Felicità oltre l'altare: Harmony Collezione
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About this ebook
Levander Kolovsky, ricco rampollo di una nota famiglia russa, ha un oscuro passato. La vita gli ha insegnato a fare affidamento solo sulle proprie forze, e non è in cerca di una relazione fissa.
Ma non ci si può opporre al destino, che ha delineato per Millie e Levander un futuro già scritto. Un matrimonio che soddisferà entrambi... molto più di quanto non immaginino.
Carol Marinelli
Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.
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Book preview
Felicità oltre l'altare - Carol Marinelli
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Expecting His Love-Child
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2007 Carol Marinelli
Traduzione di Cornelia Scotti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-704-3
1
Si stavano lasciando, decise Millie.
O meglio, lui stava lasciando lei.
Ormai era una sua abitudine: Millie Andrews inventava storie più o meno realistiche su quasi tutti i clienti dell’elegante ristorante di Melbourne dove lavorava, perché quello era l’unico modo che aveva escogitato per evitare di cedere alla stanchezza mentre serviva ai tavoli fino a notte fonda.
A quell’ora, mezzanotte passata, il ristorante era quasi deserto. Solo tre tavoli erano impegnati.
Uno era occupato da un gruppo piuttosto chiassoso di colleghi di lavoro che, ora che il bar aveva smesso di servire alcolici, sembravano finalmente decisi a tornarsene casa. Al secondo sedeva una coppia piuttosto tesa. La donna aveva consumato il piatto di pesce e insalata che il marito le aveva ordinato senza consultarla e ora teneva gli occhi bassi sul tavolo mentre lui le diceva in tono di cortese prevaricazione: «Naturalmente non vuoi il dolce, vero tesoro?».
Lei annuì con aria insicura, stretta in un abitino nero che chiaramente la metteva a disagio. Chissà, forse aveva appena avuto un bambino, pensò Millie, e per il marito era troppo formosa.
Poi c’era la coppia bella da mozzare il fiato.
La donna era bionda, magra e molto nervosa. Allungava le mani sul tavolo cercando di afferrare quelle del compagno mentre lo implorava di ascoltarla. La sua voce era gutturale e molto sensuale. Per quanto Millie tentasse di capire, non riusciva a decidere se lui fosse il fidanzato o il marito. O forse nessuno dei due... Forse erano solo amanti...
«Per piacere! Prima di affermare che non è possibile devi ascoltare quello che ti voglio dire. Ti prego!»
Millie continuava a origliare la conversazione, mentre nessuno dei due le prestava la minima attenzione.
«Forse sei tu che dovresti ascoltare me» rispose l’uomo con espressione decisa e quell’accento strano, quasi esotico, che Millie non era ancora riuscita a identificare. «Forse sei davvero convinta che riuscirai a farmi cambiare idea, ma non è così. È tutta la sera che ci provi, ma non ci riuscirai.»
«Perché sto insistendo tanto, secondo te, Levander?»
Erano russi, decise Millie alla fine, mentre si dilungava un po’ troppo a sparecchiare il loro tavolo dai piatti praticamente intatti. Certo, se avesse seguito il protocollo avrebbe dovuto chiedere se avevano finito, ma era chiaro dall’intensità della loro conversazione che il cibo non era al primo posto nella lista delle loro priorità. Quanto a lei, quella era la sua ultima notte a Melbourne, e del protocollo le importava ben poco ormai!
«Non la smetti perché speri che io cambi idea. Ma quante volte te lo dovrò ripetere, perché tu capisca che questo non succederà mai?»
Mentre Millie si allontanava con in mano le stoviglie, la sua mente cercava una scusa per tornare da loro. Purtroppo la cucina era ormai chiusa, e proporre un dessert sarebbe stato fuori luogo. Eppure, cosa avrebbe dato per poter continuare ad ascoltare! Quei due la affascinavano!
Sin dal primo istante in cui li aveva visti varcare la soglia del ristorante, non era più riuscita a staccare gli occhi dalla coppia. Da quell’uomo. E non era stata l’unica...
