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Tenebre nel cuore (eLit): eLit
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Ebook318 pages4 hours

Tenebre nel cuore (eLit): eLit

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PRIMAL INSTINCTS 1

Ian ha sempre saputo di avere un lato oscuro, ma è deciso a condurre una vita normale, ignorando gli inquietanti sogni erotici che tormentano le sue notti. Fino a quando Molly, una strana ragazza che sostiene di comunicare con gli spiriti dei defunti, non gli confida di aver condiviso quegli incubi. E i segni del suo morso sul collo ne sono la prova. Inoltre ha un messaggio da parte di sua madre, morta da pochi mesi: il nemico è vicino, ed è tempo che la creatura che dimora dentro di lui si risvegli per combatterlo. Ma per farlo Ian dovrà bere il sangue di Molly. Una tentazione che potrebbe essere pericolosa per entrambi...
LanguageItaliano
Release dateMay 31, 2017
ISBN9788858970713
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    Tenebre nel cuore (eLit) - Rhyannon Byrd

    1

    Ci sarà tempo, ci sarà tempo

    per prepararti una faccia

    per incontrare le facce che incontri...

    T.S. Eliot

    Henning, Colorado, venerdì pomeriggio

    Quella donna portava guai.

    Ian Buchanan lo capì appena ebbe posato gli occhi su di lei mentre scendeva da un'auto a nolo blu scuro, ammaccata e ricoperta di polvere. Lo sapeva quando posò il martello e la guardò avanzare verso di lui, la sagoma minuta in controluce sullo sfondo del bagliore arancio acceso del soffocante sole pomeridiano, mentre si faceva strada con cautela sul terreno accidentato del cantiere.

    E le prime parole che uscirono da quella bocca soffice e rosata – labbra lucide e dolci all'aspetto, voce calda con una nota roca e sensuale – confermarono i suoi sospetti.

    «Mr. Buchanan, mi chiamo Molly Stratton e sono qui perché... be', so che sembra pazzesco, ma sua madre Elaina mi ha incaricata di trovarla.»

    Non rise. Non sorrise nemmeno. Si limitò a fissarlo con gli occhi castani più grandi che avesse mai visto. In attesa.

    «Davvero?» Ignorando la piccola mano che gli tendeva, Ian sollevò sul capo gli occhiali da sole, prese la propria birra e bevve una lunga sorsata. Il vetro della bottiglia era freddo contro le labbra salate di sudore, la birra ancora più fredda mentre scendeva nella gola riarsa in un lungo rivolo gelato. Lei lo osservò mentre beveva, seguendo i movimenti della gola. Una lieve sfumatura di rosa riscaldò i delicati zigomi pallidi e punteggiati di lentiggini mentre lo guardava con le labbra piene leggermente dischiuse. Qualcosa si contrasse in risposta nel bassoventre di Ian. Il sangue gli si fece più denso.

    Oh, sì, portava sicuramente guai.

    Irritato con se stesso per quella reazione immediata, posò la bottiglia in cima al refrigeratore malconcio con un tonfo sonoro, notando con la coda dell'occhio che la donna era sobbalzata a quel suono.

    Era nervosa e ovviamente pazza come un cavallo. O era così o era una piccola, patetica idiota in cerca di una facile preda.

    «Mi dica un po', bellezza» disse, mettendo la giusta dose di sarcasmo nella voce profonda, «parla spesso con i morti o oggi è il mio giorno fortunato?»

    Riportando dietro l'orecchio sinistro i capelli mossi dal vento, lei sostenne il suo sguardo senza un fremito di quelle ciglia lunghe e folte che facevano da cornice al castano caldo degli occhi. «Si dà il caso che lo faccia. Quanto spesso dipende da loro... e non da me.»

