Inganno e redenzione: Harmony Collezione
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Presto però Liev scoprirà che la vendetta non è dolce come la passione, e che la bella Bianca è davvero innocente come sembra.
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Inganno e redenzione - Rachael Thomas
successivo.
1
Bianca Di Sione cercò con lo sguardo sua sorella Allegra fra le persone che affollavano la sala conferenze. Il vocio stava diventando sempre più intenso man mano che la grande stanza si riempiva, ma lei lo notò appena. La sensazione che sua sorella avesse dei problemi non accennava ad attenuarsi. Non che Allegra le avesse detto qualcosa al riguardo. Non era da lei confidarsi, nemmeno con i suoi familiari.
Infine la vide camminare verso il palco, e la sua impressione s'intensificò. Allegra era evidentemente tesa e aveva il viso pallido, e ora lei stava per darle altre preoccupazioni, pensò, pungolata dai sensi di colpa. Ma aveva bisogno di parlare con qualcuno della malattia del nonno, e sua sorella era sempre stata pronta ad ascoltarla. Allegra aveva assunto il ruolo di capofamiglia sin da quando i loro genitori avevano perso la vita in un tragico incidente d'auto; al tempo erano tutti dei bambini, e da allora era stata una presenza sicura e costante per i suoi fratelli.
Allegra cominciò il suo discorso, ma proprio lei non riusciva a concentrarsi, si rese conto Bianca. Continuava a ripensare alla richiesta che le aveva fatto il nonno poco più di una settimana prima. Non aveva voluto stressarlo domandandogli maggiori informazioni al riguardo, ora però desiderava averlo fatto. Perché per dare avvio alle sue ricerche, poteva basarsi solo sulla favola dei Perduti Amori, quella che il nonno Giovanni aveva raccontato a lei e ai suoi sei fratelli innumerevoli volte durante gli anni.
Giovanni aveva già chiesto ad altri nipoti di recuperare per lui uno dei Perduti Amori, oggetti molto preziosi che apparentemente aveva venduto una volta arrivato in America per procurarsi il denaro necessario per fondare la Di Sione Shipping. Oggetti che il nonno aveva sempre definito come la legittima eredità della famiglia.
«Signorina Di Sione... Che piacevole sorpresa.»
Sottratta al filo delle sue riflessioni da quella voce maschile profonda e dal marcato accento straniero, Bianca si girò e si ritrovò faccia a faccia con Liev Dragunov.
Molto elegante nella giacca scura, gli occhi grigi che scintillavano enfatizzando i lineamenti duri ma perfetti del suo viso, era affascinante e imponente esattamente come lo era stato il primo giorno in cui lo aveva visto, quando l'aveva contattata per assumerla.
No, capì Bianca, non poteva affrontarlo, non in quel momento. Ma quell'uomo davvero non poteva accettare un no come risposta?
«Signor Dragunov, spero che lei sia qui per dei buoni motivi» replicò a disagio, proprio come lo era stata una settimana prima, quando lui era entrato nel suo ufficio. Quella persona le comunicava un profondo turbamento, per quanto non fosse in grado di identificarne la ragione.
«Non faccio mai niente senza un buon motivo» dichiarò lui.
Non era immune al suo fascino, capì Bianca mentre lo osservava, una consapevolezza che servì solo ad agitarla di più. Raddrizzò le spalle, come nell'inconsapevole tentativo di bilanciare la sua imponente altezza. «Il che è possibile, ma quale ragione potrebbe averla portata qui, signor Dragunov?» domandò. «Ginevra è molto distante da New York» aggiunse, costringendosi a sostenere il suo gelido sguardo e ad assumere quell'atteggiamento sicuro che era di fondamentale importanza nel suo lavoro.
«Poiché ho elargito una cospicua somma alla Di Sione Foundation, ho reputato opportuno controllare di persona come sarà usata» spiegò lui, avanzando di un passo per annullare la distanza che li separava.
«Forse è interessato a creare nuove opportunità di lavoro per le donne dei paesi in via di sviluppo?» ipotizzò Bianca, il tono scettico. Era possibile che avesse approfittato della conferenza per avere la possibilità di avvicinarla, eppure era stata molto chiara quando gli aveva detto di non potersi occupare della sua campagna pubblicitaria, rifletté.
Strinse la sua cartella al petto, incapace di capire perché quell'uomo la innervosisse e la eccitasse tanto al contempo. Era come se riuscisse a suscitare in lei emozioni profonde, un'impresa in cui tutti avevano fallito. Di conseguenza la sua reazione era difendersi... Ma da cosa?
