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Nel letto del sultano: Harmony Destiny
Nel letto del sultano: Harmony Destiny
Nel letto del sultano: Harmony Destiny
Ebook153 pages2 hours

Nel letto del sultano: Harmony Destiny

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About this ebook

Dormine con un sultano? Be', perché no!
Ogni giorno davanti a una corte inclemente, l'avvocato divorzista Mariah Kennedy si scontra con ricchi uomini arroganti e il più delle volte vince. Il suo nuovo vicino Zayad Al Nayhal, con la sua prepotenza boriosa, è esattamente il tipo di cui lei ha imparato a diffidare. Ma, prima che riesca a rendersene conto, i suoi occhi neri e il suo irresistibile charme le fanno abbassare le difese e preparare le lenzuola.
Il sultano di Emand si trova in California per affari di famiglia. Lui non è lì per indugiare sull'attrazione che prova per una seppur splendida donna. Nonostante ciò, sa di non poter resistere alla tentazione troppo a lungo. Deve fare in fretta: sistemare i suoi affari prima che Mariah gli dia un'altra ragione per non andarsene.
LanguageItaliano
Release dateFeb 10, 2020
ISBN9788830510128
Nel letto del sultano: Harmony Destiny
Author

Laura Wright

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Nel letto del sultano - Laura Wright

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Sultan’s Bed

    Silhouette Desire

    © 2005 Laura Wright

    Traduzione di Lucilla Negro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-012-8

    Prologo

    «Nostro padre ha un altro figlio.»

    Con queste parole, Zayad Al Nayhal, sultano dell’Emand, eseguì una perfetta piroetta e conficcò la spada nel petto del suo immaginario rivale. Nell’estrarla, faticò a mantenersi in equilibrio sul mosaico levigato dell’immenso terrazzo, che abbracciava tutto il terzo piano del maestoso palazzo. Le braccia erano tese, il corpo esausto e, solo in quel momento, si accorse che la mano destra gli sanguinava.

    Erano ormai tre ore e mezzo che si allenava.

    O meglio, che cercava di distrarsi per scaricare la tensione nervosa.

    La sera precedente aveva ricevuto una lettera da parte dell’assistente personale di suo padre, un uomo anziano che era serenamente passato a miglior vita qualche giorno prima. La missiva gli era stata consegnata dal figlio del defunto e conteneva una confessione talmente eclatante che Zayad aveva immediatamente telefonato a suo fratello, pregandolo di raggiungerlo. L’accorato invito aveva allarmato Sakir che, senza conoscere alcun dettaglio, si era messo in viaggio nel giro di un’ora.

    Zayad aveva tentato disperatamente di dormire, quella notte, ma invano. Così, alle due e mezzo, aveva abbandonato il letto e le fresche lenzuola di seta e si era recato in terrazza, determinato a scaricare la tensione e a sfiancarsi esercitandosi con la spada, nell’attesa del fratello.

    A quell’ora del mattino, tutte le attività quotidiane erano riprese ai piani inferiori e il fermento che ne conseguiva riuscì ad attirare l’attenzione di Zayad, che salutò con un cenno del capo i quattro inservienti che si erano posizionati agli angoli opposti del terrazzo, pronti a ricevere sue direttive. Oltre le mura del palazzo, il sole si alzava lentamente sopra il deserto, deciso a guadagnare la sua stabile posizione all’orizzonte.

    Era l’alba e suo fratello era arrivato.

    Stagliandosi con la sua figura in uno scenario di balconi di pietra, tende di seta nei caldi colori della terra e cupole dorate svettanti nel cielo pallido, Sakir Al Nayhal si presentò al fratello, le braccia conserte e la bocca carnosa atteggiata in una smorfia di disappunto.

    «Avanti, quale storia ti sei inventato, stavolta, per farmi ritornare in Emand?»

    La spada lungo il fianco, Zayad scosse il capo. «Nessuna storia inventata, fratello.»

    «Non ci credo» dubitò Sakir. «Ho lasciato a casa una bella moglie incinta perché il tuo tono di voce lasciava intendere che si trattasse...»

    «Di un’emergenza?» Zayad inarcò un sopracciglio.

    «Già. E, invece, ti trovo qui a trastullarti con la tua spada.»