    Ian la fissò rigirandosi nella mente quelle strane parole. Si era fermata a pochi passi da lui e il suo sguardo era insieme timido e diretto, in quel modo che non mancava di attirare l'attenzione di un uomo. La brezza fresca delle montagne del Colorado le scompigliava i riccioli biondo miele, lunghi fino alle spalle, portandogli alle narici un profumo perduto, a metà tra il desiderio e il bisogno... Qualcosa gli incendiò il sangue, come un caldo bagliore che bruciava dall'interno. Perfino lì, in quei luoghi sperduti dove tutto era freddo, calmo e senza vita, dove niente e nessuno poteva toccarlo, avvertì uno spiacevole senso di allerta.

    Rimettendosi gli occhiali da sole, Ian afferrò il martello e riprese il lavoro sul muro che aveva appena eretto. Non sosteneva più il suo sguardo, ma poteva sentirlo come una sottile tensione che vibrava dal corpo della donna fino a lui, in un ritmo rapido e tremolante.

    Che diavolo...?

    «So che sembra... impossibile» aggiunse Molly, «ma è vero.»

    Sì, certo.

    «Non hanno qualche farmaco per la gente come lei, Miss Stratton?» chiese Ian con una buona dose di sarcasmo, determinato a ignorare lei, il caldo e quelle irritanti gocce di sudore che gli correvano lungo la spina dorsale sotto il cotone umido della T-shirt. Per non parlare dell'indesiderato appetito sessuale che gli torceva le viscere. «Forse non ha preso la sua dose?»

    «Non sono una pazza né una mitomane.» La donna sospirò come se fosse stanca. Esausta, persino. «E non voglio il suo denaro né...»

    «Bene» grugnì lui con una risata di gola, prima di rivolgerle un sorriso sbieco mentre la guardava attraverso lo schermo delle lenti, «perché non ne ho. Ci crederebbe se le dicessi che ho gettato fino all'ultimo centesimo nello Psychic Friend Network?»

    Lei increspò la fronte, ma la determinazione era impressa nei contorni delicati del viso, dando l'illusione che fosse una dura, quando Ian sapeva istintivamente che non lo era affatto. Pazza? Naturale. Ma c'era in lei qualcosa di vulnerabile e tenero che lo affascinava da morire.

    Che idiota.

    «Senta, mi rendo conto che può sembrare uno scherzo di cattivo gusto, ma non sto cercando di raggirarla» mormorò Molly, giocherellando con l'ultimo bottone della camicetta, proprio sopra la cintura dei jeans. «Davvero non voglio il suo denaro né altro. L'unica cosa che le chiedo è che presti attenzione a quello che ho da dirle.»

    «Ora capisco» replicò Ian, trascinando le parole con il tipico accento del sud. «Il problema è che sono troppo bastardo per darle anche quello.» Puntò il martello in direzione della sua auto. Voleva che se ne andasse. Subito. Prima che cedesse e dimenticasse perché portarla a letto non sarebbe stata una buona idea. «Quindi perché non porta il suo grazioso fondoschiena fuori da Henning e non torna da qualsiasi parte sia venuta?»

    Un verso irritato le risuonò nel petto, facendolo sorridere involontariamente. Era consolante sapere che Miss Innocenza aveva un carattere e Ian si trovò a chiedersi come fosse quando era veramente arrabbiata.

    Aveva la fronte imperlata da un sudore che non aveva niente a che fare con il calore che si levava a ondate dal suolo torrido e che era dovuto unicamente a quel bel bocconcino che gli stava davanti. Era colpa sua, ma era stato troppo tempo senza una donna. Ian sapeva che avrebbe dovuto ignorare il proprio calo d'interesse per Kendra Wilcox e passare da lei durante la settimana. Se si fosse sfogato, forse ora non si sarebbe sentito eccitato dalla strana creatura che gli stava di fronte dicendogli di avere parlato con lo spirito di sua madre.

    «Senta, Mr. Buchanan. Se potessi dimenticare tutta questa storia, lo farei, mi creda. Sfortunatamente non è così. Non ho altra scelta che quella di andare fino in fondo, sia che lei si comporti da gentiluomo sia da stupido arrogante.»

