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Il matrimonio inaspettato del conte
Il matrimonio inaspettato del conte
Il matrimonio inaspettato del conte
Ebook267 pages7 hours

Il matrimonio inaspettato del conte

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About this ebook

Inghilterra, 1820 - Gabriel Stone, Conte di Edenbridge, avrà anche la reputazione di uomo dissoluto, ma è anche un gentiluomo esemplare. Così quando Lady Caroline Holt offre la sua verginità per riottenere la proprietà di famiglia che il padre ha perso al gioco, la sua curiosità si risveglia. In realtà la scelta della donna nasconde motivazioni ben più profonde: lei vuole proteggere suo fratello e quando Gabriel lo scopre ne rimane molto colpito. Lui stesso ha difeso per tutta la vita i suoi fratelli e ha cicatrici profonde che lo testimoniano. Per questo decide di aiutarla nonostante i suoi propositi lo conducano su strade che non avrebbe mai pensato di percorrere, come la navata di una chiesa.





Miniserie " I disonorevoli Lords"- Vol. 4/4
LanguageItaliano
Release dateApr 20, 2017
ISBN9788858964675
Il matrimonio inaspettato del conte
Author

Louise Allen

Tra le autrici più lette e amate dal pubblico italiano.

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    Il matrimonio inaspettato del conte - Louise Allen

    successivo.

    1

    Londra, 1 giugno 1820

    «Una giovane signora chiede di voi, milord.»

    Gabriel Stone, Conte di Edenbridge, abbassò i piedi dalla griglia davanti al camino e si sollevò dalla poltrona per fissare il maggiordomo con uno sguardo sconcertato.

    «Avete perso il vostro tocco, Hampshire? Le giovani signore non vengono a farmi visita, neppure con una guardia del corpo come chaperon.»

    «Proprio così, milord. Comunque, questa è senza dubbio una giovane signora non accompagnata.»

    «Questa creatura mitologica ha lasciato il suo nome?»

    «Lady Caroline Holm, milord.»

    «Holm?» Nella mente di Gabriel suonò un campanello. Molto debole, a dire il vero, poiché aveva giocato a carte e bevuto brandy fino alle ore piccole in una confortevole sala da gioco in St. Christopher Place. Lanciò un'occhiata all'orologio e scoprì che erano le undici del mattino.

    Era stata una notte proficua e il fruscio delle cambiali nella tasca glielo ricordò, mentre si alzava e allungava tutti i sei piedi e due pollici del suo corpo esausto. Proficua al punto da ammucchiare diverse centinaia di sterline, un grazioso anello con sigillo e gli atti di proprietà di una piccola tenuta nell'Hertfordshire.

    La tenuta... «Ah, ecco, Hampshire! Presumo che Lady Caroline sia la figlia di Lord Knighton.»

    «Il conte eccentrico, milord?»

    «Una definizione eufemistica, Hampshire, benché oltremodo calzante. L'uomo sembra soffrire di occasionali attacchi di febbre da gioco e, negli intervalli, è ossessionato dal bisogno di migliorare la propria tenuta.»

    Gabriel si girò per guardare nello specchio sopra il caminetto e si trovò di fronte una visione di arruffata, disordinata dissipazione, tale da mettere in fuga ogni dama di buoni natali. «Dove l'avete sistemata?» si informò.

    «Nel salotto, milord. Devo portare dei rinfreschi?»

    «Dubito si tratterrà a lungo.»

    Gabriel uscì dallo studio diretto al salotto, mentre i dettagli della notte precedente a poco a poco divenivano più chiari. Knighton era l'uomo che aveva perso gli atti di proprietà della tenuta nell'Hertfordshire come risultato di una mano mal giocata dopo l'altra. Al momento non ne era parso particolarmente preoccupato, di certo non al punto da mandare la sua innocente e rispettabile figlia a casa di uno dei più famigerati libertini e giocatori di Londra.

    L'innocente dama in questione, in piedi davanti a un camino spento, si girò al rumore della porta che si apriva.

