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Di neve e passione (eLit): eLit
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Ebook232 pages4 hours

Di neve e passione (eLit): eLit

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About this ebook

Inizio XIX secolo - A causa di una bufera di neve che le impedisce di proseguire il suo viaggio, Rose Westerhill è costretta a chiedere ospitalità a Sir Lawrence Daunton, la cui compagnia risulta molto più piacevole e interessante di quanto si sarebbe aspettata. Tanto piacevole che lei decide di gettare al vento il buonsenso e di concedersi una notte di passione con il più famoso libertino del bel mondo. Al momento di separarsi, Rose è decisa a dimenticare quell'interludio d'amore e a ritornare alla propria vita. Ma mantenere l'impegno si rivela molto più difficile del previsto.
LanguageItaliano
Release dateNov 30, 2017
ISBN9788858979051
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    Di neve e passione (eLit) - Sarah Mallory

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Snowbound with the Notorious Rake

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2011 Sarah Mallory

    Traduzione di Maddalena Togliani

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-905-1

    1

    Il salotto di Knightscote Lodge era considerato da molti il luogo ideale per trascorrere una serata d’inverno e in parecchi avevano ammirato il soffitto a cassettoni e il rivestimento di pannelli di quercia. Di certo l’ambiente appariva caldo e accogliente grazie alla vivace fiamma che ardeva nel grande camino e al bagliore dorato delle candele. Tuttavia, in quel momento aveva un unico occupante, sprofondato in poltrona, i piedi protesi verso il focolare e lo sguardo cupo fisso nel fuoco, un calice mezzo pieno di vino stretto tra le lunghe e agili dita di una mano.

    Quella mattina aveva cominciato a nevicare presto e ora i fiocchi svolazzavano contro i vetri delle finestre, sospinti dal vento che fischiava. Sir Lawrence Daunton sollevò il capo quando una raffica molto violenta scosse i battenti. Pensò che, se la bufera fosse continuata ancora, nessuno avrebbe potuto percorrere il viottolo per giorni.

    «Bene» mormorò dopo aver vuotato il bicchiere.

    Era la vigilia di Natale. Quando si era trasferito qualche giorno prima nel suo casino di caccia di Exmoor, aveva in mente due cose. Innanzitutto, evitare nel modo più assoluto la compagnia durante le feste, poi prendersi una bella sbornia. Con quest’ultima, nobile intenzione, afferrò la bottiglia che stava sul tavolino a portata di mano. Era vuota, e stava per dirigersi verso gli alloggi della servitù per prenderne un’altra, quando udì bussare alla porta. Lawrence si fermò.

    «Chi diamine può essere?»

    Posò la bottiglia vuota e prese una lanterna. I passi rimbombavano sul pavimento di pietra mentre si avviava verso la porta. Gli ci volle un po’ per avere la meglio sulle serrature e i catenacci, ma alla fine spalancò la porta.

    Una folata di aria gelida lo lasciò senza fiato.

    E anche la vista che gli si offrì, sotto il tetto della veranda: una giovane avvolta in un mantello di velluto. Il pallore del volto faceva risaltare il naso dritto, la bocca grande e due occhi grigio-azzurri bordati da ciglia scure.

    Lawrence batté le palpebre per capire se quella visione sarebbe scomparsa, ma la donna si infilò veloce nell’ingresso e proruppe: «Non vorrete lasciarmi sotto la neve! Per favore, dite alla padrona di casa che Mrs. Westerhill vorrebbe vederla. Immediatamente». Aggiunse l’ultima parola in modo brusco, perché Lawrence continuava a fissarla imbambolato. Poi proseguì: «Il mio domestico è fuori con i cavalli. Prima che chiudiate la porta, potreste accompagnarlo alle stalle?».

