Alle condizioni del milionario
By Maya Blake
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Sasha sa di essere la migliore scelta in circolazione per la sua squadra, ma non ha calcolato che rispettare le regole che Marco le ha imposto non sarà così facile, con lui accanto notte e giorno.
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Alle condizioni del milionario - Maya Blake
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Price of Success
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2012 Maya Blake
Traduzione di Silvia Paola Bazoli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-395-2
1
Gli attimi prima dell’impatto sembravano girati al rallentatore. Il tempo si fermò, poi si dilatò sotto il sole di quella domenica. Le auto stavano correndo a più di duecentoventi chilometri l’ora, eppure sembrava che eseguissero una danza ipnotica.
Sasha Fleming fissò raggelata la fiancata di Rafael mentre toccava lo pneumatico posteriore dell’altra auto.
Centinai di chili di fibra di carbonio si ripiegarono e si contorsero, il metallo tagliò lo pneumatico sinistro, facendo roteare l’auto di novanta gradi.
L’auto da corsa appena presentata volò in aria, per diversi secondi assomigliò a un velivolo futuristico e non a un bolide concepito per correre sull’asfalto.
La gravità ebbe inevitabilmente la meglio e l’esplosione fu devastante. Il metallo contorto fece un rumore sinistro che risuonò nelle sue orecchie amplificato dagli altoparlanti intorno a lei.
«Si è schiantato! Incredibile! L’attuale campione del mondo Rafael de Cervantes è uscito dalla pista con la sua Espiritu DSII. Solo questa mattina sui giornali era apparsa la notizia che l’auto era indistruttibile. Com’è possibile?»
Sasha si strappò dalle orecchie le cuffie, lo stomaco chiuso in una morsa, mentre intorno a lei rombava il frastuono del circuito Hungaroring.
Il cuore le batteva all’impazzata, tanto da darle l’impressione che stesse per balzarle fuori dal petto.
Lei aveva gli occhi incollati sulle barriere dove era andata a finire la Espiritu e al suo fianco si radunarono una ventina di membri della squadra che fissavano sgomenti la scena.
«Alzate il volume» urlò qualcuno.
Tenendo a bada il bisogno di obiettare a quel comando, lei strinse le braccia al petto e si lasciò andare ai ricordi di un altro incidente che aveva cambiato la sua vita per sempre.
A volte l’unico modo di superare il dolore è affrontarlo e abbandonarsi a lui.
Lascia che ti divori e poi ne uscirai.
Quante volte le aveva ripetuto quelle parole suo padre? Quando si era rotta la caviglia mentre imparava ad andare in bicicletta. Quando si era rotta un braccio arrampicandosi su un albero. Quando aveva perso sua madre a dieci anni. Quando aveva sofferto perché aveva scelto l’uomo sbagliato.
Aveva superato tutti quei momenti. Be’... quasi tutti.
La perdita che aveva subito era sepolta nella profondità del suo cuore e l’avrebbe seguita ovunque, così come la perdita del padre.
La voce del commentatore la distolse da quei pensieri.
«Non si vedono movimenti dentro l’auto. La gara è stata sospesa ed è scesa in pista la safety car, insieme all’ambulanza. Non vediamo Rafael, non ci sono movimenti. Sicuramente il suo team sta cercando di parlare con lui. Devo dire che la situazione non sembra buona...»
Sasha inspirò a fatica e con le dita si liberò dal velcro che chiudeva la sua tuta da gara. Era scossa dai brividi e le sembrava di non riuscire a deglutire, ripensando all’ultima conversazione che aveva avuto con Rafael.
Lui le si era rivolto pieno di rabbia.
L’aveva accusata, quando in realtà lei aveva solo cercato di essere d’aiuto...
Era colpa sua? Possibile che lei fosse in parte responsabile di quell’incidente?
«È arrivata l’ambulanza. C’è anche Marco, il fratello di Rafael e capo del Team Espiritu.»
Marco.
Sasha pensò di essere sul punto di svenire. Non si era neanche resa conto che lui era arrivato in Ungheria.