    Borbottando con un chiodo tra le labbra, Ian inarcò un sopracciglio. «Con gran dispiacere di mia madre, non ho mai seguito l'esempio dei gentiluomini del sud. Tutto è cominciato quel giorno fatidico che ho infilato una rana nelle mutandine di Sally Simpson, all'asilo» la informò, sistemando il chiodo al suo posto. Le rivolse un sorriso impenitente, traendo un piacere perverso nel provocarla. «E non sono mai cambiato.»

    «Ne sembra orgoglioso.» La sua voce aveva un tono di sfida che fece crescere ancora di più quell'irritante appetito ai lombi. Per poco non si colpì il pollice mentre fissava il chiodo. «Un vero ribelle.»

    «La cosa non dovrebbe stupirla. Se è così in confidenza con mia madre, sono sicuro che le avrà già detto che sono un ostinato figlio di puttana. Sta perdendo il suo tempo qui, Molly.»

    A quel tono confidenziale la vide sbattere le palpebre con aria sorpresa. Che fosse dannato se non sentiva ancora quella strana vibrazione tra loro, come qualcosa di elettrico e tangibile che corresse nell'aria. Qualcosa di troppo intimo perché si sentisse a suo agio. Non sapeva perché avesse usato il suo nome di battesimo, ma non poteva negare che gli piacesse sentirne il suono sulle labbra.

    «Mi ha detto abbastanza da sapere che non si sarebbe mostrato molto disposto a collaborare» rispose dopo un istante, mentre il vento si rinforzava e modellava il cotone leggero della semplice camicetta bianca intorno a un paio di seni alti e arrotondati. «Mi ha anche avvisata che avrebbe reagito in questo modo.»

    Ian le lanciò un'occhiata tagliente da dietro le lenti scure, ma trattenne una risposta sarcastica. Era contorto, ma più lei gli faceva pressione, più la desiderava.

    «Quindi possiamo continuare a parlare qui» insistette con ferrea convinzione, approfittando del suo silenzio, «oppure posso seguirla giorno e notte finché non cederà e ascolterà quello che ho da dirle. Sua madre non mi lascerà in pace finché non l'avrò fatto.»

    Chino in avanti, il peso appoggiato a un solo braccio mentre impugnava il martello con l'altra mano, Ian la studiò. La studiò nel modo in cui un pugile prende le misure dell'avversario. Sembrava così sicura di sé a parole, ma il suo corpo raccontava una storia diversa. I piccoli dettagli che aveva colto, come il modo in cui si passava la lingua sul labbro inferiore, la mano sinistra che si chiudeva a pugno e si riapriva lungo il fianco mentre la destra teneva la tracolla della borsa come se fosse una fune di salvataggio, la dicevano lunga. Nocche bianche. Schiena rigida. Alla base della gola candida, una vena pulsava con chiari segni di nervosismo. O era paura? Eccitazione?

    Qualunque cosa fosse, Ian si sentì improvvisamente attratto dalla visione intima di quella vena che pulsava sotto la pelle liscia e immacolata. Sembrava troppo delicata, troppo fragile, come se potesse facilmente affondarvi i denti e lasciarvi il segno. Assaporare. Era qualcosa che assomigliava troppo ai sogni che faceva ultimamente e la cosa lo spaventava a morte.

    «Anche se quello che dice fosse vero, cosa che mi rifiuto di credere anche solo per un secondo, che diavolo vorrebbe da me mia madre?» chiese in una brusca esplosione verbale che gli eruppe dal petto, senza più traccia di umorismo o di sarcasmo. «Non ci siamo rivolti la parola per gli ultimi sedici anni della sua vita ed è morta da cinque mesi, ormai. Mi sembra un po' tardi per rappacificarsi.»

    «Elaina rimpiange di avere sprecato tutti quegli anni» disse Molly con un'espressione così seria da convincerlo che credesse davvero a tutte quelle stronzate. Dio, era davvero fuori di testa. «Tuttavia mi ha contattata perché ci sono delle cose che vuole farle sapere. Cose importanti che vorrebbe averle spiegato quando ne aveva ancora il tempo. Ma prima...» Si interruppe e l'espressione di quei grandi occhi castani gli fece venir voglia di afferrarla e... diavolo, non aveva idea di quello che avrebbe fatto. Gli fu risparmiato di scoprirlo quando lei si schiarì la gola, inumidì il labbro inferiore con un guizzo nervoso della lingua e disse con calma: «Mi spiace doverle comunicare che una persona che le è molto vicina è in pericolo».