Quando lui era entrato, con quell’abito dal taglio perfetto e la camicia un po’ slacciata, tutte le donne presenti gli avevano puntato gli occhi addosso. Lui, invece, si guardava intorno con noncuranza. L’impressione di averlo già visto aveva riempito la testa di Millie di congetture, e la sensazione che fosse una persona importante si era fatta certezza quando aveva visto Ross, il direttore del ristorante, che si affrettava ad andargli incontro e a condurlo al miglior tavolo del locale.
«Per lui tutto quello che chiede, okay?» aveva sussurrato poi a Millie.
Anche la donna che lo accompagnava era bella. In qualsiasi altra occasione sarebbe stata un soggetto affascinante. Quella sera però la sua bellezza veniva messa in secondo piano dall’uomo che le era accanto. Sì, perché lui era... incantevole.
A Millie l’artista, non la cameriera, era capitato spesso che chiedessero quali fossero le fonti della sua ispirazione. Ed eccola lì, una delle risposte.
L’ispirazione arrivava nei luoghi più inaspettati e nei momenti meno attesi. Mancavano quindici ore alla sua partenza dall’Australia, al momento in cui si sarebbe diretta verso la sua vera casa, in Inghilterra, e la sua mente, invece di essere piena di un infinito elenco di cose da fare, era totalmente assorbita e affascinata dall’uomo che sedeva a pochi passi da lei. Da quel suo viso di una bellezza che regalava ispirazione.
I suoi lineamenti e il suo portamento le facevano desiderare con tutta se stessa di afferrare un blocco e catturare tanta meraviglia. Come in tutti i visi davvero belli, gli zigomi alti scolpivano il volto in linee perfette e conducevano alla mascella, forte e coperta da una affascinante barba incolta. La carnagione chiara era il naturale contrasto per la capigliatura folta, appena un po’ troppo lunga, di un colore che era difficile definire. Non proprio nera, eppure troppo scura per essere castana. Gli occhi... Millie sospirò. Erano due profonde pozze blu scuro, incorniciate da lunghe ciglia quasi femminili.
La donna che era con lui era di una bellezza folgorante. Una delle più belle donne che Millie avesse mai visto. Eppure, accanto a lui, la sua avvenenza perdeva di spessore. Agli occhi di Millie tutto il ristorante scivolò in secondo piano in confronto alla bellezza squisita dell’uomo, e lei immaginò ciò che avrebbe ritratto. Lui, in primo piano, e tutto il resto, la sua compagna, il personale e gli avventori, la strada. Ogni cosa come una nebbia leggera, priva di consistenza.
«Sei un vero bastardo» sibilò la donna senza però neppure scalfire l’indifferenza del suo compagno.
«Non è una novità.»
«Ah! Ma come riesci a stare lì senza fare niente, dopo tutto quello che ti ho detto?» Lui non rispose neppure, la sua espressione era terribilmente annoiata e lei scoppiò in lacrime. «Davvero non ci penserai nemmeno?»
Messa di fronte all’ennesimo silenzio, la donna si alzò di scatto e uscì dal locale senza guardarsi indietro. Qualunque fosse stato il suo ruolo, era chiaro che ormai altro non era che una ex, pensò Millie.
«Si aspetta che le vada dietro...» Gli occhi scuri e intensi dell’uomo si fissarono su di lei, lasciandola ad annaspare per la forte e inattesa emozione.
Io farei lo stesso, pensò Millie, sconvolta al pensiero che lui le avesse rivolto la parola, e che non dimostrasse alcun imbarazzo all’idea che lei avesse assistito a quella scena così intima.
«Resterò seduto qui ancora per un po’. Spero che capisca il messaggio e se ne vada a casa.»
«Magari le telefonerà sul cellulare» suggerì Millie, che arrossì subito dopo aver pronunciato quelle parole. Se avesse seguito il regolamento del ristorante, si sarebbe limitata a sorridere appena e ad allontanarsi, invece non lo fece e restò accanto al tavolo di lui, incatenata da quello sguardo, ammaliata dal suono della sua voce. Stupita che lui le stesse parlando.
«Lei aspetterebbe?»
«Forse...» La parola le uscì come un sussurro roco, mentre tutto il suo corpo sembrava vibrare, prendere vita. All’improvviso la camicetta che indossava le sembrò che le comprimesse i polmoni, e che le impedisse di respirare. «Non appena mi fossi calmata e...»
