Come sedurre un greco: Harmony Collezione
By Jane Porter
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Jane Porter
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Come sedurre un greco - Jane Porter
successivo.
1
«Bentornata a casa, moglie mia.»
Morgan rimase di stucco davanti al salone in marmo e cotto con una finestra che offriva una vista spettacolare sul cielo e il mare azzurro. Tuttavia, in quel momento aveva occhi solo per Drakon. Non lo vedeva da cinque anni e il loro matrimonio da due milioni di dollari era durato solo sei mesi. Aveva temuto a lungo quel momento. Eppure Drakon sembrava così rilassato e calmo e il suo comportamento era tranquillo, come se la stesse accogliendo dopo una piccola vacanza e non dopo che lei lo aveva abbandonato.
«Non sono più tua moglie, Drakon» replicò Morgan con voce roca, perché entrambi sapevano bene quanto lei non rappresentasse più nulla per lui da anni. Non era successo niente tra di loro, non avevano avuto alcun contatto dopo la raffica di lettere legali che avevano seguito la richiesta di divorzio da parte di Morgan. Lui si era rifiutato di concederglielo e lei aveva speso una fortuna in quella battaglia. Ciononostante, nessun avvocato, né azione legale o somma di denaro erano riusciti a persuaderlo a lasciarla libera. I voti matrimoniali, le aveva detto, sono sacri e vincolanti. Lei era sua e, a quanto sembrava, i giudici greci gli avevano dato ragione, o, molto più probabilmente, lui li aveva corrotti.
«Sei ancora mia moglie, ma non vorrei trattare quest'argomento in una sala tanto grande. Entra pure, Morgan. Non sei un'estranea. Cosa vuoi da bere? Champagne? Un Bellini? Qualcosa di più forte?»
I piedi della donna non si mossero. Il suo cuore batteva all'impazzata. Era rimasta scioccata dall'atteggiamento di Drakon e si chiese per un momento se fosse veramente lui. Innervosita, distolse lo sguardo dalle sue ampie spalle e si voltò verso la finestra, che dava sul panorama mozzafiato del cielo azzurro, della scogliera frastagliata e del mare cristallino. Quel giorno era così blu e stupendo: una perfetta giornata di primavera sulla costiera amalfitana.
«Non voglio niente» rispose, guardandolo di nuovo. In realtà, un bicchiere di acqua fresca sarebbe stato perfetto in quel momento, dato che si sentiva la gola secca. Le girava la testa e si sentiva stordita dall'ansia e dal nervosismo. Chi era veramente quell'uomo di fronte a lei? Il Drakon Xanthis che aveva sposato era un uomo raffinato, snello e dall'aria tesa e inquieta. L'uomo che se ne stava davanti alla finestra aveva invece le spalle e il petto larghi, i capelli scuri e ricci che ricadevano quasi all'altezza del collo e la sua espressione dura e sprezzante era nascosta dalla barba. I capelli e la barba incolta che avrebbero dovuto offuscare la sua bellezza sensuale, invece non facevano altro che enfatizzarne la fronte abbronzata, il lungo naso dritto, la bocca decisa e i penetranti occhi color ambra. I capelli erano ancora bagnati e la pelle luccicava come se fosse appena uscito dal mare, un Poseidone sbucato da qualche antica leggenda.
Non le piaceva quella situazione. Si era preparata, ma non a quello...
«Sei davvero molto pallida» commentò lui con voce profonda.
Morgan raggelò. «È stato un lungo viaggio.» Mantenne lo sguardo fisso su di lui, sapendo che se lo avesse abbassato, sarebbe rimasta sopraffatta, esattamente come era successo tanti anni prima.
Drakon, come suo padre, seguiva solo le proprie regole. Drakon Sebastian Xanthis era un magnate greco del settore dei trasporti ed era ossessionato da manie di controllo e potere, oltre che dall'accumulare ricchezza per far crescere il proprio impero. Inoltre, aveva una fissazione per una donna che non era sua moglie e che rispondeva al nome di Bronwyn, la bellissima australiana che gestiva gli affari nel sud est asiatico.
No. Non avrebbe pensato a Bronwyn in quel momento e non gli avrebbe chiesto se l'esile biondina lavorasse ancora per lui. Non aveva più importanza, dato che Morgan non faceva più parte della vita dell'uomo. Non le interessava conoscere i suoi dipendenti e sapere come si comportava con le donne manager, o di dove alloggiassero durante i viaggi di lavoro o di cosa discutessero durante le lunghe cene insieme.