    Gabriel ebbe il tempo di ammirare una figura snella e alta in un abito da passeggio celeste, prima che lei tirasse indietro il velo. La mossa rivelò un cappellino di paglia su dei capelli biondi ordinatamente pettinati, un paio di ammirevoli occhi azzurri di una sfumatura più scura del suo vestito, un naso severamente diritto e una bocca carnosa e sensuale.

    Non una bellezza, non con quel mento determinato, almeno, ma indubbiamente notevole. Tentatrice.

    «Lady Caroline? Sono Edenbridge. A cosa devo l'onore della vostra visita?»

    Lei fece un accenno di riverenza. «Avete giocato a carte con mio padre, la notte scorsa.»

    «L'ho fatto. E per risparmiare tempo, sì, ho vinto gli atti di proprietà della tenuta nell'Hertfordshire.»

    La giovane annuì. «Ne sono informata. Ho udito mio padre annunciarlo a mio fratello maggiore, stamattina.»

    «Non sarete venuta a dirmi che si tratta della vostra dote, spero?»

    «No.» Lei si allontanò di alcuni passi, si girò e tornò indietro. «Appartiene al mio fratello minore, Anthony.»

    «Mi dispiace, ma adesso appartiene a me. È una tenuta non vincolata, immagino, di cui si può disporre legalmente.»

    «Legalmente, sì. Moralmente, no.»

    «Lady Caroline, temo di avere davvero poco interesse per la morale.»

    «Così ho sentito, milord.» Un uomo sensibile avrebbe sussultato al suo tono. «Mio padre è...»

    «Eccentrico.»

    Lei parve soppesare la parola per un momento. «Sì. E ossessionato sia dal suo titolo sia da Knighton Park, la nostra casa. Quella è naturalmente vincolata a mio fratello Lucas, Visconte Whiston, che la erediterà. Anthony ha solo sedici anni. Papà ha deciso che diventi un uomo di chiesa, installato in una delle residenze a sua disposizione, e che perciò non abbia bisogno di una proprietà. Solo che non capisce Anthony come me. Io l'ho praticamente cresciuto e...» Dovette rendersi conto che stava perdendo l'attenzione di Gabriel e il suo tono divenne di nuovo asciutto. «Springbourne si trova a dieci miglia da Knighton Park, troppo lontano per essere integrata nella tenuta principale, così a papà non interessa molto.»

    «La chiesa è una carriera comune per un figlio cadetto» osservò Gabriel. I suoi stessi fratelli sembravano abbastanza felici nei loro rispettivi ruoli, ma non erano nati primogeniti e caricati della responsabilità del titolo, delle terre e dei dipendenti. Per non parlare dei fratelli. Promettimi, Gabriel...

    Con la spietatezza di una lunga pratica, respinse i ricordi della fanciullezza e quelli riguardanti i suoi fratelli.

    Ben, il più grande, un irascibile maggiore di cavalleria; George, di recente ordinato vicario, un'anima mite che tendeva a sussultare quando incontrava Gabriel, e Louis, studioso e coscienzioso, e al contempo sensibile e combattivo, una combinazione difficile da gestire. Era studente al suo ultimo anno a Cambridge, dove studiava legge, preparandosi ad assumere la conduzione degli affari di famiglia.

    Ora che erano adulti, Gabriel dava loro del denaro quando lo chiedevano, li aveva introdotti in un buon bordello pulito quando aveva giudicato che fossero abbastanza maturi, li aveva messi in guardia dalle giovani dame predatrici e dalle loro ancor più predatrici madri... e oltre a ciò, evitava di incontrarli per mesi interi. Così era meglio per tutti.

    «Può essere comune» convenne Lady Caroline con una voce che gli ricordò dei limoni inadeguatamente cosparsi di zucchero, «ma è del tutto inadatta per Anthony.» Lo guardò con durezza, poi distolse in fretta gli occhi. Si morse il labbro inferiore carnoso e il felino predatore si destò in Gabriel, agitò la coda e iniziò a fare le fusa. «Anthony ama Springbourne. Non è uno studioso, o un intellettuale, è per natura un agricoltore e un uomo di campagna, e scoprire che la tenuta non esiste più gli spezzerà il cuore.»

