Sinfonia dei sensi: Harmony Destiny
By Emily McKay
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Sinfonia dei sensi - Emily McKay
amore.
1
L'ultima cosa di cui Ana Rodriguez aveva bisogno era l'ennesima star presuntuosa e tronfia. Era esattamente il motivo per cui, poche settimane prima, aveva abbandonato una carriera di successo come costumista a Hollywood. Pertanto, quando la sua amica del cuore, Emma Worth, le aveva suggerito di presentare domanda per l'incarico di direttrice di un'opera di beneficenza che stava per essere fondata nella sua città natale, Vista del Mar, Ana aveva colto al volo l'occasione.
Un nuovo inizio era proprio quello di cui aveva bisogno. Lontano dall'esibizionismo di Hollywood. Lontano da star che le rovinavano la vita soltanto perché non era tipo da concedere favori sessuali.
Poi aveva scoperto che avrebbe lavorato con Ward Miller, una superstar del mondo musicale che brillava più di qualunque dei personaggi conosciuti a Hollywood. Per esperienza personale sapeva che più erano famosi più grande era l'egotismo. L'unica differenza era che, invece di limitarsi a vestire il megalomane di turno, doveva soddisfare ogni sua esigenza, ascoltare le sue opinioni, seguire i suoi consigli e, in generale, assicurarsi che fosse entusiasta all'idea di essere il volto celebre dell'opera di beneficenza, La speranza di Hannah.
Esaminò con occhio critico il modesto ufficio adibito a reception. Come enunciava la loro missione, fornivano sostegno e risorse a persone svantaggiate. Che era un modo fantasioso per dire: noi aiutiamo i poveri. In generale, Ana non amava i modi fantasiosi di dire le cose.
«Stai friggendo» la rimproverò una voce cordiale.
Ana guardò al di sopra della spalla la sua assistente, Christi Cox. «Non sto friggendo. Sto rimuginando.»
Che era un modo fantasioso per dire friggendo.
L'arredamento della reception era semplice, ma strettamente funzionale. Erano funzionali le scrivanie, corredate di sedie e scaffali di seconda mano. La sala delle riunioni, gli altri uffici e la cucina erano ancor meno chic. Ana aveva mandato Omar, il terzo impiegato de La speranza di Hannah, alla drogheria a comperare il caffè, ma dubitava che anche la più raffinata delle miscele avrebbe fatto colpo su Miller.
Aveva arredato la reception come meglio aveva potuto, con cuscini, una lampada da terra – per attenuare il bagliore freddo dei neon – e un tappeto dai colori vivaci, tutti oggetti portati da casa. Riflettevano il suo stile eclettico e aggiungevano un tocco di calore all'ambiente, ma zero eleganza.
Non riusciva a liberarsi dal timore che, facendo il suo ingresso, Miller avrebbe storto il naso. Ma c'era anche un timore ben più terribile. Che gli sarebbe bastato scambiare due parole con lei per rendersi conto che era un'imbrogliona, priva delle doti necessarie per fare decollare La speranza di Hannah.
Se c'era uno in grado di leggerle dentro, quello era Miller. Non era soltanto un idolo del mondo musicale, era anche leggendario per il sostegno che dava alla Cara Miller Foundation, un'organizzazione da lui creata dopo la morte della moglie. Inoltre, faceva parte del consiglio di amministrazione di molte altre opere di carità, compresa La speranza di Hannah.
E la verità era che lei aveva ottenuto quel lavoro soltanto perché anche Emma era un membro dello stesso consiglio di amministrazione. Essere cresciuta insieme a Emma era in pratica la sua unica qualifica per ricoprire la carica di direttrice de La speranza di Hannah.
Aveva bisogno di quel lavoro. Non soltanto perché si era licenziata dal precedente. Non soltanto perché aveva investito tutti i suoi risparmi in un minuscolo bungalow in uno dei quartieri da ceto medio di Vista del Mar. Ma anche perché, dopo quattro anni passati a vestire bella gente per farla apparire ancor più bella, sentiva la necessità di dedicarsi a qualcosa di importante.
Se soltanto avesse avuto un po' più di tempo per abituarsi alla situazione prima che Miller facesse la sua comparsa. Perché doveva incontrarlo poco dopo essersi calata nel ruolo di direttrice? Rafe Cameron, il fondatore dell'opera di carità, era un membro del consiglio poco presente, nel migliore dei casi. Ex ragazzaccio diventato faccendiere spregiudicato e privo di scrupoli, era concentrato a rilevare le Worth Industries, la società che alimentava l'economia locale. Rafe aveva fondato La speranza di Hannah per conquistarsi le simpatie della comunità, ma Ana sospettava che fosse animato più da motivi di relazioni pubbliche che da autentico spirito caritatevole. Emma la sosteneva al cento per cento, ma Ward era un'incognita. Che fosse soltanto il cane da guardia di Rafe, mandato lì per giudicare ogni suo passo sbagliato?