    Gli occhi fissi sul fratello, Zayad orientò la punta della lama verso un tavolo, situato accanto a una fontana circondata da un tripudio di piante rigogliose. Sul ripiano c’era un vassoio con la colazione del sultano ancora intatta. Accanto, giacevano due fogli di carta i cui lembi sottili svolazzavano alla tiepida brezza. «Draka mi ha scritto una lettera prima di morire. Ciò che dice è così sensazionale che ho ritenuto opportuno sottrarti a Rita per un po’.»

    Sakir fissava la lettera senza però osare allungare la mano su di essa. «Che cosa c’è scritto?»

    «C’è scritto che ventisei anni fa, nostro padre si è recato negli Stati Uniti per incontrare due senatori californiani al fine di discutere una questione circa alcuni pozzi petroliferi.» Le sue labbra si assottigliarono in un’espressione inasprita. «Lì ha conosciuto una donna.»

    Sakir increspò le sopracciglia. «Una donna?»

    «Era una giovane assistente che lavorava per uno dei senatori. Pare che nostro padre si sia invaghito di lei all’istante. Sono andati a cena insieme, hanno fatto una passeggiata lungo la spiaggia...» Si fermò, traendo un ampio respiro. «Poi, lei l’ha invitato a casa sua.»

    Ci volle qualche istante prima che Sakir riprendesse la parola, ma i suoi occhi emanavano bagliori di sconcerto. «Mi risulta difficile crederci. Nostro padre detestava gli americani.»

    «Evidentemente non quella donna» fu il lapidario commento di Zayad.

    Per la seconda volta in ventiquattr’ore, la rabbia lo assalì e lui non gradì quel sentimento. Non si giudicava una persona romantica. Non credeva nell’amore vero, perlomeno non per se stesso. Capiva gli uomini innamorati, persino quelli sposati. Ma il tradimento di suo padre gli era inconcepibile.

    Il sultano non aveva mai tradito sua moglie. Aveva sempre dichiarato che l’amore che nutriva per la sua consorte non aveva eguali e che mai e poi mai si sarebbe portato a letto un’altra donna, così come consentiva la tradizione.

    «Per quanto tempo nostro padre si è trattenuto negli Stati Uniti?» domandò Sakir.

    «Tre giorni.»

    «E avrebbe trascorso le notti con quella donna?»

    «A quanto pare, sì.»

    «Hai parlato di un figlio» azzardò il fratello, la mascella contratta, andando dritto al nocciolo della questione.

    «Poco più di un mese dopo il rientro di nostro padre in Emand, l’americana ha contattato Draka.»

    «E quindi?» incalzò Sakir visto che Zayad aveva interrotto il racconto.

    «Sosteneva di essere incinta. Incinta del sultano. E voleva parlare con lui, per annunciargli la notizia di persona.»

    «E che cosa le ha risposto nostro padre?»

    Zayad andò verso il balcone, invocando la calma nel ruvido paesaggio, il deserto, le montagne in lontananza. «Draka non gli ha mai riferito nulla, né della telefonata né della sua presunta paternità.»

    «Che cosa?» proruppe Sakir, con sbigottimento più che giustificato.

    «Draka non credeva che la donna fosse in buona fede.»

    «Sì, ma un’indagine andava fatta comunque.»

    «Sono d’accordo.» Lo sguardo di Zayad si perse fra gli acri di giardino lussureggiante che accoglieva alberi da frutto e piante varie, ma soprattutto la tomba del fratello Hassan, morto durante un’esercitazione militare diversi anni prima. E, come ogni volta che pensava al fratello defunto, il suo animo si rattristò.

    Una farfalla si posò sui fiori viola che ornavano il sepolcro, quasi a significare che lo spirito di Hassan continuava a vivere e avrebbe sempre volato libero. In quel momento, Zayad comprese che se ci fosse stata anche una remota possibilità che lui e Sakir avessero un altro fratello, era doveroso indagare.

    «A cosa stai pensando?» lo interrogò Sakir.

    Zayad si girò, voltando le spalle alla sua amata terra. «È una questione personale, una faccenda di famiglia, ma non per questo va tralasciata. Credo, anzi, che sia necessario fare delle ricerche.»

    Sakir annuì. «Giusto. Dobbiamo cercare questo bambino.»

    «Me ne occuperò io.»

