Un gioiello da sedurre: Harmony Collezione
By Trish Morey
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About this ebook
Quando Ruby Clemenger, disegnatrice di gioielli, scopre di aver ereditato metà della Bastiani Pearl Corporation, sa che la sua vita sta per complicarsi. Soprattutto dopo l'arrivo di Zane Bastiani, figlio del commerciante di perle, e suo maestro, appena scomparso. Zane vuole sbarazzarsi di Ruby il più velocemente possibile. Convinto che non sia altro che l'ex amante di suo padre, pensa che la giovane possa essere liquidata facilmente, come tutte le ragazze di quel genere. Ma il prezzo di Ruby è alto, persino per uno come lui, e l'unica alternativa per Zane è riuscire a sottometterla seducendola.
Trish Morey
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Un gioiello da sedurre - Trish Morey
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Virgin For the Taking
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2006 Trish Morey
Traduzione di Maria Paola Rauzi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-716-5
1
Zane Bastiani scese sulla pista dell’aeroporto internazionale di Broome e si sentì soffocare per il pesante tasso di umidità. Fissò irritato il cielo dove splendeva la fonte di quel calore insopportabile.
Si era dimenticato del clima in quella parte di mondo, così come del suo cielo blu, della qualità della luce e dell’aria permeata di salsedine. Nove anni di grigio clima londinese lo avevano completamente disarmato.
Si sentiva uno straniero a casa sua.
Nove anni.
Era difficile credere che fosse passato così tanto da quando se ne era andato con solo il suo nome e la convinzione di farcela da solo. Adesso, con un attico a Chelsea, uno chalet a Klosters e la presidenza di una delle più importanti banche d’affari di Londra, poteva dire di avere vinto la sua scommessa.
E per tutti quei nove anni aveva atteso invano una telefonata in cui suo padre ammetteva di avere sbagliato. Ma, quando quella telefonata era arrivata, dall’altra parte della cornetta non c’era il suo genitore.
«La situazione non è critica» lo aveva rassicurato il dottore, «però Laurence ha chiesto di vederla.» Suo padre aveva avuto un attacco di cuore.
Nonostante i loro dissapori, non se l’era sentita di respingere quella richiesta. Così, era salito sul primo volo disponibile che gli consentisse di raggiungere quella zona remota dell’Australia nordoccidentale.
Mentre arrivava al terminal, la tensione alla prospettiva di incontrare di nuovo suo padre lo irrigidì.
Quando era bambino lo aveva sempre considerato invincibile e pieno di idee innovative. C’era voluto un attacco di cuore per fermarlo. Ma anche così non riusciva a immaginarselo steso in un letto d’ospedale. Laurence Bastiani non lo avrebbe sopportato. Probabilmente, aveva già firmato per uscire.
All’interno del terminal dei ventilatori appesi al soffitto creavano una leggera brezza che concedeva un minimo di tregua ai passeggeri in attesa del bagaglio. Quello di Zane arrivò per primo grazie all’etichetta che ne assicurava la priorità. Subito si diresse all’uscita in cerca di un taxi, consapevole di avere la camicia bagnata di sudore.
Quanto ci avrebbe impiegato a riabituarsi alla temperatura tropicale di Broome? Non che la cosa gli interessasse particolarmente, pensò mentre comunicava brusco l’indirizzo al conducente. Sarebbe stato di ritorno a Londra molto prima che ciò potesse accadere.
2
Il personale medico si era allontanato e i macchinari erano stati spenti. Strano, negli ultimi due giorni aveva imparato a odiare l’incessante rumore dei monitor che le ricordavano costantemente le disperate condizioni di Laurence. Ma ora Ruby Clemenger avrebbe dato qualunque cosa pur di sentire ancora quel beep spezzare il silenzio mortale di quella camera d’ospedale.
Invece Laurence era morto.
Aveva gli occhi gonfi, tuttavia le lacrime stentavano ancora a uscire perché la cosa era troppo difficile da accettare... così ingiusta. Non si poteva morire a cinquantacinque anni, soprattutto quando si aveva la vitalità di Laurence Bastiani, il più importante produttore di perle coltivate a livello mondiale.
