La principessa mascherata: Harmony Collezione
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About this ebook
La principessa Eleni desidera un'ultima notte di libertà prima che il suo fidanzamento ufficiale venga annunciato. Decide così di partecipare a un ballo di beneficenza in maschera per dimenticare i propri doveri ed essere semplicemente se stessa.
Uno scandalo senza precedenti!
Quando un affascinante straniero cattura la sua attenzione, Eleni non riesce a resistergli. Quelle brevi, intense ore di passione avranno però delle conseguenze. Il suo corteggiatore segreto, il milionario Damon Gale, reclama ora la sua mano, ed Eleni è costretta a scegliere tra la fedeltà alla corona e una passione che non accenna a spegnersi.
Natalie Anderson
Tra le autrici più amate e lette dal publico italiano.
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La principessa mascherata - Natalie Anderson
successivo.
1
Damon Gale percorse il perimetro della sala da ballo affollata, schivando un altro gruppetto di donne sorridenti le cui maschere adorne di piume non celavano la brama con cui lo fissavano.
Non si sarebbe dovuto togliere così presto la maschera.
Voltando le spalle a un ennesimo tacito invito, sorseggiò lo champagne, desiderando che fosse un liquore più forte. Le donne volevano da lui più di quanto avesse mai cercato da loro. Sempre. Accettavano un'avventura, conoscendone i limiti, ma alla fine arrivavano il risentimento e le recriminazioni.
Sei senza cuore.
Sorrise cinicamente, ricordando quella frase. Gliel'aveva gettata in faccia la sua ultima ex qualche mese prima. E sì, lo era. Senza cuore e felice di esserlo.
Aveva importanza? Quella serata riguardava gli affari, non il piacere. Quella sera avrebbe messo fine a un disastro di decenni e l'indomani se ne sarebbe andato da quel paradiso dorato senza voltarsi indietro. Solo tornare aveva riaperto vecchie ferite.
Aveva percorso l'atrio opulento, e risalendo la scalinata di marmo, attraversò ben cinque anticamere. Ogni sala era più grande e adorna della precedente, finché non era arrivato in quella sala da ballo enorme e splendente. La balconata interna che dominava la sala era già colma di celebrità ansiose di mettersi in mostra.
Il palazzo di Palisades era progettato per riflettere la gloria della famiglia reale. Doveva incutere soggezione e invidia. Francamente, tutti i dipinti, gli arazzi e le sculture dorate stancavano Damon. Non vedeva l'ora di togliersi lo smoking e raggiungere la costa incontaminata che preferiva di gran lunga a quel sontuoso palazzo, ma doveva restare ed essere cortese ancora per un po'.
Digrignando i denti, evitò la lente di un fotografo ufficiale. Non desiderava apparire in nessun blog o social media. In passato era stato costretto a partecipare a troppe di quelle occasioni, come prova della presunta solidità dell'unione dei genitori.
L'amarezza per la loro falsità gli guastò lo champagne.
Per fortuna la sua carriera non dipendeva dall'approvazione dei ricchi e potenti. Grazie al successo della sua società di software, non aveva nulla da invidiare agli altri invitati. Era lì per beneficiare, solo per quella volta, del sistema dei favori. Lanciò un'occhiata alla sorellastra che aveva lasciato solo dieci minuti prima. Gli investitori che le aveva presentato ascoltavano con interesse la sua conversazione intelligente, facendole domande, chiaramente interessati a quello che diceva.
Quella presentazione era tutto ciò che aveva accettato da lui. Aveva rifiutato la sua offerta di finanziare personalmente la sua ricerca, e non la biasimava per questo. Dopotutto, si conoscevano appena e nessuno di loro voleva soffermarsi sulle cicatrici lasciate dalle infedeltà dei loro genitori. Aveva il proprio orgoglio e la rispettava per questo. Ma aveva deciso di aiutarla a sanare, anche solo in piccola parte, due decenni di ferite e afflizioni causate da menzogne e inganni, vista la totale mancanza di rimorso del padre. Dall'intensità di quella discussione, sembrava che ci fosse riuscito.
Voltò le spalle alla folla, cercando sollievo nella solitudine prima di potersene andare definitivamente.
Colonne di marmo simmetriche fiancheggiavano la lunghezza della sala, sulla quale da un lato le porte si aprivano sul cortile interno illuminato da lampadine appese agli alberi. Sull'altro lato le colonne si ergevano come sentinelle a guardia di nicchie in ombra.
Mentre si avvicinava a una colonna, qualcosa di azzurro attirò il suo sguardo. Nella nicchia c'era una donna velata che fissava un gruppo d'invitati poco lontano. I capelli di diverse tonalità di azzurro le arrivavano alla vita. Chiaramente una parrucca. Una maschera adorna di piume le copriva metà del viso. Le spalle, gli zigomi e le labbra luccicavano di una turbinante combinazione di cipria azzurra e argentata.
