Un cuore da scoprire: Harmony Collezione
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About this ebook
Stavano mentendo spudoratamente tutti e due, ma nessuno l'avrebbe ammesso : fino a prova contraria. Lei, la giornalista Nathalie Grant, ha omesso di raccontare il suo torbido passato professionale pur di ottenere l'esclusiva di un libro; lui l'ultimo rampollo dei Rowlings, si è addirittura spacciato per il fratello. La miccia che farà esplodere i castelli di bugie, poi, è oltre ogni previsione: una passione forte, totale,deliziosa. La prima bugia che viene a galla è quella di...
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Book preview
Un cuore da scoprire - Marilyn Pappano
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Truth About Tate
Silhouette Special Edition
© 2001 Marilyn Pappano
Traduzione di Maria Teresa Delladio
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-390-8
www.harlequinmondadori.it
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1
La lettera arrivò con la posta del martedì mattina. La busta verde acqua recava il timbro dell’Alabama ed era indirizzata, in una delicata grafia, a J.T. Rawlins.
L’Alabama era la sede di una importante squadra di football, ed era la patria di un noto senatore, Boyd Chaney, che si era ritirato a vita privata, oltre che di una reporter molto agguerrita che, tra le altre cose, si stava cimentando nella stesura di una biografia del senatore.
Anche il foglio all’interno della busta era di un verde pallido. Il tono della lettera era gentile, professionale, ma non nascondeva una velata minaccia, tanto da giustificare la riunione di tutti e quattro i membri della famiglia.
Tate Rawlins sedeva al suo posto abituale, alla sinistra della madre, Lucinda, che preferiva stare a capotavola. Jordan, il figlio sedicenne di Tate, sedeva alla destra di Lucinda e Josh, fratellastro di Tate, stava accanto al ragazzo. I padri di Tate e Josh non avevano mai fatto parte della famiglia, così come la madre di Jordan.
Benché non potesse definirsi tradizionale, era una famiglia molto unita.
Avevano tutti un’aria preoccupata e Lucinda, che si sentiva responsabile di quella situazione, anche di vergogna. Taceva preoccupata e non vedeva l’ora di andare via.
Ma Natalie Grant non se ne sarebbe andata. Al contrario, stando alla lettera che giaceva in mezzo al tavolo, sarebbe arrivata il giorno seguente e sarebbe rimasta fino a quando non avesse ottenuto ciò che le interessava.
Non era una richiesta, ma un dato di fatto, come lei stessa specificava nell’ultima riga della missiva. Una minaccia, secondo Tate.
«Ebbene?» proruppe Josh.
Tate avvertì tre paia di occhi marroni, identici ai suoi, posarsi su di lui. Nell’attesa che ritornasse dal lavoro, i tre avevano elaborato un piano per sistemare la giornalista. O meglio, avevano messo a punto un piano affinché Tate sistemasse la giornalista.
Josh e Lucinda si sarebbero recati al ranch dei genitori di lei nell’Oklahoma, dove il padre si era rotto una gamba, mentre Tate sarebbe rimasto ad affrontare l’intrusa.
«Lasciate che sia io a occuparmi del nonno e Josh a sbrigarsela con la signorina Alabama» aveva proposto Tate. Dopotutto, anche se avevano le stesse iniziali, Josh era il J.T. Rawlins che la donna voleva.
Persino il giovane Jordan era trasalito all’idea. Josh non era una persona cauta e riflessiva. Lucinda lo definiva un impulsivo. Il nonno diceva che parlava senza pensare. Nel corso dei suoi ventinove anni, più di una volta si era cacciato in qualche guaio dal quale lo aveva tirato fuori Tate, e non senza difficoltà. Che cosa sarebbe accaduto se Josh si fosse trovato di fronte a una giornalista ficcanaso determinata a scoprire i dettagli più intimi della sua vita?
E tutto a causa di una stupida avventura che Lucinda aveva avuto circa trent’anni prima...
Tate fissò la madre. «Cosa volete che faccia?»
La donna abbassò lo sguardo sul tavolo con aria colpevole. «Questo devi deciderlo tu» rispose a voce bassa.
