Il vero re di Dahaar: Harmony Collezione
By Tara Pammi
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La dinastia del deserto 2/2
Un tempo era il principe ereditario destinato a salire al trono, ma quando un amore finito lo ha reso incurante e spericolato, Azeez bin Rashid Al Sharif ha rischiato di perdere tutto, anche la vita. Adesso ha due possibilità: trascorrere il tempo a rimpiangere il passato o accettare il futuro e il suo ruolo di vero re di Dahaar. Nel profondo del suo cuore Azeez sa di dover accettare la corona, quello che non sa è se la donna che non è mai riuscito a dimenticare acconsentirà a diventare la sua regina...
La dottoressa Nikhat Zakhari ha lasciato Azeez perché non era in grado di dargli ciò che gli serviva per governare. Ora il principe ha di nuovo bisogno di lei: Nikhat gli negherà ancora il suo aiuto?
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Il vero re di Dahaar - Tara Pammi
successivo.
1
Tormentata da amari ricordi, la dottoressa Nikhat Zakhari seguì la guardia in uniforme lungo un corridoio del palazzo di Dahaar. Otto anni prima aveva conosciuto ogni metro di quei corridoi e di quei saloni. Ogni parete e arco. Quel palazzo e la famiglia reale erano stati parte di un sogno che lei, giovane ingenua di ventidue anni, aveva cullato nel cuore.
Prima che fosse crollato riducendola in pezzi.
Entrò nell'ufficio e la guardia chiuse la porta alle sue spalle.
Era già stata in quell'ufficio una sera, quando il principe ereditario era l'uomo che amava. Erano scivolati nella notte come due ladri, perché lei aveva espresso il desiderio di vedere quell'ambiente.
La giacca di seta che indossava non riuscì a frenare il brivido che la percorse al ricordo, e cedette del tutto alla nostalgia quando gli occhi corsero all'immenso ritratto della famiglia reale appeso alla parete dietro la scrivania.
Re Malik e la regina Fatima, Ayaan e Amira, tutti che sorridevano in quel ritratto, salvo Azeez. A causa di quanto lei gli aveva detto quel giorno di otto anni prima.
Provò una profonda desolazione. Pur lontana mille miglia, quando aveva saputo dell'attacco terroristico aveva sofferto come se avesse perso la propria famiglia. La gola le fece male, la vista si annebbiò.
Passò le dita tremanti sul viso del ritratto di Azeez.
Appoggiò il capo alla parete. Vedere quel luogo familiare senza di lui le scuoteva le fondamenta della vita che si era costruita.
E non poteva, non voleva attribuire tanto potere a un ricordo. Non poteva permettere che annullasse tutto ciò che era riuscita a realizzare.
«Come state, Nikhat?»
Si voltò e vide il nuovo principe ereditario, Ayaan bin Riyaaz Al Sharif, il ragazzo che un tempo aveva aiutato negli studi di chimica. Gli occhi esprimevano calore e i suoi tratti, così simili a quelli di Azeez, le tolsero il respiro.
Il giorno in cui aveva saputo dell'attacco terroristico era rimasta scioccata. Vedere di nuovo Ayaan, tanti anni dopo, la colmava di una gioia che non riuscì a contenere. Si avvicinò e lo abbracciò.
Qualcosa che otto anni prima non si sarebbe mai permessa.
Lui sorrise e Nikhat si vergognò di quel gesto impulsivo. Una donna non imparentata in alcun modo con la famiglia reale non avrebbe mai abbracciato il principe ereditario. Ma lei non era più la tipica donna di Dahaar, legata alle sue tradizioni e ai suoi costumi. «Sono felice di vedervi, Ayaan.»
Lui annuì, lo sguardo che la studiava con palese interesse. «Anch'io d'incontrarvi, Nikhat.»
La condusse in un salotto dove di solito era servito il tè. Seduta di fronte a lui, Nikhat scosse il capo quando le chiese se desiderasse qualcosa.
Il giovane Ayaan che aveva conosciuto aveva sempre avuto gli occhi luminosi ed espresso una grande gioia di vivere. Il principe ereditario che adesso le stava di fronte era gravato dal peso delle responsabilità. Gli occhi esprimevano una sofferenza e una durezza che avevano inciso anche sui tratti del volto.
Era tornata a Dahaar soltanto il giorno prima, e convocata dal principe ereditario si era presentata subito. «Come avete saputo che ero tornata a Dahaar?» chiese lei andando subito al punto.
Alzando le spalle lui accavallò le gambe. Dopo una certa esitazione, spiegò: «Voglio farvi una proposta».