    Lawrence era incredulo. Una raffica di vento fece cadere un po’ di neve sul pavimento della sala. «Sì, certo, perdonatemi.» Uscì in fretta, chiudendosi la porta alle spalle, e corse verso il povero domestico che attendeva con le redini dei due cavalli in mano. Gli impartì le istruzioni e si affrettò a rientrare in casa. L’ingresso era vuoto, ma la traccia di orme bagnate lo condusse al salotto, dove trovò la dama che si scaldava le mani davanti al fuoco. Si era tolta il mantello, rivelando un abito senza alcun ornamento eccetto un piccolo bordo di pizzo intorno al collo e ai polsi. L’austerità del vestito era mitigata dai folti capelli color miele, che le cadevano in morbidi boccoli sulle spalle.

    «Ebbene? Avete annunciato a Mrs. Anstey che sono arrivata?»

    «A dire il vero, no.»

    Lei si raddrizzò e lo fissò con uno sguardo accigliato. «Siamo a Knightshill Hall?»

    «Temo di no» rispose lui. «Siamo a Knightscote Lodge. Knightshill si trova sulla strada di Stoke, però.»

    «Oh, cielo! Allora questa non è la dimora di Mrs. Anstey.»

    «No. Non avrete visto la svolta.»

    Lawrence la osservò mentre si mordeva il labbro inferiore, rosso come una ciliegia matura, con i piccoli denti bianchi. La donna squadrò la stanza e, per la prima volta, sembrò rendersi conto del disordine.

    «C’è una padrona in questa casa?»

    «Per il momento, no.»

    «Allora, potreste informare il vostro padrone che...» Lei si interruppe quando notò l’espressione divertita di lui. «Oh, mio Dio!» La giovane si portò le mani sulla bocca e lo fissò con orrore. «Vi prego, non ditemi che siete voi

    «Allora non ve lo dirò» acconsentì subito lui.

    La donna aveva uno sguardo divertito, ma ribatté severa: «Per favore, non siate ridicolo. Se siete il padrone di casa, come vi chiamate?».

    «Non lo sapete?»

    Lei scosse la testa. «Devo sembrarvi terribilmente ignorante, signore, ma non mi allontano spesso da casa.»

    «Sono Daunton» si presentò lui mentre la osservava da vicino. «Lawrence Daunton.»

    Il buonumore scomparve di colpo e lei fece un passo indietro. «Daunton il libertino

    Lui sorrise e rispose con una certa soddisfazione: «Dunque mi conoscete?».

    «Conosco la vostra reputazione» puntualizzò lei. «Il fatto che io non esca spesso non significa che sia del tutto all’oscuro di ciò che accade nel mondo. Ho una zia, in città, che mi scrive con regolarità e le pagine sulla società dei giornali londinesi sono per lei una fonte inesauribile di svago. A quanto sostiene, il vostro nome compare sempre!»

    «Solo pettegolezzi e insinuazioni, ve lo posso assicurare.»

    «Oh, cielo!» Lei portò le mani alle guance. «Ma è terribile!»

    Lawrence incrociò le braccia. «Più terribile di cinque minuti fa? Pensavo che ci capissimo a meraviglia.»

    Lei ebbe un bagliore negli occhi. «Non solo mi trovo bloccata lontano da casa, ma il mio ospite è uno dei più famosi libertini di tutto il paese.»

    Lawrence allargò le mani. «Non mi accuserete di aver pianificato tutto questo!» Poi, con un pizzico di malizia, aggiunse: «Non sono ancora stato costretto a utilizzare una tattica così spregevole con una donna».

    Lei non parve credergli e cominciò a preoccuparsi sul serio. «Ci sono altre donne, qui?» si informò.

    «Nemmeno una.»

    «Oh, mio Dio!» Rose prese i guanti che aveva appoggiato sulla mensola del camino. «Allora devo andarmene subito.»

    «E dove?»

    «A Knightshill Hall. Venire qui è stato un terribile errore. La neve deve aver coperto l’indicazione sulla strada e devo aver letto solo le prime lettere. Ne sono sicura.» Drizzò le spalle, sollevò il capo e annunciò in modo formale: «Me ne vado subito; vi chiedo scusa per il disturbo».

    Si diresse verso la porta, ma Lawrence non mosse un dito per aprirgliela.