Già, come se fosse lui l’obiettivo dell’impicciona dell’Alabama. Josh era il bersaglio principale della giornalista e Lucinda il secondo. Tate e Jordan non le interessavano, se non per il fatto che facevano parte della famiglia.
«Perché non ve ne andate dal nonno, come progettato? Quando la ficcanaso si presenterà, le dirò che siete fuori città per alcune settimane» propose Tate con aria decisa.
«Rileggi la lettera, Tate» lo invitò Josh seccato. «Dice che si fermerà per tutto il tempo che sarà necessario. E poi, quanto credi che impiegherà a scoprire dove siamo? Le basterà fare qualche domanda in città. Vuoi che si presenti dai nonni senza preavviso?»
No, ammise Tate tra sé. AnnaMae Rawlins sarebbe scoppiata a piangere al solo sentir pronunciare il nome di Boyd Chaney e, con il marito in ospedale, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di rispondere alle domande di Natalie Grant circa il nipote illegittimo.
Josh si alzò in piedi. «Posso parlarti qui fuori?»
Tate lo seguì nel patio. Josh appoggiò le mani sulla ringhiera e fissò i cavalli che pascolavano nel recinto. «So che non ti va di farlo. Riconosco che si tratta di una manovra subdola, ma anche quella donna non sta giocando pulito» proruppe infine. «Le ho spiegato che non voglio far parte della sua storia. Gliel’ho detto con le buone, poi con le cattive, ma lei se n’è infischiata e domani sarà qui. Noi non le dobbiamo nulla, e non può obbligarci a collaborare. Dobbiamo pensare ai nostri interessi.»
Tate era teso allo spasimo. Mentire a una giornalista recitando la parte del fratello era un’azione davvero bassa. Mai e poi mai avrebbe preso in considerazione la sola idea, se non fossero stati in pericolo la privacy del fratello e la reputazione della madre.
Fino a quel momento, Natalie Grant era stata soltanto insistente. Da mesi correva dietro a Josh affinché le rilasciasse un’intervista per il libro che stava scrivendo. Ma lui si era sempre rifiutato di collaborare. Del resto, perché Natalie non avrebbe dovuto insistere? Considerato il potere politico di Chaney, la sua ricchezza, il suo debole per gli scandali e l’amore degli americani per il pettegolezzo, quel libro si preannunciava un bestseller. Quella giornalista avrebbe fatto un bel mucchio di quattrini esponendo la famiglia di Tate al ridicolo.
Ma forse lui poteva limitare i danni.
Percependo la sua esitazione, Josh chiese: «Credi sul serio che la signorina Alabama si comporti bene? Ti ricordo che è stato Chaney a sceglierla per scrivere la sua biografia. Puoi star certo che, alla fine, sarà lui a risultare il buono della situazione. Dirà che la mamma...». Lanciando un’occhiata verso la finestra, s’interruppe temendo che Lucinda potesse sentire anche attraverso quelle spesse mura. In realtà, non c’era nient’altro da aggiungere.
Tate aveva un unico ricordo dell’illustre senatore. Aveva circa cinque anni quando Chaney si era presentato nel loro appartamento a Montgomery. Le elezioni si stavano avvicinando e lui era arrivato con molti soldi, per persuadere Lucinda a trasferirsi in un altro stato e a tenere segreta l’identità del padre del bambino. Allora Tate non aveva compreso il significato di quella conversazione, né la ragione per la quale quell’uomo aveva offerto tanto denaro alla madre, ma non aveva mai dimenticato il tono di disprezzo con il quale aveva pronunciato l’ultima osservazione prima di uscire. Sgualdrina succhiasoldi, le aveva detto. L’insulto l’aveva fatta scoppiare in lacrime, e Tate aveva avuto paura di chiederle il significato di quelle parole. Naturalmente, col tempo, lo aveva scoperto da solo e da allora aveva odiato Chaney con tutto se stesso.
Il tono calmo di Josh distolse Tate dai ricordi. «Tu credi che questa giornalista non farà apparire la mamma come una a cui piacciono gli uomini sposati, sempre pronta a farsi mettere incinta e a ricattare i malcapitati per un po’ di soldi? Per non parlare del fatto che il suo primo figlio illegittimo sta crescendo lui stesso un figlio illegittimo... Tu credi veramente che l’intervento di questa donna non avrà ripercussioni negative su di te, sulla mamma e persino su Jordan?»