Già stava incontrando difficoltà nel formulare un discorso di senso compiuto, esattamente come le era successo quando lo aveva ricevuto nel suo ufficio. In quell'occasione aveva dato la colpa della sua confusione alla richiesta del nonno, ora però quella scusa non reggeva. Liev Dragunov era un avversario da non sottovalutare, uno però che al momento non aveva la forza per combattere.
Continuò a sostenere il suo sguardo con l'intenzione di non concedergli alcun vantaggio. Aveva imparato quel trucco già quando era molto giovane, cioè esibire un atteggiamento calmo e controllato nonostante l'agitazione interiore. In realtà le era già capitato di sentirsi a disagio al cospetto di un uomo, ma mai quel fenomeno aveva assunto proporzioni simili. Ovviamente il milionario russo non avrebbe mai saputo di essere in grado di resuscitare tutte le sue antiche insicurezze grazie a una sola, glaciale occhiata.
«No, ma sono interessato a lei» replicò lui.
Una risposta diretta che la colse in contropiede. Solo una volta un uomo era stato così esplicito nei suoi confronti, e lei era caduta nel tranello. Dopo dieci anni, l'umiliazione subita la sera del ballo di fine anno le bruciava ancora, ravvivata adesso da un virtuale sconosciuto del quale istintivamente non si fidava, ma da cui era attratta come una falena dalla fiamma.
Cosa aveva Liev Dragunov di tanto speciale?, si chiese Bianca; poi mentalmente scosse la testa. La sua vita al momento era troppo frenetica per sprecare tempo prezioso in inutili congetture. «Le ho già spiegato la settimana scorsa che non posso rappresentare la sua azienda» affermò, forse più bruscamente di quanto avrebbe voluto.
«Non le credo» precisò Liev, sporgendosi in avanti.
Un soffio del suo dopobarba le solleticò le narici. Era come incatenata dal suo sguardo, si rese conto Bianca. All'improvviso sembrava incapace di far arrivare aria ai polmoni. Ma proprio quando si convinse di non essere più in grado di ostentare la sua maschera di indifferenza, lui arretrò di un passo.
«E sono certo che nemmeno lei ci creda» sottolineò Liev.
Adesso il tizio stava esagerando, decise Bianca; probabilmente avrebbe dovuto chiamare gli addetti alla sicurezza per farlo accompagnare all'uscita. Però aveva donato un'ingente somma alla fondazione di sua sorella, giusto? Dunque non poteva trattarlo in quel modo. Allegra non aveva bisogno di altre preoccupazioni solo perché un milionario prepotente e borioso non sapeva accettare un rifiuto, di conseguenza avrebbe dovuto risolvere la situazione personalmente. Gli avrebbe spiegato, con molta pazienza e ancora una volta, di essere impossibilitata a lavorare per lui poiché era un rivale in affari del suo cliente più importante.
In qualche modo doveva farglielo capire.
«Non scherzavo, signor Dragunov» dichiarò, indossando di nuovo quella maschera professionale cui sempre faceva ricorso quando qualcosa la disturbava emotivamente. «Purtroppo adesso non ho proprio il tempo per continuare questa discussione, ma la esorto a prendere un appuntamento con la mia segretaria in modo da poterci incontrare di nuovo a New York. E ora, se vuole scusarmi, mia sorella mi aspetta» concluse mentre dalla sala si levava un applauso che sottolineava la fine dell'intervento di Allegra.
Dragunov continuò a fissarla, quasi stesse tentando di leggerle l'anima, quasi sapesse da cosa lei stava fuggendo. Quel tizio probabilmente immaginava quale effetto avesse su di lei e la cosa non le piaceva, non le piaceva affatto, decise.
«Venga a cena con me questa sera, signorina Di Sione. Se dopo non avrà cambiato idea sulla possibilità di rappresentare la mia azienda, le prometto che non insisterò oltre.»
Cena? Con lui? E perché il cuore aveva preso a martellarle nel petto a quella prospettiva?
«La mia risposta sarebbe la stessa» ribadì Bianca, ostentando un'indifferenza che era ben lungi dal provare. In fin dei conti, non era mai stata invitata a cena da un uomo.
«In questo caso, avremmo almeno avuto il piacere di godere per un paio di ore della compagnia reciproca» commentò lui, un sorrisetto che gli aleggiava sulle labbra.
