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Un adorabile sfrontata (eLit): eLit
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Un adorabile sfrontata (eLit): eLit

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About this ebook

Cosa cambierebbe nella vita di Venus Messina se scoprisse di essere la nipote di un milionario? È per rispondere a questa domanda che la conturbante cameriera, sexy da togliere il fiato, parte per un viaggio ad Atlanta. Una rovente storia di sesso con Troy, il socio del presunto nonno, non era nei programmi, però...
LanguageItaliano
Release dateJul 1, 2019
ISBN9788830502796
Un adorabile sfrontata (eLit): eLit
Author

Leslie Kelly

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Un adorabile sfrontata (eLit) - Leslie Kelly

    1

    «Come reagirebbe se le dicessi che lei è la nipote a lungo scomparsa di un milionario?»

    Venus Messina abbozzò una smorfia mentre apriva con gesto deciso una bottiglia di Bud e ne gettava il tappo nella spazzatura. Quindi ne aprì un'altra senza degnare di uno sguardo l'uomo calvo e grassoccio che da un paio d'ore sedeva all'altra estremità del bar.

    Lei... nipote di un milionario! Già, e zio Joe era il fratello di Paul Newman!

    «E ovviamente la sua erede diretta» soggiunse il rompiscatole.

    Nonostante quelle parole, pronunciate con voce acuta, fossero state udite da parecchi degli avventori del pub, nessuno ci fece caso più di tanto. Era un caldo venerdì di giugno, il locale era affollato e la birra scorreva a fiumi. Storielle e barzellette come quella erano all'ordine del giorno per i clienti di Flanagan's.

    Di solito Venus le ascoltava divertita, ma quella sera l'irritazione stava per avere il sopravvento sul divertimento. Erano ben tre giorni che quel tipo in giacca e cravatta, chiaramente fuori posto in un pub irlandese nel centro di Baltimora, sedeva al bancone e cercava di attirare la sua attenzione.

    Venus gli lanciò un'occhiata di sottecchi mentre riempiva una ciotola di salatini e patatine e faceva cenno a Joe di cambiare il fusto della birra. Non era tanto l'abito elegante e costoso a farlo apparire un pesce fuor d'acqua, bensì il suo atteggiamento arrogante e supponente e il modo in cui si guardava intorno, disgustato.

    «Signorina, si decide a rispondermi sì o no?»

    Fu il tono imperioso con cui quello aveva parlato a costringerla a dargli retta. Nei giorni precedenti aveva ignorato sia lui sia i suoi patetici tentativi di fare conversazione, evitando di rispondere alle troppe domande personali che l'uomo le aveva rivolto, ma ora...

    «Be'?» Le sue dita perfettamente curate tamburellavano sul legno e l'impazienza era evidente sul suo viso. «Vuole degnarsi di rispondermi?»

    A quel punto, Venus non ci vide più. Chi diavolo si credeva di essere quel damerino impomatato?

    «Ho la netta impressione che da qualche parte in America sia stata denunciata la scomparsa di un idiota» fu la sua secca replica.

    La coppia seduta accanto all'uomo lanciò uno sguardo alla barista, quindi uno al damerino e trattenne a stento una risata.

    Venus detestava le persone arroganti e presuntuose e detestava gli uomini in giacca e cravatta. Anzi, a dire la verità, negli ultimi tempi non sopportava gli uomini in generale. La sua ultima relazione si era rivelata un disastro e lei aveva deciso di prendersi un lungo periodo di riposo. Niente amore, niente coinvolgimenti e, soprattutto, niente sesso.

    Senza contare che stava per compiere trent'anni e ne aveva abbastanza di gettarsi a capofitto in avventure che, già dall'inizio, sapeva bene le avrebbero causato soltanto un gran mal di cuore. Ad angosciarla, però, non era tanto la propria età, ma la consapevolezza di non aver raggiunto gli scopi che si era prefissata. Dieci anni prima aveva giurato a se stessa che entro i trenta avrebbe avuto un lavoro ben remunerato e gratificante, una relazione stabile con un uomo fantastico, una casa e un figlio. No, tre figli. Sorrise tra sé all'idea di essere circondata da marmocchi urlanti che la chiamavano mamma.

