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Il segreto del monastero
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Il segreto del monastero

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About this ebook

Inghilterra, inizio XIX secolo - Guy Wilder, gentiluomo dalla pessima reputazione, è costretto a passare alcuni giorni presso un vecchio monastero, ospite di Beth e della sua famiglia. In quel luogo così lontano dalla vita mondana di Londra, per la prima volta sente crescere in sé un inatteso sentimento, un'attrazione irresistibile per la fanciulla che, pur avendolo accolto in casa, si dimostra riservata e schiva. A lui, abituato ai pettegolezzi del ton e agli intrighi della politica, basta poco per capire che dietro quell'atteggiamento si nasconde un terribile segreto. Qualcuno trama nell'ombra per svelarlo, ma se ci riuscisse potrebbe sconvolgere quel piccolo pezzo di mondo. E Beth non è disposta a permetterlo.
LanguageItaliano
Release dateFeb 9, 2018
ISBN9788858977934
Il segreto del monastero
Author

Sarah Mallory

Sarah Mallory lives in an old farmhouse on the edge of the Yorkshire Pennines and writes historical romantic adventures.  She has had over 20 books published and her Harlequin Historicals have won the  RoNA Rose Award in 2012 and 2013.  Sarah loves to hear from readers! Contact her via her website at: www.sarahmallory.com

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    Il segreto del monastero - Sarah Mallory

    Immagine di copertina:

    Gian Luigi Coppola

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Dangerous Lord Darrington

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2011 Sarah Mallory

    Traduzione di Silvia Zucca

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-793-4

    1

    La notizia appena circolata, vale a dire che il pericoloso Lord Darrington era ospite presso Edwin Davies nella sua tenuta di caccia dello Yorkshire, poneva una sorta di dilemma in quelle madri amorevoli che avevano figlie in età da marito.

    Guy Wilder, Conte di Darrington, era scapolo, ed era opinione generale che fosse tempo che si sistemasse e generasse un erede. Certo, in gioventù era stato coinvolto in un grosso scandalo, ma la maggior parte dei genitori era preparata a chiudere un occhio, in virtù della sua ricchezza e del suo titolo. Tuttavia, sembrava che nessuna giovane riuscisse a indurlo a compiere il grande passo e, anzi, quelle fanciulle che si mettevano d’impegno per cercare di attirare la sua attenzione finivano col soffrire, poiché il conte ingaggiava con loro un intenso corteggiamento, facendo circolare pettegolezzi e inducendo la poveretta in questione a supporre che fosse innamorato. Poi, proprio quando la fanciulla sperava di ricevere un’offerta di matrimonio, gli ardori del perfido conte si raffreddavano e sembrava che si dimenticasse persino il nome di quella che era stata la sua fiamma.

    Tale comportamento aveva indotto all’umiliazione più di una fanciulla, e nonostante le ricchezze e le belle sembianze del conte tutti i genitori con una briciola di buonsenso ora dissuadevano le figlie dall’incoraggiare le sue attenzioni. Sfortunatamente, almeno per quanto Guy ne sapesse, non c’erano molti genitori assennati.

    In quell’occasione, tuttavia, non furono necessarie precauzioni. La battuta di caccia che Mr. Davies aveva organizzato a Highridge comprendeva solo gentiluomini. E a parte che per qualche capatina occasionale al White Hart, la compagnia si limitava a scorrazzare per le terre di Mr. Davies, o cavalcare per le colline disabitate e le brughiere che si allungavano fino alla costa.

    «Mi spetterà una bella lavata di capo» si lamentò Mr. Davies ridacchiando. «Avere ospite un Pari del Regno e non sfoggiarlo neppure a un ballo dell’Assemblea. I miei vicini non faranno che lamentarsi!»

    «Davey, sai che sono venuto solo perché mi hai promesso un paio di settimane di sport in compagnia di amici» replicò Guy.

    «Ed è ciò che hai avuto, ma non ci vedo niente di male nel partecipare a un paio di balli in città.»

