Matrimonio reale (eLit): eLit
By Maisey Yates
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About this ebook
A causa di un'incredibile serie di eventi rocamboleschi, Alison Whitman, single per scelta, scopre di essere diventata la donna che regalerà un erede al trono a Massimo Rossi, principe di Turan. Massimo ha rinunciato da tempo alla speranza di diventare padre, ma ora che il destino gli ha offerto questa inattesa seconda occasione non ha alcuna intenzione di sprecarla. La tradizione va onorata: un erede al trono non può nascere fuori dal matrimonio, e Alison scoprirà presto che un matrimonio reale è un obbligo, non una scelta!
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Matrimonio reale (eLit) - Maisey Yates
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Mistake, A Prince And A Pregnancy
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2010 Maisey Yates
Traduzione di Elisabetta Ungaro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-358-9
www.harlequinmondadori.it
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1
«No! Non adesso, ti prego...» gemette Alison Whitman, tenendosi premuta la mano sullo stomaco. Nelle sue condizioni, le nausee mattutine non erano una novità, e quando duravano tutto il giorno era peggio ancora.
Sperava di aver diritto a una tregua, ora che stava per dire a un uomo che sarebbe diventato padre.
Alison respirò a fondo e fermò la macchina, quasi contenta di trovare un impedimento sul suo cammino. A prima vista le cancellate in ferro battuto, che isolavano l’imponente magione dal resto del mondo, apparivano impenetrabili.
Lei sapeva poco o niente di quell’uomo, il padre di suo figlio.
Le avevano comunicato soltanto il suo nome e l’indirizzo. Ma era evidente che lui era ben oltre la sua portata, e non solo dal punto di vista finanziario.
Alison sgranò gli occhi, quando vide un uomo in abito scuro e occhiali da sole d’ordinanza che ispezionava la cancellata da vicino.
Chi poteva essere questo Massimo Rossi, di origine italiana, con la casa presidiata dalle guardie, in un angolo sperduto dello stato di Washington?
Un’altra guardia uscì dal cancello pedonale e si avvicinò alla sua auto, facendole segno di abbassare il finestrino.
«Si è perduta, signora?» Il suo tono era cortese e controllato, ma lei sapeva che, con tutta probabilità, nella mano destra stringeva una pistola, seminascosta sotto la giacca.
«No, sto cercando il signor Rossi. Mi hanno dato questo indirizzo.»
L’uomo sollevò il labbro in maniera impercettibile.
«Mi spiace, ma il signor Rossi non riceve visite.»
«Io non sono...» Deglutì a vuoto. «Sono Alison Whitman. Lui mi sta aspettando. Almeno credo.»
La guardia estrasse un cellulare dalla tasca e compose un numero. Parlò in fretta in una lingua straniera, che le parve italiano, poi chiuse la comunicazione e tornò a lei.
«Vada avanti e parcheggi laggiù» la invitò, mentre le imponenti cancellate si aprivano per lasciarla passare.
Nel momento cruciale, lei fu assalita da una nuova ondata di nausea. Avrebbe dato qualunque cosa per evitare l’incontro con il padre di suo figlio, ma sapeva di non avere scelta.
Non era sua abitudine comportarsi come lo struzzo, che infila la testa sotto la sabbia, si ripeté, osservando la costruzione compatta, nascosta in parte da alberi secolari, di un verde ricco di tonalità. Per una cittadina come lei, che si avventurava di rado fuori dai confini di Seattle, trovarsi in mezzo a una specie di foresta con un’abitazione dall’aria moderna si avvicinava a un’esperienza extrasensoriale.
Del resto, anche le ultime due settimane della sua vita sembravano appartenere a un’altra dimensione; dapprima con il test di gravidanza che era risultato positivo, poi con tutte le rivelazioni che ne erano seguite.
Alison parcheggiò la sua vecchia automobile di fronte alla casa e si incamminò adagio, augurandosi di non vomitare proprio in quel momento. Di sicuro non era il modo migliore per fare buona impressione su un uomo.
L’incaricato della sicurezza apparve al suo fianco, materializzatosi dal nulla, e la prese per un braccio, per accompagnarla fino all’ingresso.
Incurante delle sue flebili proteste, le tenne aperta la porta e si fece da parte per lasciarla passare, senza perderla d’occhio.
«Signorina Whitman.» La voce profonda, vellutata, aveva un’ombra di accento, e quel suono le procurò una capriola allo stomaco, una sensazione non del tutto sgradevole, che non aveva niente a che vedere con le nausee da gravidanza. Alison si posò una mano sullo stomaco, nel gesto ormai abituale.
Il proprietario di quella voce suadente scendeva dalla scala ricurva, con movimenti veloci ed eleganti, mascolini e armoniosi nello stesso tempo.
Era l’uomo più bello che avesse mai visto. Anche se lei non era particolarmente sensibile al fascino maschile, un tipo intrigante come Massimo Rossi non poteva lasciarla indifferente. I capelli bruni dall’ondulazione naturale, i lineamenti decisi e il fisico allenato erano completati da un’aria autorevole e decisa, che accresceva la potenza dell’insieme. Mascella quadrata, zigomi alti, occhi scuri, frangiati da lunghe ciglia, che la guardavano come se volessero leggerle dentro... Quell’uomo aveva qualcosa di familiare, anche se Alison non riusciva a immaginare dove si fossero incontrati. Un individuo di tale perfezione estetica non aveva mai varcato la soglia dello studio legale per assistenze gratuite nel quale lei lavorava, ne era certa.
Respirò a fondo, nel tentativo di tenere a bada le fitte di nausea, che non le davano tregua.
