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Sposa d'estate (eLit): eLit
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Sposa d'estate (eLit): eLit

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About this ebook

Inghilterra/Scozia, 1463 - Erede di terre e castelli, quando rimane orfana Lady Geneviève si rifugia presso il maniero di Brackenmoore, circondata dall'affetto della famiglia Ainsworth.Ma con il passare del tempo la tenerezza che prova per il giovane Marcel, il terzogenito dei fratelli Ainsworth, si trasforma in un'emozione più intensa. Il senso dell'onore impone a Marcel di farsi strada da solo nella vita e l'impossibile amore per la ricca e aristocratica Geneviève lo porta a lasciare il maniero e a diventare il capitano di un vascello. Ma quando un'emergenza lo riconduce a Brackenmoore e poi in Scozia, Geneviève non esita a...
LanguageItaliano
Release dateSep 28, 2017
ISBN9788858976036
Sposa d'estate (eLit): eLit
Author

Catherine Archer

Innamorata dei romanzi storici dall'età di dodici anni, è una grande appassionata di storia, in particolare del Medioevo. Abita con il marito e i tre figli ad Alberta, in Canada.

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    Sposa d'estate (eLit) - Catherine Archer

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Summer’s Bride

    Harlequin Historical

    © 2001 Catherine J. Archibald

    Traduzione di Pier Paolo Rinaldi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2002 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-603-6

    1

    Brackenmoore, 1463

    La sua cavalcatura arrivò in cima all’ultima salita.

    Marcel Ainsworth poté sollevare lo sguardo e fissare la cima della torre più alta del castello di Brackenmoore. La vista di casa sua gli fece provare timore e nostalgia al tempo stesso.

    Due anni.

    Quei due anni passati lontano da casa e dai suoi fratelli gli erano sembrati eterni, eppure non aveva fatto piani precisi per il ritorno. Almeno, dovette ammettere, non fino al giorno in cui suo fratello maggiore, il capo della casata, lo aveva richiamato a Brackenmoore. Marcel non poteva ignorare Benedict.

    Lasciare il castello di famiglia non era stato facile. Eppure, quando si era deciso, a Marcel era sembrata l’unica scelta possibile. Ciò che Geneviève gli aveva detto quell’ultimo giorno a Brackenmoore lo aveva costretto ad agire.

    Il petto gli doleva ancora al pensiero della nostalgia e della disperazione che aveva conosciuto. La tentazione di cedere al desiderio che provava era stata più forte di quanto avrebbe immaginato.

    Ma non poteva cedere. Aveva avuto solo quindici anni quando era stato testimone di un fatto che gli aveva permesso di capire che non poteva cedere alle lusinghe femminili, specie al genere di lusinghe offerte da Geneviève. Era accaduto poco dopo che Benedict aveva licenziato Thomas, un ragazzo che lavorava come assistente del maggiordomo di suo fratello. Thomas era stato suo amico, ma era anche stato scoperto a rubare a Benedict. Quando lui era andato a chiedergli ragione di un simile comportamento, l’altro lo aveva fissato con un disprezzo che lo aveva turbato. Thomas gli aveva detto di aver rubato per comprare dei doni per una fanciulla. L’amava e avrebbe fatto qualsiasi cosa per conquistarla. Malgrado tutto ciò che Thomas le aveva donato, la damigella, dopo aver scoperto il suo licenziamento, lo aveva allontanato.

    Nonostante il dolore che aveva provato per il modo in cui l’amico lo aveva trattato, Marcel aveva risposto a Thomas che il suo amore sarebbe dovuto essere sufficiente, che dopo aver fatto regali tanto importanti non avrebbe mai scoperto se quella fanciulla lo amava per ciò che lui era veramente. Thomas aveva replicato, amaro, che Marcel non poteva fare affermazioni del genere, visto che era un Ainsworth. Facendo parte di una famiglia tanto nobile e ricca, Marcel avrebbe certo avuto tutte le donne che desiderava senza dover fare qualcosa di particolare per meritarselo. E questo, si era detto Marcel, non valeva solo per le donne ma anche per qualsiasi altra cosa. Aveva un nome, ma nemmeno lui avrebbe saputo se una donna lo avrebbe desiderato per ciò che lui era veramente.

    Ciò che Thomas gli aveva detto era vero, e Marcel se n’era reso conto presto. Malgrado i suoi quindici anni era stato in grado di notare come le donne reclamassero le sue attenzioni. Non solo: spesso gli dicevano che era bello e spiritoso proprio quando si sentiva più goffo e timido che mai.