    «Non posso certo lasciarvi andare.» La giovane sbarrò gli occhi, allarmata, e lui aggiunse: «Non potete attraversare la brughiera con questa neve ed è troppo lontano per arrivarci seguendo la strada; bisogna tornare indietro fino all’incrocio e ci vogliono diversi chilometri da lì per arrivare a Knightshill Hall».

    «Ah, capisco. Allora ci sarà un’altra famiglia che mi possa ospitare, nei paraggi.»

    Lo fissò speranzosa e per un attimo Lawrence si sentì quasi dispiaciuto di doverla deludere. Quasi.

    «Temo di no. Questo è un rifugio di caccia, come vedete, pensato per essere lontano da tutte le altre case. Siamo praticamente isolati.»

    Lei reagì bene, anche se la costernazione le velava gli occhi, avvolti da un’ombra grigia come l’ardesia. «Bene» commentò infine, «devo cercare di tornare a casa. Se sarete così gentile da indicarmi le stalle, parlerò con il mio domestico.»

    Lawrence scosse il capo. «Probabilmente avrà appena finito di sistemare i cavalli.»

    «Vorrà dire che sarà costretto a tirarli fuori un’altra volta» replicò lei. «Non c’è alternativa. Dobbiamo rimetterci in strada appena possibile.»

    Lawrence si avvicinò alla finestra. «Certo, ma dubito che potrete farlo stanotte.» Le porse la mano per invitarla a raggiungerlo. «Date un’occhiata.»

    Lei si avvicinò per guardare fuori. Stava ancora nevicando forte e il vento faceva turbinare i fiocchi. «Forse potremmo farcela, almeno fino a Exford...» ipotizzò.

    «È fuori discussione.» Lawrence chiuse le tende. «Non c’è una casa nel raggio di chilometri e sarebbe una pazzia provarci con questa bufera.»

    «E cosa dovrei fare?»

    Per la prima volta, Lawrence notò un accenno di incertezza velare la voce della giovane. Le mise la mano sotto il gomito e l’accompagnò di nuovo davanti al fuoco, quindi la fece sedere su una poltrona con gentilezza. «Vado a prendere una bottiglia e berrete un bicchiere di vino con me.»

    Non appena si trovò da sola, Rose scattò di nuovo in piedi. Tornò alla finestra e guardò dietro le tende. Forse non si era sbagliata; forse il tempo non era così tremendo.

    Invece stava peggiorando. La neve cadeva sempre più copiosa, sparsa dal vento che soffiava e fischiava intorno alla vecchia casa. Con fare nervoso, prese il mantello e lo adagiò aperto su una sedia per asciugarlo, poi tornò a sedersi vicino al fuoco a meditare sulla situazione. Era sola in quella casa con un dissoluto. Non proprio sola, si corresse. C’era Evans, il suo domestico, anche se non aveva idea di dove si trovasse. Forse era stato aggredito da Sir Lawrence. Povero Evans, forse in quel momento languiva in una cantina! Rose scacciò subito quei pensieri, rimproverandosi per la propria immaginazione sfrenata. Per il momento Sir Lawrence si era comportato da perfetto gentiluomo. Certo, era vestito in modo informale, ma bisognava ammettere che non aspettava visite. Una violenta raffica di vento che sbatté contro la finestra e sibilò lungo il camino le ricordò che fuori infuriava la tempesta. Arrivando, non aveva fatto molto caso all’edificio, lieta di vedere una luce alla finestra. Assomigliava a un vecchio maniero, come tanti altri nella zona, con una struttura irregolare e il tetto spiovente. Dentro, l’arredamento seguiva più i dettami della comodità che della moda: mobili scuri e rivestimenti di legno con cuscini variopinti, tappezzerie e molti oggetti brillanti di ottone e rame. Si guardò intorno. La stanza era abbastanza pulita, ma c’era un’aria di trasandatezza, come se non vi fosse nessuno che mettesse in ordine, oltre il padrone di casa.

    Il padrone di casa.

