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Un infermiera da salvare
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Un infermiera da salvare

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About this ebook

Gli eroi di Bondi Bay 4/4
Questi medici coraggiosi e sprezzanti del pericolo sono pronti a mettere le loro vite, e i loro cuori, in prima linea.

Abituata a stare in prima linea, come infermiera del reparto di Terapia Intensiva e membro della Divisione di Soccorso Specialistico del Bondi Bayside, l'infermiera Harriet Collins non riesce ad accettare che la sua vita sia cambiata drasticamente in seguito a un incidente. Delusa e scoraggiata, Harriet si chiude in se stessa e allontana tutte le persone che ama. Primo fra tutti, Jack Evans.
Jack non può credere che la sua Harriet abbia deciso di arrendersi senza nemmeno lottare. Ma lui è determinato a non darsi per vinto e farà tutto il possibile per convincerla che il suo futuro è ancora all'interno del Team di Soccorso. E nel suo letto.
LanguageItaliano
Release dateMay 20, 2019
ISBN9788858997918
Un infermiera da salvare
Author

Alison Roberts

Tra le autrici amate e lette dal pubblico italiano.

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    Un infermiera da salvare - Alison Roberts

    successivo.

    1

    Da quanto durava quel suono? Harriet Collins non avrebbe saputo dirlo.

    Fu solo quando raggiunse la parte pianeggiante della scogliera che riuscì ad allentare la concentrazione e a riconoscerlo.

    Un cane che abbaiava.

    Era rimasto in sottofondo per un bel po' di tempo. Esattamente come l'aria calda di quella giornata di tarda primavera in Australia e il rumore delle onde che si infrangevano sulle rocce sotto di lei. Come il crepitio dei suoi passi irregolari sulle pietre sconnesse, lungo quel sentiero in cima alla falesia.

    In sottofondo come il dolore alla gamba, che aveva appena raggiunto un livello intollerabile e l'aveva costretta a rallentare, ma non a fermarsi. Harriet era determinata a capire fino a che punto si sarebbe potuta spingere prima che quelle fitte diventassero davvero insopportabili e la gamba si rifiutasse di sostenerla oltre. Era già capitato così tante volte in quei lunghi, infiniti mesi di riabilitazione...

    Doveva esserci qualcun altro davanti a lei lungo il sentiero, pensò facendo una pausa per recuperare dalla sacca la bottiglia d'acqua e una pastiglia per il dolore.

    Rimettendola a posto, tastò con la mano gli altri oggetti nella sacca.

    Era eccitata. Aveva scelto quel percorso per provare la sua macchina fotografica nuova fiammante. E il costoso zoom che si era appena regalata. Una volta trovato il punto giusto avrebbe atteso il tramonto per catturare qualche scatto delle onde che si rompevano sulle imponenti rocce ai suoi piedi. Aveva anche una torcia, che le avrebbe permesso di tornare al parcheggio in sicurezza lungo il sentiero una volta che fosse calato il buio.

    Era strano però che quel cane continuasse ad abbaiare a quel modo. E non accennava minimamente a smettere, sembrava sovreccitato e diventava sempre più insistente. Harriet riprese a camminare.

    Ora zoppicava parecchio, rispetto a quand'era partita, ma c'era da aspettarselo, dopo quella scarpinata. Il paracetamolo che aveva preso con quel sorso d'acqua però le sarebbe presto entrato in circolo e dopo una pausa per scattare le fotografie sarebbe certamente stata pronta ad affrontare la camminata di ritorno.

    Il cane abbaiava sempre più forte e Harriet si fermò vedendo l'ombra scura correrle incontro.

    Un'ondata di paura le tolse il respiro.

    La stava attaccando? Sul serio? Dopo tutti quei mesi trascorsi a combattere per riavere una vita quasi normale stava per essere riportata al punto di partenza, vittima dall'attacco di un cane? Ancora più malmessa di prima?

    Assurdo...

    Harriet si lasciò sfuggire un verso a metà fra il grido di paura e il grugnito di rabbia, nel quale convergevano tutti i sacrifici che aveva dovuto sopportare e la disperazione con la quale aveva cercato in tutti i modi di evitare ulteriori ostacoli.

    E parve funzionare. Il cane si fermò. E smise di abbaiare, restando a fissare Harriet.

    Anche lei si fermò.

    Era un Labrador nero, ma non grassoccio come la maggior parte dei Labrador che conosceva. Probabilmente faceva molto esercizio passeggiando sulle scogliere con il suo padrone.

    Dov'era il suo padrone? Quando sarebbe arrivato Harriet gliene avrebbe dette quattro. Non si poteva lasciare andare in giro un cane del genere a spaventare le persone. E se lei avesse avuto con sé dei bambini?

    Il cane ricominciò ad abbaiare. Si voltò, fece qualche passo, e poi si fermò di nuovo a guardarla. Come se volesse dirle qualcosa.

    «Oh, per l'amor del cielo» mormorò Harriet. «Hai visto troppi film di Lassie.»

