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Il sapore della vendetta (eLit): eLit
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Il sapore della vendetta (eLit): eLit

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About this ebook

Bobby Tatro è tornato. Lui mantiene sempre le promesse. L’agente federale Juliet Longstreet sapeva che sarebbe successo, perché Tatro glielo aveva sussurrato con il suo respiro affannoso mentre lei gli metteva le manette. Ora però quel pericoloso individuo è al centro di un intrigo internazionale che collega Washington, New York e la Colombia. Il maggiore Ethan Brooker, sulle tracce di Tatro, lo vuole di nuovo dietro le sbarre, prima che trovi Juliet. Il vento sta tornando a soffiare, Ethan sa che la tempesta è in arrivo. Basta una notte di passione per far riemergere sensazioni ed emozioni sopite da tempo. Ethan ha però i giorni contati per risolvere la missione e poi sparire senza lasciare traccia come sempre. Ma questa volta sarà diverso, perché il cuore lascia sempre una scia.
LanguageItaliano
Release dateNov 30, 2017
ISBN9788858979167
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    Il sapore della vendetta (eLit) - Carla Neggers

    successivo.

    1

    Il lago odorava ancora d'estate. Juliet Longstreet, con i jeans arrotolati a metà polpaccio, era nell'acqua fino alle caviglie. Era sorpresa dal suo tepore, anche se non avrebbe dovuto esserlo. Da ragazzi, lei e i suoi fratelli avevano fatto il bagno nel piccolo lago fino a ottobre inoltrato. Non che l'acqua fosse tiepida, allora. Ma verso la fine di settembre, nei primi giorni d'autunno, tutto era possibile.

    Affondò le dita nel soffice fondo fangoso, guardando, oltre la superficie increspata dell'acqua, la riva opposta, annidata fra le colline del Vermont centro orientale. Le foglie stavano cominciando a cambiare colore. Vedeva screziature di rosso, chiazze di giallo. Respirò l'aria pulita e all'improvviso si rammaricò di dover tornare a New York di lì a poche ore. Aveva già smontato la tenda e arrotolato il sacco a pelo.

    Il suo lavoro, se non la sua vita, era a New York.

    Ma Juliet non era certa che la sua vita fosse neppure là, nel Vermont. Guardò, alle proprie spalle, la piccola radura dove aveva piantato la tenda, il gruppo di massi di granito fra le betulle, gli alti pini con i rami bassi morti, l'enorme, vecchissimo acero sul margine del sentiero che portava alla strada sterrata che circondava metà del lago. Avrebbe potuto dormire dai suoi genitori, nella casa sulla collina, nella sua vecchia camera cha guardava sul granaio, o farsi ospitare da uno qualunque dei suoi fratelli che vivevano nella zona, ma amava la quiete e la solitudine dei suoi cinque acri sul lago.

    Una famiglia del Massachussets e una coppia del New Jersey possedevano seconde case sul lago. Niente di lussuoso, solo normali case di campagna. Il resto del terreno era di proprietà di una riserva naturale privata senza scopo di lucro. La sola costruzione sul terreno della riserva era un granaio abbandonato che risaliva ai primi anni del diciannovesimo secolo, tutto ciò che restava di un'antica fattoria.

    Con il lievitare dei prezzi del terreno, Juliet avrebbe potuto vendere il suo appezzamento sul lago con un notevole profitto. Ma data la sua vita itinerante come agente degli U.S. Marshal, le piaceva l'idea di possedere un pezzo di terra tutto suo. Le dava un senso di permanenza. E le sue radici, quanto meno, erano nel Vermont.

    Spaceshot, il labrador nero di famiglia, trotterellò giù per il sentiero e la raggiunse in riva al lago, ma non si avvicinò troppo all'acqua.

    «Ti consiglio una nuotata... L'esercizio ti farebbe bene» gli disse Juliet. Sapeva che il cane non avrebbe avuto l'energia sufficiente per scendere al lago da solo. «Chi è venuto con te?»

    Sua nipote Wendy seguì il cane giù per il sentiero, passando sopra il rettangolo d'erba schiacciata dov'era stata la tenda di Juliet. A diciassette anni, Wendy era la più grande dei nipoti. Era piccola e snella, con i capelli e gli occhi scuri come la madre, che aveva piantato il fratello maggiore di Juliet quindici anni prima.

    Susie Longstreet aveva provveduto in casa all'istruzione dell'unica figlia, senza mai mandarla a scuola. Wendy si era diplomata con un anno d'anticipo rispetto ai suoi coetanei, ma aveva deciso di non andare subito al college. Poi, nel corso dell'estate, Susie aveva annunciato che aveva intenzione di affittare la casa e partire il primo di settembre per andare a studiare yoga nelle Nuova Scozia per sei mesi.

    Quella decisione aveva lasciato a Wendy poche opzioni, eccetto quella di andare a vivere con i nonni Longstreet e lavorare nell'impresa di progettazione e realizzazione di esterni della famiglia. Sembrava contenta della sua scelta. Lavorava sodo, ma era timida, e si considerava una specie di mutante perché non era alta e d'ossatura massiccia, e neppure bionda e con gli occhi azzurri come tutti i Longstreet, dai nonni a suo padre, ai quattro zii, alla zia.