Nei due anni in cui lei era stata pilota di riserva del Team Espiritu, Marco de Cervantes non aveva mai perso una gara... fino a quel fine settimana.
Tutti avevano notato la sua assenza, le celebrità e i reali che erano arrivati da ogni parte del mondo per vedere da vicino lo stile di vita dei de Cervantes, erano chiaramente delusi. A giudicare dalle risposte tese di Rafael alle domande su suo fratello, Sasha aveva dedotto che i due avessero litigato. Si sentì stringere il petto in una morsa al pensiero che Marco fosse arrivato giusto in tempo per assistere all’incidente del fratello.
Un cameraman temerario si fece largo fra le guardie del corpo e raggiunse Marco.
L’espressione tesa, pallido nonostante la carnagione olivastra, lui aveva mantenuto lo sguardo fisso davanti a sé, senza rivelare la benché minima emozione, mentre si dirigeva verso l’auto di cortesia a pochi metri da lui.
Un attimo prima di salire si girò e con i suoi occhi nocciola fissò la telecamera.
Sasha rimase immobile. Si sentì gelare quando riconobbe la furia che covava sotto quello sguardo freddo. Non dipendeva dalla situazione che doveva affrontare, Sasha sapeva che c’era di più.
Rabbrividì di nuovo violentemente, poi si girò in cerca di una via di fuga.
Il retro del garage dove c’erano gli pneumatici di scorta sarebbe stato un buon rifugio. Aveva fatto un solo passo in direzione dell’uscita, quando Tom Brooks, il suo addetto stampa ufficiale, la raggiunse.
«Dobbiamo prepararci per un’intervista» disse lui facendo scorrere le dita sull’iPad.
Sasha avvertì una violenta ondata di nausea.
«Di già? Non sappiamo come sta Rafael?»
O se era ancora vivo.
«Esattamente. Tutti gli occhi saranno puntati sulla sua squadra. Non è il caso di alimentare altri scandali» obiettò lui con freddezza.
Sasha si morse il labbro. Solo una settimana prima lei aveva negato con forza di avere una relazione con Rafael e aveva così attirato l’attenzione della stampa sulla squadra.
«Non è meglio essere informati prima dell’intervista?»
Lui si rabbuiò.
«Vuoi fare il pilota di riserva a vita?»
«No, certo che no...»
«Bene, perché io non voglio fare l’addetto stampa di una riserva per il resto della mia carriera. Vuoi essere la numero uno? Ecco l’occasione per provarlo.»
Lei sentì montare la rabbia.
«Non sappiamo ancora quali siano le condizioni di Rafael!»
«Puoi stare qui con le mani in mano e farti soffiare l’opportunità sotto gli occhi. Sono poche le donne che sono diventate piloti di Formula Uno, tu puoi scegliere di restare nell’anonimato o metterti alla guida - letteralmente - e mettere a tacere le chiacchiere.»
Non aveva bisogno di chiedergli che cosa intendesse dire.
«Non m’importa dei pettegolezzi. Io sono brava» ribatté raddrizzando le spalle.
«Sei anche la figlia di Jack Fleming e la ex di Derek Mahoney. Se vuoi che ti prendano seriamente, devi farti avanti. Fai l’intervista, fatti conoscere.»
Sasha si sentiva a disagio. Per quanto le risultassero sgraditi i modi di Tom, sapeva che in parte aveva ragione.
«C’è un giornalista che è pronto a incontrarti.»
«No» ribatté lei guardando lo schermo. «Non concederò interviste finché non saprò come sta Rafael.»
Due ambulanze e tre mezzi dei pompieri avevano circondato l’auto.
Sasha provò una stretta al cuore.
Rafael, per favore non morire. Non morire...
Tom si addolcì un poco notando lo sguardo di lei.
«Preparerò qualcosa nell’attesa. Trovati un posto tranquillo e cerca di riprendere il controllo.» Si guardò intorno per accertarsi che nessuno lo sentisse. «Questa è l’occasione che aspettavi. Non la rovinare, Sasha.»