    Un angolo della bocca del conte si sollevò per una frazione di secondo. «Ah, ma si tratta di una caccia diversa, Davey, e saremmo noi le prede.»

    Stavano cavalcando per le colline e Guy si fermò per contemplare la vista.

    «C’è sempre pericolo» gli ricordò Davey, al suo fianco. «Ma sicuramente le voci sul tuo comportamento cavalleresco avranno raffreddato i bollenti spiriti delle fanciulle.»

    Guy scosse la testa.

    «Di alcune, forse, ma non di tutte» aggiunse con amarezza. «Potrei essere il peggiore Barbablù, e alcuni genitori ancora mi offrirebbero le loro figlie. A quanto pare, il mio titolo e la mia fortuna superano qualsiasi altra considerazione!»

    «Il tuo titolo e il tuo denaro fanno sì che tu sia costantemente menzionato sui giornali dell’alta società. Quelle maledette canaglie dell’Intelligencer festeggiano ogni volta che possono pubblicare un pettegolezzo che ti riguarda.»

    «Quel giornaletto scandalistico!» Le labbra di Guy s’incurvarono in un sorriso. «Ignoralo. Io faccio così. Quello che non riescono a scoprire se lo inventano, e fintanto che scrivono delle mie avventure amorose, non me ne do pena. D’altra parte, se gli scandali che mi attribuiscono fossero abbastanza pesanti, forse quelle madri ambiziose la smetterebbero di darmi la caccia.»

    «Lo so che te ne infischi dei pettegolezzi, ma i tuoi amici si arrabbiano. Prendi quell’ultimo sulla figlia degli Ansell, per esempio.»

    «Santi numi, ho ballato due volte con una ragazza e subito devo esserne innamorato!»

    «Be’, sua madre lo pensava, comunque. Ha detto ha tutti che li avevi invitati a Wilderbeck.»

    «Si sono invitati da soli. Ansell ha iniziato a dirmi che sua figlia si interessava di architettura e che aveva sentito dire meraviglie di Wilderbeck. Così ho detto loro che sarebbero stati i benvenuti, se avessero voluto dare un’occhiata alla casa.» Guy guardò con aria divertita l’amico. «Spero sia stata di loro gradimento. Ho ricevuto una lettera dal mio maggiordomo, che mi raccontava del loro arrivo improvviso. Naturalmente, io non ero in casa, e la governante ha mostrato loro la villa e consigliato di prendere alloggio al Darrington Arms

    Davey rise. «Che cattiveria, Guy.»

    «Guarda che ci si stanca parecchio a essere sempre perseguitati. Gli scandali, in un certo senso, riducono il problema.»

    «Qualche volta penso che tu sia contento che la gente pensi che hai tradito il tuo paese» disse Davey aggrottando la fronte.

    «Mi rammarico della mia stoltezza giovanile più di quanto dica, ma ormai il danno è fatto. Tuttavia, si parli pure della mia scandalosa vita amorosa ma lasciando in pace il mio passato. Forse ora è dimenticato, ma l’onta c’è e sempre ci sarà.»

    «Ma potrebbe essere lavata. Torna a Londra. Molti nel governo sanno bene quanto vali e apprezzerebbero il tuo aiuto, specialmente ora, con le agitazioni in Francia.»

    «Potrei anche farlo, ma sarei più felice se quelle specie di draghi in gonnella mi lasciassero in pace.»

    «La risposta al tuo problema è semplice» ribatté Davey. «Prendi moglie.»

    «Mai!» Guy scosse il capo ridendo. «Questo sarebbe...» sorrise malizioso mentre spronava il cavallo a ripartire, «... decisamente un passo falso!»

    Ne seguì una corsa veloce lungo il crinale, ma raggiunto il punto più alto Guy fermò il cavallo e si guardò attorno, godendosi la sensazione di libertà dello spazio aperto.

    Guy si sporse verso Davey e gli batté sulla spalla. «Sei un buon amico. Lo apprezzo. Mi hai sempre supportato, anche quando il resto del mondo pensava il peggio di me.»

    «Molti di noi avevano capito che tu non eri da biasimare, anche se hai preferito non difenderti. Troppa cavalleria, Guy.»

