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Il tempo di un bacio (eLit): eLit
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Il tempo di un bacio (eLit): eLit

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About this ebook

Sei pazza a baciare Marcus Carrera? L'ingenua ma avvenente Delia Mason si è piacevolmente ritrovata in una situazione molto simile a un film romantico: un molestatore che la importuna, il tentativo di respingerlo, un uomo prestante che interviene e "festeggia" il salvataggio con un bacio così appassionato da trasformarle la testa in una trottola. Nonostante i consigli altrui di tenere lontano un uomo dal passato misterioso come Marcus Carrera, Delia accetta l'invito a rivedersi. È caduta in una trappola o in un sogno a occhi aperti?
LanguageItaliano
Release dateFeb 28, 2018
ISBN9788858981467
Il tempo di un bacio (eLit): eLit
Author

Diana Palmer

Stella indiscussa nel firmamento degli "autori rosa", Diana Palmer ha al suo attivo un centinaio di romanzi e la presenza, da qualche anno a questa parte, nella prestigiosa New York Times Bestselling List, una certificazione di eccellenza in ambito editoriale!Le sue storie toccano il cuore delle lettrici con atmosfere intriganti e sensuali, e con personaggi a tutto tondo, delineati con maestria e grande intensità.Alle spalle di Diana, un passato di giornalista, lavoro che ha svolto per sedici anni, prima del passaggio al mondo dei romanzi rosa. Le sue passioni, tuttavia, non si esauriscono con la scrittura; donna dai mille interessi, si dedica alla famiglia, non trascura l'impegno nelle associazioni assistenziali ed è riuscita a ritagliarsi del tempo per lo studio, arrivando alla soglia dei quarantanove anni alla laurea con lode. Non avere il tempo per annoiarsi: questo sembra essere il motto di Diana Palmer.

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    Il tempo di un bacio (eLit) - Diana Palmer

    successivo.

    1

    Pur essendo un serata piuttosto frenetica al Bow Tie Casinò di Paradise Island, Marcus Carrera, intento a fumare un sigaro sul balcone del suo ufficio, era completamente assorto nei suoi pensieri.

    Uomo di affari dalla dubbia reputazione fino a pochi anni prima, con un passato che aveva suscitato timore anche negli avversari più spietati, era ancora molto rispettato, ma non per i suoi legami con gli ambienti della malavita. O almeno così sperava. Adesso possedeva alberghi e Casinò negli Stati Uniti e nelle Bahamas, per quanto il suo nome non comparisse quasi mai nella lista dei soci di maggioranza.

    Il Bow Tie - frequentato da stelle del cinema e famosi cantanti rock - era il suo preferito, quello che aveva contribuito in modo determinante a renderlo plurimilionario. Anche se gli affari commerciali erano stati tutti resi legali e legittimi, avrebbe dovuto indossare i panni del gangster ancora per qualche tempo. Tanto per peggiorare la situazione, però, non poteva confidarsi con nessuno.

    No, si corresse, non era del tutto vero. Poteva confidarsi con Smith, la sua guardia del corpo, un ex militare che come animale da compagnia aveva scelto un enorme iguana chiamato Tiny. Smith era talmente famoso a Paradise Island da fargli sospettare che molti dei clienti del Bow Tie si recassero lì per vedere lui, oltre che per giocare al Casinò e rilassarsi sulla splendida spiaggia bianca antistante all'albergo.

    Alzò le braccia sopra la testa per rilassare i muscoli intorpiditi del collo. Era stanco. La sua vita, mai particolarmente tranquilla, negli ultimi mesi era diventata ancora più stressante, tuttavia non rimpiangeva di aver preso alcune decisioni importanti. Suo fratello minore, il suo unico fratello, giaceva in una tomba solitaria a Chicago, vittima di uno spietato narcotrafficante che spadroneggiava nelle Bahamas. Carlo era morto a soli ventotto anni, lasciando una moglie e due bambini piccoli. Lui faceva in modo che avessero tutto il necessario dal punto di vista economico, ma non era in grado di restituire loro quello che avevano perso: un marito e un padre affettuoso.

    Era assurdo rimetterci la vita a causa del denaro, pensò. Come assurdo era che l'uomo che nascondeva dietro la facciata dell'onesto banchiere un'attività di riciclaggio di denaro sporco e che aveva firmato la condanna di Carlo fosse ancora libero, impegnato in una collaborazione con un famoso gangster di Miami. Avevano aperto innumerevoli Casinò e ne avrebbero inaugurato di lì a poco uno anche a Paradise Island. Naturalmente erano solo un paravento per i loro loschi traffici.