    «Farebbe bene a prendersi una pausa e a trovare il tempo di fare due chiacchiere con me.»

    Era ancora lì? Tutta presa dai propri pensieri, Venus non si era accorta che lo scocciatore non solo non se ne era andato, ma la stava fissando con una strana espressione dipinta sul viso.

    «È necessario che lo faccia.»

    L'uso di quell'espressione la innervosì ancor di più. «È anche necessario che io mi guadagni la paga, non trova?» ribatté spazientita, alzando gli occhi al cielo e scrollando il capo.

    «Ci vuole del coraggio a chiamare paga la miseria che Joe ci dà!» intervenne a quel punto Janine, l'altra cameriera nonché fidanzata storica del suo zio adottivo.

    Venus non si offese. La donna aveva ragione. Non era la paga settimanale a permetterle di acquistare cibo e vestiti, bensì le generose mance dei clienti abituali, i quali adoravano il suo senso dell'umorismo, la sua lingua tagliente e la sua indiscussa abilità nel miscelare i vari cocktail.

    Era brava, nessuno poteva negarlo, ma stare dietro il bancone di un pub non era mai stato il sogno della sua vita. Imprecò tra sé nel ricordare che, a quel proposito, lei sola era da biasimare. Dopo la scuola superiore si era data da fare in mille modi per migliorare la propria situazione e la propria cultura. Aveva seguito corsi serali di ogni genere e accettato i lavori più strampalati pur di racimolare il denaro necessario per i libri. Si era persino iscritta all'università e, anche se le mancavano molti esami alla laurea, non disperava di terminarla, prima o poi.

    Se soltanto non fosse stata così stupida! Otto mesi prima aveva ottenuto uno stage presso il municipio di Baltimora, all'assessorato allo sport e alla cultura. Venus si era buttata anima e corpo in quell'avventura, e quando le avevano offerto un lavoro a tempo indeterminato lo aveva accettato al volo. Alzarsi la mattina non era più un problema per lei, tanto il lavoro le piaceva. E quando la responsabile del progetto per il recupero dei ragazzi orfani e disadattati le aveva domandato di farle da assistente, lacrime di gioia le avevano rigato le guance. E che dire della paga? Per la prima volta nella sua vita poteva permettersi di pagare l'affitto e aprire un conto corrente allo stesso tempo.

    La propria felicità era giunta al culmine quando davanti alla macchina del caffè aveva conosciuto Dale, un giovane e brillante avvocato molto vicino al sindaco. Lei si era presa una cotta pazzesca, lui era stato colto da passione travolgente.

    Purtroppo la cotta di Venus si era esaurita prima della passione di lui, e le conseguenze della rottura erano state disastrose. Nel giro di un mese, Venus Messina era di nuovo dietro il bancone di Flanagan's, piena di odio per i giovani rampanti in giacca e cravatta.

    Ciò che maggiormente le dispiaceva era non essere più in grado di aiutare Maureen, la donna che l'aveva accolta in casa propria all'età di otto anni e che l'aveva amata e allevata come una figlia. Ogni volta che le era possibile faceva in modo di mandare del denaro a lei e ai quattro bimbi che aveva in affido, ma il conto corrente si stava esaurendo e Joe, per quanto l'adorasse, non avrebbe potuto permettersi di alzarle il salario.

    Quasi le avesse letto nel pensiero, l'uomo calvo seduto al bancone si passò una mano sudaticcia sulla pelata e cambiò registro. «Se mi ascoltasse, potrebbe risolvere tutti i suoi problemi economici!» esclamò in tono quasi disperato. «Per favore, signorina Messina! Mi conceda solo qualche minuto del suo tempo.»

    «Vai pure, Ven» disse una voce maschile dietro di lei. «Al bar ci penso io.»

    La ragazza si voltò e vide che Joe, il fratello di Maureen, le stava facendo dei cenni con la mano. Caro zio! Gli voleva bene come se fosse davvero un parente naturale e fu solo per lui che accettò di parlare al damerino. «Sei sicuro? C'è un sacco di gente. Ce la farai a servirli da solo?»