    Però le venne spontaneo seguire il cane. Fece attenzione, perché la stava conducendo fuori dal sentiero battuto e relativamente pianeggiante, nell'erba alta e in mezzo a grossi massi rocciosi verso il bordo della scogliera. Il cane non si fermò finché non fu proprio sull'orlo. Guardava giù e poi si voltava verso di lei. I suoi latrati comunicavano una certa urgenza adesso.

    Un passo dopo l'altro, Harriet lo raggiunse.

    «Cosa c'è?» chiese. «Che c'è che non va?»

    Scodinzolando, il cane si tranquillizzò e si mise a sedere accanto a lei, leccandole la mano e lasciandosi accarezzare.

    «Be', per lo meno sei simpatico» disse. «Come ti chiami?»

    Aveva un collarino con una targhetta. «Harry? Mi stai prendendo in giro? È il mio nome!»

    Harry il cane le diede un altro colpetto e poi si alzò per guardare di nuovo oltre il precipizio.

    «Okay...» Harriet si sdraiò, con cautela, e si sporse in avanti.

    Non era uno strapiombo netto, ma era abbastanza ripido da essere pericoloso. C'erano buche di ghiaia fra le rocce e arbusti maltrattati dalle intemperie che lottavano per sopravvivere. Nel punto in cui finiva la vegetazione c'era un salto che dava su un cornicione di roccia. Un brivido le percorse la spina dorsale.

    Due gambe.

    E una di loro era girata in una posizione molto innaturale.

    «Ehi!» urlò. «Mi senti? Sei cosciente?»

    Nessuna risposta. Nessun accenno di movimento.

    «Va tutto bene» aggiunse. «Vado a chiamare aiuto.»

    Tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni cargo e premette il numero delle emergenze.

    «Sono in cima al sentiero di Kookaburra» disse all'operatore. «Una persona è caduta dalla scogliera. Si trova su un pianoro di roccia a circa cento metri dalla cima e... non risponde. Vedo da qui che probabilmente si è fratturata una gamba.»

    «No...» disse un minuto dopo. «Non c'è accesso dalla cima a meno che non si scenda in cordata. Penso che ci vorrà un elicottero.» Ascoltò per qualche secondo, poi interruppe la giovane donna dall'altro capo del telefono.

    «Senta... Mi chiamo Harriet Collins. Sono un'infermiera di Terapia Intensiva al Bondi Bayside Hospital, ma faccio anche parte della Divisione di Soccorso Specialistico del posto.»

    Non era del tutto vero. Non più... Ma non l'avevano ancora ufficialmente rimossa dal suo incarico, no?

    «So quello che dico, okay? Serve un elicottero. Va tirato su con un verricello. Qualsiasi altra cosa richiederebbe troppo tempo.»

    E questo bastò. I soccorsi sarebbero arrivati a breve e non c'era niente che Harriet potesse fare a parte restare in attesa e magari farsi notare dall'elicottero quando si fosse avvicinato.

    Harry il cane non la pensava così, però. Continuava a darle dei colpetti e a piagnucolare, come per implorarla.

    Harriet guardò di nuovo oltre il ciglio della scogliera.

    Il padrone del cane indossava scarpe da ginnastica. E calzini. E... sì... aveva appena mosso un piede.

    «Ehi...» Harriet sentì un campanello d'allarme rimbombarle in testa. Urlò ancora più forte di prima. «Non muoverti, okay? Sei al sicuro adesso e stanno arrivando i soccorsi. Ma non ti muovere...»

    Se era svenuto poteva avere una ferita alla testa e magari essere in stato confusionale. Cosa sarebbe successo se si fosse agitato e fosse precipitato ancora più giù, dove la spuma delle onde ribolliva attorno a quelle rocce nere e frastagliate?

    Si era sbagliata dicendo che la vittima si trovava a circa cento metri dalla cima? A guardare bene i metri sembravano la metà. E forse non sarebbe nemmeno stato necessario calarsi in cordata. C'erano abbastanza sporgenze da usare come punti di appoggio e quegli arbusti avrebbero potuto fornire il giusto equilibrio, anche se non sarebbero stati del tutto affidabili come sostegno vero e proprio.

    Bastò l'ennesima occhiata di Harry il cane a convincerla. Non ci pensò due volte. Se si fosse fermata a pensare avrebbe capito che si trattava di una pura follia. E che la sua gamba ferita non sarebbe riuscita a sopportare lo sforzo.

    Ma Harriet non pensò. Si sedette e, aggrappandosi al ramo del più vicino albero raggrinzito, si lasciò scivolare, molto lentamente, finché con i piedi non raggiunse la roccia sottostante. Quando il piede toccò terra provò una fitta di dolore alla gamba, ma non cedette e appena riuscì a spostare il peso sull'altro piede, il dolore passò. La volta successiva fece attenzione ad appoggiare per prima la gamba sana. Era già scesa di parecchi metri, quando vide Harry il cane correre avanti e indietro nel punto in cui si trovava prima, sul pianoro, abbaiando come per incoraggiarla. Quando si rese conto di cosa aveva appena fatto ebbe un capogiro.

    Per lo meno però, con quella reincarnazione di Lassie non era sola.

    «Non sono sicura che sia stata una buona idea» gli disse. «Dovrò strisciare di lato per raggiungere il prossimo albero. Pensi abbia radici forti?»