Anche in quel momento sembrava che dormisse, con le mani strette tra le sue. Gli appoggiò la testa sul torace immobile mentre cercava di venire a patti con la sua disperazione. Ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare erano le ultime parole che Laurence le aveva sussurrato aggrappandosi a lei durante quell’ultimo attacco fatale.
«Prenditi cura di... Zane» era riuscito a dirle con voce quasi impercettibile. «Occupati di lui e... digli che mi dispiace...»
Poi il beep del monitor si era trasformato in un suono continuo e lei era stata colta dal panico. La porta si era spalancata e subito era intervenuto lo staff medico che l’aveva pregata di uscire. Quando le avevano permesso di entrare di nuovo nella stanza era tutto finito e non aveva più potuto chiedere a Laurence che cosa intendesse con le sue parole e perché lei si sarebbe dovuta prendere cura del figlio che, nell’ultimo decennio, non si era mai preoccupato di contattare il padre. O ancora perché si sentiva lui in dovere di scusarsi per quel comportamento a dir poco disdicevole del figliol prodigo. E poi, perché diavolo Laurence l’aveva coinvolta così in prima persona?
«Oh, Laurence» sospirò con voce spezzata, «mi mancherai tanto» disse consapevole di avere perduto il suo mentore, una figura paterna e, soprattutto, un caro amico.
La porta si aprì alle sue spalle. Ruby tirò su con il naso e fece un profondo respiro. Sicuramente lo staff medico voleva che se ne andasse per poter completare le formalità.
«Ancora un momento, se non vi dispiace» disse voltandosi solo a metà verso la porta.
Non ci fu una risposta immediata e Ruby percepì un brivido di disagio. Si irrigidì sopraffatta da un gelo improvviso.
«Preferirei stare con mio padre da solo.»
Lei si voltò verso lo sconosciuto dal tono glaciale e sobbalzò trovandosi di fronte un paio di occhi identici a quelli di Laurence: stessa forma e stesso color caramello. Ma in quelli di Laurence era possibile leggere una sorta di affetto e di rispetto, nonché una gioia contagiosa quando si posavano su una perla dalla forma perfetta. Quelli dell’uomo che aveva di fronte, invece, erano freddi e imperiosi. Zane, realizzò sentendo squillare nella sua mente un campanello d’allarme. Quindi era lui il figlio di Laurence? Be’, non che dovesse diventarle per forza simpatico solo per quello.
Da quell’individuo sprizzava solamente antagonismo: dalla mascella squadrata coperta da una barba incipiente, ai capelli neri corti, fino ai jeans scuri e agli stivali di cuoio piantati saldamente sul pavimento. La camicia bianca non riusciva ad addolcire quella impressione, anzi, enfatizzava la sua pelle olivastra e i tratti decisi.
Ruby si raddrizzò sulla sedia mentre gli occhi glaciali di lui si fissarono sulle sue dita ancora intrecciate a quelle del padre. Pur notando il suo disappunto lei non fece una piega. Aveva tutti i diritti di essere lì, anche se a Zane non piaceva. Peccato per lui.
Poi, però, Ruby si rese conto che, indipendentemente dagli errori che aveva commesso, anche Zane doveva soffrire. Sebbene non parlasse con il padre da anni, la sua morte improvvisa doveva essere stata uno shock. Quando aveva lasciato Londra le possibilità che Laurence recuperasse erano buone, per cui Zane aveva saputo della sua morte solo una volta arrivato in Australia. Nessuno poteva essere tanto insensibile da non restarne sconvolto.
«Tu devi essere Zane» gli disse cercando di rompere la tensione. «Sony Ruby Clemenger. Lavoravo con tuo padre.»
«So benissimo chi sei» ribatté lui secco.
Lei sbatté gli occhi e respirò a fondo. Forse si era sbagliata e quell’uomo era veramente un essere duro e insensibile.
«Mi spiace per tuo padre» insistette cercando di essere cortese, se non altro per Laurence. Scosse la testa. «Voleva così tanto vederti... Purtroppo sei arrivato tardi.»
«Troppo tardi?» ripeté Zane fissandola impietoso. «Oh, è sicuramente così stando a quello che vedo.»