    Rose si ritrovò a pensare a quell’individuo inquietante. Non c’era da sorprendersi che lo avesse scambiato per un domestico, con gli stivali e i pantaloni da cavallerizzo, il panciotto sbottonato e la camicia aperta sul collo che mostrava in modo indecente il petto cosparso di peluria nera. E, in più, quell’ombra scura sulla mascella, segno che non si era rasato. Nel momento in cui le aveva aperto la porta aveva avuto l’impressione che fosse un gigante, con i capelli neri che sfioravano lo stipite e quelle spalle larghe che occupavano tutto il vano dell’ingresso. Quando si erano trovati in piedi nello stretto vestibolo, lo aveva considerato piuttosto imponente. Ecco perché si era rifugiata in salotto, cercando di mettere la maggior distanza possibile tra loro. Naturalmente, adesso che sapeva di chi si trattava, si rendeva conto di aver avuto ragione a sentirsi nervosa.

    Ebbe un sussulto quando la porta si aprì e il suo ospite entrò con una bottiglia in mano. Si diresse alla credenza e si accinse a riempire due bicchieri. Aveva la mano abbastanza ferma, ma lei temette che fosse ubriaco, il che avrebbe spiegato quel luccichio negli occhi azzurri. Ma era qualcosa di più, uno scintillio che la invitava a condividere il divertimento. Trovava che fosse un uomo pericoloso e nel contempo attraente, un abbinamento preoccupante. Doveva mantenere il controllo e non bere più di un bicchiere di vino in sua compagnia. «Dov’è il mio domestico?» si informò mentre accettava il bicchiere che lui le porgeva.

    «In cucina» rispose Lawrence. «Gli ho detto di servirsi» aggiunse poi, un sorriso pigro sulle labbra. «E se si occuperà di mantenere vivo il fuoco, sarà un’incombenza in meno per me.»

    «Non avete domestici, qui?»

    «Non al momento. Li ho mandati via a passare il Natale con le loro famiglie.»

    «Perché?»

    Sir Daunton scosse il capo e si lasciò andare su una poltrona all’altro lato del camino. «Ho risposto già a fin troppe domande» affermò. «A questo punto, forse dovreste essere voi a soddisfare la mia curiosità. Ditemi, che cosa ci facevate là fuori con questo tempo da lupi?»

    Temeva che, parlando, si sarebbe resa vulnerabile. Per guadagnare tempo, Rose bevve un sorso di vino. Era delizioso, fruttato e tranquillizzante. «Ero andata a portare dei fiori a mio marito» spiegò alla fine. «Sono vedova. Mio marito è morto esattamente quattro anni fa e da allora vengo in visita a Exford due volte l’anno: per il suo compleanno e ogni vigilia di Natale, per mettere i fiori sulla tomba.»

    «Ma non abitate lì?»

    «No, vivo a Mersecombe.»

    «Mersecombe!» esclamò lui, stupito. «Ma saranno più di quindici miglia.»

    «Non più di dieci. E poi non nevicava quando sono uscita.»

    «E, com’è ovvio, uno si aspetta un sole splendente a dicembre.»

    «Ho fatto questo tragitto senza alcun problema, negli ultimi tre anni.»

    «Solo una pazza scatenata si metterebbe in viaggio in questo periodo dell’anno.»

    «Allora devo considerarmi tale» osservò Rose raddrizzandosi sulla poltrona.

    Per un attimo Lawrence la fissò e lei si irrigidì, aspettandosi un’altra replica pungente. Invece lui mormorò piano: «Vi chiedo scusa. Trovo ammirevole la vostra devozione, che vi induce a spingersi fino a Exford nel cuore dell’inverno».

    Rose fece un gesto vago con la mano per schermirsi. Non era per amore che quella mattina si era allontanata da Mersecombe. Si sentì un po’ in colpa perché pensava di rado al marito in quei giorni, in preda a un’agitazione che stava diventando sempre più insopportabile. Andare a Exford accompagnata solo dal domestico la liberava momentaneamente da obblighi e responsabilità. Non che le pesassero, erano frutto dell’amore, ma quando era uscita di casa quella mattina aveva avvertito il desiderio di un soffio di libertà.

