La rosa disegnata (eLit): eLit
By Gayle Wilson
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About this ebook
Gayle Wilson
Gayle Wilson is a two-time RITA Award winner and has also won both a Daphne du Maurier Award and a Dorothy Parker International Reviewer's Choice Award. Beyond those honours, her books have garnered over fifty other awards and nominations. As a former high school history and English teacher she taught everything from remedial reading to Shakespeare – and loved every minute she spent in the classroom. Gayle loves to hear from readers! Visit her website at: www.booksbygaylewilson.com
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La rosa disegnata (eLit) - Gayle Wilson
successivo.
Prologo
Corse il rischio di non notarlo. Le sue dita stavano per impilare la fotografia sulle altre già esaminate, quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Lo sguardo fisso sull'immagine, rovistò sulla scrivania alla ricerca della lente d'ingrandimento e si chinò sulla foto.
Rimase immobile, paralizzata, finché la mano che reggeva la lente cominciò a tremare. La posò, temendo che potesse caderle.
Alzò la testa, chiuse gli occhi e se li massaggiò con i polpastrelli. Non poteva commettere un errore, doveva avere l'assoluta certezza che quel che vedeva fosse esattamente ciò che aveva cercato per tutti quei mesi. Se non avesse avuto l'idea di ingaggiare l'investigatore che le aveva inviato quel materiale, non lo avrebbe mai visto.
Inspirò, concentrandosi per fermare il tremore che si era impadronito delle sue mani. Aveva quasi paura di guardare nuovamente la fotografia, in caso si fosse sbagliata.
Riportò lo sguardo sull'immagine di fronte a sé. L'occhio tondeggiante della lente mirava esattamente sul punto che aveva esaminato poco prima. Proprio sul gambo ricurvo della piccola rosa rossa che l'assassino aveva disegnato sulla nuca della propria vittima dieci anni prima.
Non c'era nessuno con cui condividere quella vittoria, lei era l'unica rimasta, l'unica sopravvissuta.
Il suo sguardo tornò sulla fotografia. Un'altra bambina, i capelli tanto biondi che sembravano quasi bianchi. Le sue dita sfiorarono la copertina del raccoglitore, cercando il nome della vittima.
Katherine Delacroix.
I suoi occhi si riempirono di lacrime inattese, perché lei non piangeva mai.
Katherine. E Mary.
Per voi, promise silenziosamente. E per tutti noi.
1
Ondata di caldo. Callie Evers ne aveva sentito parlare, ma non aveva mai capito davvero il significato di quelle parole fino a quel momento.
Accomodata su una poltrona di vimini sotto il portico del bed and breakfast dove avrebbe alloggiato, si sentiva più fresca di quando era arrivata a Point Hope nel tardo pomeriggio e il caldo e l'umidità l'avevano assalita.
Sorpresa dall'improvviso sbattere della porta della cucina, Callie alzò lo sguardo e vide che la sua ospite la stava raggiungendo, due bicchieri di tè freddo tra le mani.
Sorrise prendendone uno. L'altra donna le si sedette accanto.
«Sembra incredibile che possa fare ancora tanto caldo a quest'ora!» esclamò Phoebe Robinson. «Immagino che tu non sia abituata a questo clima. C'è dell'acqua intorno a Charlotte?»
«No» rispose Callie, osservando il panorama di fronte a sé.
La baia scura era diventata uno specchio per il cielo al tramonto, i riflessi dorati e cremisi del sole morente stesi sull'acqua come se qualcuno vi avesse versato dei barattoli di vernice.
Sotto gli alberi che costeggiavano la spiaggia, tuttavia era già notte, i rami scuri stagliati nel tramonto. Per la prima volta da quando era arrivata a Point Hope, a Callie parve possibile che in quella cittadina si fosse verificato un atto tanto brutale come l'omicidio di Katherine Delacroix.
