Sogni di Natale: Harmony Collezione
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About this ebook
Dopo l'esperienza che li ha fatti incontrare in un tribunale come membri di una giuria, Paris Reid e Will Brydon non riescono più a stare lontani, tanto che in breve decidono di andare a vivere insieme e lei rimane incinta. Ma a volte dietro la felicità più grande si nasconde anche un grande dolore e Paris, di colpo, si ritrova senza più bimbo né Will.
Dopo tre anni, il motivo che li aveva fatti conoscere li costringe a rincontrarsi in un castello in Scozia. L'attrazione tra loro è tutt'altro che sopita, ma la situazione è tesa e i ricordi incombono tarpando le ali del loro rapporto.
Sally Wentworth
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Sogni di Natale - Sally Wentworth
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Christmas Nights
Harlequin Presents
© 1996 Sally Wentworth
Traduzione di Beatrice Guglielmetti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 1997 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-589-9
www.eHarmony.it
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1
Paris era a casa da meno di un’ora quando arrivò la polizia.
L’appartamento era freddo e inospitale.
Quando era partita sei settimane prima per Budapest, il clima era ancora abbastanza mite e non le era sembrato il caso di lasciare acceso il riscaldamento, ma ora, una settimana prima di Natale, faceva davvero freddo e l’appartamento era gelato.
Aveva alzato il termostato al massimo, poi aveva chiuso le tende, si era preparata qualcosa da bere e, dopo aver gettato lontano le scarpe con un calcio, si era accoccolata sul divano e aveva cominciato a dare un’occhiata alla pila di posta, perlopiù auguri di Natale e pubblicità, che aveva trovato sullo zerbino.
Quando sentì il suono del videocitofono, Paris aggrottò le sopracciglia, intenzionata a ignorarlo, ma, sentendolo suonare una seconda volta, si alzò con un sospiro e andò a rispondere. Sullo schermo comparvero i volti seri di due uomini che non conosceva.
«Sì, desiderate?»
«Signorina Paris Reid?»
«Sì.»
«Siamo della polizia.» Uno dei due uomini avvicinò allo schermo una tessera di riconoscimento. «Possiamo parlarle, per favore?»
«C’è stato qualche incidente?» chiese Paris, preoccupata, pensando ai suoi genitori.
«No. Niente del genere. Ma dobbiamo comunque parlarle con urgenza.»
«Salite pure.»
Attese che l’ascensore arrivasse al suo piano. L’appartamento si trovava alla periferia nord di Londra ed era di sua proprietà. Le rate del mutuo erano abbastanza modeste e in ogni caso Paris guadagnava uno stipendio considerevole. C’era una sola camera da letto, ma questo a Paris andava benissimo; non aveva intenzione di condividere l’appartamento con nessuno, nemmeno con un’altra ragazza.
I poliziotti avevano detto che non c’erano stati incidenti, ma Paris non era comunque tranquilla mentre li faceva accomodare in salotto. «Non si tratta di uno dei miei genitori?» chiese ansiosamente.
«No, signorina Reid. Si tratta di Noel Ramsay.»
Per un istante, questo nome le suonò completamente estraneo, poi, all’improvviso, Paris cominciò a ricordare. «Noel Ramsay?» chiese per prendere tempo.
«Sì. Se lo deve ricordare. Lei ha fatto parte della giuria che lo ha condannato per omicidio. Sono passati quasi quattro anni, ormai.»
«Certo, adesso mi ricordo. Ho sentito che è evaso... Credo di averlo letto sui giornali qualche mese fa.»
«Esatto.» Il poliziotto che si era presentato come ispettore le sorrise come di solito si fa con un alunno che dà una risposta giusta in un’interrogazione.
«Ma perché mai siete venuti proprio da me? Lo avete preso, mi sembra...»
«No, temo di no» ammise l’ispettore. Fece una pausa, poi continuò. «Non voglio allarmarla, però forse ricorda che, alla fine del processo, Ramsay aveva giurato di vendicarsi.»
