Magico natale: Harmony Collezione
By Pamela Bauer
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About this ebook
È vero che a Natale bisogna essere più buoni, ma le stanno chiedendo una missione impossibile! Appena tornata nella cittadina d'origine, Sara si vede appioppare l'onere di guidare il comitato che è stato creato per salvare la comunità sull'orlo della bancarotta. Tra le persone più disponibili ad aiutarla c'è Alice Gibson, mamma del suo idolo nonché amore infranto dell'adolescenza. Sara spera che il passato non riemerga, ma è una pretesa senza speranza: il bel Joe decide di arrivare nella cittadina proprio durante le festività natalizie e, galeotta una tempesta di neve, è costretto a rimanere più a lungo del previsto...
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Book preview
Magico natale - Pamela Bauer
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Saving Christmas
Harlequin American Romance
© 1999 Pamela Muelhbauer
Traduzione di Anna Vassalli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2002 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-830-2
www.eHarmony.it
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
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Prologo
Nikki Gibson, nove anni, si fiondò fuori casa canticchiando Stella, stellina... Si arrestò di botto davanti all’altalena, chiuse gli occhi ed espresse il proprio desiderio.
Quando li riaprì, Shawna e Lindsey, le due cuginette di sette e cinque anni, erano al suo fianco; la seguivano ovunque andasse e a Nikki non dispiaceva: era come avere due sorelle.
Le tre bimbe presero posto sull’altalena e cominciarono a oscillare. «Che desiderio hai espresso, Nikki?» volle sapere Lindsey, la più piccola.
«Non deve dirlo o non si avvererà» dichiarò Shawna.
Nikki sapeva che la cuginetta aveva ragione. Non aveva mai confidato a nessuno il desiderio che esprimeva quando vedeva la prima stella brillare nel cielo, nemmeno alla sua migliore amica, Chelsea.
Non poteva proprio. Soprattutto perché non si limitava a esprimere il desiderio a una semplice stella. Sapeva che al di là della stella c’era il paradiso e che tutti i milioni e milioni di stelle altro non erano che piccole finestre che lasciano filtrare la sua luce. Ogni volta che alzava gli occhi al cielo e vedeva una stella non perdeva l’occasione di mandare un saluto alla mamma.
«Voi due siete fortunate a vivere in collina» sospirò Nikki con un po’ di invidia. «Potete vedere le stelle tutte le notti.»
«Perché, non ti piace abitare vicino alla spiaggia?» chiese Shawna.
«Sì, ma vorrei che non fosse sempre così nuvoloso. Tante volte non riesco a vedere le stelle.» La cosa preoccupava molto Nikki: aveva bisogno di dare un’occhiata al paradiso tutte le sere.
«Verrai da noi nelle vacanze di Natale?» Lindsey si sporse in avanti, gli occhioni spalancati.
Prima che Nikki potesse rispondere, si intromise Shawna. «La mamma te l’ha già spiegato che non può. Deve andare nel Minnesota.»
«Ma non per tutte le vacanze» precisò Nikki.
«Pensavo che tua nonna si fosse rotta un piede...»
«Sì, ma papà vuole portarla qui con noi. Andiamo a prenderla perché sta diventando testarda» spiegò Nikki. «Papà dice che tutti gli abitanti di Christmas sono testardi.»
Shawna ridacchiò. «Non avevo mai sentito di un paese che si chiamasse Christmas.»
«Perché è piccolo. Papà dice che lì non c’è niente da fare se non guardare crescere l’erba in estate e lamentarsi del freddo in inverno.»
«Christmas vuol dire Natale, no? Allora è lì che vive Babbo Natale?» chiese Lindsey.
Nikki sorrise tra sé. Sapeva benissimo che il Babbo Natale al quale si riferiva la cuginetta era in realtà zio Charles che, dopo aver indossato un abito rosso, si presentava la vigilia di Natale con tanti regali. Ma non voleva deludere le convinzioni della piccola; non le avrebbe mai detto che in realtà Babbo Natale non esisteva.
«No, Babbo Natale vive al Polo Nord» spiegò. «Christmas è solo un paesino nel mezzo del nulla. La nonna dice che sembra il Polo Nord perché d’inverno c’è tanta neve.»
