Seduzione fra le onde: Harmony Collezione
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About this ebook
Emily Tyler è arrivata in Grecia mossa da buone intenzioni, ma Nikolaos Leonidas non ne è del tutto certo. Convinto che sia suo dovere accertarsi che l'obiettivo della ragazza non siano le ricchezze della famiglia Leonidas, decide di escogitare un piano per provare a smascherarla, e un fine settimana sul suo lussuoso yacht, a base di champagne e seduzione, dovrebbe essere più che sufficiente. Ma quando Emily dimostra a Nikolaos la propria integrità, è ormai troppo tardi per tornare sui propri passi.
Catherine Spencer
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Seduzione fra le onde - Catherine Spencer
1
Emily lo individuò immediatamente, e non perché il padre glielo avesse descritto bene, ma perché, con la sua statura e quel volto d’angelo, si stagliava fra le decine di persone in attesa agli Arrivi Internazionali dell’aeroporto Venizelos di Atene.
Le era bastata un’occhiata per capire che era il tipo d’uomo che suscitava invidia nei suoi simili, mentre una donna avrebbe fatto qualunque cosa per farsi notare da uno come lui.
Il suo sguardo incontrò quello di Emily e ne rimase incatenato per una piccola eternità; quel breve scambio di occhiate, però, fu sufficiente a farla rabbrividire. Il suo istinto di conservazione l’avvertì che quel giovane affascinante sarebbe stata una fonte di guai e che si sarebbe pentita di averlo conosciuto. Poi lui annuì, come se sapesse esattamente l’effetto che aveva su di lei, e avanzò facendosi largo tra la folla.
Malgrado la visuale ristretta, Emily notò il modo in cui i jeans enfatizzavano la sua vita stretta e le gambe lunghe e come il giubbotto di pelle nera gli modellava le ampie spalle. La pelle abbronzata risaltava grazie al contrasto con il colletto aperto della camicia bianca. A mano a mano che si avvicinava, notò anche il taglio deciso della bocca e la mascella volitiva sulla quale si poteva intravedere un inizio di barba; tratti che tradivano la cocciutaggine di cui le aveva parlato il padre.
«Quindi ce l’hai fatta a tornare tutto intero. Come è stato il volo?» chiese il giovane a suo padre quando li raggiunse. Il tono della sua voce era seducente, come il resto della sua persona.
«Lungo» rispose Pavlos affaticato. Nemmeno gli antidolorifici e la prima classe erano stati sufficienti ad alleviare il suo disagio. «Troppo lungo, ma come puoi vedere ho accanto a me il mio angelo custode.» Prese una mano di Emily e la strinse forte. «Mia cara, ho il piacere di presentarti mio figlio Nikolaos. Niko, lei è Emily Tyler, la mia infermiera. Non posso immaginare cosa avrei fatto senza il suo aiuto.»
Ancora una volta lo sguardo di Nikolaos Leonidas indugiò insolente sul suo corpo con una certa arroganza.
«Yiasu, Emily Tyler» le disse.
Malgrado l’abbigliamento, lei si sentì nuda a quell’attento scrutinio. Erano gli occhi il problema, pensò confusa. Non erano marroni come quelli del padre, bensì di un verde intenso, simile alla giada, che dava il tocco finale a un volto dalla bellezza sconvolgente.
«Yiasu» riuscì a rispondere deglutendo.
«Parli il greco?»
«A essere sinceri ho già esaurito il mio intero vocabolario...»
«Era quello che pensavo.»
Quel commento avrebbe potuto ferirla se non fosse stato addolcito da un sorriso che le fece tremare le ginocchia. Ma cosa le stava succedendo? Aveva ventisette anni e anche se non aveva una grande esperienza in campo sessuale non poteva nemmeno dire di essere una ragazzina innocente. Sapeva bene che le apparenze contavano poco, e che ciò che importava era la persona. Purtroppo, stando a quello che le era stato detto, Niko Leonidas era molto carente da quel punto di vista.
E il suo atteggiamento nei confronti di Pavlos sicuramente non contribuì a convincerla del contrario. Non fece alcun tentativo di abbracciare il padre, o rassicurarlo con una pacca sulla spalla facendogli intendere che poteva contare sul figlio per qualunque cosa durante la convalescenza.