    «E voi vi aspettate che ve la restituisca?» Gabriel inarcò un sopracciglio con aria scettica. «Sedete, Lady Caroline. Ho avuto una lunga, dura nottata, e non posso sedere finché non lo fate voi.»

    Con un piccolo suono che parve di esasperazione, lei si sistemò sulla sedia più vicina e studiò le proprie mani allacciate, mentre lui si sistemava sulla sedia di fronte. «No, non mi aspetto che facciate niente di così altruistico come salvare i sogni e il futuro del mio fratellino senza niente in cambio.»

    «Perspicace, da parte vostra» replicò lui in tono pigro, ricompensato da un sibilo rabbioso, prima che la giovane tornasse ad atteggiarsi a dama perfetta. «Intendete ricomprarla?» Gabriel estrasse il mucchio di carte dalla tasca e frugò tra i pagherò finché non trovò quello scarabocchiato dalla mano di Knighton. Lo sollevò affinché lei lo vedesse. «Questo è il valore che vostro padre ha attribuito alla tenuta.»

    Lady Caroline sussultò. «No, è ovvio che non sono in grado di ricomprarla. Dovreste sapere che come donna nubile non ho il controllo del mio denaro.»

    «Dunque cosa proponete?»

    «Voi avete una certa reputazione, Lord Edenbridge.»

    Quei guanti dovevano essere affascinanti per richiedere un tale, accurato esame, rifletté lui. «Come giocatore?»

    Lei chiuse gli occhi, trasse un profondo respiro e poi li riaprì, lanciandogli uno sguardo di sfida prima di spostarli sugli attrezzi del camino. «Come uomo di inclinazioni amorose.»

    Gabriel tentò di non ridere, ma gli sfuggì un grugnito divertito. «Questo è un modo di definirlo.»

    «Sono vergine.»

    E arrossiva deliziosamente. «Così spererei» ribatté lui devotamente. La bocca sensuale si strinse in una linea dura e Gabriel provò un improvviso bisogno di catturarla nella sua, stuzzicarla fino a renderla dolce e acquiescente.

    «Vi propongo uno scambio, milord» riprese lei rivolta agli attrezzi da camino. «La mia innocenza in cambio di quell'atto di proprietà.»

    Gabriel si era sempre ritenuto sofisticato nelle sue relazioni con le donne. Dopo forse mezzo minuto - durante il quale le guance di Lady Caroline passarono dal rosa chiaro al color peonia e lui dovette rivedere la sua opinione sulla propria incapacità di sconvolgersi - dichiarò: «Non ho l'abitudine di rubare la virtù di fanciulle innocenti, rispettabili o no». Tuttavia, nel vostro caso...

    «Forse vorreste considerare di fare un'eccezione, in questo caso? So che gli uomini sono quasi ossessionati dalla verginità, il che mi sembra strano, ma del resto conosco pochi uomini.»

    Gabriel batté con un dito sul pagherò, facendola sussultare al suono improvviso e inducendola a sollevare lo sguardo su di lui. «Questo debito non è un vostro problema, Lady Caroline.»

    Lei si morse il labbro e Gabriel trasse un respiro. Pensare di fare l'amore con lei stava avendo un certo effetto su una parte della sua anatomia. Poteva capire che gli uomini volessero una moglie virtuosa perché avevano bisogno di assicurarsi che i loro eredi fossero del proprio seme, ma le verginelle non avevano alcuna attrattiva per lui.

    E tuttavia, quella... Non ha niente a che fare con la sua innocenza. Quegli occhi azzurri, quella bocca e il suo testardo, innocente coraggio... Dannazione, se non capisce l'effetto che ha su un uomo, non è al sicuro.

