La prigioniera ribelle: Harmony Collezione
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Cresciuta sotto le luci dei riflettori, questa potente famiglia non è però preparata ad affrontare un ultimo, sconvolgente scandalo.
Per Holly Perez questa è l'ultima possibilità di rimediare ai propri errori e tornare sulla retta via, ma lavorare per Julius Ravensdale, uno scienziato che vive isolato dal mondo, è come essere in prigione. Se c'è una cosa che a Holly riesce bene però è riportare il sorriso sul suo viso serio e rigoroso, e accendere la scintilla della seduzione in quegli occhi che sembrano volerla divorare.
L'esuberante sensualità di Holly spinge ogni giorno di più Julius oltre il limite imposto dal suo ferreo autocontrollo , fino a quando non cede all'attrazione che lo consuma. Dopo aver passato una notte tra le sue braccia, scoprire come tenerla accanto a sé per sempre diventerà il suo ultimo, disperato esperimento.
Melanie Milburne
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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La prigioniera ribelle - Melanie Milburne
successivo.
1
Julius Ravensdale capì che la sua governante aveva qualcosa in mente non appena gli servì il suo dessert preferito. «Il budino della Regina?» domandò, aggrottando un sopracciglio. «Non prepari mai dolci a pranzo, a meno che non si tratti di un'occasione speciale.»
«Infatti, è un'occasione speciale» precisò Sophia mentre appoggiava sul tavolo il piattino con la spumosa meringa bianca.
«D'accordo, dimmi tutto» la invitò lui. «Cosa sta succedendo?»
«Ho chiesto a una ragazza di aiutarmi a gestire la casa. Si tratterà solo di un mese, fin quando questa dannata tendinite guarirà. Due mani in più mi saranno utili, e io farò qualcosa di buono per la società.»
Julius guardò la fascia che lei portava al polso ormai da due settimane. Sophia lavorava anche troppo, e di certo una collaboratrice in più le sarebbe stata di grande aiuto, ma lui preferiva non avere troppo personale di servizio alla villa. Non perché volesse risparmiare sui salari, bensì perché aveva bisogno di tranquillità e di pace per dedicarsi al suo lavoro. «Chi è?»
«Solo una ragazza che ha bisogno di un piccolo aiuto per tornare sulla retta via.»
Julius sollevò lo sguardo al soffitto. Fra tutte le governanti che avrebbe potuto assumere, gli era toccata proprio la reincarnazione argentina di Madre Teresa di Calcutta.
«Pensavo che noi due fossimo d'accordo a confinare i tuoi reietti in giardino, o al massimo nella scuderia» obiettò.
«Sì, ma questa poveretta finirà in prigione se...»
«Prigione?» la interruppe lui. «Tu vuoi portarmi una criminale in casa?»
«Si è cacciata nei guai un paio di volte, tutto qui» minimizzò Sophia. «E in ogni caso, quel tizio se lo è meritato.»
«Cosa gli ha fatto?»
«Ha graffiato con le chiavi la fiancata della sua macchina sportiva nuova fiammante.»
Julius strinse i denti pensando alla sua preziosa Aston Martin ben protetta in garage. «Suppongo che si sia difesa affermando che non si era trattato di qualcosa d'intenzionale...»
«No, ha ammesso la sua colpa, non solo, ma ne era fiera. E ha anche ammesso di aver scritto il messaggio sul suo prato servendosi di un diserbante.»
«Mi sembra proprio una brava persona» commentò lui, il tono ironico.
«Dunque è d'accordo?»
Julius notò l'espressione speranzosa dipinta sul viso della governante e sospirò. Ovviamente Sophia non aveva colto il suo sarcasmo, poiché era la persona più caritatevole del mondo. Si dava sempre da fare per aiutare gli altri e si sentiva molto sola adesso che i suoi figli si erano trasferiti all'estero per lavoro. Che danno poteva fare accontentandola?, si chiese. Lui comunque sarebbe stato molto impegnato per completare il suo software, aveva meno di un mese a disposizione prima di sottoporlo alla commissione spaziale per ottenere l'approvazione e i fondi.
«Suppongo che tu non abbia mai preso in considerazione la possibilità di imparare a ricamare o a lavorare a maglia per passare il tempo, giusto?» borbottò.
«Aspetti di conoscerla prima di parlare» replicò Sophia, un radioso sorriso sulle labbra. «Si innamorerà di lei a prima vista.»