    Ah, merda. Che razza di gioco malato stava giocando quella donna? Qualsiasi fosse, la sua pazienza era al limite.

    «Nel caso non abbia colto l'accenno, Miss Stratton, glielo ripeterò in modo semplice e chiaro. Non trovo affatto divertente questo genere di stronzate.» Ogni parola uscì dalle sue labbra con precisione tagliente; la voce era bassa, dura, e l'espressione del viso ancora più dura mentre si toglieva gli occhiali e la fissava con gli occhi socchiusi. «Non mi sono mai piaciute, nemmeno quando mia madre faceva entrare e uscire dalle nostre vite una schiera di amici psicopatici, sottoponendo a un torchio emotivo i miei fratelli più giovani. L'avviso: torni alla sua squallida automobile e si tolga dai piedi.»

    Lei incrociò le braccia sul petto, come se potesse farsi scudo contro la sua collera, ma non si mosse. «Mi creda,Mr. Buchanan. Ian. Non mi diverto più di quanto si diverta lei, ma ho fatto una promessa a sua madre e voglio mantenerla. So che sua madre ha commesso degli errori, ma sta cercando di sistemare le cose. E, se lei non l'ascolta, se non mi ascolta... qualcuno si farà del male. Lo sento.»

    Perché, in nome del cielo, mi toccano tutti gli psicopatici?, imprecò Ian tra sé, passandosi una mano tra i capelli con tanta energia da provare una fitta al cuoio capelluto. Deve avere a che fare con i miei dannati geni.

    Quello era il motivo per cui aveva portato avanti la storia con Kendra, per il semplice fatto che lei era così diversa dalle donne a cui si legava solitamente. Da ragioniera con i piedi per terra qual era, non dava retta alle stronzate più di quanto facesse lui ed entrambi ottenevano dall'altro quello che volevano, anche se i loro incontri lo lasciavano con quella tensione lancinante alle viscere. Lo lasciavano freddo dentro... con un senso di mancanza.

    Era piuttosto seccante, certo, però aveva imparato a conviverci.

    «Come le ho già detto, mia madre è morta cinque mesi fa. Adesso se ne vada dal mio terreno. Sta violando una proprietà privata.»

    Guardò la linea ostinata della bocca, poi le spalle delicate che si facevano indietro e la determinazione che emanava dalla rigidità del suo corpo femminile.

    «No.»

    Ian posò il martello e si erse in tutta la sua statura, aspettandosi che la donna girasse sui tacchi e se ne andasse a tutta velocità. Alto un metro e novantaquattro, era ampio di spalle, con abbastanza muscoli da far cambiare idea a molte persone, quando voleva. Sfoderando il suo cipiglio più truce, sostenne lo sguardo della donna con espressione carica di ostilità e di collera.

    Quando finalmente parlò, le parole uscirono in un rantolo basso e vellutato che si aspettava desse risultati immediati.

    «Come sarebbe, no

    Non ne aveva idea.

    Sei pazza. Molly. Pazza da legare.

    Come spiegare la morte, gli spiriti e una malvagità pura, da far gelare le ossa?

    Come spiegare l'esistenza dell'inferno in terra... o il fatto che quei mostri si nascondevano davvero nell'ombra?

    Che qualcosa li stava osservando da sopra le spalle?

    Che noi, esseri umani, non eravamo più soli?

    Come spiegare a qualcuno che tutto il suo mondo stava per cambiare e che non sarebbe stato mai più lo stesso?

    Molly non lo sapeva. Non conosceva le risposte. Era solo un messaggero di cattive notizie, non la fonte, e ripensò al vecchio detto: ambasciator non porta pena.

