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La sfida del dottore
La sfida del dottore
La sfida del dottore
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La sfida del dottore

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About this ebook

Inghilterra, 1818.
Joe Warriner è un dottore serio e brillante che ha dedicato tutta la propria vita allo studio della medicina.
Il suo impegno e la sua dedizione non gli hanno permesso di coltivare molte amicizie né tanto meno di trovare una ragazza con cui sistemarsi. Ora, deciso a trovare la donna giusta, Joe si infatua di Lady Clarissa Beaumont, giovane bellezza londinese in visita a Retford per l'estate. Ma ancora non sa che la sua anima gemella è in realtà la sorella di lei, Isabella Beaumont. Bella è schiva, poco loquace e molto riservata, ma nutre un profondo amore per la medicina e questo la avvicina a Joe, portandola in breve tempo a diventare la sua assistente.
L'aiuto durante un'epidemia di vaiolo e il coraggio di Isabella lasceranno un segno indelebile nel cuore di Joe; ma per averla lui dovrà prima convincerla ad aprirgli la sua anima.
LanguageItaliano
Release dateJun 19, 2018
ISBN9788858983393
La sfida del dottore

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    La sfida del dottore - Virginia Heath

    successivo.

    1

    Luglio 1818

    Seduto alla scrivania del suo studio, il dottor Joseph Warriner tirò fuori l'orologio dal taschino e controllò l'ora, anche se non aveva bisogno di guardare il quadrante per sapere che erano quasi le otto. Il fatto di aver controllato ogni due minuti nell'ultima mezz'ora lo irritava, come lo irritava la consapevolezza di seguire quel ridicolo rituale da quasi un mese, ormai.

    E per che cosa? Per un incontro fugace avvenuto esattamente ventotto giorni prima. Un'unica danza, poche frasi di cortesia mentre lei stava in mezzo ai suoi ammiratori, ansiosi di ricevere qualche briciola distribuita qua e là, un'occhiata rubata attraverso le tende di pizzo che coprivano i vetri delle finestre.

    L'intera situazione era patetica. Lui era patetico.

    Indispettito, chiuse l'orologio e voltò la sedia verso la finestra, in attesa. Come tutti i martedì e venerdì mattina, giorni di mercato a Retford, la carrozza nera svoltò nella piazza alle otto in punto, rallentò davanti alla finestra dello studio medico e si fermò poco più avanti. Per torturarlo.

    Joseph scostò con cautela l'orlo della tenda per avere una visione migliore mentre il valletto apriva lo sportello. Pochi secondi dopo, apparve un piede elegantemente calzato, sormontato da una caviglia finemente cesellata.

    Joe trattenne il fiato. Era la prima volta che vedeva le sue caviglie ed era sbalordito da quanto potesse emozionarlo una comune parte anatomica che aveva visto centinaia di volte nella sua carriera. Migliaia, forse, eppure la vista di quelle particolari caviglie gli faceva accelerare i battiti del cuore.

    Pochi secondi dopo seguì una testa coperta da un elegante cappellino. Anche senza vederli, Joe sapeva che i capelli dorati sarebbero stati acconciati in uno stile alla moda, ma che diverse ciocche ribelli, del colore del grano baciato dal sole, sarebbero sfuggite alla prigionia delle forcine per incorniciarle il viso in boccoli sottili che lo facevano sospirare dal desiderio di avvolgerli intorno a un dito.

    Naturalmente non poteva farlo. Se l'avesse fatto, non si sarebbe fermato, ma avrebbe rimosso ogni singola forcina per ammirare quella massa di riccioli che le ricadevano sulle spalle. Soprattutto ora che aveva visto quelle caviglie. Chiuse gli occhi e assaporò la fantasia per un istante.

    Lady Clarissa Beaumont.

    Joe espirò lentamente e la guardò mentre lisciava le pieghe dell'abito. Per un attimo fugace si voltò, offrendogli la vista della propria guancia vellutata, ma negandogli crudelmente quella degli occhi a mandorla, di un azzurro così intenso da far invidia al mar dei Caraibi. Lui colse la visione delle labbra rosate mentre la giovane sorrideva al valletto e si sentì assalire da una ridicola vampata di gelosia a quello scambio innocente.