    «Ma...»

    «Come tu stesso hai detto, Sakir, tu hai una bella moglie incinta, a casa, che ha bisogno di te. Mi sento già abbastanza in colpa per averti allontanato da lei in un momento così delicato, ma ero convinto che non bastasse una semplice telefonata, date le circostanze.»

    «Hai ragione. Hai fatto bene a convocarmi.»

    «Così come ho ragione, adesso, a volerti rispedire dalla tua Rita.»

    Sakir assunse un’espressione contrariata, però alla fine annuì. «Bisognerà poi fare al bambino il test del DNA.»

    «Infatti. Solo che, Sakir, la persona in questione non sarà più un bambino.»

    «È vero. Sarà diventato un uomo, ormai.»

    Con una rapida roteazione del polso, Zayad infilzò la lettera con la punta della spada, bucando il sottile foglio. La porse, quindi, al fratello. «Leggi l’ultimo paragrafo.»

    Sakir estrasse il foglio dalla lama e lesse.

    Zayad scrutò il fratello con sguardo attento, osservando l’espressione sul suo viso passare da interesse a disagio e infine sconcerto.

    Alla fine, Sakir alzò gli occhi verdi, sgranati per lo stupore. «Una donna?»

    «Sì.» Zayad era rimasto sorpreso quanto lui quando aveva appreso la notizia. Dopo tre maschi, era difficile immaginare che loro padre avesse messo al mondo una femmina.

    «Dove vive?» si informò Sakir.

    Accostandosi al tavolo, Zayad afferrò il bicchiere con il succo d’uva e ne bevve il contenuto. «In California, in una cittadina nei pressi di Los Angeles, di nome Ventura.»

    «Quando pensi di partire?»

    «Domani mattina. Le indagini sono già in corso e conto di avere sufficienti informazioni in mano prima dell’incontro con la ragazza. Farò il viaggio con te fino negli Stati Uniti, poi proseguirò da solo.»

    «E poi?»

    «Mi trasformerò in perfetto americano e cercherò di scoprire se questa Jane Hefner è davvero una Al Nayhal.»

    «Mi terrai informato, vero?»

    «Certamente.» Zayad fece cenno a un servitore di portar via il vassoio con la colazione e a un altro di prendere la spada. Gli ordini vennero eseguiti con celerità, dopodiché i due fratelli si incamminarono verso l’interno del palazzo.

    Zayad percorse insieme al fratello il lungo corridoio di marmo. «Bisogna stare attenti, però. Potremmo trovare una sorella, ma potremmo anche imbatterci in un impostore.»

    1

    Gli uomini sono tutti bastardi, o cosa?

    Mariah Kennedy uscì dalla sua Opel Escort del ‘92, senza aria condizionata, e si immerse nei quaranta gradi di quella torrida estate californiana.

    Brillante, in carriera, istruito, straricco... e si rifiuta di pagare gli alimenti all’ex moglie per il sostentamento dei loro gemelli di tre anni. Roba da matti!

    Mariah sbatté la portiera con rabbia.

    Goccioline di sudore le imperlavano la nuca, lasciata scoperta dallo stretto chignon, minacciando di bagnare il colletto della giacca del tailleur finto Chanel. Stava percorrendo il vialetto che conduceva alla sua graziosa villetta a due piani e il vento che soffiava dall’oceano, increspando la superficie marina, prometteva refrigerio alla sua pelle accaldata e al malumore. Ma non era facile placare i bollori. L’eventualità di perdere quella causa la rendeva furibonda.

    Invece, no. Gli uomini non possono essere tutti bastardi. Papà, per esempio, era un galantuomo. Deve essere una prerogativa di quelli troppo belli e troppo ricchi.

    Mariah raggiunse la porta d’ingresso e, come al solito, frugò nella borsa alla ricerca delle chiavi, mentre contemporaneamente si chinava per raccogliere il giornale, che non avrebbe mai avuto il tempo di leggere, se continuava a rincasare dal lavoro a quell’ora.

    Di solito, riusciva a eseguire entrambi i movimenti senza problemi.

    Ma quel giorno pareva che tutto andasse storto.

    Il titolo, Esposizione al sole responsabile dell’aumento di peso, si impose alla sua attenzione per il carattere sensazionale della notizia e

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