«È questo quello che credi?» le chiese, con voce pacata. «Che tuo padre non abbia nessuna colpa?»
«Assolutamente sì. È stato completamente raggirato.»
«Proprio come te. Tuo padre è una delle figure più importanti del più grande complotto finanziario ordito negli ultimi anni. Una truffa da venticinque miliardi di dollari, di cui cinque sono stati rigirati da tuo padre a Michael Amery, tenendo per sé il dieci per cento di interessi.»
«Non ha mai avuto a che fare con quel denaro.»
«Per l'amor del cielo, Morgan! Stai parlando con me, Drakon, tuo marito! Conosco bene tuo padre. Non prendermi in giro!»
Morgan digrignò i denti, trattenendo le lacrime, la rabbia e la vergogna. Suo padre non era un mostro e non aveva mai rubato ai suoi clienti. Nonostante fosse stato raggirato come tutti loro, nessuno gli aveva dato l'opportunità di poter fornire una spiegazione o di difendersi. I media gli avevano puntato il dito contro e lo avevano condannato. Tutti avevano creduto alla stampa e alle sue violente accuse.
«Lui è innocente, Drakon. Non aveva la minima idea che Michael Amery stesse organizzando quel raggiro. Non sapeva che quelle cifre e quei profitti fossero falsi.»
«Allora se è davvero così innocente, perché è scappato dal suo paese? Perché non è rimasto, come i figli e i cugini di Amery, a combattere invece di darsela a gambe per evitare il processo?»
«È caduto nel panico. Aveva paura e...»
«Tutte falsità. Se le cose stanno veramente così, allora tuo padre è un codardo e merita la sua sorte.»
Lei scosse il capo per protestare, osservando l'espressione di Drakon. Poteva anche non assomigliare all'uomo che aveva sposato, ma in fondo era rimasto lo stesso. Riconosceva la sua voce profonda e vellutata e i suoi occhi... Si era innamorata di quegli occhi. L'aveva incontrato per la prima volta al ballo annuale a Vienna, ma non avevano ballato insieme. Lui si era limitato a osservarla tutta la sera e lei, all'inizio, si era sentita a disagio per l'intensità di quello sguardo, salvo poi desiderarlo, bramarlo. Nei primi mesi di corteggiamento, Drakon l'aveva sedotta con i suoi occhi, che l'avevano esaminata, stretta e posseduta molto prima che lui la sfiorasse anche solo con un dito.
Gli ultimi cinque anni erano stati oltremodo difficili. Proprio quando Morgan si era ripresa e si sentiva di nuovo speranzosa ed eccitata per il futuro, il mondo le era caduto addosso per colpa della notizia che il suo amato padre, il brillante finanziere Daniel Copeland, aveva fatto parte della truffa di Michael Amery. Il padre, invece di gestire il problema con il suo solito aplomb, era crollato ed era scappato, creando un enorme scandalo internazionale.
Lei trasse un lungo sospiro. «Non posso lasciarlo morire in Somalia, Drakon. I pirati lo uccideranno se non riceveranno il denaro del riscatto.»
«Che gli serva da lezione.»
«È mio padre!»
«Sei disposta a indebitarti per il resto della tua vita solo per comprare una libertà che sai bene durerà poco?»
«Sì.»
«Non capisci che sarà arrestato nel momento stesso in cui cercherà di raggiungere un qualsiasi stato del nord America o dell'Europa?»
«Sì.»
«Non sarà mai libero. Passerà il resto dei suoi giorni in prigione, proprio come farà Michael Amery quando verrà catturato.»
«Capisco, ma per mio padre è molto meglio ritrovarsi in una prigione americana che nelle mani di pirati somali. Almeno negli Stati Uniti potrà ricevere delle cure mediche in caso di malattia e le medicine per la pressione, delle visite, lettere e contatti con il mondo esterno. Chissà come sono le sue condizioni in Somalia!»
«Sono sicuro che non siano lussuose. Ma perché un cittadino americano dovrebbe sobbarcarsi le spese di tuo padre? Lascia che rimanga dov'è. È ciò che si merita.»
«Lo dici per ferirmi o perché ti ha fatto perdere molti soldi?»