Damon esitò, non riuscendo a ignorare il modo in cui l'abito lungo evidenziava ogni millimetro del corpo flessuoso, aderendo alle curve voluttuose e alle lunghe gambe. La cipria non nascondeva l'abbronzatura. Doveva passare parecchio tempo al sole e non si era procurata quel corpo tonico oziando su un asciugamano.
Ma fu la sua femminilità a lasciarlo senza fiato. Gli zigomi alti e le labbra imbronciate erano pura grazia e delicatezza, mentre il seno generoso era contenuto a stento dal corpetto troppo stretto dell'abito blu.
Lei non l'aveva notato, così la osservò. La maschera non nascondeva la sua ansia. Qualcosa nella sua solitudine allentò il nodo che gli serrava il petto e allo stesso tempo costituì una sfida.
Voleva farla sorridere.
Desiderava anche posare le mani su quella vita sottile e attirarla a sé per sentire quel misto di dolcezza e di forza che prometteva la sua figura.
Damon sorrise mestamente mentre il calore gli percorreva le vene con una ferocia inaspettata. Forse, dopotutto, poteva esserci un momento di piacere ora che aveva saldato quel debito personale.
S'avvicinò in silenzio. L'attenzione di lei era ancora concentrata sulla folla mentre restava nell'ombra ai margini, quasi invisibile a tutti gli altri.
Esitò quando la vide inspirare profondamente, aspettando che venisse avanti. Invece lei tornò indietro all'improvviso, mostrando disappunto. Perché una donna giovane e bella si sarebbe voluta nascondere? Avrebbe dovuto avere compagnia.
La sua compagnia.
Prese una seconda coppa dal vassoio di un cameriere di passaggio e si diresse verso la nicchia. Lei si era fermata per guardare la sala affollata. I suoi occhi rivelavano desiderio e solitudine. Questo lo eccitò. «Non ce la fa proprio?» le chiese senza riflettere.
La donna si girò di scatto e sgranò gli occhi. Poi notò le due coppe e lanciò un'occhiata alle sue spalle. Quando si rese conto che era solo, spalancò ancora di più gli occhi. Damon sorrise per quell'evidente circospezione.
«È la sua prima volta?» le chiese.
Lei restò a bocca aperta.
«Al palazzo» chiarì Damon, divertito e allo stesso tempo consapevole di quelle labbra tumide. «Può essere sconvolgente la prima volta.»
L'improvviso rossore, eloquente in modo affascinante, si notava a dispetto della cipria che le copriva quasi ogni centimetro della pelle nuda. Arrossiva per la più innocua delle affermazioni.
Be', quasi innocua.
Sorridendo, Damon immaginò la sua reazione se avesse detto qualcosa di più inappropriato. Quel corpo catturava la sua attenzione e non poté trattenersi dal lanciare un'occhiata più in basso.
Il calore lo pervase di nuovo. Alzò gli occhi e si rese conto che lei l'aveva notato. Imperturbato, sorrise di nuovo, lasciandole capire il proprio interesse. La donna sostenne il suo sguardo senza indietreggiare. Ma rimase ancora in silenzio.
Sola. Sicuramente libera. E inesperta.
Damon non corteggiava una donna da tempo. Erano piuttosto le donne a offrirsi a lui. Aveva tutto ciò che cercavano: denaro e potere. E sì, vigore ed esperienza. E le donne apprezzavano anche queste cose. Ma vederla reagire in modo così seducente a una lieve provocazione lo tentava. Quegli occhi troppo azzurri e quel broncio lo allettavano.
Non si era aspettato di trattenersi per più di dieci minuti, tanto meno di trovare qualcuno che risvegliasse il suo lato giocoso. Ma ora che aveva onorato i suoi obblighi verso Kassie provava l'impulso di divertirsi.
«Come si chiama?» le chiese.
Le pupille di lei si dilatarono come se fosse sorpresa, ma restò ancora in silenzio.
«Credo che la chiamerò Blu.»
Lei alzò leggermente il mento. «Per i miei capelli?»
Damon restò quasi a bocca aperta al suono di quella voce roca, che contrastava con l'aria innocente. Era raspante come la lingua di una gattina. La prospettiva di vederla fare le fusa accrebbe il suo interesse.
«Per i suoi occhi.» E per quelle labbra imbronciate.
«E io come dovrei chiamarla?»
Damon inarcò le sopracciglia. «Non sa chi sono?»
La donna scosse la testa. «Dovrei?»
Lui la scrutò per un momento. Non sembrava averlo riconosciuto. Com'era... piacevole. «No» rispose. «Non sono nessuno d'importante. Di certo non un principe.»