Nikhat aggrottò la fronte. Dopo otto anni in cui non aveva ricevuto una sola parola da suo padre, era stata più che felice di udire la sua voce. Ma adesso... «Siete stato voi a ordinare a mio padre di farmi tornare a casa» mormorò, il disagio che aveva provato quando lui le aveva parlato di una richiesta che si accentuava. «Sapevate quanto sarei stata contenta di rivedere la mia famiglia. È un colpo basso, Vostra Altezza.»
Ayaan aggrottò la fronte, nessun'ombra di rimorso nello sguardo. «È il prezzo che devo pagare per questo titolo, Nikhat.»
Parole semplici, che tuttavia la scioccarono per la responsabilità che comportavano. «Bene, adesso sono qui. Devo tuttavia avvertirvi che non sono un genio che può realizzare i vostri desideri.»
Un sorriso improvviso gli illuminò il volto, gli occhi che esprimevano calore. E il ricordo di un altro viso che sorrideva allo stesso modo, simile eppure diverso, la oppresse subito.
Provava una costrizione al petto e si sforzò di respirare. A Dahaar sarebbe stata tormentata dai ricordi e lei si rifiutava di farsi risucchiare da quel vortice di sofferenza.
Aveva sofferto a sufficienza quando se n'era andata otto anni prima.
«Vedo che non siete cambiata per niente. E me ne compiaccio.»
«Niente enigmi, Ayaan» ribatté Nikhat a quel punto, sforzandosi di rivolgersi a lui come al giovane che aveva conosciuto un tempo.
«Che cosa ne direste di realizzare una clinica qui a Dahaar? Avreste tutte le autorizzazioni. Potrebbe essere una clinica specializzata per donne. È qualcosa che avevo in mente da tempo e voi siete la persona adatta.»
Scioccata, Nikhat non aveva parole.
Riaffiorarono tutti i desideri e le speranze che aveva tenuto a bada per otto anni, la solitudine che l'aveva tormentata.
Era ciò che aveva sempre sperato quando aveva supplicato suo padre di permetterle di frequentare la facoltà di medicina, un obiettivo che era diventato la sua ancora di salvezza quando il mondo le era crollato addosso, il sogno impossibile che l'aveva riportata a Dahaar pur avendo una posizione prestigiosa a New York.
Si era preparata a una difficile battaglia contro i pregiudizi mascherati da tradizioni. Quindi doveva esserle sfuggito un sospiro di sollievo perché Ayaan le prese la mano.
«Potreste restare sempre qui a Dahaar, Nikhat. Rimanere di nuovo vicino alla vostra famiglia» proseguì lui.
Nikhat annuì, grata per la sua comprensione. Ayaan era sempre stato il più gentile dei due fratelli. Mentre Azeez... con lui non c'erano mai state le mezze misure.
«È quello che ho sempre desiderato.»
Un lampo di disagio gli attraversò lo sguardo. «Ma in cambio vi chiedo qualcosa. Un favore personale alla famiglia reale.»
«Devo la mia professione a vostro padre. Senza l'aiuto e il supporto di re Malik, mio padre non mi avrebbe mai permesso di concludere gli studi. Quindi, di qualsiasi cosa abbiate bisogno da me, non dovete fare altro che chiedere.»
Ayaan annuì, ma la cautela nello sguardo rimase.
«Quello che vi chiedo va oltre i confini della gratitudine.»
Nikhat annuì a sua volta, cercando al contempo di tenere a freno l'ansia che le avevano creato quelle parole.
Ayaan trasse un profondo sospiro.
«Azeez è vivo, Nikhat.»
Per qualche secondo le parole per lei non ebbero alcun senso.
Ebbe l'impressione che il mondo avesse rallentato il suo movimento, in attesa che la propria confusione si esaurisse. Ma quando lesse la verità nei suoi occhi provò la sensazione di aver ricevuto un pugno allo stomaco. Lottò per mantenere il controllo, per non fuggire e non tornare mai più. E niente l'avrebbe fermata, neppure l'uomo che un tempo aveva amato con tutta se stessa.
S'impose una calma che non provava. «Non ho saputo niente in merito.»
«Perché nessuno, salvo pochi intimi, ne sono a conoscenza. Divulgherò la notizia solo quando sarò certo che non abbia un effetto negativo su Dahaar. Per questo, per ora, devo mantenerla segreta.»
Questa volta fu Nikhat a prendergli la mano.
Come poteva essere vivo dopo tutti quegli anni? Dov'era adesso?
«L'ho trovato qualche mese fa nel deserto e ancora non so come sia sopravvissuto o che cos'abbia fatto in questi ultimi sei anni. Si rifiuta di vedere i nostri genitori, tollera a stento le mie visite. Il vero principe ereditario di Dahaar è attualmente mio prigioniero.» Le parole tradivano una profonda desolazione. «Ho fatto di tutto per mantenere fino a questo momento il segreto. Il popolo si demoralizzerebbe troppo vedendolo in questo stato. Lo...»