«Sono un uomo d'affari e non mi piace perdere soldi. Tuttavia, ci ho rimesso solo quattrocento milioni dei cinque miliardi che tuo padre ha dato ad Amery. Che fine ha fatto il resto del denaro? La maggior parte era di gente normale, che aveva affidato nelle mani di tuo padre la propria pensione e i risparmi di una vita. E lui cosa ha fatto? Li ha cancellati, non lasciando loro più nulla. Niente pensione, nessuna sicurezza e nessuna possibilità di pagare le bollette ora che sono anziani, deboli e senza un lavoro.»
Morgan aveva gli occhi lucidi. «Michael Amery era il miglior amico di mio padre ed era uno di famiglia per noi. Papà si fidava di lui ciecamente.» La voce le si incrinò e lei lottò per mantenere la propria compostezza. «Sono cresciuta chiamandolo zio Michael, pensavo che fosse un mio parente.»
«Sì, me l'avevi già detto prima che affidassi a tuo padre quattrocento milioni di dollari da investire per conto mio. Tuo padre voleva però di più, il doppio, per l'esattezza.»
«Mi dispiace tanto.»
«Mi fidavo di tuo padre.» La fissò negli occhi. «Mi fidavo anche di te, ma adesso ho imparato la lezione.»
La donna fece un respiro profondo. «Intendi dire che non mi aiuterai?»
«Probabilmente...» La sua voce si affievolì mentre la osservava da vicino, studiandola attentamente. «No.»
«Probabilmente?» ripeté secca, conscia che se Drakon non l'avesse aiutata, nessun altro l'avrebbe fatto. Il mondo intero odiava suo padre e lo voleva morto. Tutti speravano che morisse e che soffrisse prima di andarsene.
«Tesoro, ti sarai resa conto che non sono di certo un fan di tuo padre.»
«Non devi essere per forza un suo fan per prestarmi del denaro. Redigeremo un contratto, un documento legale tra noi due, e ti ripagherò regolarmente a rate. Ci vorrà del tempo, ma ce la farò. La mia attività sta crescendo e ingrandendosi. Sto per ricevere ordini dal valore di centinaia di migliaia di dollari. Prometto che...»
«Come mi avevi promesso di amarmi e di onorarmi? Di essermi fedele nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia?»
Morgan sussultò. Drakon aveva insinuato che fosse stata lei a non aver provato più alcun interesse per lui, cosa che non poteva essere più falsa. In realtà, l'aveva amato troppo e senza riserve, perdendo la cognizione di se stessa. «Quindi perché non hai voluto divorziare? Se mi disprezzi così tanto, perché non mi hai lasciata andare e liberata?»
«Perché non sono come te. Non faccio promesse per poi pentirmene e romperle. Cinque anni e mezzo fa ti ho promesso di esserti fedele sempre, e lo sono stato.»
Quella voce profonda la fece fremere mentre lo sguardo di Drakon indugiava su di lei, come se fosse un cucciolo che, dopo essere stato perduto, era stato ritrovato.
«Queste sono solo parole, Drakon. Non significano nulla per me. Almeno, non quando le tue azioni contano più delle parole.»
«Le mie azioni?»
«Sì, esatto, o, per meglio dire, la tua mancanza d'azione. Fai qualcosa solo se c'è un tornaconto per te. Mi hai sposata perché pensavi che ne avresti beneficiato. E poi quando i tempi si sono fatti difficili... quando io sono diventata difficile, sei scomparso. Non mi concedi il divorzio, ma al tempo stesso non sei stato disposto a cercarmi e a lottare per me. Quando poi il mondo si è rivoltato contro di noi, dov'eri? Scomparso. La verità è che non volevi che il tuo nome si macchiasse dall'essere associato alla famiglia Copeland!»
Rimase a fissarla per un lungo attimo. «Interessante vedere come hai congeniato la questione. Tuttavia, non sono affatto sorpreso, dato che hai ereditato la predisposizione di tua madre per le scenate...»
«Ti odio!» La voce tremò e gli occhi erano colmi di lacrime. Tuttavia, si ripromise di non piangere, non gli avrebbe dato quella soddisfazione. Gli aveva dato tutto, ma ora non era più disposta a farlo. «Sapevo che mi avresti deriso e umiliato. Sapevo ancor prima di partire che avresti reso tutto difficile, ma sono venuta qui lo stesso, determinata a fare il possibile per aiutare mio padre.