Si portò il bicchiere alle labbra, deliziata dalla freschezza della bevanda, mentre il suo sguardo vagava sull'acqua della baia.
La luce diminuiva e i colori che poco prima avevano scintillato sulla superficie del mare stavano scomparendo. Alcune stelle erano già visibili e presto sarebbe stato impossibile determinare dove finisse il cielo e cominciasse la baia.
Nel silenzio, Callie udiva il frangersi ritmico delle onde. Quel suono confortante l'avrebbe aiutata ad addormentarsi quella notte, nonostante la sua eccitazione.
«Vacanza?»
Persa nella tranquillità dei propri pensieri, lei aveva quasi dimenticato la propria ospite. «Prego?»
«Ho chiesto se sei qui in vacanza, mia cara» ripeté Phoebe.
«Temo di no.» Callie esitò. «Sono qui per scrivere un libro.»
«Sei una scrittrice famosa?»
«Magari!» Era difficile che Phoebe conoscesse il suo nome, a meno che, per qualche bizzarro scherzo della sorte, non le fosse capitato di leggere il settimanale per cui scriveva Callie.
Tanto valeva dirglielo subito. «Sto scrivendo un libro su Katherine Delacroix.»
Quelle parole rimasero sospese tra loro per un lungo momento prima che la voce di Phoebe, diventata piatta, risuonasse tra le ombre.
«Sei venuta davvero fin qui per Kay-Kay?»
«La conosceva, signora Robinson?»
«Tutti conoscono tutti a Point Hope» rispose sdegnosamente la donna, come se fosse stato un particolare che Callie avrebbe dovuto sapere. «Insegnavo catechismo a Kay-Kay. Ogni domenica, prima...»
Callie intuì le parole che Phoebe non aveva pronunciato. Prima che qualcuno la assassinasse.
«Sarebbe disposta a parlarmi di lei?» le chiese.
«Non ci piace parlare di Kay-Kay. Ne parlarono fin troppo quando accadde.»
«So che deve essere doloroso per quelli che la conoscevano, ma...»
La sedia di vimini scricchiolò quando l'anziana donna si alzò bruscamente, interrompendo Callie.
«Non ci piace parlarne» ripeté secca.
«La capisco, mi creda» le assicurò Callie. «Ma una bambina è morta e la gente ha il diritto di sapere perché.»
«Il diritto di sapere chi l'ha uccisa» precisò Phoebe con tono deciso e tagliente. «È l'unica cosa che vi interessa. Tom Delacroix è morto, meglio non parlarne più.»
«Pensa che sia stato lui?»
«Non importa ciò che penso io. Non importa ciò che pensa la gente» ribatté Phoebe, la voce sempre più stridula.
«Importa, se era innocente» le rammentò Callie.
«Ben Stanton» dichiarò la donna. La sua voce giunse dall'estremità del portico e solo allora Callie si accorse che Phoebe stava rientrando in casa.
«Ben Stanton?» domandò, benché quel nome fosse familiare a chiunque conoscesse il caso Delacroix.
«Lui sa... tutto» affermò con decisione Phoebe dopo una pausa di silenzio. Lo sbattere della porta pose fine a quella conversazione.
Callie guardò l'acqua che si estendeva di fronte a lei.
Phoebe le aveva consigliato di rivolgersi a Ben Stanton. Dopotutto era esattamente la ragione che l'aveva spinta a recarsi lì.
«Esci, mia cara?»
Appena Callie arrivò alla base delle scale la mattina seguente, udì la voce di Phoebe. Sorridendo, la raggiunse nel salotto.
Accomodate attorno a un tavolo, Phoebe e altre tre persone stavano giocando a carte. Le tende erano chiuse, per tenere lontano il calore del sole mattutino. Ci volle un momento perché gli occhi di Callie si adeguassero alla penombra, poi la giovane notò che gli ospiti di Phoebe dovevano essere suoi coetanei.
«Vieni, cara, lascia che ti presenti» la esortò Phoebe.
