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Più fiori che opere di bene: Le indagini di Clotilde Grossi, fioraia e apprendista detective.
Più fiori che opere di bene: Le indagini di Clotilde Grossi, fioraia e apprendista detective.
Più fiori che opere di bene: Le indagini di Clotilde Grossi, fioraia e apprendista detective.
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Più fiori che opere di bene: Le indagini di Clotilde Grossi, fioraia e apprendista detective.

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About this ebook

La sua vita sono i fiori, ma il delitto è la sua vera passione.

Clotilde Grossi, detta Clo, è una trentasettenne senza orpelli nel pensare e neanche nel vestire. Nella vita fa la fioraia, vive a Bergamo e il suo negozio si chiama Ditelo con i fiori. Nessuna meglio di lei sa se è meglio un crisantemo o un gladiolo per ogni occasione. Ma sarebbe un errore immaginarla come un’inguaribile romantica, perché la sua vera passione è il crimine. Vorace consumatrice di romanzi gialli che le vengono spacciati da Nicla Verzetti, la sua amica libraia del negozio di fronte, non riesce a resistere di fronte a ogni notizia di cronaca nera. Vuole sempre saperne di più e riesce a rubare preziose informazioni anche grazie al suo fidanzato storico, Carlo, che guarda caso fa l’impresario di pompe funebri.
Un giorno però, nella piazza principale della città, viene ritrovata la testa di un uomo orrendamente sfigurato. Clotilde è fra i primi ad arrivare e senza pensarci due volte decide di mettersi in campo personalmente nelle indagini, utilizzando la scusa dei fiori. Ed è proprio durante le sue scorribande non proprio lecite che conosce il commissario Riccardo Leonardi. Un uomo dai rari sorrisi, cravatte sgargianti, frequenti macchie di stilografica sul taschino e dall’intuito infallibile. Per questo Leonardi capisce subito di aver trovato, più che un’innocente margherita, un’autentica spina nel fianco.
Annalisa Strada con la sua voce ironica e acuta ci regala una protagonista irresistibile. Spudorata e curiosa come una nuova Miss Marple, Clotilde Grossi, detta Clo, è pronta a conquistare il cuore dei lettori e non solo il loro…
LanguageItaliano
Release dateJan 10, 2019
ISBN9788858993170
Più fiori che opere di bene: Le indagini di Clotilde Grossi, fioraia e apprendista detective.
Author

Annalisa Strada

Nata nel 1969 in provincia di Brescia, esattamente dove vive ora con marito e figlia. Ha sempre lavorato con i libri, fino a quando non ha cominciato a scriverli. Da allora conserva una doppia vita come docente di lettere nella scuola secondaria di primo grado e stimata autrice per ragazzi. Questo è il suo primo romanzo per adulti.

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    Book preview

    Più fiori che opere di bene - Annalisa Strada

    successivo.

    1

    SI CONTANO I VIVI

    Martedì 2 novembre

    Il calendario segnava martedì 2 novembre. Sole caldo con temperature sopra la media stagionale. Un po’ troppo sopra la media, a ben misurare.

    Il negozio Ditelo con i Fiori aveva aperto in anticipo perché i fornitori, peggio dei fidanzati smaniosi, non ammettono ritardi. La titolare, Clo, all’anagrafe Clotilde Grossi, aveva appena finito di risistemare i vasi delle perenni, i vasetti delle annuali, i vasini delle aromatiche e le cassette con le varietà rare che erano il fiore (non sia detto a caso) all’occhiello della sua attività.

    Clo aveva trentasette anni, poche rughe e una figura morbida che si adattava benissimo alle forme tonde dei fiori da cui era circondata. È molto raro che i fiori abbiano spigoli, e ci sarà un perché.

    Aveva aperto il negozio dieci anni prima, in un momento di precoce crisi di mezza età. Del resto, non sapendo quanto sarebbe durata la propria vita, era convinta che quella potesse davvero essere la sua mezza età. Da allora, nella piena e costante convinzione che la data del decesso non possa essere prevista, per precauzione e per ottimismo si era costantemente considerata di mezza età e non c’era stato modo di farle cambiare atteggiamento.