Per prima cosa, quando il furgone si fermò, Holly esaminò la possibilità di darsela a gambe, ma le dimensioni della villa la indussero a ripensarci. Era grande, molto grande. Enorme. Tre piani in stile neoclassico, circondata da un giardino spettacolare e da campi ben curati che digradavano verso una folta foresta, non aveva per nulla l'aspetto del centro di detenzione che aveva previsto. Niente torrette di sorveglianza, e nemmeno guardie armate che pattugliavano il perimetro dell'area, almeno non che riuscisse a scorgere. Più che altro l'edificio sembrava un hotel a cinque stelle, il che la spinse a interrogarsi sul perché fosse stata mandata lì. Non che si fosse aspettata catene ai polsi e un vitto a base di pane e acqua, questo no, pur tuttavia... Il posto che stava guardando era davvero troppo.
«Si tratta solo di un mese» le ricordò Natalia Varela, l'assistente sociale che era stata assegnata al suo caso, mentre i pesanti cancelli di ferro battuto si aprivano per permettere l'accesso al viale che conduceva alla villa. «Te la sei cavata bene perché avevi la fedina penale pulita» sottolineò. «Dovresti esultare, non immagini quante persone vorrebbero essere al tuo posto.»
Holly sbuffò. Incrociò le braccia sul petto. Accavallò la gamba destra sulla sinistra. Fece ondeggiare la caviglia avanti e indietro. Atteggiò le labbra in un broncio. Quale motivo aveva per essere felice? Perché avrebbe dovuto manifestare gratitudine per essere stata mandata a vivere con un uomo che non conosceva nella meravigliosa villa di proprietà di quest'ultimo?
Un mese.
Trenta giorni insieme a uno sconosciuto che si era offerto di aiutarla a ravvedersi. Come se il piano avesse una qualche possibilità di funzionare! E poi, chi era il tizio, in ogni caso? Di lui le avevano detto solo che era un genio tecnologico inglese che aveva fatto fortuna in Argentina progettando i telescopi spaziali usati nel deserto di Atacama, nel vicino Cile. Ah, e anche che era single. Aveva acconsentito ad accogliere una donna con problemi con la giustizia solo per altruismo? E le autorità competenti gli avevano creduto?
Ma lei non ci cascava. Sapeva tutto sugli uomini e sulle loro bieche motivazioni.
Natalia superò i cancelli, che si richiusero alle spalle del furgone con un lieve fruscio. «Julius Ravensdale ti sta facendo un grande favore» sottolineò. «Ha dato il suo assenso al programma, ed era molto riluttante a farlo, solo perché la sua governante soffre di tendinite a un polso, e dunque il tuo compito sarà quello di aiutarla. È una grande opportunità per te, e spero davvero che saprai sfruttarla al meglio.»
Una grande opportunità per cosa?, pensò Holly, un sorrisetto cinico che le incurvava le labbra. Non avrebbe permesso a nessuno di trasformarla in una cameriera solo perché aveva commesso un paio di errori, che poi non erano davvero tali perché quel bastardo del suo patrigno si meritava quello e molto peggio... E poi si stava parlando di una vecchia auto, che diavolo! E qual era il problema se anche aveva dovuto farla riverniciare, ed era stato costretto a ripiantare il suo prezioso prato dopo l'episodio del diserbante?
No, non sarebbe diventata la schiava di un riccone, costretta a sfregare i pavimenti in ginocchio, decise. I giorni in cui aveva subito angherie erano finiti da tempo. Julius Ravens-come-accidenti-si-chiamava sarebbe andato incontro a una grande delusione se davvero pensava di poterla usare a suo piacimento.
E se non era in cucina che aveva previsto di relegarla? E se i suoi piani erano molto più turpi? Nella sua esperienza, gli uomini ricchi erano certi di potere avere tutto quello che volevano. Quel sottolineare la riluttanza di lui nell'accoglierla doveva essere solo una messinscena. Ovviamente doveva comportarsi così, di certo non poteva apparire troppo entusiasta alla prospettiva di portarsi a casa una criminale. No, apparentemente stava agendo con scopi altruistici, per dare il suo apporto alla società, ma con la vera intenzione di dare il suo apporto a lei.
D'accordo, gli avrebbe tenuto il gioco, concluse, solo per vedere fin dove quell'essere spregevole si sarebbe spinto.
«Oh, certo che la sfrutterò al meglio, di questo puoi essere sicura» puntualizzò.
Natalia spinse il piede sul pedale dell'acceleratore e sospirò. «Sì, è proprio quello che temevo.»
La governante che aveva conosciuto qualche giorno prima la accolse sulla soglia della porta d'ingresso della villa mentre Natalia parlava al telefono con un'altra delle sue assistite.
«È bello averti qui» esordì Sophia. «Entra pure, il signor Ravensdale è impegnato al momento, così ti accompagnerò io nella tua camera.»
Ovviamente non si era aspettata un comitato di accoglienza con tanto di banda e di palloncini colorati, ma il padrone di casa non avrebbe dovuto quantomeno farsi vedere?, si chiese Holly.