Non finì la frase. Il telefonino di lui iniziò a squillare e lei, per la prima volta nella sua breve carriera, sotto gli occhi stupiti di Ross, dimenticò il decalogo della brava cameriera e, invece di allontanarsi, restò lì a guardarlo afferrare il cellulare. Aveva dita lunghe e affusolate che le fecero pensare che anche lui fosse un artista. Chissà che non fosse per quello che provava per lui un’attrazione così intensa.
Lo sconosciuto spense il cellulare senza alcuna fretta. «Grazie per l’avvertimento» disse poi, con aria quasi apatica.
«Non c’è di che» gracchiò Millie con le guance sempre più in fiamme a causa dell’incredibile attrazione che provava per quello sconosciuto.
Inspiegabilmente il viso dell’uomo si illuminò di un sorriso. «Ne vorrei un altro» disse poi, indicando il bicchiere ormai vuoto che aveva davanti.
Millie fu sul punto di dirgli che il bar era chiuso, ma ci ripensò. Ross aveva detto di accontentarlo in qualsiasi caso e quindi annuì.
«Cosa sta succedendo laggiù?» domandò il suo capo quando raggiunse il bancone del bar.
«Cosa?»
«Su, non fare la finta tonta con me, Millie. Spiegami la chiacchierata intima che hai appena scambiato con Levander.»
«Mi stava semplicemente parlando» spiegò lei, arrossendo di nuovo. «Sei tu che mi hai detto di accontentarlo in tutto e per tutto. Sarebbe stato scortese andarmene senza prestargli attenzione.»
«Sono certo che sai come gestire certe situazioni.» Ross le rivolse un’occhiata di avvertimento. «Però, se preferisci, posso portargli io da bere.»
«Certo che no!» Millie scosse la testa con veemenza mentre Ross versava vodka ghiacciata in un bicchiere. «Che ne dici di darmi una bottiglia di porto per il tavolo degli uomini d’affari? Potrebbe essere un problema se si dovessero accorgere che lui lo serviamo ancora.»
«Il bar è chiuso» dichiarò Ross dopo aver posato il bicchiere sul vassoio della ragazza. «Almeno per quelli che non si chiamano Kolovsky.»
«Kolovsky?» Millie aggrottò la fronte mentre tentava di ricordare dove aveva già sentito quel nome.
«È sinonimo di soldi russi» scherzò Ross.
Quando Millie posò il bicchiere davanti a Levander Kolovsky rimase delusa per il fatto che lui non sollevò lo sguardo verso di lei né le rivolse un ringraziamento distratto. Il suo viso era rivolto verso la vetrata, sul lato opposto della sala, e forse ancora più lontano. Sulla strada. Le sue dita affusolate tamburellavano nervosamente sulla tavola.
Millie prese tutto il tempo del mondo per sparecchiare, tergiversando con posate e bicchieri, nella speranza che lui finalmente la guardasse. Ma non accadde nulla di tutto ciò.
«Millie, sarà meglio che tu vada adesso» le disse Ross mentre la comitiva di uomini d’affari usciva rumorosamente dal locale. Quelle parole, che solo un’ora prima aveva tanto desiderato sentire, ora la infastidirono. Nonostante la stanchezza, la valigia da finire di preparare e l’aereo per Londra da prendere la mattina dopo, Millie non riusciva a decidersi a lasciare il ristorante.
Incapace di controllarsi, si ritrovò a fissare l’unico tavolo ancora occupato dove Levander Kolovsky sorseggiava la vodka immerso nei suoi pensieri. «Sarà meglio che vada a chiudere i conti della serata» dichiarò Ross. «Sarà una lunga nottata.»
La frase le fece aggrottare la fronte. Un conto era un cliente ritardatario, e un altro era la sottintesa dichiarazione del suo capo che sarebbe rimasto lì fino a che quel cliente non se ne fosse andato.
Ross si accorse dello scetticismo di lei. «Si dice che lasci mance molto generose» spiegò. «Aspetta, tra un attimo lo sapremo.» Si allontanò e tornò subito dopo con il conto di Levander pagato. «Come ti avevo detto...» Afferrò una manciata di banconote e le divise in due