    Tuttavia non credeva che Ian Buchanan si sarebbe mostrato così comprensivo. Si sentiva la mente confusa e sapeva perché. Era patetico, ma la presenza fisica di quell'uomo aveva mandato in corto circuito le sue facoltà mentali. Era... cercò la parola per rendere giustizia a tutta quell'affascinante potenza virile piena d'arroganza, ma non la trovò.

    Elaina l'aveva avvisata che si sarebbe mostrato diffidente, ma non le aveva detto quanto fosse diventato amareggiato. Né quanto fosse bello. Nonostante i modi rudi e grossolani, quell'uomo era l'immagine vivente del ragazzaccio che abitava segretamente la fantasia di ogni donna.

    Bello, tenebroso e divertente, era tutto quello che Molly aveva sempre cercato in un uomo, senza trovarlo. Lineamenti decisi, scolpiti. Capelli neri come inchiostro, folti e mossi dal vento. E quegli occhi, del colore profondo e incommensurabile del mare. Erano più che affascinanti. Avevano un'intensità cupa e pericolosa che la faceva tremare dentro. Le bloccavano il respiro. La facevano sentire come se l'aria intorno a lei crepitasse di elettricità.

    Basta, Molly. Resta concentrata.

    «Non posso darle alcuna prova, Ian» disse, e nelle sue parole era riconoscibile una traccia di disperazione. «Ma se non mi ascolta, se non collabora con me, qualcuno morirà. Qualcuno che le è caro.»

    «Non so dove voglia andare a parare, ma non funzionerà, perché chiunque mi conosca può dirle che non me ne frega un accidenti di nessuno, se non di me stesso.»

    «Non le credo. Non dopo quello che mi ha detto di lei Elaina.»

    Lui le rivolse un sorriso gelido; era chiaro che non credeva a una parola di quello che aveva detto. «Se vuole qualcuno che l'aiuti nella sua caccia ai fantasmi, cerchi un altro idiota, ma mi lasci fuori. Perché non prova a sentire lo sceriffo? Lei è proprio il tipo che potrebbe piacere al vecchio Riley. Sarà più che felice di aiutarla a salvare il mondo.»

    «Maledizione, questo non è...»

    Aveva allungato la mano per afferrargli il braccio mentre la oltrepassava, ma capì subito che era stato un errore quando lui la fulminò con un'occhiata di quegli occhi azzurri, piena di odio, di violenza... e stranamente eccitante.

    Le parole le uscirono dalle labbra senza alcun controllo da parte del cervello. «Dice che quando sentirà il richiamo delle tenebre...»

    Lo vide irrigidirsi così repentinamente che la voce le venne meno e capì di avere toccato un nervo scoperto. Non c'era elasticità in quei muscoli possenti sotto le sue dita; il bicipite era rigido per la collera... e per qualcosa a cui non sapeva dare un nome. Respirando a fondo, Molly ripeté le parole che Elaina le aveva detto di riferirgli.

    «Quando sentirà il richiamo delle tenebre, sua madre dice che lo capirà. Che troverà...»

    «No.» Le sue labbra si erano mosse appena mentre emetteva la parola. «Niente da fare.»

    Cercando di non affogare in quegli occhi febbricitanti, Molly lo guardò, implorandolo di crederle. «Vuole che le spieghi, Ian. Che le spieghi quello che avrebbe dovuto dirle prima. Darle gli avvertimenti che avrebbe dovuto darle prima che uscisse di casa. La prego, mi ascolti!»

    «Può trovare da sola la strada per scendere dalla montagna» grugnì lui, sottraendosi alla sua stretta con ridicola facilità. «Ma stia lontana da me.»

    Un attimo dopo, sbatteva la portiera del furgone e metteva in moto, lasciandola nella nuvola di polvere sollevata dalle ruote. Quando gettò un'ultima occhiata allo specchietto retrovisore, lei era ancora in piedi nello stesso punto, sola.

    Molly rimase a guardare, sapendo che non aveva la possibilità di evitare quello da cui stava fuggendo.