    «Oh, ma è un mio problema.» Adesso Lady Caroline si stava animando. Si tese in avanti, nell'ansioso tentativo di convincerlo... o, forse, di convincere la sua disordinata cravatta, che era il punto che stava fissando. «Mia madre è morta dieci anni fa. Anthony è il mio fratello minore e ho promesso che mi sarei presa cura di lui. Voglio bene a mio padre, certo, ma lui è... un tipo difficile. Per lui ricomprare gli atti di proprietà sarebbe uno spreco del denaro che potrebbe andare nell'eredità di Lucas o nei miglioramenti di Knighton Park.» Quando Gabriel non rispose, aggiunse con fierezza: «Anthony è l'unico della mia famiglia che mi voglia davvero bene e io lo amo come se fosse mio figlio, non solo come un fratello. Voi avete fratelli, lo so, perché ho cercato notizie su di voi sul Peerage». Per qualche motivo salì di nuovo il colore alle sue guance. «Stamattina, intendo dire. So che, da uomo, non potete sentire per loro ciò che io sento per Anthony, ma fareste qualunque cosa per aiutarli, vero?» Era più un'affermazione che una domanda.

    Sì. «No.» Gabriel non intendeva incoraggiarla, né permetterle di capire che la sua promessa alla madre significava qualcosa, per lui. «Ascoltatemi, Anthony è solo un ragazzo. Alla fine troverà la sua strada nel mondo. Non è più un bambino, o una vostra responsabilità. Vostro fratello maggiore si occuperà di lui.»

    Lei lo stava finalmente guardando, anche se dalla sua espressione sembrava che gli fossero cresciute due teste. «Non vi capisco. Io gli voglio bene, e poi Anthony è anche tutto ciò che mi è rimasto di mia madre. Ho saputo dal Peerage che anche vostra madre è morta. Non provate affetto per la vostra famiglia? Di sicuro è la cosa più importante al mondo, per voi.»

    Tutto ciò che mi è rimasto di mia madre, aveva detto. Gabriel comprendeva fin troppo bene. L'oscurità vorticò su di lui, i ricordi lo assalirono. Promettimi... La bianca mano immobile, molle accanto alla bottiglia...

    Scacciò le immagini, non tollerando di riconoscere ciò che rappresentavano. Lui avrebbe ucciso... avrebbe protetto i suoi fratelli, certo che lo avrebbe fatto. Lo aveva fatto. Loro erano la sua responsabilità. Si strinse nelle spalle. «È mio dovere, ma sono un uomo, oltre che il capo della famiglia.»

    «Mi dispiace che questo sia il vostro sentimento. Perdete talmente tanto...» mormorò Lady Caroline.

    Per uno spaventoso momento Gabriel pensò che stesse per scoppiare in lacrime. «Non venderete voi stessa in cambio di quegli atti. Che cosa dirà vostro marito?» Solo il cielo sapeva da dove provenisse quell'impulso alla decenza.

    «Non ne ho uno. Non ancora.» L'espressione di Lady Caroline si trasformò, irrigidendosi.

    «Be', lo avrete abbastanza presto.» Doveva essere sui vent'anni, suppose Gabriel. «E un marito significa una prima notte di nozze.»

    «Mio padre ha in mente un certo numero di uomini, per me, ma ancora non ha preso una decisione. Francamente, sarei felicissima di sconvolgere ognuno di loro, quella notte.» Lei sembrava aver recuperato il suo spirito, ma lo sguardo era di nuovo scivolato sugli attrezzi da camino.

    «Non siete obbligata a obbedirgli.»

    «È mio padre, è naturale che debba obbedirgli. Non ho altra scelta, del resto.»

    «È vostro dovere, suppongo.»

    «Dovere e mancanza di altre opzioni. Mio padre tende a scoraggiare i candidati che non incontrano i suoi desideri.»

