Coccole al cioccolato (eLit): eLit
By Raye Morgan
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Raye Morgan
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Book preview
Coccole al cioccolato (eLit) - Raye Morgan
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Daddy for her Sons
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2013 Helen Conrad
Traduzione di Daniela Alidori
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-108-5
1
Un incubo. Ecco cos’era. O, forse, stava sognando. Ma che cosa si era aspettata da un appuntamento al buio?
Jill Darling non era una timida verginella, ma il suo viso era diventato paonazzo. L’uomo stava cercando di... no, era impossibile. E comunque, per avere la certezza, doveva dare un’occhiata sotto al tavolo. E quello avrebbe provocato una scenata. Che lei non poteva permettersi. Conosceva tanta gente in quel ristorante.
Ma... era davvero il piede di quel tizio che le stava accarezzando la gamba?
Continuava a parlare, il respiro caldo che le soffiava sul collo. Cercò di spostarsi, ma era intrappolata contro la fioriera che le solleticava il naso con le sue foglie di palma. Erano nella sala del più esclusivo albergo della città. Le tovaglie erano di lino irlandese, le posate d’argento e un piccolo complesso suonava per le coppie che ballavano in un angolo del locale.
Bevve un lungo sorso d’acqua, poi lo guardò. Si sforzò di sorridere, ma sapeva che era un sorriso tremulo e poco convincente, ammesso che lui si fosse degnato di notarlo.
Si chiamava Karl Attkins ed era il fratello di una sua amica. Era piacevole di aspetto, ma freddo di modi, come se lei fosse una delle tante. Doveva chiedergli del piede? E forse avvisarlo di non perdere di vista la scarpa? Non sarebbe stato facile recuperarla in quel salone affollato.
Oh, Signore, adesso stava usando l’alluce. Doveva dirgli qualcosa, se non voleva che la gustosa bistecca che aveva appena mangiato le tornasse su, insieme al vino che aveva bevuto nel tentativo di tenersi occupata. Trasse un profondo respiro e cercò di pensare al modo migliore di fermarlo, senza risultare offensiva.
Per fortuna lui le fornì un’ottima via d’uscita.
«Vuoi ballare?» le chiese a quel punto aggrottando un sopracciglio, come se fosse consapevole del proprio fascino.
Ballare? La sola idea la disgustava. Però, era meglio del piede che la accarezzava di nascosto.
«Certo» mormorò, armandosi di coraggio.
Si impose di mantenere il sorriso forzato che la accompagnava dall’inizio della serata e lo seguì sulla pista, lanciando un’occhiata furtiva all’orologio che aveva al polso per sapere quanto sarebbe durata quella tortura. Doveva resistere ancora un po’ se voleva che le amiche che le avevano organizzato quell’incontro credessero che ci aveva provato sul serio.
Oh, Mary Ellen, gemette in silenzio mentre Karl la faceva volteggiare sulle note di un tango argentino. Ti voglio bene, ma questo è un prezzo troppo alto da pagare per la tua amicizia.
«Jill, devi farlo» le avevano imposto le amiche. «Devi ributtarti nella mischia. È più di un anno da quando Brad... insomma, da quando sei rimasta sola.» In effetti, stavano per succedere dei cambiamenti che l’avrebbero resa più vulnerabile. Sua sorella si sarebbe trasferita di lì a poco e la sorellastra più piccola era morta da un paio di settimane. La solitudine incombeva minacciosa sulla sua vita ed era per quello che aveva accettato quell’appuntamento al buio.
«Il tempo corre veloce» l’aveva ammonita un’altra amica. «Non puoi permetterti di stare a guardare. Non essere codarda. Esci e combatti!»
Combattere? Per cosa?
«Per un uomo, naturalmente» aveva ribattuto Mary Ellen. «A una certa età, non si presentano più a frotte. Hai delle avversarie sempre più giovani e agguerrite.»
«Ma io...?»
«No! Non puoi arrenderti!» era intervenuta Crystal. «I tuoi bambini hanno bisogno di una figura maschile in casa.»
Mary Ellen le aveva lanciato un’occhiata gelida. «E poi non vuoi darla vinta al vecchio Brad, vero?»
Il vecchio Brad. Certo che non voleva dargliela vinta.
Ma dove avrebbe trovato qualcuno disposto a uscire? Mary Ellen conosceva l’uomo adatto a lei.
«Mio fratello Karl è un tipo allegro» aveva detto in tono leggero. «Ti rimetterà in pista. Ha così tanti amici. Vedrai, tra una settimana il tuo telefono squillerà senza sosta.»
Un appuntamento romantico. Si ricordava come batteva forte il cuore mentre aspettava che il ragazzo di turno suonasse alla porta, le pause, i timidi silenzi, il modo in cui gli occhi si incontravano poi si abbassavano velocemente. L’ansia che la baciasse sulla soglia. E la paura che non lo facesse.
Divertente!
Ma era passato un secolo da allora. Adesso era più vecchia, si era sposata e aveva due bambini. Perciò, sapeva come andavano le cose. O, almeno, così pensava.
Mai si sarebbe aspettata quell’incubo.
Per fortuna, il vestito che indossava era carino e non aveva molte occasioni per sfoggiarlo. Un abito azzurro, coperto di lustrini che brillavano a ogni movimento, facendola sentire sexy e attraente. Peccato che fosse in compagnia di un uomo che invece di guardare lei passava il tempo ad ammirarsi allo specchio.