Per un breve, orribile istante Paris rivide l’immagine di Ramsay, con il viso alterato da un’espressione di odio, che urlava minacce terribili mentre veniva portato via. «Sì, me lo ricordo» disse.
«Sì, bene, temo che abbia cominciato a mettere in pratica le sue minacce.»
«Che cosa vuole dire?»
«Non ha letto i giornali, di recente? Il Pubblico Ministero che lo aveva rinviato a giudizio è stato ucciso da un pirata della strada circa tre mesi fa, e poi uno dei poliziotti che lo avevano arrestato è stato ferito gravemente a causa di un guasto ai freni della sua macchina. Una macchina nuova e sempre ben tenuta.»
«Non possono essere semplici coincidenze?»
«È possibile.» L’ispettore scrollò le spalle. «Ma un mese fa uno dei testimoni è scomparso nel nulla e poi uno dei membri della giuria è stato trovato morto in circostanze sospette. Due incidenti possono essere un caso, ma non quattro. Quindi, noi...» Si interruppe. «Si sente bene, signorina Reid?»
Dal viso di Paris era sparita anche la minima traccia di colore e le sue corde vocali sembravano non funzionare. Era pietrificata e riusciva a malapena a respirare, tuttavia, con un tremendo sforzo di volontà, riuscì a ritrovare la parola.
«Quale... quale membro della giuria?»
«Una certa signora Rayner. Era la presidentessa della giuria, se si ricorda» rispose, guardandola con curiosità.
«Certo, me la ricordo benissimo.» Il cuore di Paris riprese a battere e riportò un po’ di colore sulle sue guance. «È terribile. Mi dispiace davvero molto.» Si alzò e si voltò verso il mobile bar. «Posso offrirvi qualcosa da bere?» Entrambi gli uomini rifiutarono, ma lei riempì un bicchiere e bevve una lunga sorsata. Ne aveva proprio bisogno. Poi si voltò di nuovo verso di loro. «Non ne sapevo niente. Sono stata via, in Ungheria, e non era facile procurarsi quotidiani inglesi.»
«Lo sappiamo» disse l’ispettore con un sorrisino. «È da una settimana che la cerchiamo.»
«Per mettermi in guardia?»
«In parte, ma anche perché dobbiamo portare tutti quelli che sono stati coinvolti in quel processo in un luogo sicuro. Non vogliamo che Ramsay possa colpire di nuovo.»
A quelle parole, Paris spalancò gli occhi. «Tutti quelli che hanno avuto a che fare con il processo? Anche i giurati?»
«Tutti» confermò lui. «Giudice, avvocati, testimoni, giurati, perfino il segretario del tribunale.»
«Ma sicuramente i nomi dei giurati non sono mai stati resi noti durante il processo; come potrebbe Ramsay sapere chi siamo?»
Il poliziotto la guardò con espressione accigliata. «Purtroppo tutti i documenti e i verbali del caso sono scomparsi dagli archivi; noi crediamo che Ramsay o un suo complice li abbia rubati. E se è così, allora Ramsay conosce i nomi e gli indirizzi di ogni singola persona coinvolta nel processo.»
«Non avete qualche indizio?»
«Stiamo facendo tutte le indagini possibili, naturalmente» rispose l’ispettore. Era l’affermazione che la polizia usa per dire che non c’è il benché minimo indizio. «Ma lui ha già preso uno di voi giurati e non voglio correre altri rischi. Per cui, se vuole mettere qualcosa in valigia, l’accompagneremo in un posto sicuro stasera stessa.»
Paris aveva lo sguardo fisso, mentre cercava di figurarsi tutte le possibili implicazioni di quella situazione. «Ci portate tutti nello stesso posto?»
«Sì, starete tutti insieme. In questo modo sarà più facile proteggervi.»