    C'erano giorni in cui Juliet avrebbe volentieri scambiato i propri capelli con quelli di Wendy, lunghi, fini e lisci. I suoi erano ricci, corti e pieni di rosette. Non era mai riuscita a trovare una pettinatura accettabile.

    «La nonna mi manda a dirti che la cena sarà in tavola fra dieci minuti» annunciò Wendy.

    «Grazie. Chi ci sarà?»

    «La nonna, il nonno, lo zio Sam e la zia Elizabeth.» Wendy fissò l'acqua. «Papà.»

    Per i Longstreet, una riunione ristretta.

    «Va bene. Dovrei muovermi, in ogni caso.»

    «Credi che potrei venire a trovarti a New York, una volta o l'altra?»

    «Sicuro. Hai in mente qualcosa di speciale che ti piacerebbe fare?»

    «Tutto. Non ci sono più stata da quando mi ci ha portato la mamma, a dieci anni. Mi piacerebbe andare a teatro e vedere Central Park e la Fifth Avenue... e visitare i musei. La mamma e io eravamo andate al Met, ma non lo abbiamo visto tutto.»

    «Casa mia è a pochi isolati dal Museo di Storia Naturale, ma ci resterò solo per un altro mese, più o meno. La mia amica Freda sta per tornare da Los Angeles, e allora dovrò restituirle l'appartamento.»

    «Forse potrei venire prima che tu traslochi.»

    «Sarebbe bello.»

    Wendy parve soddisfatta. Dei sette nipoti di Juliet, fra maschi e femmine, Wendy era la più difficile con cui dialogare. Non erano solo il divorzio, gli studi in casa, la tensione fra sua madre e il clan Longstreet... era il suo carattere. Era riservata, cerebrale, difensiva e molto sensibile.

    «Non somiglia a voi testoni Longstreet» diceva Susie.

    E aveva ragione. Wendy aveva una personalità tutta sua. Per esempio, la sera prima, a cena, aveva informato suo padre, la zia e i nonni che sarebbe diventata vegetariana integrale. Era già vegetariana da due anni, ma adesso intendeva andare oltre, eliminando tutti gli alimenti di origine animale, compresi il latte e le uova.

    Joshua se n'era andato da tavola, dicendo alla figlia che se non si svegliava sarebbe diventata magra come uno stecco e il vento se la sarebbe portata via.

    Il mattino dopo i nonni le avevano preparato un'omelette al formaggio, come se non avesse mai detto una parola circa le sue intenzioni. Offesa, Wendy si era chiusa in camera sua. Quando Juliet era tornata al lago, aveva notato la nipote sul sedile sotto la finestra, intenta a scrivere rapidamente su un blocco per appunti. Susie diceva che Wendy voleva diventare medico. Juliet non ne era così sicura.

    «Vieni, Spaceshot» disse Wendy allegramente, battendo le mani all'indirizzo del cane. «Torniamo a casa. Su, corriamo!»

    L'animale non le diede ascolto e riprese il suo deciso, ma pacato trotterellare. Tuttavia, per lo meno Wendy rideva e, per la prima volta da quando era arrivata nel Vermont tre giorni prima, Juliet pensò che la nipote sarebbe stata bene per i prossimi sei mesi, mentre la madre era in Nuova Scozia. Quanto meno aveva avuto il buonsenso di non tentare di vivere con suo padre in città.

    Come agente della polizia di stato del Vermont, Joshua non aveva orari regolari, e non era un uomo facile, anche nelle giornate migliori. Era il più anziano dei sei fratelli Longstreet, mentre Juliet era la più giovane, e la sola femmina. Nessuno dei suoi fratelli era mai riuscito a mettere in difficoltà Juliet, ma Wendy non aveva la testa dura quanto la zia... o gli altri Longstreet.

    Juliet srotolò i pantaloni e infilò i sandali, poi raggiunse Wendy e Spaceshot sul sentiero. Attraversarono la strada sterrata e imboccarono il largo viottolo erboso che le riportò nella terra dei Longstreet.

    Alla loro sinistra, una ripida strada sterrata portava alla piccola baita sul fianco della collina che la sua famiglia usava per gli ospiti, per gli operai temporanei o per le avventure dei bambini. Juliet, Wendy e Spaceshot rimasero sul viottolo, che girava attorno alle falde della collina, passando attraverso un muretto di pietra tra i campi. Giunsero a un bivio: un ramo conduceva al frutteto, l'altro alla casa. Presero il secondo, tra fiori selvatici e alberelli di pino non più alti di trenta centimetri.

    «Perché porti sempre la pistola?» chiese Wendy all'improvviso.

    Juliet non si aspettava quella domanda.

    «Sono un agente federale...»

    «Ma non qui. Lavori a New York.»

    «È là che sono dislocata, ma federale significa che sono un marshal qui, nel Vermont, tanto quanto a New York.»