«Ci sono le stelle?» si informò Lindsey.
«La nonna dice di sì» rispose Nikki augurandosi che la nonna avesse ragione. Era già abbastanza spiacevole lasciare le cuginette per andare nel Minnesota; se poi non ci fossero state neanche le stelle...
«Nikki! Andiamo» la chiamò con impazienza il padre.
Lei scese con riluttanza dall’altalena. «Devo andare.» Le abbracciò strette. «Fate le brave, d’accordo? Sarà un bellissimo Natale. E ricordate che i desideri si avverano.»
Mentre correva verso la macchina, si volse ancora una volta. «Non dimenticatevi di esprimere un desiderio quando vedete una stella.»
1
1 Dicembre, ore 20.00
«Io voto per Sara Richards!» esclamò qualcuno nella sala del municipio.
«Anch’io... Anch’io...» fecero eco diverse voci.
Sara balzò dalla sedia. «Mi dispiace, ma io non accetto l’incarico.»
Nessuno le prestò attenzione. Era come se fosse invisibile. Guardavano tutti attraverso di lei.
Il sindaco Ed Callahan non aveva tempo da perdere. «Tutti quelli a favore dicano sì.»
Un coro di sì esplose nella sala.
«Quelli contrari?»
«Io!» Un’unica voce: quella di Sara.
Battendo il martelletto sul tavolo il sindaco annunciò la decisione. «È stabilito che Sara Richards è a capo del comitato per salvare Christmas. Sara, hai trenta giorni per salvare il paese.» Poi il martelletto calò di nuovo.
«La seduta è aggiornata.»
I presenti ignorarono Sara che agitava le braccia per protesta. Raccolsero i cappotti, ripiegarono le sedie e le appoggiarono ordinatamente alla parete, quindi si diressero all’uscita. Molti le indirizzarono un sorriso di congratulazioni, qualcuno si azzardò a un commento, tipo: Farai un ottimo lavoro, o Bentornata a casa, ma nessuno espresse il minimo rimorso per averla incastrata in un compito che non voleva assumersi.
Sara si precipitò al tavolo dove il sindaco e due o tre persone si erano attardate. «Non accetto l’incarico» protestò. «Se siamo in democrazia si suppone che dobbiate tener conto anche del mio parere.»
«Ma, Sara, sei stata tu a sostenere che era necessario formare un comitato» puntualizzò Ed Callahan mentre gli altri facevano cenni affermativi.
«Ma non ho detto che volevo essere il comitato.»
«Allora, perché sei venuta alla riunione?»
Be’, certamente non si sarebbe fatta vedere se avesse saputo che la sua sola presenza avrebbe implicato un coinvolgimento personale. Era in paese da due giorni soltanto ed era stata catapultata alla testa di un comitato, e non un comitato qualunque, ma quello che avrebbe dovuto operare il miracolo di salvare il paese di Christmas.
«Mamma? Papà?» Si rivolse ai propri genitori che si stavano apprestando a fare una ritirata strategica come tutti gli altri abitanti.
«Farai un ottimo lavoro, cara» la rassicurò Eugenia, la madre. «Ricordi quando eri rappresentante di istituto alle superiori e sembrava che non si potesse fare il ballo di fine anno scolastico perché non c’erano fondi? Hai messo in piedi un comitato per salvare la manifestazione.»
«Si tratta di dieci anni fa, mamma. E tenere in piedi una festa di fine anno non è lo stesso che salvare un paese!»
La madre le batté affettuosamente su una mano. «Te la caverai, cara.»
«Ma io non voglio cavarmela» sbottò Sara irritata quindi, ben sapendo che quello che pensava non aveva la minima importanza, si lasciò cadere sconfitta su una sedia. «Non sono tornata a casa per compiere il mio dovere di cittadina.»
A questo punto intervenne il padre. «Anche se sei stata via diversi anni, questa cittadina è tua come di chiunque altro. Le tue radici sono qui, Sara. Vuoi negarlo?»