    Il negozio era stato chiamato Ditelo con i Fiori in omaggio all’opera omonima di Donald E. Westlake. Il tributo di una fan all’autore di cui aveva letto tutto. Clo, infatti, era una giallista incallita.

    Quella mattina del 2 novembre Clotilde non era sola, e del resto lo era raramente. Con lei c’era la commessa, sebbene questa definizione fosse ripudiata da entrambe.

    Si trattava di Mary, all’anagrafe Marilena Bonfanti, una donna alta e secca con il mento sfuggente e trentaquattro anni portati con una certa destrezza.

    All’opposto di Clo, considerava la propria età sempre lontano dalla mezza, anzi, al di sotto del terzo, sebbene da quattro anni la presenza di suo figlio le offrisse un parametro abbastanza oggettivo per la misurazione del tempo.

    Clo stava affiggendo il cartello GIORNO DEI CARI ESTINTI, DI COMPRARE GLI ULTIMI CRISANTEMI SIATE CONVINTI!

    Mary storse il naso. «Non so se funziona…»

    «È una comunicazione efficace, quindi è funzionale» ribatté Clo, che amava scegliere parole appropriate.

    Mary, che c’era abituata, lasciò correre e riprese il filo del discorso. «Tecnicamente oggi è il giorno dei Morti e ieri era il giorno dei Santi, quello di vacanza. Ieri tutti portavano crisantemi al cimitero, oggi sono tutti al lavoro.»

    «Sì, è un momento orribile. Uno stridore temporale: è il giorno dei Morti, ma di fatto è già passato perché è una giornata feriale. Tutti i vivi lavorano e tutti i morti continuano a giacere» osservò Clo. Poi si diede una scossa. «Ma siccome noi siamo vive, all’opera! Raccogli i crisantemi ancora buoni, mettili in un vaso bene in vista e poi dacci dentro con il Natale.»

    Passò un paio di volte le mani sul nastro adesivo che reggeva il cartello, scese dalla scaletta e spinse verso il vetro l’espositore con le rotelle. Si aggiustò la gonna corta rossa e guardò compiaciuta il proprio lavoro. A lei la locandina sembrava un’ottima idea ed era fermamente convinta che i crisantemi fossero fiori bellissimi, afflitti da una pessima reputazione. Se avessero frequentato meno le tombe sarebbe stato meglio, ma si sa che i fiori vanno dove li portano.

    «Ho già recuperato le scatole con le decorazioni» disse Mary. «Però dovremmo controllare. Non sono sicura che al centro commerciale sia già Natale.»

    Il centro commerciale era una delle fissazioni di Clo: lo spropositato nemico dal quale non farsi schiacciare. Proprio come si dovrebbe fare con tutti i nemici, Clo non lo perdeva di vista: studiava le offerte e gli arredi per farne di migliori. Soprattutto, cercava di non perdere il ritmo delle festività. Per esempio, se al centro commerciale era già Natale, anche a Ditelo con i Fiori doveva essere Natale.

    «Dopo il ponte di Ognissanti è già Natale» le assicurò Clo.

    Marilena scosse la testa e cedette. «Cominciamo, e non pensiamoci più!»

    «Inizia tu. Io ti guardo e poi faccio i ritocchi.»

    2

    TROPPO POCA GENTE IN GIRO

    Marilena apriva le scatole dai coperchi impolverati piene di nastri argentati, palline, renne e pupazzi di neve religiosamente avvolti uno a uno in pagine di quotidiani del 7 gennaio di quello stesso anno: il giorno in cui gli addobbi erano stati riposti per cedere il passo ai cuori di San Valentino. Ogni tanto si fermava per leggere i titoli delle pagine di politica interna e li avrebbe commentati se non avesse saputo, per esperienza, che Clo non le avrebbe risposto.

    Clotilde stava supervisionando a modo suo: sprofondata in una poltroncina di vimini, leggeva Maigret e il ladro indolente. Georges Simenon era il suo autore preferito. Westlake il secondo. Peccato che Simenon non avesse mai scelto un titolo adatto a diventare il nome di un negozio di fiori.

    Ne scorse due pagine, alzò gli occhi su Mary che lavorava e infine guardò l’orologio: le 9.15.