    Perché la deliziosa Clarissa, rinomata bellezza dell'alta società, sapeva a malapena della sua esistenza.

    Grazie al cielo, era anche ignara che l'uomo che la stava spiando dietro le tende del suo studio soffriva di un caso inguaribile di amore non corrisposto. Per qualche motivo, era ancora più doloroso quel mattino, probabilmente a causa di quelle caviglie, si rese conto. Era bastata una minuscola porzione di pelle coperta di seta per farlo ardere di passione. Era una sensazione nuova; fino a quel momento il suo affetto era stato più simile al puro amor cortese di vecchio stampo, non contaminato da quell'emozione terrena. Ma fino a quel giorno gli era stata negata la vista di quelle deliziose caviglie, quindi immaginava che quell'improvvisa reazione fisica fosse giustificata. Che cos'era l'amore senza passione, in fondo?

    Quando lei si voltò, il cuore di Joe volò in alto, per poi sprofondare subito dopo. Era la sorella sbagliata.

    Non l'affascinante Lady Clarissa Beaumont, bionda ed effervescente, ma Lady Isabella Beaumont. Indubbiamente bella e dotata di un paio di gambe perfette, ma una creatura seria e poco socievole. I capelli bruni, trattenuti da un'acconciatura severa, si adattavano alla sua personalità. Joe la vide prendere il cesto che le porgeva il valletto e avviarsi con determinazione verso il mercato. Non c'era da stupirsi, perché Lady Isabella affrontava tutto con la stessa determinazione, sia che leggesse platealmente un libro a una festa da ballo, sia che si dedicasse alla beneficenza.

    Anche se accompagnava sempre la bella Clarissa nei giorni di mercato, fino a quel momento Joe aveva incontrato di rado Lady Isabella. Al ballo mensile che si teneva nella sala delle assemblee, stava accanto alla sorella con espressione sprezzante, come se si ritenesse superiore a quella società di provincia dello sperduto Nottinghamshire. Per fortuna, tendeva a confondersi con la tappezzeria accanto alla radiosa sorella, di modo che Joe la notava poco.

    Non era del tutto vero. La notava sempre; c'era qualcosa che lo attirava nei suoi occhi scuri e seri e gli faceva corrugare la fronte confuso. Perché sprecare tempo a guardare nell'ombra quando poteva contemplare il sole? Eppure era stranamente incuriosito, Dio solo sapeva perché. Era irritante quasi quanto spasimare per la sorella irraggiungibile.

    Tuttavia, nell'ultima settimana, aveva visto due volte Lady Isabella alla casa per orfanelli fondata da sua cognata Letty. Non aveva potuto evitarla, dal momento che si era offerta come volontaria in infermeria e lo guardava con occhi di falco ogni volta che visitava i piccoli pazienti. La sua espressione severa lo faceva dubitare delle proprie capacità come medico. Era sconcertante. Eppure non diceva mai una parola. Preferiva restare sulla soglia mentre lui lavorava e andarsene appena si voltava. Era un comportamento strano e curioso. Come tutto il resto in Lady Isabella.

    Fredda, riservata, quasi scostante, faceva pensare all'aceto come sua sorella faceva pensare al miele. Joe arricciò il labbro a quel pensiero e attese con il fiato sospeso di veder comparire l'altra Beaumont, quella che il suo povero cuore anelava.

    Purtroppo, il valletto richiuse lo sportello della carrozza e salì sul retro, costringendolo ad accettare il fatto che quel giorno non avrebbe visto l'oggetto dei suoi sogni impossibili. Una cocente delusione, anche se sapeva che quell'attesa era patetica e del tutto inutile.

    Lady Clarissa non l'avrebbe mai degnato di attenzione.

    A parte la triste fama dei suoi antenati, lui era solo il fratello di un conte, senza alcuna speranza di ottenere un titolo. Non che avesse mai avuto ambizione di averne uno diverso da quello di dottore, ma le donne come Lady Clarissa erano educate a dare importanza a quelle cose. Era la figlia del Conte di Braxton e un giorno avrebbe sposato senza dubbio un altro aristocratico, per vivere in grande stile, circondata dai vasti possedimenti del ricco marito. Le donne come lei non sposavano i terzogeniti e nemmeno i medici. Per quanto gratificante, il suo lavoro aveva degli aspetti che potevano essere raccapriccianti per la delicata sensibilità di una gentildonna di buona famiglia.

