Una ballerina per lo sceicco: Harmony Collezione
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Susan Stephens
Autrice di origine inglese, è un ex cantante professionista oltre che un'esperta pianista.
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Una ballerina per lo sceicco - Susan Stephens
successivo.
1
Il locale notturno posto di fronte al ristorante stellato dove stava cenando con l'ambasciatore fu una scelta infelice. Avrebbe dovuto sapere cosa aspettarsi una volta che il suo staff aveva prenotato il tavolo preferito dell'ambasciatore.
Si trovavano a Soho, nel West End di Londra, dove gli strip-club coesistevano allegramente con i locali più esclusivi. Shazim aveva ceduto al desiderio dell'ambasciatore, un suo vecchio amico, di andare a cenare in quel ristorante. Il rovescio della medaglia era che si era unito a loro anche il figlio del diplomatico, che sembrava aver superato ampiamente il traguardo dei trent'anni. Le ragazze che ballavano nel club sull'altro lato della strada avevano catturato la sua attenzione. Shazim trovava intollerabile non solo la sfacciata mancanza di buone maniere, ma anche la petulanza del giovane.
Qualunque cosa fosse successa, non gli avrebbe permesso di molestare le ragazze.
«Hai finito di mangiare?» L'uomo lo guardò implorante. «Possiamo fare una capatina al di là della strada?»
Sembrava un cane al guinzaglio. Shazim dovette afferrare un bicchiere per evitare che cadesse quando il figlio dell'ambasciatore si alzò barcollando dal tavolo nella fretta di uscire dal ristorante.
Lo fermò alla porta.
Le guardie del corpo lo accerchiarono, ma con uno sguardo le fece allontanare.
«Non sei un po' vecchio per queste cose?» Piegò quindi il capo verso le finestre rosa del club, dalle quali si intravedevano ombre di figure sfocate.
Vennero raggiunti anche dall'ambasciatore, con un'espressione preoccupata dipinta in volto.
«Vai con lui, Shazim» lo pregò. «Fai in modo che non si cacci nei guai. Ti prego lo farai, vero? Per me?»
Dopo aver incaricato uno del team di riportare a casa il diplomatico, Shazim rifilò un mazzo di banconote al maître poi seguì il figlio fuori dal ristorante.
Oh, per l'amor del cielo! Tutto quello era ridicolo. La sua amica Chrissie non era di certo poco formosa, ma non aveva nemmeno un seno troppo generoso, pensò Isla mentre cercava di strizzare l'ampio décolleté nel microscopico top. Se qualcuno le avesse chiesto quale fosse la cosa al mondo che meno desiderasse fare, sarebbe stato proprio il cercare di sembrare provocante di fronte a una platea di uomini. Tuttavia, Chrissie era una sua ottima amica e quella notte aveva avuto un'emergenza in famiglia.
Il passato avrebbe potuto toccarla e ferirla di nuovo solo se gli avesse permesso di farlo e quello notte non sarebbe successo, promise a se stessa. La morte della madre diciotto mesi prima l'aveva lasciata profondamente turbata e quello che era successo dopo il funerale la faceva ancora vacillare, ma quella era la notte di Chrissie e lei avrebbe portato avanti il suo lavoro, se solo fosse riuscita a domare le proprie forme. Era la prova vivente che una semplice e robusta donna non poteva trasformarsi in una minuta fatina in una sola notte. Era una studentessa di veterinaria con i piedi ben piantati per terra. Non era per niente alla moda o curata e lo stato delle sue unghie ne era la prova. L'unica cosa positiva era che il vestito era magnifico: amava i lustrini e il top rosa scuro era splendidamente decorato con perline di cristallo luccicanti. Sarebbe stato perfetto su Chrissie e su qualunque donna con un corpo nella media, ma come sarebbe apparso sul proprio fisico prorompente? Sembrava un panino imbottito pressato in un sacchetto luccicante. Uno dei tanti lavoretti che lei faceva per pagare la retta universitaria era quello di seguire una classe di bambini iperattivi durante la lezione di ginnastica nella palestra dell'ateneo. Tuttavia, per quel lavoro doveva indossare un reggiseno sportivo e non quell'improbabile bikini. Per la prima volta nella sua vita, l'avere un corpo flessibile non le appariva solamente un vantaggio. Non avrebbe mai accettato di esibirsi quella sera se il bisogno di Chrissie non fosse stato più grande della sua paura di non essere capace di attrarre un uomo.