Questa notizia dissipò ogni dubbio. «Allora mi dispiace, ma non posso proprio venire con voi. Non vi preoccupate per me. Qui sono al sicuro.»
«Non sarà al sicuro.»
Il poliziotto parlò in tono risoluto, tuttavia Paris non esitò prima di rispondergli. «Certo che lo sarò. Forse il mio vecchio indirizzo era nell’archivio del processo, ma da quei tempi ho cambiato casa tre volte. E non sono nemmeno sull’elenco telefonico. Nessuno mi può trovare.»
«Noi l’abbiamo trovata» intervenne il secondo poliziotto, un sergente, con una certa ironia.
«Sì, ma voi siete la polizia; con tutte le risorse che avete sarebbe grave se non riusciste a rintracciare le persone.»
«Il suo nome risulta iscritto nelle liste elettorali di questo distretto. Chiunque può recarsi in una biblioteca, consultare quelle liste e trovare l’indirizzo. Tra l’altro, mi pare che con un nome di battesimo come il suo sia piuttosto semplice.»
Paris si morse un labbro. Non era la prima volta che rimpiangeva la fantasia dei suoi genitori. Però non cedette. «Mi dispiace, ma non posso proprio. Non mi potete costringere.»
«No, ha ragione. È perché ha qualche progetto per Natale o aspetta ospiti a casa sua?»
«Non è niente di tutto questo. Ma sono appena stata via per un mese e devo assolutamente tornare al lavoro.»
«Abbiamo già parlato con il suo capo e ha compreso perfettamente la situazione. Mi ha detto di riferirle che può assentarsi dal lavoro fino a che non prenderemo quel Ramsay.»
Paris era sbalordita al pensiero che quel poliziotto fosse arrivato a tanto senza nemmeno consultarsi prima con lei. «Sono stata invitata a molte feste, se non ci vado i miei amici potrebbero preoccuparsi e...»
«In quel caso, potrà telefonare e spiegare che ha cambiato idea. Dica loro che ha ricevuto un invito inaspettato e che passerà il Natale fuori città.»
«Ma...» Paris cercò disperatamente un argomento convincente. «Ma potrebbero passare settimane, addirittura mesi, prima che riusciate a prenderlo. Non posso stare via per così tanto tempo.»
«Non crediamo che ci vorrà tutto quel tempo.»
«Sta dicendo che siete vicini a una soluzione del caso?»
«Non posso assicurarle niente, però, mi creda, non ci vorrà molto.»
Paris non gli credeva, ma non c’era motivo di dirlo. Finì il suo drink, poi mise le mani nelle tasche della giacca, per non far vedere che erano strette a pugno. «Ascolti» cominciò, tirando un respiro profondo. «Ci sono ragioni personali, molto delicate, per le quali non posso assolutamente venire con voi.»
«Quali ragioni?»
«Questo non le deve interessare» sbottò la ragazza. «Comunque ho deciso, non vengo da nessuna parte.»
L’ispettore, un uomo di mezza età che sarebbe voluto già essere in pensione, le lanciò uno sguardo severo. «Molto bene, signorina Reid. In questo caso, non mi lascia alternative.»
«Che cosa intende?»
«Se non ci permette di portarla in un posto sicuro, allora dovremo metterla sotto la protezione della polizia.»
A Paris questa non sembrava una cosa terribile, ma il tono di voce dell’ispettore era in un certo senso minaccioso. «Il che vorrebbe dire...» chiese.
«Una delle nostre agenti dovrà stare con lei notte e giorno, e una scorta dovrà rimanere ventiquattr’ore su ventiquattro davanti alla sua porta. Questo appartamento diventerà una fortezza» concluse, soddisfatto.
«Ma ai miei vicini questo non piacerà affatto, e a parte tutto, qui non c’è spazio abbastanza per vivere in due» protestò Paris.
«Non ci posso fare niente, mi dispiace, se lei continua a essere così ostinata...»
Paris comprese che