Apparentemente il disagio della donna nei confronti del progetto di Callie era svanito durante la notte. Callie le si avvicinò sorridendo.
La donna seduta di fronte a Phoebe aveva la sua stessa carnagione levigata.
«Virginia Wilton» la presentò Phoebe. «Lui è Tommy Burge» continuò, indicando l'uomo sottile alla propria destra. «E lui è Buck Dolan» terminò, riferendosi all'uomo abbronzato di svariati anni più giovane degli altri.
«Lei è Callie Evers, starà da me per un paio di settimane.»
Sembrava che Phoebe non avesse intenzione di spiegare perché Callie si trovasse là. Conoscendo la rapidità con cui i pettegolezzi si diffondevano nelle cittadine, probabilmente lo sapevano già tutti.
«Piacere di conoscerla!» esclamò Virginia Wilton.
«Qui in vacanza?» le domandò Tommy Burge con espressione interessata.
«Per la verità sono qui per lavoro.» Con la coda dell'occhio notò che il corpo di Phoebe si era irrigidito, come se stesse cercando di inviarle un segnale.
«Non vorremmo trattenerti, cara» le disse la sua ospite.
«Che genere di lavoro?» le chiese Buck Dolan. Callie notò che non aveva l'accento del posto.
«Il caso Delacroix» rispose.
Quelle parole causarono un cambiamento visibile nella postura dei tre, come se avessero udito una bestemmia in chiesa.
«Credevo che la gente avesse perso ogni interesse nei confronti del caso» commentò Burge.
«Non credo che la gente perderà mai interesse, finché il caso non sarà risolto» ribatté Callie.
«Quindi saremo costretti a subire l'attenzione dei media per l'eternità» sbottò Dolan indispettito. «Lei non crede che verrà mai risolto, signor Burge?»
«No, il caso è stato pregiudicato fin dall'inizio. La polizia non avrebbe mai dovuto tentare di indagare. Risolvere un omicidio andava ben oltre le possibilità di Stanton.»
«Sai bene che chiamò l'FBI» intervenne Phoebe.
«Quando ormai era troppo tardi» ribatté Dolan.
Niente di tutto ciò era nuovo per Callie, ma se non altro l'ostilità iniziale di quelle persone nei confronti del suo lavoro sembrava stemperata.
«Stanton non si sarebbe mai dovuto mettere in quella posizione» dichiarò Dolan con convinzione. «Avrebbe dovuto capire fin dall'inizio di non essere all'altezza del caso.»
«Ti saresti comportato proprio come lui» intervenne Burge.
«Un buon poliziotto avrebbe capito subito che qualcosa non andava» insistette l'altro.
Ben Stanton era stato chiamato una mattina di dieci anni prima per cercare una bambina scomparsa dopo essere uscita da casa mentre suo padre dormiva. Inizialmente sembrava che non ci fosse ragione di dubitare di ciò che gli era stato riferito. La porta posteriore era stata aperta dall'interno, e nella casa non c'erano segni di colluttazione.
«Ha lavorato nelle forze dell'ordine, signor Dolan?» chiese Callie. «A sentirla parlare sembra che lei abbia una certa esperienza in materia.»
La risata di Phoebe esplose inaspettata. Buck la guardò socchiudendo gli occhi, poi spostò lo sguardo su Callie, l'espressione ancora ostile.
«Non sono mai stato un poliziotto, signorina Evers. Ma non sono nemmeno uno sciocco. So come si sarebbe tenuta a comportare la polizia, ma in quel caso agì in modo diametralmente opposto.»
«Vada a parlare con Ben» le suggerì Virginia.
Buck imprecò. «Qualsiasi buon poliziotto...»
«Modera i termini, Buck Dolan» lo rimproverò Phoebe. «Sai che non ammetto volgarità del genere in casa mia, soprattutto in presenza di una signorina. Adesso smettila di parlare male di Ben, altrimenti Callie penserà che siamo un branco di contadini ignoranti. Non vorrai che nel suo libro Point Hope sia ritratta in questo modo, vero?»