«Dov'è lui?»
«Non può essere disturbato. Ti mostro io la camera che...»
«Disturbalo» intervenne Holly. «Subito.»
«Non gli piace essere interrotto quando lavora» sottolineò Sophia, il tono contrariato. «E non concede a nessuno di entrare nel suo studio, a meno che non si tratti di un'emergenza.»
Senza prendersi il disturbo di replicare, Holly la oltrepassò e si avviò verso l'unica porta chiusa fra quelle che si affacciavano sul lunghissimo corridoio, quella che supponeva desse accesso allo studio. Non bussò, semplicemente impugnò la maniglia e la girò.
Un uomo era seduto dietro la scrivania, intento a digitare qualcosa sulla tastiera di un computer. Immobilizzò le mani quando lei entrò, l'ultimo clic che riecheggiava nel silenzio.
Holly trasse un profondo respiro e si accinse a parlare, ma per qualche motivo sembrava che la voce l'avesse disertata. Il tizio era diverso da come lo aveva immaginato. Non era anziano, e nemmeno di mezza età. Poteva avere più o meno trent'anni, ed era bello come un divo del cinema. I capelli castani erano arruffati, quasi fosse appena sceso dal letto dopo una notte di sesso bollente. Aveva i tratti del volto decisi, il naso dritto, e guardando la bocca sensualmente scolpita per qualche motivo iniziarono a tremarle le gambe.
Lui scostò la sedia dalla scrivania e si alzò. «Posso esserle di aiuto?» esordì con un tono che suggeriva che non era per nulla intenzionato a farlo davvero.
«Non sa che è scortese non ricevere personalmente i propri ospiti?» replicò Holly, andando dritto al punto.
«Se vogliamo essere precisi, lei è un'ospite di Sophia, non mia» puntualizzò Julius.
Holly puntò il mento in avanti e gli scoccò un'occhiata di monito. «Voglio che una cosa sia chiara subito. Non sono qui per diventare il suo trastullo sessuale.»
Le sopracciglia scure di lui si aggrottarono al di sopra di un paio di occhi straordinari. Considerati i capelli castani e la carnagione olivastra, se li sarebbe aspettata scuri, ma no. Erano di uno stupefacente color zaffiro, ombreggiati da ciglia assurdamente lunghe. Occhi che, illuminati da una luce di scherno, la squadrarono per qualche istante, soffermandosi sul piccolo diamante che le adornava il naso e sulle strisce rosa che le ravvivavano la chioma.
E se c'era una cosa che odiava era essere derisa, pensò Holly.
«Come sta, signorina...?» Julius si girò verso la sua governante, che era appena entrata nella stanza, come per chiederle aiuto.
«Perez» suggerì Sophia. «Hollyanne.»
Julius tese la mano. «Come sta, Holly?»
«Non si azzardi a toccarmi» sibilò lei fra i denti.
«Deve scusarmi, dottor Ravensdale» esordì Natalia, facendo il suo ingresso rossa in viso, «ma ho dovuto rispondere al telefono...»
«Dottore?» ripeté Holly, girandosi di scatto verso l'assistente sociale. «Mi avevi detto che era un mago del computer.»
L'assistente sociale indirizzò a Julius un sorriso tirato prima di rivolgersi alla sua assistita. «Il dottor Ravensdale ha una laurea in astrofisica.»
«Dunque come dovrei chiamarla? Signore? Padrone?» domandò Holly scoccandogli uno sguardo di sfida.
«Niente formalità» rispose lui, reprimendo a stento un sorriso. «Julius basterà.»
«Come Giulio Cesare?»
«In effetti, sì.»
«Ti piace Shakespeare?» s'informò Holly, pronunciando le parole come se stesse parlando di una malattia contagiosa. Inutile indurlo a pensare che lei fosse diversa da come ovviamente l'aveva già giudicata, cioè rozza e ignorante, in pratica spazzatura.
«A me no, ma ai miei genitori sì.»
«Perché mi hai accolta in casa tua, Julius?»
«Io non avevo alcuna voglia di farlo» tenne a precisare lui, «ma la mia attuale situazione domestica mi ha reso impossibile rifiutare.»
Holly incrociò le braccia sul petto. «Non so cucinare» dichiarò.
«Ma sono sicuro che potrai imparare.»
«Odio rigovernare la casa. È da maschilisti aspettarsi che sia un compito destinato alle donne. Solo perché ho le tette e le ovaie, non significa che io...»
«Hai chiarito il tuo punto» la interruppe lui. «In ogni caso, tu devi pagare il debito che hai nei confronti della comunità, e io ho bisogno di un aiuto in casa fin quando Sophia starà di nuovo bene. È un ragionevole scambio alla pari.»
Holly schioccò la lingua e lasciò ricadere le