    Marcel era rimasto in silenzio a guardare il suo amico andarsene, ma quelle parole lo avevano ferito nel profondo. Col tempo, poi, avevano finito per confermare ciò che aveva sempre pensato. Che lui, Marcel, non aveva combinato nulla, non si era mai guadagnato nulla. Era Benedict a guadagnarsi davvero la sua posizione a Brackenmoore, prendendosi cura senza posa delle terre e della gente che vi abitava, proprio come aveva fatto il loro padre fino al giorno della sua morte.

    Marcel sarebbe stato orgoglioso di poter fare altrettanto, ma nella famiglia degli Ainsworth poteva esserci soltanto un erede.

    Desiderava una posizione di responsabilità, ma voleva anche guadagnarsela con i propri sforzi, non certo attraverso un matrimonio, sposando magari una donna che lo avrebbe voluto solo per il suo nome.

    Certo ciò che Geneviève aveva provato per lui era cambiato. Due anni dovevano essere stati più che sufficienti a farle capire che non erano fatti l’uno per l’altro, che il suo desiderio d’essere una Ainsworth non era un motivo sufficiente per sposarlo.

    Marcel spronò il suo destriero. L’inizio dell’estate aveva colorato i dintorni di un verde così intenso da ferire quasi gli occhi, e dall’erba dei bordi della strada gli arrivava il canto dei grilli.

    Il grido di un gabbiano, in alto nel cielo azzurro, gli ricordò come, da ragazzino, amasse vagare lungo il ciglio della scogliera chiedendosi cosa avrebbe provato se fosse stato capace di volare.

    Be’, non aveva imparato a volare ma a portare per mare un veliero. Il mare, in più, gli aveva regalato la libertà di andarsene dove gli pareva. Eppure c’era ancora un luogo, dentro di lui, in cui custodiva le immagini della sua famiglia, delle terre in cui era nato e della gente felice che vi abitava. Un luogo che aveva imparato a ignorare.

    Per la maggior parte del tempo. La scura e imponente sagoma del maniero davanti a lui gli fece capire quanto sentisse la mancanza di Brackenmoore.

    Conosceva l’amore e l’allegria che permeavano l’atmosfera di quel luogo, malgrado l’impressione di forza e di potere che suscitava la fortezza. Per via della scelta di libertà che aveva compiuto, Marcel non sarebbe più stato una parte integrante della famiglia. C’era un prezzo da pagare, in fondo, per le decisioni che si prendevano nella vita, e quello era un fatto da accettare, per quanto fosse difficile e doloroso.

    L’essere stato attratto dalla donna sbagliata aveva rappresentato una sfortuna e nulla più. Ma Marcel amava Roma, Costantinopoli, Madrid, e sarebbe stato sempre così.

    Le guardie gli lanciarono un grido, quando raggiunse l’ingresso del castello, e Marcel gridò di rimando il suo nome provando uno strano senso di riluttanza. Era passato molto tempo, e non sapeva come sarebbe stato accolto. Ma si sentì stranamente felice, quando il portone fu aperto all’istante e grida di benvenuto salutarono il suo passaggio.

    Rispose al saluto e si affrettò a dirigersi verso le scuderie.

    Si era ormai fatto scuro. Marcel aveva scelto di proposito quel momento in modo da arrivare al castello all’ora di cena. In cortile ci sarebbero state poche persone.

    Si disse che voleva vedere la sua famiglia riunita, proprio come la ricordava. Il fatto che arrivasse quando tutti sarebbero stati riuniti nel salone non aveva nulla a che fare con il desiderio d’evitare di incontrare Geneviève da sola.

    L’ampia sala dall’alto soffitto era affollata come il solito e nessuno sembrò badare a lui, mentre si faceva strada fra i tavoli. Forse, si disse, nessuno si era accorto della sua presenza perché evitava di ricambiare gli sguardi dei presenti.

    Marcel voleva fare una sorpresa ai suoi familiari. Continuò a procedere verso il lato opposto della stanza, dove il tavolo di famiglia faceva bella mostra di sé accanto all’imponente focolare.

    Le figure dei suoi tre fratelli erano inconfondibili. C’erano tutti. L’improvvisa ondata di rimpianto che provò gli strinse il petto. Sapeva di aver sentito la loro mancanza, ma solo in quel momento si rese conto di quanto, perché si era dato da fare, corpo e anima, per dimenticare la prepotente ma sgradita infatuazione per Geneviève.

    A bordo della Briar Wind non importava a nessuno che fosse il terzo fratello del potente Barone di Brackenmoore. Lì era il capitano, lì contavano solo i suoi talenti e il suo ingegno.