    Era una delle verità elementari dell'universo. La notte segue sempre il giorno. L'estate segue sempre la primavera. La morte segue sempre la vita. E, per quanto ti sforzi, non riuscirai mai a fuggire qualcosa che è già parte di te. Lei aveva imparato la lezione nel modo più duro e ancora ne portava i segni.

    Che le credesse o meno... che la ascoltasse o meno... che cedesse o che continuasse a mandarla all'inferno, Molly sapeva una cosa con assoluta, incrollabile certezza: il passato di Ian Buchanan l'aveva infine raggiunto.

    2

    Mezzanotte

    La madre di Kendra Wilcox l'aveva sempre messa in guardia dal mettersi insieme ai tipi strani. Specie se belli. Troppo perfetti per essere veri. Ma lo sconosciuto che aveva incontrato al bar era la migliore occasione che le si presentava per farla finita una volta per tutte con Ian Buchanan. Non poteva lasciarselo scappare.

    Aveva aspettato per ore, ma Ian non si era presentato al consueto appuntamento del venerdì sera e ora Kendra era abbastanza arrabbiata da fare qualcosa di imprudente. Non che le importasse di Ian Buchanan, giurò a se stessa, ben sapendo che era una bugia. Quel bastardo si era intrufolato nelle sue difese e lei sapeva che avrebbe finito per soffrire. Diavolo, stava già soffrendo.

    Ne aveva bisogno. Ne aveva bisogno quella notte. Doveva cancellarlo dalla propria vita ed era per quello che stava correndo a tutta velocità con i finestrini abbassati e il vento della notte che le sferzava i capelli... sull'auto di un altro uomo.

    Mr. Alto Biondo e Maledettamente Affascinante sarebbe stato la medicina ideale per quello di cui soffriva. E, se Ian l'avesse scoperto, allora tanto meglio. Il suo ego smisurato meritava pure qualche ammaccatura.

    Kendra girò il capo e sorrise all'uomo al suo fianco, ricordando come le avesse chiesto, poco prima al bar, se le piacesse fare l'amore alla luce della luna, sotto le stelle, dove poteva gridare finché voleva mentre veniva. E le aveva promesso che l'avrebbe fatta venire come non le era mai capitato prima. Kendra aveva pensato che a Ian sarebbe servito di lezione se lei avesse trovato qualcun altro con cui sfogare i suoi pruriti sessuali, e ora sperava solo che lo sconosciuto si dimostrasse bravo come si era vantato.

    Si fermarono in uno spiazzo erboso a poche miglia dalla città e lui venne ad aprirle la portiera, la prese per mano e la condusse in aperta campagna. Kendra si sentiva selvaggia e spericolata come la notte; i bicchieri di tequila che aveva bevuto con lui prima di lasciare il bar le facevano sentire la testa ovattata. Aveva la gola secca.

    L'Adone alto e biondo le sorrise, i suoi occhi azzurro ghiaccio splendevano luminosi e deliziosamente perversi ai raggi argentati della luna che avvolgevano i loro corpi. La testa di Kendra era piena dei profumi della foresta, dell'umidità dell'erba sotto i piedi e di quel calore virile. Era così caldo, come se avesse la febbre; la pelle delle sue mani bruciava quando gliele posò sulle spalle.

    «Ti piace il gioco duro, Kendra?»

    «Oh, sì» farfugliò, spingendo in avanti il petto in modo che potesse vedere i capezzoli che premevano contro il cotone sottile del top, che portava sulla pelle nuda. «Più duro è, più mi piace.»

    Una risata roca gli rombò nel petto. Afferrando il cotone della maglietta, la strappò a metà, facendola ansimare, poi si chinò su di lei e catturò un capezzolo nel calore della propria bocca. Qualcosa di caldo, umido e gonfio le si risvegliò in mezzo alle cosce. Oh, sì, sarebbe stata una dolce vendetta su Buchanan. Sperava che lo sconosciuto lo raccontasse a tutta Henning. Sperava che Ian venisse a sapere nei particolari come avesse cavalcato quell'affascinante straniero alla luce velata della luna.