«Lo adoravano, lo so.» Era stato il loro principe, perfetto, arrogante ma affascinante, coraggioso, nato per governare il suo Paese. E lui aveva amato Dahaar con una passione che aveva infuso in tutto ciò che aveva fatto.
Il suo amore, la sua passione... erano come una tempesta di sabbia nel deserto. Che consumava, che cambiava totalmente una persona, ammesso che ne uscisse viva.
«Speravo che prima o poi migliorasse, che decidesse di ricominciare a vivere.» L'impotenza gli incupiva lo sguardo, le parole quasi disperate. «Ma a ogni giorno che passa...»
Azeez è vivo.
Le parole le martellavano in testa, ma all'accavallarsi delle emozioni si aggiunse il controllo che aveva sviluppato in modo da emergere nella carriera. «Ayaan, di cosa soffre?» chiese dimenticando l'etichetta.
«È poco più di un corpo che respira. Si rifiuta di parlare, di vedere un medico. Si rifiuta di vivere... Nikhat, e io non posso perderlo una seconda volta.»
Un nodo di terrore le serrava lo stomaco. «Qual è di preciso il favore che dovrei farvi?»
«Trascorrere del tempo con lui.»
No. La parola le risuonò subito nella testa. Scosse il capo in segno di diniego. «Sono una ginecologa, Ayaan, non una psichiatra. Non posso fare niente per lui.»
«Non vuole vedere nessuno. Ma voi... non si rifiuterà di vedervi.»
Adesso aveva i nervi scossi, la calma solo apparente. Ma lei non poteva cedere, essere preda di nuovo della sofferenza. «Non sapete come reagirebbe vostro fratello alla mia presenza.»
«Qualsiasi cosa sarà meglio di com'è ora.»
«E che mi dite del prezzo che dovrò pagare io?» La domanda le sfuggì senza che neppure se ne rendesse conto.
Ayaan le si avvicinò, la mascella rigida per la determinazione. Non c'era rimorso nel suo viso ora. Era l'uomo che era, che combatteva ogni giorno i propri demoni facendo il proprio dovere per Dahaar.
«Sarebbe un prezzo così alto? Vi chiedo solo qualche mese. Non ho più nessuna possibilità. Devo trovare qualcuno che lo salvi dall'autodistruzione. Trascorrete del tempo con lui a palazzo. Parlategli, provate qualsiasi cosa che...»
«Se si spargesse la voce, sarei marchiata per tutta la vita qui a Dahaar» replicò lei, rendendosi conto che stava prendendo in esame la proposta. «Quella clinica di cui mi avete parlato si ridurrebbe a un castello di sabbia.»
«La principessa Zohra è incinta. Ha bisogno di avere accanto un ginecologo. E nessuno saprà mai che trascorrerete del tempo con Azeez. Vi do la mia parola, Nikhat. Proteggerò sempre la vostra reputazione. Tra un paio di mesi ci sarà la mia incoronazione e a quell'epoca, in qualsiasi stato lui si trovi, potrete andarvene. Nessuno vi fermerà.»
Due mesi con un uomo che ancora una volta l'avrebbe fatta precipitare nelle sue peggiori paure. Due mesi per rivivere ciò che non avrebbe mai potuto avere, ciò che non avrebbe mai potuto essere.
«Non avete idea di cosa mi state chiedendo.»
«Speravo che accettaste la mia proposta, ma non posso darvi scelta, Nikhat. La disperazione non lascia mai scelta. Da questo momento consideratevi come ospite del principe ereditario oppure sua prigioniera. Se dovessi essere costretto a chiudervi a chiave con lui, lo...» Le parole tradivano una sofferenza che lei conosceva fin troppo bene. «È mio fratello, un tempo era vostro amico. Glielo dobbiamo.»
Suo amico? Nikhat frenò a stento una risata isterica.
Azeez bin Rashid Al Sharif non era mai stato solo un amico. Era stato il suo idolo, il suo principe e l'uomo che le aveva promesso di realizzare tutti i suoi sogni.
E aveva mantenuto tutte le sue promesse.
Nikhat balzò in piedi, le spalle erette. Incontrò lo sguardo di Ayaan e annuì prima di avere la tentazione di rifiutare, prima che i fantasmi del passato la privassero del coraggio, prima che le sue peggiori paure incrinassero il suo senso del dovere.
L'avrebbe fatto perché lo doveva a re Malik per aver realizzato il sogno fantastico di una giovane della media borghesia di essere medico, l'avrebbe fatto per un amico d'infanzia che aveva passato l'inferno ed era sopravvissuto, ma soprattutto l'avrebbe fatto per l'uomo che un tempo l'aveva amata più di qualsiasi altra