    Raramente riusciva ad avere un'intera notte di sonno. Il più delle volte veniva interrotto da un bussare frenetico alla porta ed era convocato al capezzale di un paziente. Spesso lo chiamavano anche durante un evento sociale o una cena. A lui non pesava; la sua vocazione non gli consentiva di fare altrimenti, ma non poteva aspettarsi che un'altra persona fosse così indulgente di fronte ai sacrifici imposti dalla sua carriera. Soprattutto se quella persona era così corteggiata da potere scegliere tra una schiera di spasimanti molto più interessanti di lui.

    Mrs. Patterson, l'efficientissima governante, bussò alla porta dello studio, riportandolo bruscamente al presente.

    «Dottor Warriner, Mr. Simmons è qui per il suo appuntamento.»

    «Fatelo entrare, Mrs. Patterson.» Joe si raddrizzò sulla sedia e inforcò gli occhiali per leggere i propri appunti. Il tempo concesso ai sogni senza speranza era finito.

    Bella fissò la piazza del mercato già affollata e sentì salire la nausea. Di solito copriva il breve tragitto con Clarissa, ma quel giorno sua sorella aveva detto di essere malata per sottrarsi al compito di tenerla per mano e aiutarla così a vincere la paura. Bella sarebbe potuta restare a casa, tuttavia si sarebbe annoiata perché non provava alcun interesse per il ricamo. Riempire la sua vita di uno scopo allontanava la paura dalla mente e le permetteva di uscire di casa. Quindi doveva mostrarsi coraggiosa e combattere il panico con la razionalità.

    Era solo una breve passeggiata fino alla casa degli orfanelli.

    Era pieno giorno e non c'era nessuno lì che voleva farle del male.

    In meno di cinque minuti sarebbe stata al sicuro nell'infermeria, il luogo che solo di recente aveva scoperto di preferire a qualsiasi altro.

    Ormai era raro che si sentisse davvero bene con se stessa. Dopo l'incidente, come lo chiamava la sua famiglia, era come se una parte della sua personalità si fosse ritirata all'interno e fosse troppo terrorizzata per uscire. In fondo, la causa di tutto era stata la sua natura fiduciosa e disponibile, quindi non c'era da stupirsi che Bella fosse riluttante a fidarsi degli uomini. O a trovarsi in mezzo a una folla. Perfino a uscire da sola, dove il pericolo poteva essere in agguato. Forse la decisione di uscire senza essere accompagnata era stata avventata. Forse era meglio che tornasse alla carrozza...

    Oh, Bella, sei patetica! Hai vissuto vent'anni senza che ti accadesse nulla di male. Non puoi lasciare che un unico incidente ora determini tutta la tua vita.

    La voce della vera Bella si faceva sentire sempre più forte negli ultimi mesi. Un richiamo costante a essere fiduciosa e determinata. Dalla caverna nel profondo dell'anima in cui si era ritirata affrontava i problemi con logica e senso pratico, si ribellava contro l'idiozia e faceva commenti ironici e arguti sul mondo che la circondava. Anche se quella voce non era ancora abbastanza forte da farsi strada attraverso le corde vocali, era sempre lì a incitarla.

    Quei trovatelli hanno bisogno di te. E pensa a tutte le cose meravigliose che stai imparando.

    Bella serrò la mascella e guardò la piazza affollata. Era vero che i trovatelli avevano bisogno di lei e che stava imparando talmente tanto sulla medicina che le ore in infermeria volavano. Per la prima volta nella vita stava facendo qualcosa che aveva sempre desiderato, qualcosa che non le avrebbero mai permesso a Londra. Ma la sonnolenta Retford non era la capitale e, dato che era improbabile che qualcuno dei conoscenti di famiglia ne venisse a conoscenza e che i suoi genitori erano felici di vedere che lei avesse finalmente ritrovato interesse alla vita, le consentivano di fare la volontaria.