    «Possibile che non ci sia nessuno in giro?»

    Marilena si tolse uno spillo dalla bocca. «Si stanno riprendendo dalle visite fatte ai parenti.»

    «Quelli vivi o quelli morti?»

    «Quelli morti sono sempre più gestibili.»

    Clo annuì perché a volte Mary diceva cose davvero sagge. «Non c’è proprio anima viva, guarda fuori» insistette, appoggiando sulle ginocchia il libro consumato da un eccesso di riletture. Ditelo con i Fiori si affacciava all’angolo tra due strade ai piedi della città vecchia, in un’area di transito obbligato e di traffico continuo con ingorghi a ore fisse. Al di là delle due vetrine, entrambe le vie erano deserte. «Se fosse successa una catastrofe planetaria e non lo sapessimo?»

    «Potremmo sintonizzare la radio su un notiziario.»

    Dalle casse, in quel momento, stava uscendo un’improbabile musica pop.

    La colonna sonora era uno dei pochi aspetti migliorabili del negozio.

    «Buona idea» approvò Clo. «Lo fai tu?»

    «Tu sei più vicina.»

    A entrambe piacevano le prove di resistenza, ma si ricordavano sempre di cedere una volta ciascuna. Quella volta toccava a Clo e lo fece subito.

    La postazione preferita di Clo era la sedia di vimini accanto alla cassa, vicino alla tenda di perline e con una vista panoramica sul suo regno floreale.

    La radio era nel retro, che veniva utilizzato anche come magazzino: uno stanzone con finestre alte da cui piovevano aria e luce. A separarlo dal negozio c’era, oltre alla tenda di perline, una cascata di potus.

    L’intero negozio misurava in tutto dieci passi in diagonale ma l’arredamento, studiato con cura dal proprietario precedente e scrupolosamente mantenuto, con i suoi ripiani di legno grezzo e i séparé, rendeva gli spazi molto più ariosi.

    Clo scelse una radio nazionale abbastanza ciarliera e si riaccomodò in poltrona, riprendendo il libro. I conduttori della trasmissione del mattino stavano parlando del possibile matrimonio di una che né Mary né Clo conoscevano e che avrebbero preferito continuare a non conoscere.

    «Il mondo è salvo. Cerca l’oroscopo» suggerì Mary.

    Clo non le rispose: finalmente la porta si stava aprendo, lasciando entrare una ventata d’aria tiepida e una donna.

    «Buongiorno» salutò.

    Mary, che era sulla scaletta, si guardò indietro, pronta a scendere. Decise di restare dov’era appena si accorse che si trattava di una vecchia conoscenza.

    Si chiamava Paola di nome, Maniero di cognome, aveva quarantadue anni, faceva l’architetto e viveva al terzo piano dello stabile in cui si trovava il negozio.

    Dentro a Ditelo con i Fiori godeva di una certa reputazione perché sostituiva le piante del balcone tre volte a stagione. Non era solo mancanza di pollice verde, non era nemmeno questione di distrazione; era più che altro una propensione allo sterminio. Non avevano resistito tra le sue mani le più diffuse piante per incapaci – da quelle grasse all’edera – né tanto meno quelle per principianti con allegate lunghe istruzioni e infinite raccomandazioni scritte a mano con apprensiva premura. La cronaca registrava un tentativo estremo con infestanti, fallito persino quello. Mary avrebbe volentieri smesso di venderle fiori: iniziava a considerarla una pratica troppo crudele, per quanto remunerativa, e riteneva quella donna un diserbante in tacchi a spillo. A dissuaderla dall’embargo all’inquilina del terzo piano era intervenuta Clo che, esaurite le argomentazioni logiche, si era appellata a una constatazione di base: «Dài, è simpatica!».

    Paola era stretta in un impermeabile beige all’ultima moda e trascinava un trolley verde acqua.

    «Stai partendo?» le chiese Clo.

    «No, sto arrivando.»

    «Sei stata in vacanza?» domandò Mary, continuando ad alternare crisantemi e decorazioni natalizie e lasciando che la servisse Clo. Preferiva non essere lei a consegnare le vittime nelle mani della loro assassina.

    «Sono stata al lago d’Endine per il ponte.»