    Lui scosse la testa.

    «Quella donna aveva lasciato il paese. Le mie accuse sarebbero parse davvero poco galanti.»

    «Al diavolo la galanteria!» esclamò Davey. «Tu hai rinunciato a una carriera promettente per quella donna, e hai privato il paese di un abile politico! I tuoi talenti sono andati sprecati, Darrington.»

    «Nient’affatto. Ho passato il mio tempo a rimettere in sesto le mie proprietà. Mio padre aveva portato la famiglia sull’orlo della bancarotta, lo sai.»

    «Di certo ora potresti ritornare in politica.»

    «Per subire l’umiliazione di essere costantemente additato per la mia disgrazia?» Guy spostò lo sguardo sulle colline. «No, grazie.» Scrollò le spalle. «Ma questi sono discorsi tristi per questa giornata mite di settembre.»

    Proseguirono la passeggiata a cavallo visitando le rovine di Mount Grace, che occuparono gran parte del loro pomeriggio, e quando si misero di nuovo per strada, il sole stava tramontando.

    «Sembra che stia per piovere» osservò Guy a quel punto, gettando uno sguardo alle pesanti nubi grigie all’orizzonte.

    Si misero in marcia, attraverso stretti sentieri, lasciandosi alle spalle i piccoli borghi che fiancheggiavano la via principale, immergendosi in un deserto senza costruzioni in vista. A un tratto, Guy alzò lo sguardo e vide che il sole era scomparso dietro alle nuvole spesse del colore del piombo. Anche l’aria s’era fatta pesante, sotto la minaccia della pioggia.

    «Quanto manca ancora?»

    «Circa cinque miglia» gli rispose Davey.

    Il giorno era ormai ridotto a un cupo crepuscolo e una pioggerellina sottile aveva iniziato a cadere, mentre tuonava e loro si avvicinavano a una recinzione di pietra grigia. L’ostacolo non era particolarmente alto, ma la baia di Davey inciampò mentre gli si avvicinava, e uno degli zoccoli cozzò sui massi. Cavallo e cavaliere finirono a terra.

    Guy fece compiere il salto al suo cavallo, poi tirò le redini e si voltò indietro per soccorrere l’amico. Il cuore gli sprofondò nel petto quando vide la cavalla a terra e Davey intrappolato sotto il suo peso. Smontò veloce e li raggiunse, fece alzare l’animale poi crollò in ginocchio accanto all’amico.

    Il volto di Davey era cereo e una gamba era piegata in una posizione innaturale. Aprì gli occhi e guardò Guy.

    «Sono stato uno stupido» borbottò. «La luce stava calando... e non ho visto la buca del coniglio...»

    Si udì il suono di passi pesanti e due lavoranti si avvicinarono.

    «Abbiamo visto l’incidente dalla strada, sir» esordì il primo. «Possiamo fare qualcosa?»

    «Abbiamo bisogno di un dottore» disse Guy. «E un posto dove portarlo.»

    «C’è un fienile dall’altra parte» intervenne il secondo uomo. «Oppure il vecchio monastero.»

    Guy seguì il dito dell’uomo fino a un edificio col tetto ripido in lontananza.

    «Il monastero andrà benissimo, se è abitato.»

    «Oh sì, Lady Arabella non esce mai.»

    Guy annuì e cercò di coprire il volto dell’amico per ripararlo dalla pioggia.

    «Che maledetto contrattempo...» ringhiò Davey.

    «Non ti muovere.»

    Guy non era un dottore, ma aveva il sospetto che la gamba del suo amico fosse rotta. Sperava che non ci fossero danni più seri. Gli prese la mano e l’altro gliela strinse forte prima di perdere i sensi.

    L’edificio in pietra torreggiava su di loro, un’ombra nera e incombente contro il cielo plumbeo, ma il caldo bagliore di alcune lampade rischiarava le finestre e un rettangolo di luce fuoriusciva dalla porta aperta e illuminava i ripidi gradini di pietra che scendevano fino al sentiero.