    Trascorrere il tempo con quei bambini, imparare a conoscere i loro problemi e come meglio aiutarli era la cosa più gratificante che Bella avesse mai fatto.

    Finalmente metteva in pratica tutte le nozioni lette sulle riviste scientifiche che aveva sempre divorato e trovava uno scopo che le permetteva di non restare pietrificata per gran parte della giornata. Non era forse un progresso? Non vedeva l'ora di essere nuovamente lì, rimboccarsi le maniche e aiutare quei poveri angioletti a stare meglio.

    Tutto quello che doveva fare era attraversare quella piazza da sola. La voce nella sua mente aveva ragione: non poteva arrendersi.

    Si costrinse a sorridere a uno dei commercianti che le aveva rivolto un saluto, ignorando il panico irrazionale che l'assaliva ogni volta che si trovava vicina a un uomo. Se fosse stata più attenta e meno terrorizzata, avrebbe notato il cesto di patate in precario equilibrio sulla bancarella, ma si sentiva così vulnerabile che non lo vide cadere né si accorse delle patate che rotolavano a cascata verso di lei e s'infilavano sotto lo strascico della gonna, facendola inciampare.

    Il pesante cesto che portava contribuì a farle perdere l'equilibrio e a trascinarla a terra. Isabella cadde con una violenza che le svuotò tutta l'aria dai polmoni. Un dolore acuto alla caviglia le fece salire le lacrime agli occhi. I palmi delle mani, scorticati e sporchi di fango, le bruciavano terribilmente. Le pozzanghere le stavano già inzuppando i vestiti, mentre l'umiliazione le riempiva l'anima. Se c'era una cosa che Bella odiava più di ogni altra, era trovarsi al centro dell'attenzione.

    Diversi commercianti e persone del posto si precipitarono in suo aiuto, ma lei assicurò loro che stava bene e cercò di rialzarsi. Il dolore lancinante alla gamba la costrinse a rimanere esattamente dov'era. A peggiorare le cose, vide il retro della carrozza dei Braxton uscire dalla piazza del mercato, portando con sé la sua unica possibilità di sfuggire a quello spettacolo spaventoso. Sorridendo a fatica alla folla di spettatori, cercò di rimettere insieme i frammenti della propria dignità mentre combatteva il panico di trovarsi alla mercé di sconosciuti, perlopiù uomini.

    «Milady... sono così mortificato.» Il venditore di patate rigirava tra le mani il berretto di feltro. «Siete ferita seriamente? Devo chiamare il dottor Warriner? Il suo studio è proprio sull'altro lato della piazza.»

    Mortificata alla prospettiva di un'umiliazione ancora peggiore di fronte al brillante dottor Warriner, Bella scosse il capo. L'ultima persona che voleva assistesse alla sua goffaggine era l'affascinante medico. L'unico che, pur essendo un uomo, le faceva palpitare il cuore ogni volta che le rivolgeva la parola, rendendola muta. «Non è necessario, credo che sarò in grado di rialzarmi tra un paio di minuti.» Avrebbe strisciato fino a casa, se necessario.

    Due cose le furono ben presto evidenti. Prima di tutto, le era impossibile reggersi in piedi. Provò tre volte e a ogni tentativo un dolore lancinante alla gamba le fece venire le lacrime agli occhi. In secondo luogo, nonostante le sue proteste, qualcuno aveva chiamato il medico. La folla si stava separando mentre avanzava verso di lei con determinazione.

    «È solo la caviglia... Non è il caso che perdiate il vostro tempo per una simile sciocchezza.» Bella cercò ancora una volta di rialzarsi appoggiando il peso sulle mani e fallì miseramente. Nonostante questo, insistette. «Metterò del ghiaccio appena sarò a casa e lo terrò sollevato.» Distolse il capo, pregando che il medico scomparisse.

    «Per favore, milady, non cercate di alzarvi.» Il dottor Warriner s'inginocchiò accanto a lei. «Devo dare un'occhiata per valutare il danno.» Le passò un braccio sotto le gambe, facendola trasalire. Bella s'irrigidì e cercò di sottrarsi al suo tocco, tuttavia lui continuò imperterrito. «Aggrappatevi alle mie spalle. Prometto che non vi lascerò cadere.»