Invece ordinò a un facchino di occuparsi del carrello con i bagagli e dopo avere sbrigato le formalità necessarie marciò verso l’uscita lasciando che Emily lo seguisse insieme a Pavlos.
Fu solo quando raggiunsero la Mercedes che li aspettava che Niko mostrò un briciolo di compassione.
«Lascia» le ordinò non appena lei si affrettò ad aiutare il paziente ad alzarsi dalla sedia a rotelle. E con sorprendente tenerezza sollevò il genitore tra le braccia e lo sistemò sul sedile posteriore coprendogli le gambe con una coperta.
«Non occorreva che lo facessi» sbottò Pavlos cercando di mascherare una smorfia di dolore.
«Evidentemente sì. Oppure avresti preferito che restassi a guardare mentre cadevi per terra di muso?»
«Avrei preferito stare in piedi sulle mie gambe senza bisogno di aiuto.»
«Allora avresti dovuto badare di più a te stesso mentre eri via, oppure avere il buon senso di restartene a casa tua invece che decidere di vedere l’Alaska prima di morire.»
Emily avrebbe voluto dargli un calcio, tuttavia si trattenne. «Gli incidenti possono sempre capitare.»
«Soprattutto se si decide di viaggiare per il mondo a ottantasei anni.»
«Non è stata colpa di tuo padre se la nave ha sbattuto e se lui è stato l’unico passeggero a restare ferito. Tutto considerato, e tenuto conto dell’età, se l’è cavata egregiamente. Con il tempo e un’adeguata riabilitazione dovrebbe ottenere un ragionevole recupero.»
«E se non fosse così?»
«Allora suppongo che dovrai iniziare a comportarti come un figlio...»
Niko la fissò sbattendo le ciglia, indecentemente lunghe e sexy. «Infermiera e consulente famigliare insieme... Davvero una fortuna.»
«Be’, sei stato tu a chiedere.»
«E tu hai risposto» replicò lui dando la mancia al facchino. Quindi chiuse il bagagliaio dell’auto e aprì la portiera dal lato del passeggero. «Sali. Continueremo questa discussione più tardi.»
Come Emily immaginava, Niko guidava con destrezza. Dopo mezz’ora di viaggio raggiunsero le strade alberate di Vouliagmeni, l’esclusivo quartiere di Atene che si affaccia sul golfo di Saronikos, sulla costa orientale della penisola Attica, terra che Pavlos le aveva più volte descritto appassionatamente.
Percorsero una tranquilla via che costeggiava la spiaggia e alla fine Niko si fermò davanti a un cancello in ferro battuto che aprì con il telecomando.
Emily aveva immaginato che Pavlos fosse un uomo considerevolmente ricco, ma di certo non si era aspettata di trovarsi di fronte all’opulenza di quella villa.
Costruita nel mezzo di un giardino molto curato e circondata da pini, per attutire i rumori del traffico della strada lontana, aveva i muri di stucco bianco e rosa e il tetto di tegole dello stesso blu del cielo di Atene, anche se quel pomeriggio di fine settembre alcune nuvole minacciavano l’arrivo di un temporale. Le portefinestre si aprivano su terrazze ombreggiate da pergolati sui quali si arrampicavano fiori coloratissimi. In mezzo a un cortile c’era una grande fontana. Alcuni pavoni rumoreggiavano da qualche parte in giardino insieme a un cane che in quel momento stava abbaiando.
Emily ebbe poco tempo per meravigliarsi; l’auto si fermò davanti all’ingresso e immediatamente venne loro incontro un uomo sulla cinquantina con una sedia a rotelle. Doveva trattarsi di Georgios, il devoto maggiordomo, suppose. Pavlos gli aveva parlato spesso di lui con grande affetto. Dietro il maggiordomo uscì un ragazzo, che subito andò a scaricare i bagagli mentre Niko e Georgios spostavano Pavlos dalla macchina alla sedia a rotelle. Terminata l’operazione, l’anziano magnate aveva il volto terreo. Persino Niko parve preoccuparsi.
«Cosa possiamo fare per lui?» le chiese senza che nessuno potesse sentirli.
«Dargli un antidolorifico e lasciarlo riposare» rispose Emily. «Il viaggio è stato molto faticoso.»
«Forse sarebbe stato meglio non farlo viaggiare e basta.»