Inoltre, lui era Ward Miller, dannazione. Superstar della musica, il benefattore più conosciuto del paese. Oh, già. Anche dotato di notevole sex appeal.
Ciascuno di quegli elementi sarebbe bastato per intimidire una donna di scarse competenze come lei. I tre combinati insieme potevano provocare un arresto cardiaco.
Forse si augurava perfino di scoprire che era uno sciocco. Era una sua fan da quando era entrata nella pubertà. Sarebbe stato più facile fingere un distacco professionale se si fosse rivelato spregevole tanto quanto... Oh, diciamo, Ridley Sinclair, la star del cinema che tutti credevano felicemente sposato e che non smetteva di importunarla. D'accordo, non era necessario che Ward arrivasse a quei livelli di bassezza. Lei non chiedeva altro che un pizzico di temperamento artistico per aiutarla a stabilire dei confini tra le proprie fantasie su Ward e l'uomo in carne e ossa che stava per affrontare.
«Questo posto non è abbastanza elegante» disse a Christi. «Avremmo dovuto incontrarci al Beach and Tennis Club.»
«La sua assistente ha detto che non si aspetta un trattamento speciale» le ricordò Christi.
Anna sbuffò, incredula. «Ho lavorato con un sacco di gente famosa. Si aspettano tutti un trattamento speciale.»
E lei era così poco portata a blandire le celebrità. Finiva sempre per stancarsi della loro insulsaggine e il suo caratteraccio prendeva il sopravvento. Oh, colpa del tuo infiammabile sangue latino, la prendevano in giro le amiche, peggiorando così le cose. Detestava essere giudicata in base a quello stereotipo.
«O pretendono una particolare acqua minerale, fredda a una determinata temperatura. Oppure vogliono diciassette diversi tipi di spuntini. Oppure stanno seguendo una dieta che impone di sniffare ceneri di alghe cinque volte al giorno.»
«Credo che me ne sarei ricordata se la sua assistente avesse accennato alla cenere di alghe» obiettò Christi.
«A che cosa ha accennato la sua assistente?» chiese Ana, incapace di vincere la curiosità. «Lascia perdere. Non lo voglio sapere.»
Non era una groupie. Il suo era esclusivamente interesse professionale.
La irritava, comunque, averlo chiesto, perché non poteva negare di essere curiosa. Quale donna dal sangue caldo tra i venti e gli ottantanove anni non lo sarebbe stata?
Lui apparteneva alla sua stessa generazione. Un ragazzaccio sexy con un cuore di platino e il talento per comporre canzoni così belle che ti facevano piangere il cuore. Non aveva più pubblicato nessun album da quando sua moglie, Cara, era morta di cancro tre anni prima. Un'assenza dalla scena pubblica che non faceva che aumentarne il fascino. Non poteva non essere eccitata all'idea di incontrarlo, anche se si era sforzata di nasconderlo sotto una patina di professionalità. Si augurava soltanto di esserci riuscita.
Guardò di nuovo l'orologio. «Ed è in ritardo. Parecchio in ritardo.»
In quel momento una voce risuonò alle sue spalle. «Non troppo, spero.»
Era la voce roca di una rockstar, una voce che Ana avrebbe riconosciuto dovunque.
Si voltò lentamente. E lui era lì. Ward Miller.
Si era appena affacciato al corridoio che portava all'ingresso di servizio. Era più alto di quanto lei si era aspettata, sul metro e ottanta, ed era vestito casual: pantaloni color cachi e una T-shirt bianca che metteva in risalto l'ampiezza delle spalle. In una mano teneva un paio di occhiali da aviatore e nell'altra un berretto da baseball. Perché le star erano convinte che bastasse un semplice berretto per ingannare la gente? I neri capelli ondulati erano più corti di quando faceva regolari tournée, ma erano comunque abbastanza lunghi da dargli un'aria trasandata e poco raccomandabile. Aveva un volto magro e labbra sottili, particolari che avrebbero potuto farlo sembrare un tipo arido. Invece, lo si sarebbe detto ricco di sentimenti e sensibile. Anche se non del tutto mansueto. Con un sottofondo di avventatezza che la sorprese. Una caratteristica che le foto sulle riviste non avevano registrato.
Trovandosi di colpo faccia a faccia con una simile celebrità, Ana sentì che le girava la testa. «Signor Miller, ci ha colte di sorpresa entrando dall'ingresso di servizio.» Non era stata sua intenzione assumere un tono di rimprovero, ma forse era meglio dell'alternativa: non aveva difficoltà a immaginarsi mentre rideva scioccamente come una liceale.