Ruby rabbrividì. Chissà perché, ma ebbe l’impressione che non si stesse riferendo esclusivamente alla morte di suo padre.
Zane lottò per tenere sotto controllo la sua rabbia crescente. Negli ultimi anni non aveva visto una foto di suo padre senza che non comparisse al suo fianco quella donna: Ruby Clemenger, la compagna costante di Laurence nonché il suo braccio destro. Suo padre era sempre stato un estimatore delle gambe delle donne e, a giudicare da quello che si nascondeva sotto la poltrona, non aveva perso il vizio. A ogni modo, tutto ciò che desiderava in quell’istante era che lei usasse quelle gambe per andarsene da lì. Quello era suo padre, il suo dolore e la sua rabbia. Aveva viaggiato per ventiquattro ore e non aveva intenzione di condividere quel momento con qualcuno, tanto meno con quella donna.
Ruby parve capire il messaggio. L’espressione battagliera dei suoi occhi azzurri si attenuò mentre si alzava con movimenti deliberatamente lenti, come se fosse stata seduta troppo a lungo. Tuttavia non si allontanò dal letto.
Anche se era stanco per il fuso orario, Zane non poté fare a meno di notare di avere avuto ragione sulle gambe di Ruby Clemenger, che si potevano intravedere sotto la corta gonna leggera. Per non parlare delle curve femminili del suo corpo, della sua pelle abbronzata, dei due splendidi occhi azzurri e di quelle labbra generose assolutamente da baciare... proprio come piacevano a lui.
Proprio come piacevano a suo padre.
Con amarezza pensò che doveva essere più giovane di Laurence almeno di trent’anni. Con un corpo e un volto simili non aveva dubbi che a suo padre fosse venuto un attacco di cuore.
Ruby si chinò a baciare la fronte di Laurence.
«Addio» sussurrò. «Ti vorrò sempre bene.»
Zane sorrise tra sé, cinico, nell’udire quelle parole. Ruby Clemenger era semplicemente una dipendente della Bastiani Pearl Corporation, anche se era ovvio che i suoi doveri andavano ben oltre la sua mansione di disegnatrice di gioielli. Naturalmente sapeva che la compagnia valeva centinaia di milioni di dollari. Forse sperava di ottenere qualcosa per sé adesso che suo padre era morto?
«Davvero commovente» commentò disgustato trattenendo un attacco di bile. «Se adesso hai finito...»
Lei si irrigidì e rimase per un istante immobile, prima di dare un’ultima carezza sulla guancia di Laurence. Quindi si voltò verso Zane e, dopo avergli lanciato un’occhiata glaciale, uscì dalla stanza lasciando dietro di sé una scia di profumo fresco e leggero.
Seducente.
Irritante!
Zane gemette per la frustrazione e si avvicinò al letto in cui giaceva suo padre. Era stanco per il viaggio e il fuso orario ma, soprattutto, era molto arrabbiato. Aveva attraversato mezzo pianeta per niente.
Comunque, la cosa peggiore di tutte era che, malgrado quello che era successo, non riusciva a liberarsi del profumo dell’ultima persona a cui avrebbe dovuto pensare in quel frangente: l’amante di suo padre.
«Posso darti un passaggio a casa?»
Ruby aveva aspettato Zane fuori dalla stanza di Laurence. Lui, però, non la degnò di uno sguardo e si diresse verso la postazione medica.
Personalmente lei avrebbe preferito che quell’uomo sparisse e che tornasse nel luogo in cui si era nascosto nell’ultimo decennio, tuttavia non riusciva a togliersi dalla testa le ultime parole di Laurence. Prenditi cura di Zane, l’aveva implorata. Il minimo che poteva fare, a quel punto, era cercare di essere gentile e civile.
Zane recuperò una borsa che aveva lasciato alla capo infermiera. Cosicché era arrivato direttamente dall’aeroporto, pensò lei, e aveva bisogno di un passaggio. Si alzò cercando di dimenticare quanto già le fosse antipatico quell’uomo.
«Vuoi che ti accompagni a casa?» ripeté l’offerta.
Zane