    Lui le rivolse un sorriso colmo di affetto. «Ehi, non dimenticare che possiedo questo bar da trent'anni. Parla con il signore e, se davvero sei un'ereditiera, non scordarti chi ti ha insegnato ad andare in bicicletta!»

    Venus rise. «Se non sbaglio, è stato Tony Cabrini, in terza elementare!»

    «Attenta, nipote!» finse di minacciarla Joe. «Forse Tony ti ha insegnato ad andare in bici, ma chi ti ha erudito su come si trattano i ragazzi?»

    «Lo ha fatto mamma Maureen, quando avevo quattordici anni.»

    «E da chi credi abbia appreso mia sorella la mossa del ginocchio?»

    «Okay, zio, mi arrendo!» Venus alzò le braccia in segno di resa. Non gli disse che Tony era stato l'unico dei maschi che le ronzavano intorno a non essere colpito dai suoi potenti calci all'inguine. Infatti era stato con lui che aveva perso la propria verginità nella lavanderia del suo palazzo, il giorno del suo sedicesimo compleanno.

    «Mi segua.» Prima avesse udito ciò che l'uomo aveva da dirle, prima se lo sarebbe levato di torno. «Ci metto pochi minuti, zio.»

    «Fa' con comodo, Ven. Andate nel mio ufficio, lì non sarete disturbati dalle chiacchiere e dalla musica.»

    Per tutta risposta, Venus lo strinse in un forte abbraccio. Maureen era stata una fantastica madre adottiva e Joe si era rivelato speciale come la sorella. Le aveva insegnato a giocare a poker a dieci anni, a trattare con i ragazzi a quattordici, a guidare a sedici e anche a fingersi malata prima di un compito in classe. Ma, soprattutto, da lui aveva imparato che essere poveri non è nulla di cui ci si debba vergognare e che un essere umano può e deve mantenere intatta la propria dignità anche quando il suo conto in banca è ridotto all'osso.

    «Le concedo cinque minuti, non uno di più.»

    Quello che Joe chiamava pomposamente ufficio, altro non era che il magazzinodispensacantina del pub. Gli scaffali a tutta parete erano colmi di scatole e bottiglie, vecchi sgabelli da bar e tavolini che avevano fatto il loro tempo, ma che lui non si decideva a buttare. Venus indicò all'uomo una sedia impolverata e incrociò le braccia sul petto, in attesa.

    «Ora mi dica perché è qui e cosa accidenti vuole da me» esordì in un tono rude che Maureen non avrebbe approvato.

    Per nulla turbato dalla sua maleducazione, l'uomo si lasciò andare contro lo schienale della sedia e finalmente parlò. «Mi chiamo Leo Gallagher» disse. «Lei conferma di essere Venus Messina, nata a Trenton e figlia della defunta Trina O'Reilly e di Matt Messina?»

    «Così mi hanno detto» ribatté lei, indisponente. «Immagino di doverci credere per forza, visto che non ho mai conosciuto mio padre.»

    «Il colore dei suoi occhi non è una sorpresa, per me, e neanche i suoi capelli...» La fissò a lungo, quasi fosse un insetto raro, e la cosa la infastidì.

    «Senta, non ho tempo da perdere, quindi gradirei che mi dicesse al più presto il motivo della sua visita. Per quale ragione possiede così tante informazioni sul mio conto?»

    Gallagher non rispose, limitandosi a squadrarla dalla testa ai piedi, compiaciuto. La ragazza che gli stava davanti era una vera bellezza.

    Alta quasi un metro e ottanta, corpo magnifico, viso altrettanto spettacolare. La sua bocca carnosa doveva aver fatto sbavare più di un uomo, e che dire della massa di boccoli castano ramati che incorniciava il suo viso?

    «I suoi genitori non erano sposati.»

    A quelle parole, Venus si innervosì. Ma che diavolo voleva da lei? E perché non la smetteva di fissarla? Se non lo avesse fatto al più presto, avrebbe finito con l'assaggiare la famosa mossa del ginocchio di zio Joe.

    «No, non lo erano.»

    «Riepilogando: lei non ha conosciuto suo padre e sua madre è morta di cancro quando lei aveva otto anni.»

    «Che accidenti vuole da me?» gridò a quel punto Venus, digrignando i denti e trattenendo a stento l'impulso

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