    Mentre si avvicinavano, la sagoma scura di una donna si stagliò sulla porta, quindi si precipitò giù per gli scalini con una coperta.

    «Ecco, potete usarla per trasportarlo dentro.»

    Silenziosamente, Guy osservò la donna dare istruzioni perché Davey venisse trasportato all’interno dell’edificio senza troppi scossoni. Guy si fermò a scambiare una parola con lo stalliere, perché si occupasse dei loro cavalli, quindi seguì il piccolo e raffazzonato corteo, incurante del salone in cui riecheggiavano i loro passi e della scala di pietra che li condusse alla cameretta dove una cameriera aveva acceso in tutta fretta il focolare.

    Si ritirò in un angolo, ridotto a mero spettatore. Era pronto a dare consigli, se necessario, ma la giovane sembrava sapere il fatto suo mentre dava ordini agli uomini affinché adagiassero Davey sul letto. La osservò mentre andava avanti e indietro per la stanza, la luce della candela che le faceva brillare i capelli rosso fiamma. Nonostante la preoccupazione per l’amico, Guy si domandò quanti anni avesse. Non era una ragazzina, questo era certo, vista la sicurezza che dimostrava nel parlare a quegli uomini, che peraltro conosceva tutti per nome. Indossava un abito grigio, che le disegnava la figura snella, e si muoveva con grazia giovanile. Era chiaro che fosse avvezza a dirigere la casa. Che fosse lei la Lady Arabella che gli avevano menzionato?

    Le sue fantasticherie vennero interrotte dallo scalpiccio che annunciava l’arrivo del dottore. Un uomo grosso, dall’aspetto gioviale, apparve sulla porta.

    «Ah, Mrs. Forrester, buonasera!»

    Ecco una prima risposta alle domande di Guy.

    Il dottore si avvicinò al letto. «E così è questo il giovanotto per cui sono stato chiamato? Caduto da cavallo, se ho capito bene.»

    «Sì.» Guy fece un passo avanti, uscendo dall’ombra. «La sua giumenta gli è crollata sopra.»

    «Mmh...» Il dottore aggrottò la fronte e con un movimento rapido si tolse la giacca. «Allora è meglio che mi metta al lavoro. Potete uscire tutti... a parte il vostro lacchè, Mrs. Forrester. Avrò bisogno del suo aiuto per svestire il paziente.»

    «Vi aiuterò io» si propose Guy.

    Il dottore lo squadrò da capo a piedi.

    «Meglio di no, sir. Vi consiglierei invece di andare a togliervi quei vestiti fradici, altrimenti avrò due pazienti da curare invece che uno. Mrs. Forrester, volete farvene carico?»

    La donna dai capelli rossi raggiunse subito la porta. «Certamente. Grazie a tutti. Se volete scendere in cucina, la cuoca ha preparato del punch.»

    «Sono incluso anch’io?» chiese Guy mentre usciva dalla camera con gli altri. I grandi occhi scuri della donna lo fissarono con solennità. Non fece alcun cenno per fargli intendere di aver compreso la battuta.

    «No, sir, voi potete attendere il vostro amico nel salone. Vi farò portare un rinfresco.»

    Guy la seguì per le scale. Non si era reso conto di quanto fosse infreddolito finché non sentì il tepore delle fiamme del grande camino.

    «E ora chi è mai quest’uomo che sgocciola sul mio pavimento?»

    La voce imperiosa lo fermò. Guy si guardò attorno e vide una donna anziana in piedi dall’altra parte della stanza. Indossava un severo abito nero, con un copricapo di pizzo, altrettanto nero, sui capelli candidi come la neve, e si appoggiava al suo bastone di ebano.

    «Mi rammarico di dovermi presentare tanto in disordine, vi porgo le mie più umili scuse.» Le fece un inchino elegante. «Guy Darrington.»

    «Il Conte di Darrington?»

    «In persona.»

    Dietro di sé, sentì la donna più giovane trasalire. Di certo Mrs. Forrester non aveva pensato che fosse un uomo dai così nobili natali!