    Aspirò una boccata di fumo dal sigaro. Era un Avana, uno dei migliori sul mercato. Smith aveva degli amici nella CIA stazionati a Cuba. Loro potevano acquistare sigari e regalarli a chi volevano. Poi Smith li passava a lui, perché non fumava, non beveva e non esagerava mai; neanche con le parole.

    Marcus si voltò verso il mare e la brezza gli arruffò i capelli folti e neri, appena spruzzati di argento sulle tempie. Si avviava verso la quarantina, e si vedeva, ma era ancora snello ed elegante nonostante il fisico massiccio e la statura imponente. Aveva grandi mani e pelle olivastra resa ancora più scura dal sole, esaltata dalla camicia bianca che in quel momento indossava sotto la giacca da sera. I pantaloni erano di taglio squisito, le scarpe così lucide da riflettere la pallida luce della luna. Le sue unghie erano sempre perfettamente curate, mai un capello fuori posto.

    Supponeva di essere addirittura ossessivo, per tutto ciò che riguardava l'aspetto, forse perché era stato così terribilmente povero da ragazzino. Figli di due immigranti, lui e Carlo erano stati costretti a lavorare fin da bambini nella piccola autofficina di cui il padre era proprietario, con due soci. Fin dalla più tenera età avevano imparato nel modo più diretto che il duro lavoro era l'unico mezzo per sfuggire alla miseria.

    Suo padre aveva avuto la sventura di imbattersi in un gruppo di bulli del posto, che lo avevano picchiato fino a ridurlo in fin di vita quando aveva rifiutato di far usare la sua officina come base per la rivendita di pezzi di ricambio rubati. A quel tempo, Marcus aveva solo dodici anni, troppo pochi per trovare un impiego fisso. Carlo frequentava ancora le scuole elementari, perciò era stata la madre, con il suo umile lavoro di cameriera, a provvedere come meglio poteva alla famiglia. Presto, però, il denaro non era più bastato neanche per pagare l'affitto. Avevano perso la casa. I soci del padre, ormai non più di un vegetale, avevano rifiutato di aiutarli economicamente, sostenendo che non c'era mai stato un accordo scritto che regolasse la loro società.

    Un'emorragia celebrale aveva stroncato il padre soltanto pochi mesi dopo. A quel punto, l'unica prospettiva per Marcus e Carlo era stata quella di essere dati in adozione.

    Non sapendo cos'altro fare per impedire lo smembramento definitivo della famiglia, Marcus si era rivolto al boss che gestiva la piccola criminalità del posto. Con la sua grinta e la sua parlantina, lo aveva convinto a dargli una possibilità. Aveva iniziato come corriere, e presto era riuscito a dare un tetto alla madre e al fratello.

    Le suppliche di sua madre non erano servite a dissuaderlo, anzi Marcus l'aveva convinta che la sua attività era legale. A soli vent'anni aveva fatto carriera ed era già ricco. Tuttavia lei, da anima pia qual era, non aveva mai approvato. Era morta - forse di crepacuore - pregando per la salvezza dell'anima del suo figlio maggiore.

    Marcus non si era lasciato fermare dai sensi di colpa: aveva iscritto Carlo in una prestigiosa scuola privata per assicurargli l'educazione che lui non aveva mai ricevuto, e aveva continuato per la sua strada senza mai guardarsi indietro.

    Le donne si avvicendavano al suo fianco, tutte destinate a una breve permanenza nella sua vita. Non desiderava crearsi una famiglia, ma fu molto contento quando Carlo, appena laureato in legge, sposò la sua compagna di scuola, Cecilia, e ancora più contento di avere poi un nipote e una nipotina da viziare.

    Si era davvero innamorato solo una volta, di una donna bella e ricca. Erin, rampolla della società che contava. Lei era attratta dalla loro diversità, dall'aura di pericolo che lo circondava. Si divertiva a esibirlo al gruppo dei suoi conoscenti annoiati, ma non voleva avere contatti con Carlo né con gli amici di infanzia di Chicago. E poiché Marcus non amava andare a teatro, non leggeva libri impegnati e non si dedicava ai pettegolezzi, Erin semplicemente scoppiò a ridere quando lui le chiese di sposarlo. Il matrimonio non era nei suoi progetti a breve termine, gli spiegò. Voleva visitare il mondo e divertirsi, ma, quando infine avrebbe deciso di mettere su famiglia, lo avrebbe fatto con un uomo del suo stesso livello sociale.