«Non è questo il punto» lo contraddisse lei. «Sai benissimo che non voglio che il paese scompaia, ma sono una disegnatrice di moda, non un ragioniere.»
«Non ci serve un ragioniere» sentenziò il padre. «Abbiamo bisogno di qualcuno che abbia il tempo e la capacità di attuare un piano d’azione. Abbiamo bisogno di qualcuno con un gran cuore.»
«Allora decisamente non sono io. Il mio cuore è stato bistrattato così tanto nell’ultimo anno che mi stupisco che abbia ancora l’energia di tenermi in piedi» rispose Sara.
Lui si sedette al suo fianco e le prese una mano. «Il modo migliore per guarire un cuore ferito è darsi da fare per gli altri, Sara. Sai che ne sono sempre stato convinto.»
«Non credo di aver più niente da dare.»
«Ma certo che hai ancora molto da offrire. C’è sempre una ragione per quello che accade. Non sei tornata a casa solo perché non avevi un altro posto dove andare.»
Invece l’ho fatto, riconobbe lei tra sé. Ma non ebbe il coraggio di ammetterlo con il padre.
«Hai bisogno di sentirti tra persone che ti vogliono bene. La comunità che ti è sempre stata vicina» continuò lui.
Sara sospirò. «E adesso questa comunità ha bisogno di me, vero?»
«Esatto.» Le sorrise. Quel sorriso dolcissimo che lei aveva portato con sé, che le diceva che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, perché suo padre credeva in lei.
«Papà, capisco che sia molto importante per te. Ma onestamente non so se ci sia un modo per salvare il paese.»
Sua madre sospirò. «Nessuno si aspetta una soluzione magica, cara. È per questo che è stato formato un comitato... con il supporto dell’intera cittadinanza» sottolineò seria.
«Già, tutti i duecentosettantadue abitanti» borbottò Sara.
Il sarcasmo provocò un’espressione di tristezza sul volto della madre. «Sono brava gente. Non saranno persone brillanti come quelle che puoi aver conosciuto a New York, ma sono buone, oneste e generose.»
«Lo so, mamma» ammise lei. «Non dico che non sia così. Ma resta il fatto che la cittadina non ha possibilità economiche sufficienti per mantenere la propria indipendenza.»
Il padre si alzò, uno sguardo negli occhi scuri che Sara conosceva bene. «Non pensavo che fossi una perdente.»
Quello sguardo ebbe l’effetto desiderato. Le fece emergere la volontà di provargli che non avrebbe ceduto senza combattere.
«Se non si fa qualcosa, Christmas scomparirà» la mise in guardia suo padre. «Non so tu, ma io non accetto l’idea un domani di prendere una cartina stradale e scoprire che nel Minnesota non c’è più un Christmas.»
Sara lo guardò e scoprì nei suoi occhi il dolore e la delusione di chi ha passato tutti i cinquantasette anni della propria vita nella piccola cittadina. Timore, tristezza, incertezza, era tutto nel suo sguardo e nel tono di voce. Ed era comprensibile. Aveva trascorso la vita lavorativa come direttore dell’ufficio postale, al fianco di persone che stimava e amava. Se la cittadina fosse stata accorpata a Denville avrebbe perso non soltanto il lavoro, ma anche la propria identità.
E poi c’era sua madre... anche lei profondamente radicata a Christmas. Dopo aver allevato i propri figli aveva trasformato la casa in un asilo nido. La sorella di Sara e il marito abitavano in una fattoria poco distante e il fratello viveva ancora a Christmas pur insegnando ad Alex, distante una trentina di miglia. Lei era l’unica della famiglia che aveva abbandonato la piccola comunità per le luci della città.
«Ti aiuterà a far parte di nuovo della comunità» proseguì Eugenia. «Se vuoi fermarti qui, devi lasciarti coinvolgere.»
Se si fosse fermata. Questo era l’interrogativo.
Forse i suoi genitori avevano ragione. Lasciarsi coinvolgere nel programma per salvare Christmas poteva essere proprio quello che le serviva per ritrovare se stessa. Ma lei era a pezzi e la cittadina era allo sfascio.
Quando uscirono dalla sala nevicava. Quella che un tempo era la strada principale