    «Ebbene, vi buscherete un brutto raffreddore se vi terrete addosso quei vestiti zuppi! Beth, mia cara, che ti è saltato in mente?»

    «Ma Tilly e Martin sono...»

    «Se i domestici sono occupati, allora accompagna tu stessa il conte di sopra, ragazza. Immediatamente!»

    «Vi assicuro che mi posso contentare del fuoco...» prese a dire Guy.

    Ma Mrs. Forrester lo interruppe. «Mia nonna ha ragione, milord, dovete cambiarvi. Vi prego di scusarmi. Seguitemi, per cortesia.»

    Gli fece strada, su per lo scalone ricurvo. E mentre la seguiva, Guy gettò uno sguardo attorno. Ingresso e salone erano molto antichi e probabilmente avevano fatto parte del monastero originale, ma la casa doveva essere stata ingrandita al tempo dei Tudor, quando era stata adibita a residenza. L’intero edificio aveva un’aura di antichità e dimostrava l’orgoglio della famiglia per quel patrimonio.

    La giovane aprì la porta di una stanzetta con un focherello allegro che bruciava dietro una grata. Attraversò la stanza e sollevò il drappo di fianco al lavabo.

    «Usate questo. E se vi toglierete i vestiti, ve li farò pulire e asciugare.»

    Evitò di guardarlo in faccia finché non ebbe terminato di parlare, poi tornò alla porta, andandosene prima che lui potesse ringraziarla.

    Guy si tolse gli abiti e si asciugò velocemente, strofinando le membra per scaldarsi. Poi sentì bussare, ma quando sporse la testa nel corridoio trovò solo un involto di vestiti lasciato davanti alla porta. Al posto della veste da camera di seta che il suo valletto gli avrebbe preparato sul letto a Highridge, l’indumento che gli era stato portato era di lana morbida e fine, caldo al tatto e infinitamente confortevole quando se lo allacciò alla vita. Era un po’ corto, ma per il resto gli andava bene. Guy si stava asciugando i capelli quando sentì bussare ancora. Era Beth Forrester, con un vassoio tra le mani. Il suo primo istinto fu quello di prenderlo, ma la malizia lo fece restare da parte, così da obbligarla a entrare nella stanza per andare ad appoggiare il vassoio sul tavolino.

    «Ho pensato che poteste gradire un po’ di pane e di vino» mormorò lei senza rivolgergli lo sguardo. «Mia nonna mi ha chiesto di procurarvi degli abiti, così che possiate unirvi a noi per cena più tardi.»

    «Grazie. Ne sarei onorato.» Guy richiuse la porta e lei si voltò di scatto, impaurita, fissandolo per la prima volta negli occhi. Quelli di lei erano grandi, profondi, castano scuro, troppo belli perché fossero così in ansia. «Per favore, rimanete un momento, Mrs. Forrester, volete?» le disse blandendola. «Mi piacerebbe parlare con voi.» La giovane lo guardò diffidente e lui le sorrise. «Sono ansioso di sapere come sta il mio amico.»

    «Il dottore è ancora con lui. Al momento non ci sono notizie.»

    «Ah, certo.» A quel punto Guy raggiunse il tavolino della toeletta. «Posso usare questo pettine?»

    Lei annuì e rimase in silenzio mentre lui si pettinava i capelli bagnati.

    «È la vostra stanza?» La sua domanda riportò gli occhi della giovane sul suo volto. «Ci sono dei capelli rossi, sul pettine.»

    Lei annuì ancora.

    «Era l’unica camera col camino acceso. Con Tilly e Martin occupati mi sembrava la cosa migliore da...» Non finì la frase e arrossì.

    «Non è molto accorto accogliere uno sconosciuto in camera vostra» mormorò lui, indovinando quali fossero i pensieri della fanciulla. «Ma vi sono grato. Spero solo che vostro marito capisca.»

    «Mio marito è morto da sei anni, sir.»

    «Mi dispiace molto.» Si fermò. «Quella che ho indosso è la sua veste da camera?»

    «No... è... di mio fratello, ma è sempre stata

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