    «Non vorrete davvero dividere il letto con me?» Gabriel sorrise quando lei si girò a guardarlo, sconcertata dalla crudezza delle parole. Lui si esibì in un'espressione ferina e fece scorrere una mano sulla barba non ancora rasata, attirando gli occhi di lei sulla propria bocca. Lei lo fissò e poi deglutì... e l'eccitazione di Gabriel salì di un'altra tacca. Dannazione!

    «A essere franchi, meglio voi, milord, che Sir William Claypole o Mr. Walberton. O Lord Woodruffe.»

    «Che diavolo! Vostro padre ha fatto la lista di ogni scapolo di mezza età del ton?» Se avesse avuto una sorella non avrebbe voluto vederla accoppiata con nessuno di loro, meno che mai con Woodruffe.

    «Soltanto di quelli le cui terre confinino con le nostre e che accetterebbero di scambiarle con me.» Quando lui non rise, lei rincarò: «Per piacere, Lord Edenbridge. So che si suppone che siate duro e cinico e che non vi importi di nessuno, ma dentro di voi dovete avere dei sentimenti. Di sicuro dovete capire quanto io sia disperata».

    La prima parte di quella descrizione era più o meno accurata. «Siete riuscita a fare una considerevole quantità di ricerche sul mio conto, considerando che non è ancora mezzogiorno.»

    La giovane arrossì di nuovo. «Vi ho visto in giro ai balli e ai ricevimenti. E poi la gente parla.»

    E siete stata abbastanza interessata da chiedere di me? Gabriel rise dentro di sé. Galletto. Lusingato perché una giovane incantevole ti ha notato? Le donne tendevano a guardarlo, proprio come lui guardava loro. Ma non le vergini di buona famiglia. Aveva un senso di sopravvivenza altamente sviluppato.

    «Accetterò la vostra offerta» dichiarò infine. Lei ansimò come se non se lo fosse aspettato e stavolta il colore abbandonò le sue guance. «Vi manderò i titoli di proprietà quando li riceverò da vostro padre e voi firmerete un accordo con me. La transazione avverrà quando il vostro matrimonio sarà definitivamente stabilito.»

    «Ma...»

    «Posso essere un giocatore e un libertino con una spaventosa reputazione, Lady Caroline, ma sono pur sempre un gentiluomo. In qualche modo.» Quanto basta per non barattare la tua innocenza, almeno. D'altra parte, se quella donna avesse pensato di avere un accordo con lui, si sarebbe astenuta dal commettere qualche altra azione imprudente per trovare il denaro per riscattare la proprietà del fratello.

    Avrebbe potuto consegnarle semplicemente gli atti senza condizioni, ma il cacciatore in lui godeva all'idea di averla tra i propri artigli. Non per farle del male, solo per giocare un po'. Era così dannatamente annoiato, in quei giorni. «Sul mio onore, non parlerò del nostro accordo con nessuno. Ebbene, qual è la vostra decisione?»

    Caroline si era aspettata di essere spedita via con una risata di derisione, o di ritrovarsi sdraiata sulla schiena nella sua camera da letto, e non era stata capace di stabilire quale dei due mali sarebbe stato il peggiore. Quello che non si era aspettata era una tregua. Che non era una vera tregua, dopotutto, ma solo un rinvio, si rese conto mentre le parole di lui le affondavano nella mente.

    «Accetto.» Caroline si chiese se stesse per svenire. Non era portata agli svenimenti, ma a un tratto la stanza sembrava essere diventata più piccola e c'era uno strano rombo nei suoi orecchi, che doveva essere il rumore del sangue. «Per piacere, mandate gli atti di proprietà a questo indirizzo.» Trovò nella borsetta il biglietto da visita della sua insegnante di pianoforte e glielo tese senza guardarlo. «Miss Fanshawe conosce la situazione.»

    «Ha l'abitudine di fare da intermediaria per la vostra corrispondenza illecita, dunque?» Edenbridge si diresse verso la scrivania e Caroline si rese conto di aver trattenuto il fiato.