«Sì, sono io.»
«La manda la Clinica?» chiese l’uomo, fermandosi davanti a lei, con le spalle dritte e l’aria fiera. Per guardarlo, lei doveva sollevare la testa.
«Sì... cioè no. Non esattamente. Che cosa le ha spiegato Melissa?» si informò Alison con cautela. Melissa era una delle sue amiche più care, che lavorava alla Clinica e si era schierata al suo fianco sin dall’inizio, in quella situazione delicata.
«Non molto, a dire il vero. Mi ha detto soltanto che si tratta di una situazione urgente, che verrà risolta in breve tempo, come mi auguro.»
Lei trattenne un gemito. Non era la prima volta che veniva tentata di mollare tutto con una scusa e andarsene. Come sempre, la sua onestà ebbe il sopravvento.
Alison non aveva mai sopportato chi non aveva il coraggio di assumersi le proprie responsabilità.
«Possiamo andare da qualche parte, dove poter parlare in privato?» gli domandò a bassa voce, mentre si guardava intorno, nell’atrio dall’aria poco ospitale. Di sicuro quel posto abbondava di stanze e stanzette adatte a una conversazione particolare, come la loro.
Naturalmente, l’idea di trovarsi da sola nella casa di un uomo mai visto prima le metteva un po’ di agitazione, ma le lezioni di difesa personale e lo spray al peperoncino appeso al portachiavi costituivano una protezione sufficiente.
«Non ho molto tempo, signorina Whitman.»
Alison si sentì fremere. Nello studio in cui lei lavorava ogni caso era di vitale importanza, per gli assistiti, e non era stato facile prendersi un pomeriggio libero.
«Le assicuro che anche il mio tempo è prezioso, signor Rossi» rimarcò, un po’ rigida. «A ogni modo, ho necessità di parlare con lei.»
«Allora parli.»
«Sono incinta» proruppe lei, per poi pentirsi di aver parlato.
Nella guancia ben modellata di Massimo Rossi un muscolo guizzò.
«Dovrei farle le mie congratulazioni?»
«Il padre è lei.»
Gli occhi scuri si incupirono.
«Sappiamo bene entrambi che non è possibile. Forse lei non tiene il conto dei suoi amanti, signorina Whitman, ma le assicuro che io faccio attenzione, in questo campo.»
Alison avvampò.
«Ci sono altri modi per concepire un figlio, oltre al rapporto sessuale, come lei ben sa. Quando le ha telefonato Melissa, dalla Clinica, le ha fatto credere che io lavorassi lì. Invece sono una loro paziente.»
Massimo Rossi si raggelò. La bella faccia dai lineamenti decisi sembrava scolpita nel granito.
«Andiamo nel mio studio.»
Lei lo seguì attraverso un largo soggiorno, fino a una massiccia porta in quercia. Lo studio era lussuoso, con alti soffitti istoriati e una parete in cristallo, dalla quale si godeva una vista magnifica sulla vallata sottostante.
Peccato che in quel momento la magnificenza della natura le fornisse ben poco conforto.
«C’è stato un errore alla clinica» esordì Alison, tenendo lo sguardo fisso sulle montagne in lontananza. «Non volevano informarmi, ma una mia amica che lavora lì ha pensato che io avessi il diritto di sapere. Ho ricevuto il suo seme per errore, signor Rossi» proseguì, con voce sottile, ma ferma. «Purtroppo alla Clinica non risulta traccia del suo test genetico.»
«Com’è possibile?» si tormentò Massimo Rossi. Non riuscendo a stare fermo, si mise a percorrere la stanza a lunghi passi.
Alison allargò le braccia.
«Non hanno saputo fornirmi una spiegazione esauriente, mi spiace. Pare che le due provette siano state scambiate perché il cognome del donatore che avevo scelto è Ross. Molto simile al suo, come vede.»
L’uomo la fulminò con un’occhiata.
«Il donatore che ha scelto?» ripeté, sconcertato. «Non si trattava di suo marito o del suo fidanzato?»
«Non ho né un marito né un fidanzato, così sono ricorsa a un donatore» fu costretta a confessare lei. «Doveva rimanere tutto anonimo. Ma...» La voce le si incrinò. «Adesso non è così semplice.»
Lui abbozzò un sorriso poco divertito.
«Non così semplice, adesso che ha scoperto che il padre del bambino che porta in grembo è un uomo ricco? È venuta qui per avere un supporto economico, immagino.»
«Niente affatto!» si inalberò lei. «Mi spiace averla dovuta disturbare e mi auguro di poter risolvere la faccenda al più presto. Volevo solo sapere se si è sottoposto a test genetici o ha intenzione di farlo.»
«C’è solo un piccolo particolare... Io non ho donato il mio sperma» furono le raggelanti parole di Massimo Rossi.
«Non può essere! Mi è stato fatto il suo nome... Mi hanno fornito le indicazioni per arrivare fin qui. C’è stato uno scambio, gliel’ho detto...»
L’uomo rimase in silenzio per lunghi istanti, stringendo le mani a pugno e rilasciandole con lentezza, per controllare la tensione. «Ho lasciato un campione di sperma alla Clinica, ma non certo per una donazione anonima. Era destinato a mia moglie. Abbiamo avuto qualche problema a concepire un erede.»
«Oh!» Alison sentì il sangue defluirle dal viso, lasciandole addosso un senso di stordimento.
Doveva andarsene al più presto. Aveva letto storie raccapriccianti di coppie coinvolte in uno scambio di provette, dove le madri naturali avevano