    Sentiva i suoi denti che le stuzzicavano la pelle, facendola rabbrividire, e cercò di gridare il suo nome... solo per trovare un vuoto mentale.

    Maledizione! Non riusciva a ricordarlo! Quel pensiero le parve tanto buffo da strapparle una breve risata, che lo fece sorridere contro il suo seno. Oh, a sua madre non sarebbe piaciuto sapere che un uomo di cui non conosceva neppure il nome stava premendo la bocca sulla sua pelle nuda e le risaliva con una scia di baci lungo la gola.

    «Dimmi quanto lo desideri» le sussurrò, mordicchiandole la spalla in un modo che le provocò un aumento del flusso sanguigno.

    Quando gli afferrò il membro attraverso la stoffa dei jeans, lui uscì in una risata sommessa.

    «Implorami, dolcezza. Adoro sentire una donna che implora per averlo» le alitò sulla pelle sensibile della gola mentre le massaggiava le natiche attraverso i calzoni. «Implorami di farti gridare.»

    «Ti prego» ansimò Kendra, inclinando il collo per dargli un accesso migliore e ignorando l'improvvisa nota d'allarme che si era accesa nella sua mente per avvisarla che c'era qualcosa che non andava.

    Dacci dentro, Kendra. Lui può farti dimenticare. Dimenticare... tutto. Dimenticare... Ian.

    Come se le avesse letto nella mente, lo straniero premette la fronte contro la sua e sussurrò: «Non temere, Kendra. Dopo che avrò finito con te, stanotte, non resterà niente per Buchanan».

    Lei si fece indietro per guardarlo e rimase senza fiato. Qualcosa nel suo viso sembrava... non lo sapeva. Ma in qualche modo era diverso. Sbatté le palpebre pesanti, cercando di rimetterlo a fuoco attraverso la visione confusa, ma i suoi occhi si rifiutarono di cooperare. Poi lui sollevò una mano e gliela posò sulla guancia, accarezzandole delicatamente l'angolo della bocca con il pollice. In quel momento Kendra dimenticò tutto il resto. Il suo tocco era pieno di riverenza, come quello di un tenero amante, e lei si rese conto che, in tutto il tempo che l'aveva conosciuto, Ian non l'aveva mai toccata così. Come se fosse speciale. Sentì tremare il labbro inferiore. Sospirò, fluttuando, persa nel calore dello sguardo dello straniero.

    Fu allora che le sorrise.

    La curva delle sue labbra era così bella che alla mente annebbiata della giovane ci volle un momento per registrare quello che aveva appena detto.

    Buchanan! Che diavolo...? Come faceva quell'uomo, appena arrivato sulle montagne, a sapere di lei e Ian?

    «Come...?»

    «Ssh...» mormorò lui, premendole la mano sulla bocca. «Non c'è più tempo per le domande.»

    Emise una risata di gola e Kendra vide inorridita che il suo viso sembrava mutare forma e risistemarsi attorno allo scheletro. Udì qualcosa che scoppiettava e cedeva, seguito dal rumore agghiacciante di un osso che andava al suo posto.

    In preda al panico, si voltò per fuggire ma inciampò. L'aveva atterrata prima che potesse fare più di pochi passi e la schiacciava al suolo umido con tutta la massa dei suoi muscoli.

    «Questa è la mia ragazza» mormorò, facendola ruotare sul dorso e inchiodandole le braccia al di sopra del capo con una forza che ispirava ammirazione quanto terrore.

    Lei rimase a guardare con occhi spalancati mentre le sue intenzioni si allargavano a macchia d'olio sui lineamenti distorti e un suono strozzato le uscì di gola.

    «Non è più tempo di giocare, Kendra» mormorò lui. «È solo tempo di morire.»

    E non stava mentendo.

    Quello che successe dopo le arrivò in una serie di frammenti spezzati, registrati da una coscienza sconvolta dal terrore, dall'incredulità e da un dolore indescrivibile. Voleva gridare, ma la sua mente era troppo intorpidita. Voleva lottare,

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