Un inaspettato ritorno
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About this ebook
Caroline nasconde un segreto dietro al suo luminoso eppur sempre enigmatico sorriso, e il ritorno di Roman rischia di portare il caos all'interno della sua vita. Una cosa però è certa: in questo spietato ed estremo gioco, soltanto una persona potrà trionfare, in un modo o nell'altro.
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Book preview
Un inaspettato ritorno - Lynn Raye Harris
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Game with One Winner
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2013 Lynn Raye Harris
Traduzione di Chiara Fasoli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-392-1
1
Milionario russo intenzionato a comprare catena di grandi magazzini in difficoltà
Lei era lì. Roman Kazarov ne era certo, anche se non l’aveva ancora vista. La donna al suo fianco sospirò frustrata, cercando inutilmente di riportare l’attenzione di lui su di sé. Roman le rivolse allora un rapido sguardo ma tornò subito a guardare altrove.
Si sentiva annoiato. La donna era bellissima, ma dopo una sola notte nel suo letto lui era già pronto a passare oltre.
Le dita di lei si avvolsero possessivamente intorno al suo braccio e lui resistette all’impulso di allontanarle. L’aveva portata con sé quella sera perché sapeva che Caroline Sullivan-Wells sarebbe stata lì. Non pensava certo che per Caroline avrebbe fatto alcuna differenza vederlo insieme a un’altra donna. Lei già cinque anni prima gli aveva chiarito perfettamente che non le importava alcunché di lui. Non le era mai importato.
Un tempo quel rifiuto gli aveva spezzato il cuore, ma ora non provava nulla, all’infuori di una fredda determinazione. Era tornato a New York molto cambiato rispetto a cinque anni prima. Era un uomo ricco, spietato. Un uomo con un unico scopo.
Prima della fine del mese sarebbe entrato in possesso della Sullivan, la grande catena di negozi di lusso fondata dalla famiglia di lei. Sarebbe stato il coronamento del suo duro lavoro, la simbolica ciliegina sulla torta. Non aveva bisogno della Sullivan, ma la voleva. Anni prima era stato un accolito di Frank Sullivan, sempre pronto a compiacerlo; poi però era stato cacciato senza troppi riguardi, Caroline lo aveva lasciato, il suo visto era scaduto e il sogno di garantire una vita migliore alla sua famiglia in Russia era andato in mille pezzi.
Ma ora era tornato, e non c’era nulla che Caroline o suo padre potessero fare per ostacolare i suoi progetti.
A un tratto la folla si aprì a rivelare una donna immersa in una fitta conversazione dall’altro lato della stanza. La luce del grande lampadario sopra di lei sembrava farla risaltare in mezzo a tutte quelle persone, avvolgendo i capelli color miele e la sua carnagione candida in un delicato alone luminoso.
Roman sentì una fitta al petto. Era ancora bellissima e la sua presenza aveva anche adesso un certo effetto su di lui, cosa che aumentava la sua rabbia. Non si era aspettato quest’ondata di ricordi, di rinnovato desiderio e gioia amara. Rimase immobile aspettando che quei sentimenti confusi lo abbandonassero, finché non riuscì a guardarla con sguardo freddo, critico.
Sì, molto meglio. Era quello che voleva provare. Disgusto. Odio.
Lei scelse proprio quel momento per alzare la testa, quasi avesse avvertito che qualcosa non andava.
E poi lo vide. I suoi grandi occhi nocciola si spalancarono. Si portò una mano al petto, poi come ripensandoci la lasciò cadere lungo il fianco, ma non abbastanza velocemente; lui poté comunque notare l’effetto che aveva avuto su di lei. Per un lungo istante nessuno dei due distolse lo sguardo. Fu lei a interrompere il contatto voltandosi e attraversando in fretta una porta alle sue spalle.
Roman si irrigidì. Avrebbe dovuto assaporare il proprio trionfo, invece si sentiva come se lei lo avesse rifiutato ancora una volta. Come se il mondo fosse sul punto di crollargli addosso, esattamente come cinque anni prima. Ma questo non sarebbe accaduto, non più. Era lui ad avere in mano le carte vincenti questa volta.
«Caro» disse la donna al suo fianco, cercando di distogliere la sua attenzione dalla porta attraverso la quale Caroline era appena scomparsa, «mi prenderesti da bere?»
Roman la guardò. Era bella e viziata, con un viso e un corpo che facevano impazzire gli uomini. Era abituata a essere al centro dell’attenzione e a vedere esaudito ogni suo desiderio.
«No» le rispose freddamente. Dopodiché prese il portafoglio dalla tasca interna della giacca, ne estrasse cinque banconote e le premette nella mano di lei.
«Divertiti finché vuoi. E quando hai finito chiama un taxi.»
«Mi stai lasciando?» I suoi occhi erano spalancati, la sua fiducia in se stessa e nella propria bellezza scossa.
Si sarebbe dispiaciuto per lei, ma era certo che uno sciame di uomini avrebbe iniziato a ronzarle intorno non appena avesse lasciato il locale. Le prese la mano e portandosela alle labbra disse: «Non è destino, Maya Krasavitsa. Troverai un uomo che ti meriti più di me».
E poi la lasciò sola per andare in cerca di un’altra donna. Una donna che non gli sarebbe sfuggita, questa volta.
Caroline uscì di corsa dall’ascensore e si affrettò verso il marciapiede. Il cuore le rimbombava nel petto come impazzito. Si avvolse più strettamente la stola intorno alle spalle e cercò di respirare a fondo. Roman.