Chissà se era capace di un vero sorriso, si chiese Bianca. Un'espressione che gli avrebbe illuminato il viso dai lineamenti duri, rendendolo ancora più irresistibile. «Se acconsentissi» iniziò, pur non riuscendo a spiegarsi perché stesse giocando con il fuoco così sconsideratamente, «lei scoprirebbe solo di aver sprecato una serata.»
«È un rischio che sono pronto a correre» precisò Liev.
Questa volta aveva sorriso davvero, e non si era sbagliata, rifletté Bianca. Aveva un sorriso assassino in grado di evocare desideri del tutto inappropriati, in particolare per lei. «Quello che sto tentando di dirle è che io non cambierò la mia opinione, per nulla al mondo» dichiarò.
«Solo una cena, signorina Di Sione» ripeté Liev. «Lei alloggia in questo albergo, giusto?»
Aveva sollevato un braccio per guardare l'orologio che portava al polso e suo malgrado Bianca si ritrovò a fissare la sua mano. Una mano forte, dalle dita lunghe e abbronzate. «Sì» confermò insospettita. Apparentemente sapeva troppe cose sul suo conto, e a quel punto voleva scoprire il perché di tanta insistenza.
«Ci vediamo nella hall alle diciannove e trenta» concluse Liev.
Aveva parlato con un tono che non ammetteva repliche, ma si sbagliava, pensò Bianca, e di molto. Perché in quella determinata circostanza era lei ad avere il coltello dalla parte del manico. «Non credo sia una buona idea» sentenziò. C'era qualcosa in lui che lo differenziava da qualsiasi altro uomo avesse conosciuto in precedenza, ma non riusciva a identificare cosa. Ovviamente, dopo il loro incontro a New York aveva condotto qualche ricerca sul suo conto, cosa che faceva di solito per ogni possibile nuovo cliente, ma non aveva scoperto nulla di importante, o perlomeno nulla che le sconsigliasse di rifiutare la sua proposta di lavoro oltre al fatto che era uno dei più temibili avversari professionali di suo fratello, titolare di un'azienda di grande successo, l'ICE.
«Una cena di affari è tutto quello che le chiedo» puntualizzò Liev, lo sforzo di mantenere calmo il tono della voce adesso evidente. «Onestamente spero ancora di poterla persuadere a rappresentarmi.»
«Questo non sarà mai possibile...»
«Solo una cena» la interruppe lui.
Un sorrisetto soddisfatto che gli incurvava gli angoli della bocca, Liev osservò Bianca mentre valutava la sua proposta. Finalmente era riuscito ad aprire una crepa nell'armatura della bella principessa di ghiaccio, pensò. I suoi precedenti tentativi, strettamente professionali, erano falliti ma infine, come succedeva con tutte le donne, la promessa di una cena a lume di candela era bastata per risolvere il problema.
Aveva avuto l'idea vedendo sulla scrivania di Bianca il catalogo di un'asta di gioielli. Se era così frivola da provare tanto interesse per le pietre preziose, non avrebbe rifiutato una cena in un ristorante lussuoso ed esclusivo, per quanto offerta con la scusa di un incontro di lavoro.
Quando l'aveva invitata un'immagine non desiderata si era dipinta nella sua mente: Bianca seduta davanti a lui, i lunghi capelli castani liberi di accarezzarle le spalle, lo splendido viso appena illuminato dalla debole fiamma delle candele. Una visione che gli aveva fatto divampare un fuoco dentro, e no, non era una reazione accettabile.
Con determinazione respinse quei pensieri perché desiderare fisicamente Bianca Di Sione non faceva parte del piano. La strategia invece prevedeva di assumerla come PR solo per fare il primo passo verso il suo scopo finale. Lei era un mezzo necessario per raggiungere un traguardo, nulla di più.
«Solo una cena, questo è tutto» ribadì Bianca.
«Ha la mia parola.»
«Perché dovrei fidarmi? Io non la conosco, signor Dragunov. Anche se lei è proprietario di una multinazionale, è molto difficile trovare informazioni sul suo conto.»
Così aveva condotto le doverose ricerche del caso, ragionò Liev. Pur rifiutando la generosa somma che le aveva offerto, era comunque abbastanza interessata da volerne sapere di più. Come sempre, erano i soldi a fare la differenza. «Lo stesso potrei dire di lei, signorina Di Sione» affermò. Era un esperto nell'arte della riservatezza e a giudicare da come gestiva il