Qualcosa guizzò negli occhi di lei, ma sparì prima che Damon potesse coglierlo. «Sono in visita al palazzo per qualche giorno» spiegò. «E sono scapolo.»
Lei dischiuse le labbra. «Perché dovrei saperlo?»
Quella voce sensuale lo eccitò. «Nessun motivo.» Scrollò le spalle con noncuranza, ma sorrise.
Lei storse le labbra e Damon provò un moto di soddisfazione, seguito da qualcosa di più intenso. Piacere.
«Perché resta qui tutta sola?» Le offrì la coppa di champagne. Lei l'accettò, ma l'assaggiò appena. Una donna prudente. Affascinante. «Si nasconde?»
Umettandosi le labbra, lei abbassò lo sguardo sul vestito e tirò la spallina che si era tesa nello sforzo di trattenere le sue curve.
Decisamente nervosa.
«È bellissima. Non deve preoccuparsi di questo.»
Lei arrossì di nuovo, ma alzò la testa. Ora nel suo sguardo c'era un'impudenza che lo sorprese. «Non mi preoccupo.»
Oh? Quindi era più sicura di sé di quanto fosse sembrata all'inizio. Gli prudevano le dita dalla voglia di toglierle la parrucca e scoprire il vero colore dei capelli. «Allora perché non è la fuori?» le chiese.
«E lei?» Attenta, la donna attese la sua risposta.
«A volte partecipare a queste cose è una necessità più che un desiderio.»
«Queste cose?»
«Dipende da chi c'è.»
«Senza dubbio le desidera di più quando ci sono parecchie donne graziose.»
Damon capì che quello scambio di stoccate la divertiva. Sarebbe stato al gioco. «Naturalmente.» La osservò di sottecchi, sorseggiando lo champagne. «Sono solo un uomo, dopotutto.» Scrollò le spalle.
Lei socchiuse gli occhi e da quell'azzurro incredibile partirono due scintille. «Significa che ama baloccarsi con i giocattoli. Una bambola qui, una bambola là...»
«Naturalmente. Giocare con le bambole può essere un passatempo divertente. Così come collezionarle.»
«L'avrei scommesso.»
Lui si protese in avanti per sussurrare in tono cospiratorio: «Non rompo mai i miei giocattoli, però. Mi prendo molta cura quando gioco».
«Oh?» La donna gli lanciò un'occhiata che lo colpì in un punto debole che non sapeva di avere. «Se lo dice lei, deve essere vero.»
Apprezzando quel lampo di spirito, Damon decise di stuzzicarla. «E lei?» le chiese, pur sospettando già la risposta. «Partecipa spesso a serate come questa?» Aveva anche lei i suoi giocattoli?
La donna scrollò le spalle.
Damon s'avvicinò di più e avvertì l'esitazione nel suo respiro. «Lavora all'ospedale?»
Il ballo di quella sera era per beneficenza. Venivano raccolte enormi somme per l'ospedale ed era anche l'occasione per festeggiare i dipendenti.
«Io... faccio qualcosa.» La donna abbassò le ciglia.
«Allora perché non è con i suoi amici?»
«Non li conosco molto bene.»
Forse era una nuova assunta che aveva vinto un invito al ballo alla lotteria organizzata per i dipendenti. Per questo non aveva amici. Ci sarebbe voluto del tempo per trovarne. Qualche chirurgo se la sarebbe assicurata e allora avrebbe perso quell'eccitante capacità di arrossire.
Damon provò una fitta di gelosia al pensiero che un altro uomo la stringesse a sé. Le andò più vicino. Troppo vicino.
«Vuole ballare?»
Lei lanciò un'occhiata alle sue spalle. «Non balla ancora nessuno.»
«Potremmo dare il buon esempio.»
La donna scosse la testa, ritirandosi nell'ombra. Forse non voleva farsi notare? Troppo tardi, l'aveva già fatto con lui.
«Non si faccia intimorire da nessuno di quelli.» Damon si girò verso la folla. «Possono avere la ricchezza, ma non sempre le buone maniere. O la gentilezza.»
«Sta dicendo che non è a suo agio nemmeno lei?» Lo scetticismo con cui lo guardava era evidente.
Resistendo all'impulso di pavoneggiarsi, lui ricorse alla banalità. «Qualcuno si trova realmente a proprio agio?»
Lei lo guardò con un lampo negli occhi, occhi di un azzurro troppo intenso. Doveva portare le lenti a contatto. Damon lasciò perdere la conversazione cortese. Il desiderio di afferrarla, di spogliarla, lo travolse quasi. Questo era fuori luogo. Scacciò quell'istinto ignobile. Dannazione, voleva toccarla. Voleva che lei lo toccasse. Quello sguardo nei suoi occhi? Un puro e semplice invito. Solo che aveva la sensazione che fosse troppo