    Ma il senso di soddisfazione che tutto ciò gli aveva dato fino a quel giorno si ridusse a nulla quando il suo sguardo andò a posarsi su un capo chino. Il fiato parve lasciare i suoi polmoni e la testa prese a girargli, mentre un insopprimibile calore gli invadeva le vene.

    Geneviève.

    Buon Dio, com’era bella! Persino più bella di quanto gli fosse apparsa nei suoi sogni febbrili. I suoi capelli dorati erano coperti da una cuffietta di velluto verde, un colore che gli fece pensare al muschio e ai freschi ruscelli delle terre dei Brackenmoore. Le sue ciglia abbassate gli riportarono alla memoria tutti i momenti in cui l’aveva guardata per scoprire che non poteva sostenere il suo sguardo. E il rossore che le aveva colorito le guance in quegli istanti poteva essere interpretato, che il cielo lo aiutasse, solo come desiderio.

    Ma non se n’era reso conto fino all’ultimo giorno. Prima di quel momento si era chiesto se Geneviève provasse qualcosa per lui, lo aveva segretamente sperato. Poi, quando se n’era convinto, aveva capito che quella situazione non aveva futuro.

    Geneviève era sotto la tutela di Benedict e aveva ereditato una grande fortuna. Possedeva tutto ciò che lui aveva sempre segretamente sognato da ragazzino, quando si era reso conto di quali fossero le sfide e le gratifiche di Benedict, signore di Brackenmoore. Non che provasse risentimento nei confronti di suo fratello. Marcel semplicemente non capiva il motivo per cui dovesse provare il desiderio di badare alle sue terre e alla sua gente quando il diritto di primogenitura di Benedict glielo negava.

    Geneviève avrebbe potuto dargli tutto ciò che desiderava, ma lui sapeva la vera ragione per cui lo voleva. Geneviève desiderava diventare parte integrante della famiglia Ainsworth.

    Lo aveva ammesso quando aveva proposto a suo fratello Tristan di sposarla. Il matrimonio non era stato celebrato perché suo fratello amava un’altra, ma il desiderio di Geneviève non era affatto cambiato.

    Il suo sguardo tornò a posarsi sulla giovane che stava guardando qualcuno più in basso di lei con un dolce sorriso sulle labbra. Marcel poteva vedere la testolina della piccola, dai capelli neri come l’ala del corvo.

    Era la figlia di suo fratello, e Marcel fu colpito da quanto fosse cresciuta nei due anni della sua assenza.

    La sua attenzione tornò a Geneviève, e proprio in quell’istante la vide sollevare lo sguardo. I suoi occhi verdi si strinsero mentre si sistemava una ciocca ribelle e si guardava intorno come cercando qualcosa. O qualcuno.

    E quando quello sguardo si appuntò su di lui, Marcel la vide sgranare gli occhi e spalancare la sua dolce bocca per la sorpresa.

    Fu come se i due anni che erano passati svanissero all’istante. Marcel provò lo stesso soverchiante senso d’amarezza e di rimpianto che aveva conosciuto l’ultima volta che l’aveva vista. L’aveva incontrata camminando lungo le mura, la fronte solcata da rughe di concentrazione, intenta a fissare il campo bianco di neve che l’esercito di suo cugino, Maxim Harcourt, aveva appena lasciato.

    Il suo cuore prese a battere di nuovo più veloce, ripensando al modo in cui, quando Geneviève l’aveva scorto, quella concentrazione si era sciolta in un sorriso. Un sorriso di benvenuto che non aveva mai scordato, così come ciò che gli aveva detto. «Maxim ora non sarà più una minaccia per Tristan e Lily, o nessun altro. Era un uomo malvagio, Marcel, e ora che è morto non devo neppure più temere che riesca a trovare un modo per costringermi a tornare a Treanly. Posso rimanere qui a Brackenmoore con te, e per sempre!»

    Marcel era rimasto sorpreso nello scoprire che Geneviève avesse ancora paure di quel genere dopo essere rimasta a Brackenmoore per anni.

    «C’è qualcosa d’altro che devi sapere» aveva proseguito, fissandolo con quei suoi occhi verdi dallo sguardo ipnotico. «Ho liberato Tristan dalla promessa di sposarmi. Lui ama Lily, ha solo acconsentito a prendermi in moglie perché pensava che fosse morta. Per lui sono solo una sorella, così come lui è un fratello per me. Sai bene che il mio fidanzamento con Tristan mi aiutava a diventare davvero e per sempre una Ainsworth.» Aveva visto il suo sguardo incupirsi di un’emozione così intensa che ne era rimasto turbato. «Così sarebbe ancora possibile...»

