrata così reale, e si avvicinò alla finestra. Scostò le tende e guardò fuori. Era quasi l'alba e una strana luce illuminava il Lincoln Memorial.

    Era passata ormai una settimana da quando la sua automobile si era praticamente disintegrata durante una scena spettacolare del film che stava girando come stuntman, e che si intitolava Giustizia Selvaggia.

    La scena era stata girata tre volte durante il primo mese di produzione, ma dato che il regista aveva speso solo un quarto di milione di dollari in più del bilancio previsto, aveva deciso di festeggiare l'avvenimento espandendo la scena dell'inseguimento finale.

    Jack fece una smorfia pensando all'ironia di tutta quella situazione. Naturalmente il regista aveva deciso che la ripresa che mostrava l'incidente era meraviglio sa!, come se Jack avesse programmato in anticipo di perdere il controllo dell'auto e di finire cappottato contro un idrante rotto. Se non fosse stato trasportato immediatamente all'ospedale, Jack lo avrebbe preso per il collo, lo avrebbe sbattuto contro il muro e lo avrebbe massacrato di botte per aver piazzato un cameraman proprio in mezzo alla strada, senza avvertire nessuno. Invece, mentre si trovava ancora al Pronto Soccorso, aveva ricevuto la notizia che le riprese erano finalmente terminate.

    Tuttavia la rabbia che aveva provato nei confronti del regista non era passata e aveva dovuto fare uno sforzo per imporsi di non dirgli niente di offensivo.

    John Palermo poteva anche essere un idiota, ma

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