Ricacciando indietro le lacrime rivolse un tremulo sorriso all’usciere che le stava chiedendo se desiderasse un taxi.
«Sì, grazie» disse, con il fiato ancora corto per la corsa di poco prima. Tra tutte le persone che potevano essere lì, quella sera... eppure avrebbe dovuto aspettarselo. Sapeva che era tornato in città, i giornali sembravano parlare solo di Roman Kazarov e della sua missione.
Strinse convulsamente le dita intorno alla stola di seta. Sapeva che avrebbe dovuto rivederlo, ma non si aspettava sarebbe successo così presto. Pensava l’avrebbe incontrato in una sala riunioni e anche quel pensiero bastava a farle perdere l’appetito.
Come avrebbe potuto affrontarlo di nuovo? «Caroline.»
Le ginocchia le cedettero all’udire il suo nome pronunciato da quelle labbra che una volta aveva amato così tanto. Una volta, ma non più. Era una donna ora e aveva preso le proprie decisioni. Aveva salvato la Sullivan allora, l’avrebbe salvata nuovamente.
Si voltò con il sorriso sulle labbra, un sorriso leggermente tremulo, ma sperava fosse troppo buio perché lui lo notasse.
«Signor Kazarov» disse con una voce un po’ troppo alta, un po’ troppo stridula.
Si sentiva svuotata nel profondo, mentre alzava il viso e fissava i suoi splendidi occhi blu. Era ancora incredibilmente attraente, alto, con le spalle larghe e quel tipo di lineamenti che avrebbero fatto di lui il modello ideale di qualsiasi artista o la felicità di qualsiasi fotografo.
Aveva visto le sue foto sui giornali da quando era balzato agli onori della cronaca, poco più di due anni prima. Ricordava ancora il giorno in cui Jon le aveva passato il giornale mentre facevano colazione.
Si era quasi soffocata con il caffè leggendo, e suo marito le aveva preso la mano e l’aveva stretta a lungo. Era l’unico a sapere quanto fosse doloroso per lei avere notizie di Roman. Negli anni successivi aveva seguito la sua ascesa con trepidazione, sapendo che un giorno sarebbe tornato. E sarebbe tornato per lei.
Roman sbuffò. «Dopo tutto quello che c’è stato tra noi, Caroline, è così che accogli un vecchio amico?»
«Non sapevo fossimo amici» rispose lei, ricordando con un tuffo al cuore il modo in cui l’aveva guardata la sera in cui le aveva rivelato di amarla. Anche lei avrebbe voluto dichiarargli il suo amore, ma non era possibile. Così aveva mentito. Lui era apparso stupefatto, ferito. E poi le aveva lanciato uno sguardo furibondo.
Ora sembrava totalmente indifferente e la cosa la lasciava sconcertata. Si sentiva stordita e confusa, mentre lui sembrava freddo, controllato, calmo.
Ma perché si sentiva così? Aveva fatto ciò che doveva e lo avrebbe rifatto. Sollevò il mento. Sì, aveva fatto la scelta giusta, non importava quanto le fosse costato. La felicità di due persone non era nulla in confronto al benessere delle centinaia il cui sostentamento dipendeva dalla Sullivan.
«Allora possiamo certamente dire di conoscerci da molto tempo.» Inarcò un sopracciglio, mentre il suo sguardo si spostava nel punto in cui la mano di lei stringeva convulsamente la stola sul petto.
Indossava un abito senza spalline e ora si sentiva nuda, esposta a quello sguardo penetrante. Si sentì invadere da uno strano calore che avrebbe desiderato non provare mai più.
«Vecchi amanti» continuò Roman, mentre i loro occhi si incontravano nuovamente.
Lei si voltò, facendo scorrere disperata lo sguardo lungo la Fifth Avenue e poi attraverso il parco. Il traffico era bloccato e sapeva che il taxi ci avrebbe messo molto tempo ad arrivare. Come avrebbe fatto a resistere?
«Non vuoi che te lo ricordi?» chiese Roman. «O hai deciso di fingere che non sia mai successo nulla?»
«So cos’è successo.» Non lo avrebbe mai dimenticato. Come poteva? Praticamente ogni giorno le affioravano alla mente momenti di passione che un tempo aveva condiviso con quell’uomo. Il panico minacciò di sopraffarla, ma lei lo respinse. «Ma è stato molto tempo fa.»
«Mi è dispiaciuto per tuo marito» disse allora lui, e il suo stomaco si strinse in un nodo doloroso.
Povero Jon. Povero, povero Jon. Se qualcuno meritava la felicità, quello era proprio lui.
«Grazie» rispose con voce rotta. Jon era scomparso da un anno ormai, ma il dolore la lacerava ancora ogni volta che pensava a quegli ultimi terribili mesi in cui la leucemia aveva devastato il suo povero corpo. Era così ingiusto.
Chinò la testa per un momento, trattenendo le lacrime che minacciavano di sgorgare copiose. Jon era stato il suo migliore amico, il suo compagno, e le mancava ancora immensamente. Pensare a Jon le ricordò che doveva essere coraggiosa.
Roman era un uomo, e un uomo poteva essere sconfitto.
«Non funzionerà» disse con voce fiera.
Roman inarcò un sopracciglio. «Cosa non funzionerà, tesoro?»
Caroline rabbrividì. Una volta pronunciava quella parola con vero affetto e lei amava il modo in cui il suo accento russo la rendeva morbida, una sorta di carezza. Ma ora le sue parole non