    Mary si girò, con un crisantemo tra i denti e un filo dorato a tracolla. Si tolse il fiore dalle labbra. «Pensa che stamattina credevo proprio d’averti vista sul sentierone! Però, in effetti, non avevi la valigia… Io stavo portando mio figlio dalla suocera che poi lo accompagna alla materna. Ho persino pensato di darti un colpo di clacson, ma era troppo presto e avrei svegliato mezza città.»

    «Che ore erano?» domandò Paola, sfilando dalla testa gli occhiali da sole e lasciando cadere la frangia scura sugli occhi. Come al solito, aveva un trucco perfetto.

    «Saranno state le sette…»

    Paola rise, buttando la testa all’indietro. «No, figurati, a quell’ora stavo prendendo il caffè al bar del distributore di benzina di Monasterolo. Il posto è brutto, ma hanno certi krapfen che valgono la sosta.»

    «Ti giustifichi con Mary?!» intervenne Clo. «Lo sai anche tu com’è… Ti ricordo che è quella del bouquet azzurro.»

    Marilena aveva qualche valido precedente a sostegno della propria inattendibilità. Non più tardi della metà di ottobre doveva recapitare un delizioso mazzetto di gigli bianchi avvolti in tulle azzurro, destinati a una puerpera e al suo bimbo. Purtroppo aveva invertito i numeri del civico e aveva consegnato il bouquet in casa d’un vecchietto in fin di vita. Non più tardi di fine agosto aveva sbagliato un nome nel cartiglio di una corona funebre, azzeccando involontariamente quello dell’ex marito della defunta, con notevole irritazione del consorte in carica. Non che sulla sua precisione si potesse fare affidamento, tutto sommato.

    «Com’era sul lago?» domandò Clo per cambiare argomento, facendosi pure una certa violenza, stante che (personalmente) Clo non amava i laghi e (in generale) non le importava come fossero. Del resto, è raro che di un lago si possano dire cose interessanti, se non si tratta di insolite e repentine trasformazioni idrogeologiche. Insomma, per Clo, l’unica cosa lacustre d’un certo interesse erano le catastrofi.

    Paola fece un enorme sorriso di gratitudine e liquidò la questione con un generico: «Fantastico, la stagione è ancora tiepida e c’era un sacco di gente» e aggiungendo subito: «Me lo fate il mazzolino della settimana per la mia scrivania?».

    Paola era un’ottima cliente non solo per l’eccidio di vegetali in vaso, ma anche perché ogni settimana comprava una composizione per il proprio studio.

    «Crisantemi?» propose Clo.

    «Uhm… magari qualcosa di più allegro?»

    «I crisantemi hanno dei bellissimi colori. E poi sono in offerta.»

    «No, grazie. Non mi pare proprio il caso di insistere… preferisco qualcosa di diverso.»

    «Allora vada per un bel mazzo di asfodeli» cedette Clo. «Se taglio i gambi, nel vaso basso fanno un figurone.»

    «Molto meglio.» Nel tono di Paola si sentiva il sollievo.

    Sotto sotto era sollevata pure Clo: l’asfodelo era il fiore dell’oltretomba, ma non riusciva mai a piazzarlo per i Morti, e nemmeno per Ognissanti.

    Mentre si avviava a confezionare i fiori, chiese a Paola: «Hai notato che non c’è nessuno in giro, oggi?».

    «No, sarà che andavo di fretta. Sono un po’ in ritardo…» Paola guardò l’orologio al polso, per enfatizzare il concetto. «Anzi, sai che ti dico? Tu prepara, che poi passo a prendere il bouquet. Intanto porto a casa la valigia!»

    E via che si piazzò gli occhiali sul naso e se ne andò, quasi di corsa.

    3

    IL POSTO DOVE SONO TUTTI

    L’uscita di Paola fu talmente precipitosa da rendere inevitabile lo scontro con il nuovo cliente all’ingresso.

    Gualberto Frassi, da vero gentiluomo e da autentico avvocato in pensione, si inchinò con una mano al petto a chiedere scusa per l’inconveniente e si offrì di reggere il trolley che stava vacillando sullo scalino. La reazione di Paola fu goffa e impulsiva. «Faccio da sola, grazie!» e se ne andò senza voltarsi. Le rotelle di plastica gemettero sull’asfalto.