Molto tempo prima le era stata infatti lanciata quella sgradevole accusa, che l'aveva resa insicura di sé. Si concentrò nel rifare i passi dello spettacolo natalizio della palestra, sperando così che le preoccupazioni potessero svanire. Smettila di agitarti ed esci dal camerino...
«Fuori tra cinque minuti!» la informò una voce maschile.
Cinque minuti? Avrebbe avuto bisogno di cinque ore per risolvere quel disastro! Si diede un'ultima occhiata allo specchio, con la vana speranza che il seno si fosse ridotto.
«Sono pronta!» urlò di rimando, infilandosi con dita tremanti le scarpe dal tacco alto. Se le sarebbe levate dopo l'inizio dello spettacolo, dato che Chrissie le aveva detto che la prima impressione era tutto quello che importava agli spettatori e lei non voleva deludere l'amica.
Governare un paese comportava degli obblighi di cui Shazim avrebbe fatto volentieri a meno. Sopportare il figlio di un fedele suddito ed entrare in un locale notturno per evitare che flirtasse con una delle ragazze era tra questi. La maggioranza dei locali vietava qualunque contatto fisico con le ballerine, ma il figlio dell'ambasciatore era solito comportarsi come desiderava, salvo poi farla franca grazie all'immunità diplomatica.
Mentre avanzava a fatica tra la folla di uomini nel surriscaldato club, ripensò al proprio fratello maggiore e alla sua grande forza d'animo per aver accettato di accollarsi il peso del potere. C'erano infatti molte cose nell'essere un sovrano che non erano per niente piacevoli. Shazim non era stato educato per diventare re, ma la tragedia nel deserto, della quale si riteneva diretto responsabile, l'aveva obbligato a ricoprire quel ruolo e ad aprire gli occhi sul fardello che il fratello si era sobbarcato con facilità. A seguito della sua morte, Shazim, l'erede spericolato, era ritornato sulla retta via e non avrebbe assolutamente permesso che la vergogna ricadesse sui propri sudditi a causa del figlio dell'ambasciatore.
«Posso portarle qualcosa, signore?»
Guardò la ragazza: bellissima, snella, ma con un atteggiamento sospettoso sotto quell'apparenza patinata. «No, nulla. Grazie.» Portar via il figlio del diplomatico da quel locale con il minimo clamore era tutto ciò che desiderava.
«Una sedia, signore?»
Si voltò verso la seconda ragazza, i cui occhi erano stanchi come quelli della ballerina al palo. «No, grazie.»
Ritornò quindi a focalizzarsi sul proprio obiettivo. Il suo lavoro a Londra era cruciale e non avrebbe permesso a uno sfacciato e viziato giovane di comprometterlo facendo una cattiva pubblicità. Infatti, creare una riserva dove le specie a rischio di estinzione potessero vivere nel loro habitat naturale richiedeva delle conoscenze specialistiche. Aveva trovato tutto ciò di cui aveva bisogno in una vicina università, in cui aveva investito milioni per la ricerca e la costruzione di nuovi edifici, per realizzare il sogno del defunto fratello.
Congedando il suo team di sicurezza con un cenno, prese sottobraccio il figlio dell'ambasciatore. L'uomo oppose resistenza imprecando e scuotendosi violentemente, ma non appena si rese conto chi stesse in realtà insultando, tremò e cominciò a balbettare delle scuse che Shazim non aveva alcun interesse ad ascoltare. Lo portò fuori, gli diede un avvertimento che non andava troppo per il sottile poi lo rispedì dritto verso suo padre.
Stava per seguirlo all'uscita del locale, quando qualcosa gli fece voltare lo sguardo verso il palco sul quale un'altra ragazza stava per ballare. Era diversa da tutte le altre, perché stava sorridendo. Si irritò quando un uomo vicino a lui commentò: «È stupenda, che gran belle...».
Non c'era motivo di negare che la ragazza in questione fosse attraente. Era formosa ed era fiera di esserlo. La sua pelle era color miele e setosa, ma era il suo viso sereno ad averlo colpito. Sembrava persa nei propri pensieri e la sua aura di felicità bastò a folgorare tutti gli spettatori, mentre muoveva il corpo attorno al palo.