    Nel notare quel gesto, Lawrence sorrise. «Lasciate che mi complimenti per la vostra determinazione, almeno.»

    «Grazie, ma non mi trae d’impaccio. È del tutto sconveniente che io mi trovi qui da sola con voi.»

    «Molte donne vi invidierebbero.»

    «E io sarei lieta di fare cambio con loro!»

    La sua franchezza lo fece ridere.

    «Touché, Mrs... A proposito, come vi chiamate?»

    Lei scosse la testa. «Non penso di dovervelo dire. Non mi sembra il caso di fare conoscenza.»

    «Accidenti, in qualche modo dovrò pure chiamarvi! Be’, vorrà dire che chiederò al vostro domestico.»

    Rose immaginò una corsa indecente verso la cucina per ordinare a Evans di non rivelargli il suo nome, ma sarebbe stata una sciocchezza. «Mi chiamo... Rose Westerhill.»

    «Molto bene, Mrs. Westerhill, permettetemi di assicurarvi che non ho alcuna velleità di attentare alla vostra virtù. Sono venuto qui per starmene alla larga del mondo.»

    «Perché?»

    «Non sono affari che vi riguardano.»

    Lawrence parve irritato e a Rose andava benissimo così. Quel libertino non avrebbe tentato approcci se lei fosse stata antipatica con lui. Gli rispose con molta amabilità: «No, per mia fortuna. Dunque, non ci sono speranze di andare da nessuna parte, almeno fino a domani mattina». Lo guardò di traverso a mo’ di sfida. «C’è una stanza libera o dovrò restare seduta qui tutta la notte?»

    «Oh, ne ho quante volete, però non sono pronte.»

    «Se è solo questo, sono capacissima di farmelo da sola, il letto.»

    «Sì, ma il problema sono le coperte.»

    Lei accennò un sorriso. «Se mi indicate l’alloggio della governante, farò in modo di trovarle.»

    «Molto bene.» Lawrence finì il bicchiere di vino e scattò in piedi. «Vogliamo andare a cercarle?»

    Rose si mise una mano sullo stomaco che brontolava. «Preferirei mangiare qualcosa, prima.»

    Lui annuì. «Allora vi accompagno in cucina.»

    Lei seguì il suo anfitrione attraverso il corridoio scuro e freddo che portava alla cucina, nella quale trovarono Evans seduto accanto alla griglia. Al loro ingresso, l’uomo si tolse il berretto e si alzò.

    «Vedo che avete alimentato il fuoco, bravo.» Lawrence fece un cenno di approvazione. «Avete trovato tutto ciò di cui avevate bisogno nelle stalle?»

    «Sì, signore. Andrò a ricontrollare i cavalli prima di coricarmi, anche se ho visto che stanno benone» replicò Evans.

    «Avrai bisogno di un posto dove dormire» intervenne Rose, mentre lanciava uno sguardo indagatore a Sir Daunton.

    «C’è molto spazio sopra le stalle, ma lo sguattero ha un letto nella stanzetta qua accanto, dietro al fuoco. La preferirete di sicuro.» Lawrence fece una pausa mentre un’altra raffica ghiacciata colpì la finestra. «Sarà più caldo.»

    «Sì, ho già visto il letto.» Evans annuì. «Mi sistemerò lì, se non avete obiezioni.»

    «Non dimenticare di toglierti gli stivali, prima di metterti sotto le coperte» lo ammonì Rose, guadagnandosi uno sguardo afflitto.

    «Ho vissuto nella casa di un gentiluomo abbastanza a lungo per sapere come comportarmi» ribatté il domestico.

    Lawrence attraversò la stanza e sollevò il coperchio di un pentolino che stava sul fuoco. Un profumino appetitoso si diffuse nell’ambiente. «Immaginavo fosse la vostra cena, signore» commentò Evans, «perciò ho alzato il

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