Il tango era finito. Jill si girò verso il tavolo con un sospiro di sollievo, ma Karl le afferrò la mano libera e la fece voltare. Il complesso stava suonando un cha cha cha. «Ehi, mambo!» esclamò cominciando a seguire il ritmo, anche se non distingueva una danza latina da un’altra.
Jill aveva una decisione da prendere. Poteva accettare di ballare o tornare a sedersi e sopportare quel piede viscido sulla gamba.
A quel punto scelse la soluzione meno raccapricciante e si lasciò trasportare.
Poi alzò gli occhi e vide Connor McNair che la fissava con orrore.
Il sangue le si raggelò nelle vene.
Connor. Oh no.
Primo, la innervosiva che chiunque la conoscesse potesse vederla in quello stato. Secondo, c’era anche Brad con lui?
Si guardò intorno in fretta, e ringraziando il cielo non vide traccia del suo ex marito. Connor doveva essere venuto in città da solo e alloggiava in quell’albergo. Però era sempre il miglior amico di Brad e quasi sicuramente gli avrebbe riferito che l’aveva incontrata con quel tizio.
Connor le stava mormorando qualcosa, ma lei non riuscì a leggergli le labbra. Cosa stava cercando di dirle?
Comunque, stava venendo verso di loro. Perché? Si guardò intorno, cercando una via di fuga.
«Posso interrompervi?» chiese a Karl, in tono educato ma secco.
«No. Trovati un’altra ragazza» rispose Karl, aggrottando la fronte minaccioso. E come per rimarcare le sue parole, afferrò Jill e la attirò più vicina.
Lei guardò Connor oltre la spalla. Lo conosceva da sempre, e in un certo senso era un porto sicuro. Ma non aveva voglia di confrontarsi con qualcuno vicino a Brad. Il dolore dell’abbandono bruciava ancora e non voleva che gli amici del suo ex intuissero la sua sofferenza.
Così lanciò un’occhiataccia a Connor. Per fargli capire che non aveva bisogno di lui, né del suo aiuto. Se la cavava benissimo da sola.
E si stava divertendo. Forse.
Dimenò i fianchi, facendo ondeggiare i lustrini, e si sforzò di sorridere a Karl affinché Connor lo raccontasse a Brad, se era quello che aveva in mente.
«Mambo!» gridò, facendo il verso a Karl.
Connor la osservò incredulo mentre indietreggiava a bordo pista, ma non se ne andò. Il ballo successivo era un semplice passo a due, ma quello significò che le braccia di Karl la strinsero ancora di più e lei non riuscì a nascondere il fastidio.
Che non sfuggì a Connor. Era molto bello, nella camicia bianca con i pantaloni neri che sembravano cuciti addosso.
Ma non aveva un tavolo dove andare a sedersi? Doveva per forza stare lì in piedi a fissarla? Mordendosi il labbro, Jill cercò di mantenerlo fuori della sua visuale e di dimenticare la sua presenza.
Ma lui tornò, toccando il gomito destro di Karl e obbligandoli a smettere di ballare.
«Scusami tanto» disse con voce seria. «È tua la BMW argento nel parcheggio?»
Karl sbatté le palpebre. Gli occhi si strinsero sospettosi, ma non poté ignorare la domanda.
«Sì, perché?»
Le sopracciglia di Connor si sollevarono in un’espressione di rammarico. «Mi spiace, ma temo che la tua auto sia in fiamme.»
Karl mollò Jill come se fosse una patata bollente e si girò verso Connor. «Cosa?» urlò, l’angoscia che gli contorceva il viso.
Connor cercò di mostrargli tutta la sua comprensione. «Credo che abbiano chiamato i pompieri, ma immagino che tu voglia andare a controllare...»
Non fu necessario aggiungere altro. Nello spazio di un minuto Karl era già fuori.
Connor prese Jill per un braccio, con l’aria seccata quando lei si dimenò nel tentativo di liberarsi.
«Dai» sbottò con impazienza. «Conosco un’uscita sul retro.»
Jill scosse la testa. «Non... io non posso andare via così.»
Connor la guardò dall’alto della sua statura e di colpo sorrise, cogliendola di sorpresa. Si era dimenticata quanto fosse affascinante. Era come riscoprire un giocattolo abbandonato in soffitta. Il vecchio affetto rischiò di avere il sopravvento, ma lei lo soffocò e si ritrasse.
«Perché no?» le chiese lui. «Vuoi passare le prossime due ore con quel tipo?»
Jill tentò di resistere e di mantenere l’espressione di biasimo. Se fosse andata via, cosa avrebbe detto alle amiche?
Ma alla fine, quel sorriso familiare ebbe la meglio. «Preferirei ingoiare un rospo» ammise con sincerità.
«Allora, andiamo.» La guidò gentilmente attraverso il locale, fermandosi solo per permetterle di recuperare la borsetta sul tavolo, e sulla porta ammiccò al cameriere mentre gli elargiva una generosa mancia.
«E la BMW?» chiese Jill, tormentata dal senso di colpa. «Ama quella macchina.»
«Non preoccuparti» tagliò corto lui spingendola verso la sua vecchia Camaro truccata che lei ricordava molto bene, e le aprì