«Vero. Considerata l’età e la gravità della sua osteoporosi sarebbe dovuto restare in ospedale almeno una altra settimana, tuttavia ha insistito per tornare a casa e quando tuo padre si mette in testa una cosa è impossibile fargli cambiare idea.»
«Non mi stai dicendo niente di nuovo» commentò lui levandosi la giacca. «Devo fare chiamare il suo medico?»
«Domani mattina sì. Avrà bisogno di alcune medicazioni e di farmaci. Per questa notte dovremmo essere a posto» rispose Emily cercando di mantenere un atteggiamento professionale malgrado la vicinanza di Niko. Si scostò e prese la sua borsa da viaggio appoggiata in cima alle valigie. «Adesso vorrei essere accompagnata nella stanza di tuo padre.»
Lui le fece strada nel retro della villa, dove al piano terra era stato ricavato un appartamento composto da salotto, bagno e camera da letto. Le portefinestre si aprivano su un patio che si affacciava sul giardino da cui si poteva vedere il mare. Ancora seduto sulla sedia a rotelle accanto alla finestra del salotto, Pavlos stava bevendo e osservava la tempesta che si avvicinava.
«Alcuni anni fa ha deciso di trasformare questa parte di casa nella sua suite privata, anche perché non riusciva più a fare le scale» le disse lui sottovoce.
Lei gettò un’occhiata nella stanza e chiese: «E il letto d’ospedale?».
«L’ho fatto portare qua ieri. Probabilmente mi manderà al diavolo perché ho fatto sostituire il suo vecchio letto, ma questo è sicuramente più pratico.»
«Hai fatto la cosa giusta. Pavlos ci starà sicuramente più comodo anche se non lo userà molto, a parte la notte.»
«Perché no?»
«Perché più si muove e più alte sono le probabilità che riprenda a camminare, sebbene...»
«Sebbene cosa?» volle sapere Niko mettendo da parte qualsiasi riserva. «Poco fa hai detto che ti aspetti un ragionevole recupero. Hai cambiato idea?»
«No, ma...» Emily esitò di nuovo. Era divisa tra la lealtà al suo paziente e la necessità di informare il figlio. «Che cosa sai esattamente dello stato di salute di tuo padre?»
«Soltanto quello che decide di dirmi, ossia molto poco.»
Emily non aveva dubbi che le avrebbe risposto così. Non occorre contattare mio figlio, aveva dichiarato Pavlos quando l’ospedale aveva insistito per informare il parente più prossimo. Lui si occupa dei suoi affari e io dei miei.
Niko la fissò. «Cosa stai cercando di dirmi? Che sta per caso morendo?»
«Non dobbiamo morire tutti prima o poi?»
«Non fare con me questi giochetti mentali. Ti ho fatto una domanda diretta ed esigo una risposta altrettanto franca.»
«Okay. L’età non gioca di certo a suo favore. Anche se Pavlos non lo ammetterà mai, è molto fragile.»
«Questo lo posso vedere anch’io. Allora, cos’altro mi tieni nascosto?»
«Cosa diavolo vi state sussurrando voi due?» li interruppe Pavlos irritato.
«Tuo figlio mi stava spiegando che forse non ti piacerà il nuovo letto che ti ha procurato. Teme tu possa considerare il suo gesto un’interferenza nella tua vita» rispose lei lanciando un’occhiata di scusa a Niko.
«Infatti è così. Mi sono rotto l’anca, non il cervello. Sono io che decido quello di cui ho bisogno.»
«Non finché sei sotto la mia responsabilità.»
«Non darmi ordini, ragazza.»
«Invece sì. È per questo che mi hai assunta.»
«Posso sempre licenziarti e metterti sul primo volo per Vancouver domani mattina.»
Emily comprese che si trattava di una finta minaccia e nascose un sorriso. Il giorno dopo, una volta passato il dolore e la stanchezza, l’umore sarebbe sicuramente migliorato.
«Sì, signore» dichiarò spingendo la sedia a rotelle verso la camera da letto, «ma fino ad allora lasciami fare il mio lavoro.»
Niko aveva approfittato di quello scambio di battute per allontanarsi, notò lei senza riuscire a evitare di provare un certo disappunto. Il fedele Georgios, tuttavia, rimase ansioso di aiutare dov’era possibile.
Una