    In quel momento Geneviève avrebbe detto di sì, se le si fosse dichiarato. Eppure non aveva potuto farlo, perché lo voleva per la ragione sbagliata. L’inconfondibile desiderio che le aveva letto negli occhi era stato causato solo dalla prospettiva di diventare una Ainsworth, proprio come aveva ammesso.

    Marcel voleva essere desiderato per ciò che era e non per la sua famiglia, per quanto volesse bene ai suoi fratelli.

    Il passato svanì e Marcel si rese conto che, per quanto fossero stati dolorosi, quei pensieri erano durati solo un istante. Si rese conto anche che sebbene fossero trascorsi due anni e avesse messo molte miglia fra sé e Geneviève, provava ancora qualcosa per lei. Non poteva negarlo. Ed era altrettanto chiaro, anche se fino a quel momento aveva cercato di convincersi del contrario, che per lei non provava nulla di fraterno.

    La vide arrossire, e questo lo turbò. Il rossore prese a diffondersi lungo il suo collo elegante, poi si estese sul colmo del seno stretto nel corsetto del suo abito di velluto verde. Sentendo montare dentro di sé l’eccitazione, Marcel capì di trovarsi su un terreno pericoloso. Distolse lo sguardo, e quando tornò a posare gli occhi su di lei, Geneviève era intenta a fissarsi le mani.

    Geneviève non riusciva, per quanto ci provasse, a rallentare il battito impetuoso del suo cuore.

    Era lui, era Marcel!

    E aveva un aspetto ancora più virile e sicuro di sé dell’ultima volta in cui lo aveva visto. Non sapeva cosa l’avesse spinta a sollevare lo sguardo, qualche momento prima, eppure aveva sentito qualcosa. Una sensazione che tutto stesse andando bene, ma non era per nulla così.

    E alla fine ecco Marcel lì davanti a lei, con i capelli più lunghi di come li ricordava, gli occhi azzurri dallo sguardo familiare, ma ora anche più maturo, forse più cinico. Quegli occhi, cui aveva tanto pensato nei due anni precedenti, le avevano offerto comprensione e conforto. Ma ormai avevano solo un’espressione impossibile da decifrare, e questo la turbava.

    In lui c’era anche un altro cambiamento. Un cambiamento più sottile, che non aveva nulla a che fare con la lunghezza dei suoi capelli, con il colore più scuro della sua pelle o con il passo leggermente ciondolante che gli avevano lasciato i due anni passati sulla nave. Si trattava di qualcosa di più profondo, che si poteva notare dal modo in cui teneva la testa e le spalle.

    Era come se Marcel fosse cambiato dentro, come se quel castello e le terre che lo circondavano non fossero più sufficienti a contenerlo.

    Quel pensiero la spaventò e l’affascinò al tempo stesso, perché l’uomo che aveva davanti sembrava il vecchio Marcel eppure, in qualche modo, non lo era più. Era diventato misterioso, persino imprevedibile.

    Santo cielo, era così turbata che non sapeva dove mettere le mani. Geneviève si arrischiò a lanciargli un’altra occhiata e vide che aveva ripreso ad avanzare verso di loro con passo sicuro.

    Non guardò più nella sua direzione e non diede segno che il fatto di averla vista avesse causato una qualche emozione particolare.

    E perché doveva aspettarsi il contrario? Perché mai, si chiese Geneviève, un uomo come Marcel Ainsworth avrebbe dovuto mostrare un qualche interesse per lei?

    Non era che una semplice ragazza di campagna, malgrado tutte le sue fortune.

    Una disperazione improvvisa e soverchiante si abbatté su di lei che udì il saluto di Benedict provenire come da una grande distanza.

    «Buon Dio del cielo, guarda chi è arrivato! E in anticipo, per giunta!» esclamò il capo di casa, mentre con la coda dell’occhio Geneviève lo vedeva alzarsi e aprire le braccia in un benvenuto caloroso.

    La gioia che Benedict provava alla vista del fratello era evidente, ma Geneviève non poteva parteciparvi. Rimase in silenzio, sgomenta, mentre intorno a lei si alzava il chiacchiericcio dei saluti.

    Nessuno sembrò accorgersi della sua mancata partecipazione al benvenuto generale, perché tutti avevano molte cose da dirsi. Non solo Benedict si era sposato e aveva avuto una bambina, una bellezza bruna che era stata chiamata Edlynne, ma Raine era già in attesa del secondo figlio. Con quel matrimonio Benedict aveva acquistato anche un nuovo fratello, William, il ragazzo tredicenne che in quel momento stava presentando con manifesto orgoglio a Marcel.