    La fine definitiva della loro storia fu sancita qualche tempo dopo, durante una festa organizzata da Marcus in uno dei suoi alberghi di Miami in occasione del compleanno di Erin. Non vedendola nella sala, era andato a cercarla e l'aveva scoperta in una stanza, ubriaca e mezza nuda, in compagnia non di uno, ma di due famosi cantanti invitati al ricevimento. Erin non aveva nemmeno tentato di giustificarsi. Aveva affermato che le piaceva cambiare spesso compagnia, Marcus aveva replicato che era libera di fare ciò che voleva. Quindi era andato via e non era più tornato sui suoi passi.

    Per un lungo periodo aveva perso ogni interesse per le donne, sostituito da una nuova quanto inaspettata passione per il ricamo. Si era specializzato nel patchwork ed era diventato così bravo in quella disciplina da vincere competizioni internazionali. Così aveva conosciuto tante donne delle quali aveva apprezzato la compagnia, ma erano quasi tutte sposate.

    Quelle ancora libere rifiutavano di frequentare un uomo con la sua reputazione. Forse proprio in quei momenti aveva iniziato a prendere forma nella sua mente la decisione cui ultimamente era giunto: un cambiamento di vita totale, che però doveva restare ancora un segreto.

    Si era stancato di recitare la parte del cattivo. Era più che pronto a mutare la sua immagine pubblica, per quanto, ammise a se stesso, non sarebbe stato possibile ancora per un paio di mesi. Al momento, il suo problema era trovare il modo per convincere della propria disponibilità l'uomo che sarebbe diventato il suo contatto con l'assassino di Carlo, un uomo che al momento risiedeva in un albergo di Nassau. Il tizio aveva chiesto la sua collaborazione in alcune attività illegali, e Marcus gli aveva dato appuntamento al Casinò per quella sera, ma si stava facendo attendere. Troppo, per i suoi gusti.

    Riluttante, spense il sigaro. Era vietato fumare all'interno dell'albergo, ma non poteva lamentarsene.

    Era stato lui stesso a stabilire quella regola, in seguito a una visita dei nipoti. Il piccolo Julio aveva avuto un brutto attacco di tosse, dopo aver pranzato nel ristorante pieno di fumo dell'hotel. Asma, aveva diagnosticato il pediatra. E poiché era suo compito proteggere il bambino e la sua sorellina Cosima, aveva bandito sigari e sigarette dai suoi locali. Una decisione che lo aveva reso impopolare, ma a lui ovviamente non importava.

    Entrato in ufficio, vide Smith scuotere la testa, lo sguardo fisso sui monitor delle telecamere a circuito chiuso.

    L'uomo di mezza età, la testa calva luccicante e il fisico massiccio, alzò gli occhi verdi su di lui. «Capo, c'è qualcosa che dovrebbe vedere» esordì.

    Marcus si portò alle sue spalle. Uno degli schermi stava trasmettendo le immagini di una donna bionda e snella, trascinata in malo modo da un tizio grosso almeno il doppio di lei. La poveretta cercava di opporsi con tutte le sue forze, senza sortire alcun risultato. Poi il bruto sollevò la testa e Marcus lo riconobbe.

    «Vuole che me ne occupi io?» si offrì Smith, leggendogli nel pensiero.

    Il sangue che gli ribolliva nelle vene, Marcus raddrizzò le spalle. «No, ho bisogno di un po' di esercizio, più di te» affermò, quindi, con passo elegante, si diresse verso l'ascensore privato.

    Per quanto stesse lottando con tutte le sue forze, Delia Mason non riusciva a liberarsi dalla stretta dell'ubriaco. Ammetterlo era mortificante, perché era già da un anno che seguiva un corso di arti marziali; un corso che evidentemente non era stato di grande efficacia. Gli occhi verdi che mandavano fiamme, morse la mano dell'uomo che, dal canto suo, sembrò non accorgersi nemmeno dei denti che affondavano nella sua carne.

    E pensare che era stata molto restia ad accettare quell'appuntamento... Era nelle Bahamas in compagnia di sua sorella e di suo cognato per una vacanza, con lo scopo di riprendersi dopo la morte della madre. Avrebbe dovuto divertirsi, ma fino a quel momento il viaggio era stato una delusione. Specialmente in quel momento.