    Cielo! Aveva intenzione di portarla di peso. Bella avrebbe preferito sprofondare piuttosto che dare quello spettacolo. «Sono sicura che posso farcela a saltellare fino al vostro ambulatorio, dottor Warriner.»

    Il medico le lanciò un'occhiata di superiorità. «Saltellare, dite? E peggiorare così il danno? No, milady, vi porterò io, se non vi dispiace.»

    2

    Bella serrò le palpebre, reggendosi alle sue spalle e sperando che tutto finisse al più presto, mentre il dottore la sollevava da terra e cominciava ad attraversare la piazza. Grazie al cielo, coprì in fretta la distanza che li separava dallo studio e, una volta all'interno, la depose delicatamente sul lettino delle visite.

    «Mi servono alcuni strumenti. Torno subito.»

    Rientrò insieme alla governante, senza dubbio per rispettare le convenienze. Bella fu grata della presenza della donna e cercò di rilassarsi.

    «Dove vi fa male, milady?»

    Lei si portò la mano alla gamba. «La caviglia. Sono stata tradita da una patata.» Fece un debole sorriso, pregando che non le si leggesse in viso la paura. Sta facendo solo il suo lavoro. Non ha intenzione di farti del male, si ripeté, nella speranza che il mantra allentasse la morsa che le comprimeva il petto.

    Il medico parve percepire i sintomi del panico, anche se li attribuiva al dolore piuttosto che al ricordo di un altro uomo che le sollevava le gonne...

    «Respirate lentamente e a fondo, vi aiuterà.»

    Bella fece come le diceva, senza staccare lo sguardo dalle sue mani. Il tocco delle dita era gentile e non sembrava un'intrusione. Era un medico, un uomo di scienza.

    L'uomo aveva gli occhi del blu più profondo che avesse mai visto. Ancora più scuri di quelli di Clarissa. Erano occhi gentili, si rese conto Bella. Pazienti.

    Con estrema delicatezza rimosse lo stivaletto ed esaminò il gonfiore intorno alla caviglia. Le sue sopracciglia scure si inarcarono.

    Aveva un bel naso, pensò Bella per allontanare il passato dalla mente. Né troppo piccolo né troppo grande, e un mento deciso che già mostrava una traccia di barba scura, anche se era evidente che si era rasato al mattino. I capelli neri si arricciavano leggermente sopra il colletto immacolato della camicia e gli ricadevano su un lato della fronte in un modo che lo faceva sembrare più giovane. Quello stile naturale faceva pensare che non usasse le pomate o le lozioni che andavano di moda tra i damerini di città. Non che ne avesse bisogno. Era decisamente bello. Isabella era rimasta sorpresa di averlo pensato la prima volta che l'aveva visto alla sala delle assemblee, perché era più di un anno che non pensava una cosa simile di un uomo. Non l'aveva mai visto indossare un colore diverso dal nero o dal blu scuro e, anche se era sempre in ordine, aveva l'aria di essere troppo occupato da cose importanti per prestare molta attenzione al guardaroba. Era un vero uomo di scienza e si vedeva.

    Aveva anche mani belle, pulite e sensibili, capaci. Mani che guarivano. Proprio come le sue.

    Bella si trovò a studiare la sua tecnica mentre il panico cominciava a diminuire. Dopotutto, il dottor Warriner aveva studiato all'università, mentre quello che sapeva lei veniva dai libri che riusciva a trovare, manuali che non potevano sostituire l'esperienza pratica.

    «Per favore, Mrs. Patterson, potreste...?» Il dottore fece cenno alla governante di togliere la calza sinistra di Bella. Sentendosi terribilmente esposta, lei si distese sul lettino e fissò il soffitto, mentre il medico le tastava meticolosamente il piede, il polpaccio e la caviglia.

    Sta facendo solo il suo lavoro. Smettila di essere una patetica codarda. Sii razionale.

    Dopo che Bella ebbe ripetuto l'esortazione

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