«Non sarebbe sicuramente la prima volta» intervenne Burge.
«Sono certa che Callie non ha questa intenzione» soggiunse Virginia.
«Ma quali sono, esattamente, le sue intenzioni?» domandò Buck sarcastico, guardando Callie dritto negli occhi.
«Smascherare un assassino» rispose lei in tono calmo e deciso.
Non ci furono commenti di sorta alla sua affermazione. Il silenzio divenne tanto sgradevole che Callie lo interruppe, soggiungendo: «Potremmo riparlarne in un altro momento. Vorrei intervistare quante più persone possibile».
«Giochiamo a carte ogni martedì e venerdì» la informò Virginia, sollevata dal cambio di argomento. «Spesso c'è anche Doc.»
«Doc?» chiese Callie, incuriosita.
«Il dottor Everett Cooley. Medico e patologo. Sarebbe stato qui con noi oggi, se non avesse dovuto accompagnare Ida Sullivan dall'oculista. Dovrebbe essere in pensione, ma troppa gente continua ad approfittarsi di lui» le spiegò Phoebe risentita.
Stupita dal tono della sua voce, Callie si domandò se fosse gelosa.
Ci fu un altro momento di silenzio.
«Non vorremmo trattenerti, mia cara» disse infine Phoebe. «Sono certa che sarai imparziale, dopotutto la gente di Point Hope non ha niente a che vedere con... quel che accadde. Va' a parlare con Ben. Lui potrà fornirti molte più informazioni di noi.»
«Era proprio mia intenzione andare da lui questa mattina. Sapete dirmi dove posso trovarlo?» chiese Callie.
Fu Tommy a risponderle. «Prenda la strada principale e segua le indicazioni per Mullet Inlet. Poi le conviene chiedere altre informazioni alla drogheria Galloway.»
«Grazie» si congedò lei, osservando Phoebe e i suoi ospiti uno per uno. A giudicare dalla reazione di quei quattro alle sue domande, Callie immaginò facilmente quale sarebbe stata la reazione di Ben Stanton, quando si fosse presentata alla sua porta.
2
Raggiunta la fine della strada, Callie si rese conto che la casa di Stanton era molto diversa da come se l'era immaginata.
Il primo particolare che attirò la sua attenzione fu il fuoristrada parcheggiato in strada, lì davanti. Il suo colore era talmente sbiadito per effetto del tempo e dell'esposizione al sole e all'aria salmastra, da risultare indefinibile, anche grazie alla patina di polvere che lo copriva.
La casa stessa, costruita in legno di ulivo, reso argenteo dalle intemperie, era poco più di una baracca. Dietro l'abitazione un piccolo pontile si sporgeva sull'acqua e conduceva a una rimessa per barche aperta su tre lati, segnata dal tempo come tutto il resto. L'imbarcazione che conteneva, invece, doveva essere costata più di tutto il resto messo insieme, infatti sembrava nuova e in ottime condizioni.
Callie inspirò per farsi coraggio, poi aprì la portiera della propria auto. Il calore la investì con una forza quasi fisica quando scese dal veicolo.
Si sistemò la tracolla della borsa sulla spalla, rassicurata dal peso del registratore, ma resistette all'impulso di accenderlo subito.
Improvvisamente le si rizzarono i capelli sulla nuca, e l'impressione che qualcuno la stesse guardando fu così intensa che alzò lo sguardo. Dato che la casa era circondata da folti cespugli, gli occhi che sentiva su di sé si sarebbero potuti trovare ovunque. A quel punto Callie dovette imporsi di stare calma e di avviarsi verso l'edificio.
«Si fermi» le intimò una voce.
Gli occhi di lei fissarono la zanzariera scura chiusa davanti alla porta. La voce era giunta da là dietro. Chiunque fosse