Appoggiandosi a un pilastro, si fermò a osservare. La ragazza era agile e sensuale, piena sia di grazia sia di talento, senza però risultare volgare. Gli uomini attorno a lei la guardavano più con stupore che con desiderio.
Con i riflettori puntati su di lei, Isla era determinata a portare a termine il miglior spettacolo possibile per Chrissie. C'era stato solo un piccolo trambusto quando, nel bel mezzo di un passo molto complesso che aveva ideato per lo show natalizio della palestra, un uomo era stato buttato fuori dal locale. Chrissie l'aveva avvertita che sarebbe potuto succedere, ma l'aveva anche rassicurata che la sicurezza delle ragazze era massima, quindi non aveva nulla di cui preoccuparsi. In palestra l'attenzione di Isla era focalizzata sulla routine quotidiana, mentre quella notte non riusciva a concentrarsi, per via dell'uomo che si era appoggiato al pilastro per osservarla. Tutti la stavano guardando, ma lui la fissava con particolare interesse. Non era sicura di quello che provasse per lui. Aveva un aspetto esotico ed era muscoloso, senza però sembrare minaccioso, dato che possedeva un'insolita aria di solennità e compostezza. I capelli erano scuri, era alto e la camicia bianca era in contrasto con la giacca nera sartoriale e i gemelli di scure pietre preziose posti sui polsini. Dato che evidentemente non aveva intenzione di andarsene, lei continuò con il suo ballo.
Isla si trovava al sicuro nel piccolo camerino, quando qualcuno bussò alla porta.
«Sì? Entra pure...» Si stava cambiando e si mise una vestaglia per coprirsi, mentre già indossava un paio di jeans e degli stivali. Stava aspettando una delle ragazze che le aveva promesso di passare a portarle l'orario di lavoro di Chrissie della settimana successiva.
«Oh!»
Si alzò di scatto dalla sedia non appena vide un uomo e si portò contro il muro in preda alla paura. Era un timore che proveniva da un inquietante ricordo del passato. Si trattava di un tentativo di violenza sessuale, per fortuna fallito, che l'aveva resa timorosa riguardo agli uomini. Il fatto che fosse successo poco dopo il funerale di sua madre, quando il suo stato d'animo era già precario, ne aveva reso le conseguenze ancora più gravi. Respirando a fatica, ricordò a se stessa che gli agenti di sicurezza si trovavano nelle vicinanze.
«Perdonami se ti ho spaventata...» mormorò con voce profonda l'uomo che lei aveva scorto appoggiato al pilastro. «Mi hanno detto che io potevo trovarti qui.»
Lei si calmò, sforzandosi di pensare che non tutti gli uomini desideravano ferirla. Doveva inoltre pensare a Chrissie, che dipendeva da quel lavoro. Non aveva quindi intenzione di fare una scenata. Se invece fosse stato necessario, possedeva in ogni caso una voce più alta della media, utile per chiamare aiuto.
«Posso aiutarti?» chiese con tono teso. L'uomo sembrava occupare tutto lo spazio disponibile del piccolo camerino e si ritrovò a essere molto vicino a lei. Aveva veramente un bellissimo aspetto e ciò rendeva ancora più difficile stargli vicino.
«Volevo scusarmi per aver disturbato il tuo spettacolo.» Il suo sguardo scuro rimase fisso sul viso di Isla. «Un uomo è stato cacciato via mentre stavi ballando. Sei molto brava nel tuo lavoro e volevo dirti che sono molto dispiaciuto per averti interrotta.»
«Grazie.» Sorridendo, afferrò la maniglia della porta per invitarlo a uscire.
«Posso riaccompagnarti a casa?»
Gli occhi le si spalancarono per lo stupore.
«Oh no, grazie. Prendo il bus. Grazie comunque per l'invito.»
«Prendi il bus da sola di notte?» chiese, aggrottando la fronte.
La sua reazione la fece sorridere.
«Il trasporto pubblico a Londra è abbastanza sicuro. Il bus mi lascia a pochi passi da casa.»
«Capisco.»
Il fatto che fosse ancora accigliato le fece capire che fosse un uomo che era abituato a farsi obbedire.
Poteva anche essere un uomo bellissimo,