    Poi fu il turno di Lily e di Tristan di presentargli il loro secondo figlio, un bambino di nome Aidan. Marcel li abbracciò tutti, compreso il fratello minore Kendran, che ormai era cresciuto e si era fatto quasi un uomo. Scompigliò i capelli scuri di Aidan e gli posò un bacio sulla fronte. Marcel sollevò un’agitatissima e allegra Sabina e la baciò sonoramente sulla guancia, poi si congratulò con Raine e Benedict per il bambino in arrivo.

    Quando tutti tornarono a fare attenzione a lei, Geneviève era riuscita in qualche modo a recuperare la padronanza delle sue emozioni. Riuscì a sorridere, anche se un po’ rigidamente, e avanzò proprio nel momento in cui Marcel si voltò verso di lei.

    Incerta sul da farsi, gli tese la mano. «Marcel. È bello riaverti a casa, alla fine» disse, congratulandosi con se stessa per essere riuscita a parlare con voce normale malgrado il turbamento che provava.

    E Marcel prese la mano nella sua forte stretta solo per un istante. «È bello rivedere anche te, Geneviève.»

    Era stato un tocco brevissimo, eppure il brivido che le provocò finì per diffondersi in tutto il suo corpo, facendola arrossire. Marcel tornò a voltarsi verso Benedict e lei gliene fu grata. «Sono tornato appena ho ricevuto la tua lettera» gli sentì dire preoccupato.

    «Non c’è motivo di allarmarsi» si affrettò a rispondergli Benedict. «Ho solo deciso che era arrivato il tempo che tu tornassi a casa.»

    Nell’udire quelle parole Marcel sembrò sollevato. «Be’, sono a casa e ne sono felice, anche se avresti potuto dirmelo nella lettera.»

    Riaverlo a Brackenmoore era stato così semplice? Se solo l’avesse saputo, si disse Geneviève, certo si sarebbe fatta venire in mente un pretesto qualsiasi per richiamarlo già un bel po’ di tempo prima.

    Ma quel genere di pensieri era solo una pazzia, dovette aggiungere, visto il modo in cui la considerava. Tutti i sogni segreti che aveva conservato nel suo cuore per quei due anni erano stati vani. Per loro non c’era nulla. Marcel era uno sconosciuto, uno sconosciuto la cui vita non aveva nulla a che fare con quella di lei.

    «Siediti» gli disse Benedict. «Sono certo che sarai affamato, dopo un viaggio simile. Sei arrivato proprio in tempo.»

    «Farò in modo che portino un altro piatto e una coppa» si affrettò ad aggiungere Geneviève. «E prenderò il vino che Maeve tiene da parte per le grandi occasioni.»

    Benedict la fermò. «No, siedi, Geneviève. Manderò uno dei domestici.»

    Geneviève sapeva che Benedict aveva ragione, ma le serviva una scusa per allontanarsi da lì. Qualsiasi cosa, pur di non restare a tavola con Marcel.

    Eppure era ciò che doveva fare, perché non le venne in mente nessun altro modo per evitarlo, così si sedette accanto a Sabina e si mise a badare a ciò che la bambina mangiava, anche se non ce n’era bisogno.

    Non poté fare a meno di ascoltare, anche se distrattamente, la conversazione degli altri, intenti a sedersi. E Marcel fu fatto accomodare al posto d’onore, proprio di fronte a lei.

    Poté lanciargli solo qualche veloce occhiata, per timore che Marcel le leggesse negli occhi l’emozione che il suo ritorno e la sua vicinanza avevano scatenato in lei. Fasciate dal velluto nero della sua giubba, le spalle di Marcel sembravano ancora più ampie e possenti. Non lo ricordava così imponente...

    «Posso chiederti» fece Benedict, attirando la sua attenzione, «quanto a lungo avremo il piacere della tua compagnia?»

    Marcel era intento a fissare il fratello, così Geneviève poté guardarlo con calma e bearsi dell’azzurro dei suoi occhi.

    «Non per molto, temo» lo sentì rispondere. Per un momento le sembrò che Marcel avesse lanciato un’occhiata nella sua direzione. Ma forse fu solo il dolore lancinante che quelle parole provocarono in lei a farle pensare che Marcel potesse provare qualcosa nel lasciarla. «L’equipaggio sta scaricando la nave» lo sentì proseguire, e cercò di sforzarsi di fare attenzione. «Ma devo concordare il carico seguente.»

    Benedict alzò le mani al cielo. «Non potresti aspettare un po’? Hai già accumulato una fortuna per tutti noi!»

    Marcel scosse la testa e lo fissò. «Non mi preoccupo solo per me stesso, devo pensare anche al benessere di molti uomini. Come Barone

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