«Spero non le dispiaccia. I paparazzi ci hanno seguito dall'aeroporto. Mi scuso per il ritardo.» A quel punto, Ward le strizzò l'occhio. «Non ho avuto nemmeno il tempo di procurarmi un po' di cenere di alghe.»
Ward aspettò che l'attraente bruna ridesse della sua battuta... dopotutto, la sua frecciata sulla cenere d'alghe da sniffare l'aveva quasi fatto sbellicare dalle risa.
Lei, invece, si irrigidì, apparendo così più alta di quanto gli era sembrata, anche se non poteva essere comunque più di un metro e sessantotto. Quando arrossì, la sua pelle si tinse di un favoloso color pesca. Con la lucente massa di capelli neri, l'ampio sorriso e gli zigomi alti, aveva un aspetto esotico.
Tuttavia, stava anche fremendo di rabbia.
«Mi dispiace di essere stato costretto a sgattaiolare dall'ingresso di servizio» si giustificò Ward, nel tentativo di ingraziarsela. «Siamo riusciti ad arrivare all'aeroporto di San Diego senza farci notare. Ma poi Drew Barrymore, di ritorno da qualche vacanza, ha superato la barriera di controllo nel momento in cui ne uscivamo anche noi, e c'era già ad attenderla una folla di fotografi.»
Dal momento che Ana non sembrava per niente commossa, Ward sorrise alla sua compagna. La quale lo ricambiò, esitante, con quell'aria un po' estatica che avevano a volte le fan.
Le tese la mano. «Salve, sono Ward Miller.»
«Salve» replicò la bionda. «Io sono Christi Cox, assistente di direzione.» Mentre gli prendeva la mano, scoppiò in una risatina e diede una gomitata ad Ana. «Vedi, non si dà per niente delle arie.»
A Ward fu subito simpatica. Con lei non avrebbe avuto difficoltà ad andare d'accordo. L'altra donna, invece...
Ana avanzò e tese la mano con un sorriso tirato. «Io sono Ana Rodriguez, la direttrice de La speranza di Hannah.»
Gli strinse la mano e la ritrasse subito. Quindi guardò accigliata verso la finestra. «A quanto pare, non è riuscito a seminarli tutti.»
Ward seguì la direzione del suo sguardo. Un SUV bianco stazionava davanti all'edificio. Un attimo più tardi fu raggiunto da un secondo e da un terzo.
Il suo cellulare squillò. Il display gli indicò che era Jess, il suo assistente. «È meglio che risponda. Ci vorrà poco.»
«Spiacente, amico» esordì Jess, saltando i preamboli. «Non siamo riusciti a ingannarli tutti quando ti abbiamo lasciato alla fondazione. Io avrei proseguito ancora un po', ma Ryan aveva fretta di andare in albergo.»
«Nessun problema» replicò Ward. Ryan. Il suo agente pubblicitario, convinto assertore dell'assioma a-patto-chescrivano-il-tuo-nome-giusto, era probabile che avesse insistito per andare in albergo proprio per dirottare la stampa sulle tracce di Ward. «Voi sistematevi. Ti farò sapere quando mandarmi l'auto.»
Chiuse la comunicazione e rimise il cellulare in tasca. «A quanto pare, sono qui e non intendono andarsene. Vogliamo uscire e rispondere a qualche domanda?» suggerì, dando ad Ana un colpetto amichevole sulla spalla. L'occhiata che lei gli rivolse era così sorpresa che Ward lasciò la mano dov'era. «Se gli lanciamo un osso, forse ci lasceranno in pace.»
Per un attimo, provò l'impulso di farle scivolare la mano sulla nuca, e lo fece prima di poterselo impedire. Con una spinta leggera, la guidò verso la porta. «Coraggio, usciamo.»
Ana si sottrasse a quel contatto inaspettato. «Perché dovrei uscire io?»
«La stampa libera è sempre una buona stampa. Tanto vale approfittarne, a vantaggio de La speranza di Hannah.»
«Io...» Ana s'interruppe, riflettendo. «Immagino che tu abbia ragione.» Si avvicinò alla porta e, passandogli accanto, i suoi lunghi capelli gli sfiorarono il torace. Avevano un profumo fragrante, come di cannella lasciata a scaldarsi al sole.
Provò una pungente fitta di desiderio. Dannazione, il suo corpo aveva scelto un momento ben poco opportuno per reagire in modo così intenso a una donna.
Per fortuna, non doveva preoccuparsi di rimanere coinvolto anche con il cuore. Quando Cara se n'era andata aveva promesso a se stesso che non si sarebbe