    Gualberto la seguì con lo sguardo ed entrò in negozio stringendosi nelle spalle, per poi cancellare l’accaduto con una scrollatina del capo e un tonante: «Buongiorno, signore belle!».

    Gualberto Frassi, età indefinita oltre gli ottantacinque, passava ogni mattina. Più che un cliente abituale, era un appuntamento fisso. Non era molto alto, ma recuperava tutto in girovita. Aveva pochi capelli bianchi, pettinati all’indietro, ma recuperava tutto in barba e peli sulle mani, incanutiti pure quelli. La sua ingombrante presenza veniva accolta con entusiasmo ogni volta che varcava la soglia di Ditelo con i Fiori. Lì dentro lo amavano per almeno tre validissimi motivi. Innanzitutto aveva il fare bonario ma burbero di un nonno, in secondo luogo conosceva il significato dei fiori più e meglio di un fioraio esperto, e infine ogni mattina comprava un fiore diverso. Una richiesta che Clo aveva preso come un’apprezzabile sfida. Del resto, Ditelo con i Fiori era il posto giusto dove trovare i fiori di cui persino il Creatore aveva dimenticato l’esistenza.

    «La stavamo aspettando!» esclamò Clo.

    A differenza di Paola, Gualberto Frassi era uno che a chiacchierare ci avrebbe passato le mattine. Si appoggiò a un ripiano carico di cespuglietti mignon di mirto e assunse l’atteggiamento di uno che non ha fretta. «State bene, mie care?»

    «Staremmo meglio se ci fosse qualcuno di più in circolazione.» Clo stava potando gli asfodeli e teneva la testa inclinata, per studiare l’effetto dei tagli. Le piaceva considerare i propri bouquet sculture viventi. «Ieri si sono festeggiati i Morti, ma ci sarà ancora qualcuno di vivo in questa città, no?»

    «E che vi importa? Poca brigata, vita beata!» La risata gli fece sobbalzare il panciotto.

    «No, no» s’inalberò Clo appoggiando le forbici e mettendo mano a un nastro rosa. «Qui da noi non funziona così, qui bisogna conquistarsi il pane.»

    «Mia cara, se è davvero curiosa, sappia che sono tutti alla fontana.»

    «E che c’è alla fontana?»

    Gualberto prese un vasetto di mirto, strofinò tra le dita qualche foglia, annusò da intenditore e poi lo ripose. Era l’unico cui fossero concesse libertà del genere. «Qualcosa di interessante, ma per scoprirlo avrei dovuto sopportare troppa umanità intorno e ho preferito arrivare dritto da voi.»

    Clo non aspettava altro. Mollò gli asfodeli, afferrò la leggera giacca nera e si rivolse a Gualberto. «Non la disturba, vero, se vado a dare un’occhiata? Mary resta qui per lei!»

    «Senza la curiosità la vita non avrebbe sapore, Clotilde. Vada e guardi anche per me. Io resto qui a scegliere il mio fiore, ma a un patto…» Le due donne lo guardarono attente. «Che facciate sparire quei crisantemi e quella scritta dalla vetrina!»

    «Se la sbrighi con Mary!»

    La commessa gli fu subito grata. «Non vedevo l’ora che qualcuno lo dicesse!»

    «Ecco, bravi, capitevi tra voi» salutò Clo dalla porta. «Io vado a fare quattro passi.»

    «No, tu vai a ficcare il naso!» le strillò dietro Mary.

    «Avrei comunque fatto un po’ di movimento» furono le ultime parole di Clo mentre usciva dal negozio.

    Per crederci, si sarebbe dovuto non conoscere affatto Clotilde: senza tema di smentita, la donna più sedentaria del settore orientale della città.

    Si avviò a passo sostenuto e mani alzate per raccogliere in una coda approssimativa i capelli, che erano troppi e troppo ricci. Perché, sotto alcuni aspetti estetici e caratteriali, Clo era troppa, decisamente troppa.

    Mary e Gualberto la guardarono solo per assicurarsi che se ne andasse davvero, poi presero a quattro mani i crisantemi e li buttarono nei grossi

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