    Una furiosa occhiata alla sua schiena la fece tremare. Era troppo grande e maschio, troppo virile, per stargli così vicino. In precedenza, ogni volta che l'aveva visto era stato attraverso una pista da ballo, a distanza di sicurezza, dove aveva potuto trovare attraenti i suoi capelli scuri e la lieve trascuratezza dell'abbigliamento. Da quella distanza, invece, nella stessa stanza, il suo indifferente disdegno per le ricercatezze dell'abbigliamento alla moda la turbava e la inquietava. I suoi capelli erano fitti, leggermente ondulati, arruffati come se vi avesse passato sopra le lunghe dita. La faccia era adombrata da una corta barba scura, la cravatta era storta e il colletto aperto rivelava la base della gola. Odorava di brandy e di fumo, e di qualcosa di lievemente muschiato. Le palpebre stancamente abbassate contrastavano con la voce asciutta. Lei si chiese di che colore fossero i suoi occhi. Blu scuro, marrone?

    La sua reputazione era scandalosa, tuttavia nessuno lo accusava di essere crudele. Il conte era sensuale, dicevano i pettegoli. Pericoloso, per ogni signora abbastanza folle da rischiare il proprio cuore con lui e troppo bravo a carte per il bene di chiunque fosse così imprudente da giocare in sua compagnia, ma Caroline non stava mettendo a rischio il suo appannaggio. Neppure il suo cuore, si disse.

    Quando aveva scoperto le azioni di suo padre, era rimasta sconvolta. Lord Edenbridge era parso la risposta ai suoi problemi: privo di morale, poco convenzionale, sofisticato e in possesso di una sua particolare idea dell'onore. L'uomo aveva disturbato i suoi sogni abbastanza spesso, così forse l'affare che gli avrebbe proposto non sarebbe stato tanto spiacevole. Una ragazza doveva perdere la verginità, prima o poi, no?

    Lo stomaco di Lord Woodruffe dondolava sopra la cintura dei suoi pantaloni. Caroline rabbrividì. Non pensare a Woodruffe. Pensa a quest'uomo.

    Si costrinse a tornare alla situazione presente. «Non ho alcuna corrispondenza illecita» rispose, «ma Miss Fanshawe è un'amica.»

    «Non tanto, se vi ha incoraggiato a venire qua.» Lui tirò indietro la sedia della scrivania per lei.

    «Miss Fanshawe non ha idea di cosa stia facendo.» Caroline osservò la penna con circospezione. Lei stessa non era certa di saperlo. «Che cosa devo scrivere?»

    «Qualunque cosa vi sembri adatto al nostro accordo.»

    Il volto del conte era del tutto impassibile, ma lei sospettava che fosse divertito.

    «Molto bene.» Immerse il pennino e iniziò, scegliendo le parole con cura. Qualunque fosse l'opinione di quell'uomo, lei non era del tutto sconsiderata.

    Accetto di pagare a Lord Edenbridge il prezzo convenuto per gli accordi del mio fidanzamento.

    Caroline Amelie Holm

    1 giugno 1820

    Passò la sabbia sul foglio, che poi gli tese. «Va bene?»

    «Ammirevolmente discreto.» Lui piegò il foglio e lo fece scivolare nella tasca interna. «Questo andrà nella mia cassaforte, al sicuro.»

    «Certo.» Strano che lei avesse totale fiducia nella sua discrezione e nel suo onore... nel mantenere quel segreto, almeno. Non sarebbe andato a vantarsi nei suoi club di aver conquistato la virtuosa e riservata Lady Caroline Holm. O l'avrebbe fatto?

    «Perché vi fidate di me?» le domandò bruscamente.

    «Non lo so» confessò lei. «Solo per una mia impressione e perché tutti dicono che siete scandaloso e privo di scrupoli, tuttavia non siete mai stato accusato di comportamento disonorevole.»

    «È abbastanza facile essere onorevole, se non si è tentati.» La sua voce era asciutta e il sorriso un po' divertito. «Confesso che è una novità per me essere oggetto di tanta fiducia, Lady Caroline.»

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