    Harry il cane sembrava d'accordo.

    Dovette restare aggrappata a una roccia per un attimo quando le scivolò un piede, il cuore che le batteva all'impazzata per lo spavento. Non guardò giù. Ma verso l'alto, verso la testa nera che diventava sempre più piccola sopra di lei.

    «Tu non lo sai» disse con naturalezza, «che fino a poco tempo fa portavo il gesso. Perché una roccia mi è atterrata sulla gamba e l'ha talmente schiacciata che per poco non l'ho persa. Già... So che voi cani ve la cavate abbastanza bene anche con una gamba in meno, ma per noi umani è un problema.»

    Il rumore delle onde si faceva sempre più intenso e Harriet sapeva perfettamente che il cane non avrebbe mai potuto sentirla, e in ogni caso non l'avrebbe capito, ma parlare era d'aiuto.

    «E invece guardami adesso... Sembro di nuovo nella DSS e non ho problemi ad ammettere che è la cosa che più mi manca della mia vecchia vita.»

    A parte il fatto che se fosse stata con la DSS adesso avrebbe indossato un'imbragatura e una tuta adeguata, con protezioni, caschetto e guanti. E dall'altro capo della fune ci sarebbero state persone addestrate per aiutarla e impedirle di cadere e di diventare lei stessa una vittima.

    Se avesse fatto una cosa tanto irresponsabile come quella, all'interno della squadra, il loro leader, Blake Cooper l'avrebbe quasi sicuramente cazziata, mentre Kate e Sam l'avrebbero guardata con orrore. Ma non faceva più parte della squadra e non sarebbe mai più rientrata, con la sua disabilità che ormai minacciava di diventare permanente. Una gamba debole. Picchi di dolore ai limiti della sopportazione. Uno stato mentale molto diverso da quello che apparteneva alla persona appassionata e avventurosa che era stata solo pochi mesi prima.

    Se si fosse ferita i soccorritori avrebbero dovuto trarre in salvo due persone anziché una e avrebbe fatto una pessima figura. Però...

    Però già solo il fatto di provare a fare qualcosa – qualcosa che desiderava così tanto – la fece sentire come se la vera Harriet Collins stesse finalmente uscendo dal baratro nel quale era rimasta sepolta per tanto tempo.

    Ormai era vicina. Il pianoro stava iniziando ad apparire più grande e nascondeva il terrificante strapiombo sottostante. Con un'altra scivolata sul sedere sarebbe riuscita a superare un cumulo di rocce senza appoggiare il peso sulla gamba lesionata, poi avrebbe solamente dovuto scendere strisciando di lato e raggiungere gli arbusti e i ciuffi d'erba secchi del pianoro.

    Il proprietario di Harry doveva avere all'incirca sessant'anni, i suoi capelli grigi erano macchiati di sangue e aveva un brutto taglio sul braccio. Si lamentava.

    «Ehi...» Harriet si accucciò accanto a lui, prendendogli la mano per sentire il battito. «Mi chiamo Harry. Come il suo cane...»

    L'uomo aprì gli occhi. «Harry...»

    «Sta bene. È in cima alla scogliera. È venuto a chiamarmi, per aiutarla. Proprio come Lassie.»

    L'uomo chiuse di nuovo gli occhi, ma le sue labbra si incurvarono in un sorriso. «Non proprio. È stato lui ad andare sul ciglio della scogliera. Si è... incastrato in una roccia e io sono andato ad aiutarlo, ho perso l'equilibrio e... ahi... fa molto male...»

    «La gamba? O qualcos'altro?»

    «La gamba... e... e la testa.»

    «Come si chiama?»

    «Eddie. Eddie Denton.»

    «Va bene, Eddie. Faccia un bel respiro per me. Fa male?»

    «No. Sembra di no.»

    «Benissimo. Non dobbiamo preoccuparci allora. Il suo polso è buono, il che significa che la pressione è a posto.»

    «Sei un medico, Harry?»

    «No, sono un'infermiera. Lavoro nell'Unità di Terapia Intensiva al Bondi Bayside, anche se al momento sono in un altro reparto. Ma sono anche un membro di una squadra di soccorso.» Continuava a controllare Eddie mentre parlava. «Adesso proverò a tastarle il ventre, okay? Fa male?»

    «No. Solo la gamba.»

    Il dolore da quella che appariva come un'ovvia frattura femorale poteva essere sintomo di qualche complicazione interna, ma non c'era niente che Harriet potesse fare a parte tenere compagnia a Eddie e assicurarsi che rimanesse immobile. Non avrebbe avuto tempo per fare niente, ad ogni modo. Riusciva a vedere il puntino in lontananza dell'elicottero e qualche secondo dopo iniziò a sentirne i rotori delle pale, che si confondevano con i deboli latrati di Harry che provenivano dall'alto della scogliera.

    Era uno degli elicotteri gialli e rossi del servizio ambulanze di Sydney, e il soccorritore che si sporgeva dall'apertura sul lato preparandosi a calarsi doveva essere uno dei membri della squadra specialistica di medici di Terapia

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