Marco de Cervantes entrò nella camera privata dell’ospedale di Budapest in preda al panico. Teneva le mani strette a pugno per fermare il tremito e fece uno sforzo enorme per avvicinarsi al letto dove giaceva suo fratello. Aveva negli occhi ogni singola immagine di quell’incubo e rivedeva il sangue... tutto quel sangue...
Il lenzuolo bianco steso sopra il petto di Rafael lo fece trasalire.
Doveva chiedere agli infermieri di cambiarlo con uno verde, il colore preferito di suo fratello.
Rafael non era morto e Marco avrebbe fatto quanto in suo potere perché fosse l’ultima volta che la morte li sfiorava così da vicino.
Si abbassò e fissò il volto pallido del fratello, il tubo inserito in gola che gli permetteva di respirare.
Era troppo.
Aveva scelto di lasciare a Rafael il tempo per ragionare, anziché costringerlo lui. Facendo così gli aveva permesso di mettersi al volante dell’auto più potente al mondo mentre stava ancora soffrendo per un rifiuto.
Rafael era molto diverso da lui, non sapeva vivere a compartimenti, soffocare le emozioni che lo turbavano. La sua felicità, la sua tristezza, i trionfi e le sconfitte erano sempre devastanti e totali.
Aggiungere a tutto questo un’auto che correva a più di duecentoventi chilometri all’ora con la potenza di settecentocinquanta cavalli lo aveva portato in quella stanza d’ospedale.
Prese la mano immobile di Rafael e si chinò con le labbra vicino all’orecchio del fratello.
«Sei vivo, hai capito? Ti giuro su quello che ho di più sacro che se muori, ti seguo fino all’inferno e ti prendo a calci nel sedere» mormorò con voce incerta. «E so che sarai all’inferno, perché uno come te non può finire in paradiso.»
Non riuscì a proseguire perché gli veniva da piangere.
La mano di Rafael non si era mossa ed era tiepida. Marco la strinse ancora di più, deciso a infondere la vita al fratello, a rifiutare quello che gli avevano detto i dottori.
Un ematoma cerebrale... Un’emorragia interna... non c’è altro da fare che attendere...
Con la coda dell’occhio vide che il televisore a schermo piatto a parete era acceso e stava riproponendo le scene dell’incidente di Rafael.
Qualcosa lo colpì e con la rabbia che gli montava dentro afferrò il telecomando e lo spense.
Gli ci vollero cinque minuti per ritrovare la calma e il controllo, poi si avvicinò al fratello e si sedette accanto a lui.
«So che non saresti d’accordo con me, ma te la sei cavata bene e non mi riferisco solo all’incidente.»
Mentalmente ringraziò il Signore che il fratello non avesse potuto ascoltare l’intervista che avevano appena trasmesso.
Marco sapeva bene che molte persone erano pronte a sacrificare tutto pur di raggiungere la fama e il potere. E l’ambizione sfrenata che aveva visto nello sguardo di Sasha Fleming gli aveva fatto ribollire il sangue.
Se voleva la guerra l’avrebbe avuta. Avrebbe fatto esattamente quello che lei aveva fatto a suo fratello e poi avrebbe goduto nel distruggere i suoi sogni.
«Mi scusi, potrebbe indicarmi la stanza di Rafael de Cervantes?» chiese Sasha, cercando di assumere un tono autoritario, anche se sapeva che quello non era il suo posto.
L’infermiera con l’uniforme immacolata la squadrò.
«È una parente?»
«No, ma volevo sapere come sta. Lui era... è nella mia squadra.»
L’infermiera cambiò immediatamente espressione e la riconobbe.
«Lei è Sasha Fleming!»
Sasha sfoggiò il suo sorriso da obiettivo, quello che rivolgeva generalmente ai giornalisti.
«Sì» mormorò, sollevando gli occhiali dalle grandi lenti.
«Mio nipote l’adora!» esclamò la donna. «Ogni volta che la vede