Sebbene avesse già preso la sua decisione, Tate continuò a sollevare obiezioni. «E se scoprisse l’inganno?»
«Nessuno dovrà parlare con lei.»
«Potresti tutelarti imponendole di fare domande soltanto a te e a me» propose Jordan, che era spuntato sulla soglia di casa.
«E se anche accettasse, dovrei fidarmi della sua parola?» obiettò Tate. «Vi ricordo che è alle dipendenze di quel bastardo di Chaney.»
«Faremo in modo che non si rechi da sola in città.»
Tate scrollò la testa. «Non parlare al plurale, Jordan. Non voglio che tu venga coinvolto in questa storia. Tu te ne starai alla larga da quella donna.»
«Papà, io vivo qui e, a differenza di Josh e della nonna, non posso andarmene. Ho gli allenamenti di football. E poi, sono grande a sufficienza per sapere ciò che dico.»
«Se non puoi andare dai nonni, resterai da Steve per tutto il tempo che quella giornalista rimarrà in città.»
«Papà...» insistette Jordan con un sorriso. «Ti farò comodo come accompagnatore. La nonna e io abbiamo pensato che potresti invitarla a stare qui. In tal modo, sarebbe più facile controllare i suoi movimenti e tu non saresti costretto a fidarti della sua parola.»
Josh annuì e gli diede una pacca sulla spalla. «Ottima idea. Tienila al guinzaglio e controlla ogni sua mossa.»
«Non voglio che soggiorni qui» protestò Tate. Invitare una sconosciuta a casa sua? Condividere il bagno e farla dormire in una stanza vuota situata tra la sua e quella di Jordan? E, peggio ancora, lasciarle la casa a disposizione mentre loro erano al lavoro?
«No, non qui» spiegò Jordan. «Dalla nonna. Metterà sotto chiave tutte le cose personali in modo che non possa ficcarci il naso. Inoltre, il motel più vicino è a venti miglia di distanza. Se la costringi a stare lì, perderà metà del tempo a fare avanti e indietro.»
Tate si voltò a guardare la casa della madre. Le due abitazioni condividevano lo stesso tetto ma erano separate da un ampio porticato.
«E a noi cosa importa se farà la pendolare?» replicò poi guardando Josh e Jordan.
«Più tempo trascorrerà da sola, più probabilità avrà di conoscere qualcuno che potrebbe rispondere alle sue domande» spiegò Jordan.
Tate sentì il sudore scendergli lungo la schiena. Aveva lo stomaco in subbuglio e la testa gli scoppiava. Era un uomo onesto. Non aveva mai imbrogliato nei compiti in classe, né con le tasse o le donne. Accettava sempre qualsiasi responsabilità, che gli piacesse o meno. Per trentaquattro anni aveva vissuto correttamente e si era guadagnato un’ottima reputazione. Se si fosse prestato a quel piano, era sicuro di finire all’inferno.
Prese un profondo respiro, poi fissò Jordan e Josh.
«D’accordo» accondiscese in tono rigido e riluttante.
Non c’era nulla che non avrebbe fatto per la sua famiglia. Non avevano mai avuto molto, ma avevano loro stessi, ed era quello che contava. Uno per tutti, tutti per uno. Quello era il loro motto e sempre lo sarebbe stato.
Tuttavia questo non significava che Tate fosse felice di offrire il suo aiuto.
«Sono sicuro che me ne pentirò per il resto dei miei giorni. In ogni caso, va bene. Cercherò di venirne a capo.»
Che ci riuscisse o no, l’inferno lo aspettava, ma forse avrebbe portato con sé Natalie Grant e Boyd Chaney.
Natalie Grant rilesse la videata sul computer:
Luther Boyd Chaney nacque nel cuore dell’Alabama, non lontano dal fiume Coosa, in una baracca di mezzadri dal tetto sfondato, stretta dalla morsa del caldo e del gelo. Vide