    «Mi piacciono le donne aggressive» sbuffò l'uomo, mentre si affaccendava con la gonna del vestito nero e corto che Delia indossava.

    «Io, invece, detesto gli uomini che non sanno accettare un no come risposta» replicò lei, sferrandogli l'ennesimo calcio.

    L'uomo scoppiò a ridere e la spinse con forza contro la parete.

    Delia iniziò a urlare con tutto il fiato che aveva in gola. La bocca dell'uomo era contorta in un ghigno osceno, il respiro affannoso. Non aveva mai avuto tanta paura in vita sua, né si era mai sentita così impotente. E pensare che aveva acconsentito a incontrare quell'individuo repellente solo per accontentare il suo ricco cognato, che aveva tanto insistito al riguardo. Anche sua sorella Barb aveva manifestato delle perplessità, ma Barney aveva ripetuto decine di volte che Fred Warner era un vero gentiluomo.

    Fred era un banchiere, una persona di tutto rispetto. Aveva delle faccende da sbrigare al Casinò, allora perché non unire lavoro e piacere, e farsi accompagnare da Delia? In verità, persino Fred non era sembrato entusiasta della proposta e, mentre aspettava al bar dell'albergo, aveva già ingoiato diversi drink. Quando lei lo aveva raggiunto, aveva borbottato qualcosa circa il fatto di essere costretto ad andare a letto con un serpente pur di concludere i suoi affari, qualcosa di cui lei non aveva colto il senso, ma che l'aveva spinta quasi a cancellare il loro appuntamento. Tuttavia, Barney era stato così insistente...

    Delia affondò di nuovo i denti nella mano grassoccia dell'uomo, ripagata dall'urlo di dolore che subito gli sfuggì dalle labbra. La reazione del bruto, però, fu immediata. Alzò l'altra mano e la schiaffeggiò.

    La violenza dell'aggressione la paralizzò, ma, proprio mentre era sul punto di rassegnarsi all'inevitabile, un'ombra si materializzò dal nulla. Un attimo dopo, Fred vacillò e cadde a terra.

    Un uomo alto e massiccio, vestito impeccabilmente, torreggiava su di lui.

    «E tu, che diavolo vuoi?» esclamò l'ubriaco, rimettendosi in piedi a fatica. «Ti ammazzo...!»

    «Accomodati pure» replicò una voce profonda con tono divertito.

    Approfittando della diversione, Delia scattò in avanti e colpì con la borsa la mascella di Fred.

    «Ouch!» protestò l'omone, massaggiandosi il viso.

    «Mi dispiace solo di non avere una mazza da baseball, brutto scimmione» sbottò lei, tesa.

    «Sarò felice di prestartene una, se vuoi» commentò Marcus, sorridendo.

    «Ma chi accidenti pensi di essere?» domandò Fred, rimettendosi in piedi a fatica. «Ora ti faccio vedere io...»

    Il pugno di Marcus lo colpì in pieno stomaco, impedendogli di concludere la sua minaccia e mandandolo di nuovo lungo disteso per terra.

    «Molto gentile da parte sua» affermò Delia, soddisfatta, con il suo accento tipico del Texas. «Grazie.»

    «Di nulla» replicò Marcus, affabile. «Scusa... ma che cosa ci facevi con questa brutta imitazione di Casanova?»

    «Mio cognato mi ha proposto di uscire con lui» spiegò Delia, l'espressione chiaramente disgustata. «Quando racconterò a Barb che cosa ha tentato di farmi, sono certa che butterà suo marito dalla finestra.»

    «Barb

    «Mia sorella maggiore, Barbara. Suo marito si chiama Barney Cortero, possiede molti alberghi.»

    Marcus inarcò impercettibilmente le sopracciglia e sorrise: il suo destino era appena cambiato.

    «Apprezzo molto quello che ha fatto per me, signore» riprese Delia, ricomponendosi. «Studio arti marziali, ma non sono riuscita a fermarlo. Gli ho morso la mano, però è servito solo a farlo arrabbiare. E così ha cominciato a prendermi a schiaffi.»

    Marcus annuì. «Dovere...» minimizzò. «E non chiamarmi signore, se non vuoi farmi sentire più vecchio di quello che sono» aggiunse, poi prese il cellulare dalla tasca e pigiò un solo tasto. «Smith? Vieni qui, per

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