    «Be', direi che potresti toglierti la pistola per un pranzo domenicale con la tua famiglia.»

    Wendy non aveva torto, ma Juliet non rispose. Sua nipote era abituata ad avere poliziotti in famiglia. Non solo lei era un marshal e Joshua un agente della polizia di stato, ma un altro zio era nella polizia locale, e il nonno era un ex agente rimasto invalido dopo una sparatoria che l'aveva lasciato con una gamba un po' più corta dell'altra. Era quasi morto dissanguato, quella notte. Juliet era adolescente quando gli agenti si erano presentati alla porta. Wendy era troppo piccola, i suoi genitori stavano per divorziare... non poteva ricordarlo.

    Juliet non aveva alcuna intenzione di togliersi la pistola, per una ragione principale che superava tutte le altre.

    Bobby Tatro era libero.

    Era stato rilasciato da una prigione federale alla fine di agosto, dopo avere scontato una condanna a quattro anni per un reato non violento, ma non era un uomo non violento. Tutt'altro. Juliet l'aveva sorpreso e arrestato nel posteggio di un centro commerciale a Syracuse, dov'era di stanza all'epoca, prima di essere trasferita a New York quasi due anni prima.

    Mentre lo ammanettava, Tatro aveva giurato di fargliela pagare, non appena fosse uscito.

    «Il tuo bel culetto biondo è mio, agente. Puoi contarci.»

    Non era la prima minaccia di morte che Juliet riceveva, e non sarebbe stata l'ultima, ma era la più concreta, poiché veniva da Bobby Tatro. L'accusa di porto d'armi abusivo era solo la punta dell'iceberg dei suoi crimini. Tutti lo sapevano, ma la procura aveva bisogno di maggiori prove per incriminarlo.

    Nelle tre settimane da quando era stato rilasciato, Juliet non lo aveva né visto, né sentito, ma stava ugualmente in guardia.

    Se fosse stato furbo, Tatro avrebbe riconosciuto che aveva pagato il proprio debito e adesso era un uomo libero. Avrebbe ripreso la sua vita, lasciandosi il passato alle spalle. Si sarebbe trovato un lavoro, avrebbe messo da parte un po' di soldi, e sarebbe stato contento di non essere stato incriminato per alcuni dei reati violenti di cui pubblici accusatori e investigatori lo sospettavano.

    Questo, comunque, non era ciò che Juliet, né nessun altro, credeva che avrebbe fatto.

    Mentre lei e Wendy si avvicinavano alla casa, Spaceshot drizzò le orecchie, precedendole attraverso un varco in un alto muro di pietra e verso il piccolo granaio, dove ciuffi di altea rosata, dalie del diametro di un piatto, e viluppi di campanule blu crescevano addossati alle assi grezze. Il granaio e la grande casa bianca erano antecedenti alla guerra civile, ma le tre serre e il capanno degli attrezzi erano stati aggiunti quando la Longstreet Landscaping aveva allargato la sua attività.

    I genitori di Juliet e tre suoi fratelli - Jeffrey, Sam e Will jr. - lavoravano nella ditta di famiglia. Joshua e Paul erano nella polizia. Anche Juliet era un agente di polizia, ma tutti loro conservavano l'ostinata speranza che presto avrebbe mollato e sarebbe tornata a casa. Non che non credessero in lei. Il fatto era che si preoccupavano.

    Wendy si fermò vicino all'orto ben curato, dove grossi pomodori maturi e piante di fagioli penzolavano dai sostegni, e alzò la testa per guardare la zia.

    «Dovremo seppellire Teddy, una volta o l'altra.»

    Colta di sorpresa, Juliet si limitò ad annuire. Teddy era il golden retriver di Wendy, che era morto a sedici anni la settimana prima che sua madre partisse per la Nuova Scozia. Wendy teneva le sue ceneri in una scatola di latta in camera sua.

    «Sicuro. Se vuoi farlo prima che parta per New York...»

    «No!» La ragazza sembrava quasi in preda al panico. Poi si calmò. «No, non sono pronta. Non posso farlo oggi. Ma credo che dovremmo farlo prima che il terreno geli. Avevo pensato di spargere le ceneri nel lago. Teddy adorava l'acqua.»

    «Sicuro. Non ho mai visto un cane amare l'acqua quanto lui.»

    Quel commento strappò l'ombra di un sorriso a Wendy.

    «Ricordi quando saltò nel lago per seguire il nostro kayak? Non voleva mollare. Credevo che sarebbe annegato.»

    «Era un bravissimo cane, Wendy.»

    «Papà dice che sedici anni è una bella età per un golden retriver, ma...» Gli occhi di Wendy si fecero lucidi. «Avrei voluto che vivesse per sempre.»

    Juliet le passò un braccio attorno alle spalle fragili. Con il suo metro e settanta abbondante, era quasi quindici centimetri più alta di lei. Non voleva neppure pensare alla differenza di peso.

    «In qualunque momento ti sentirai pronta, qualunque cosa tu decida di fare delle ceneri, io ci sarò.»

    «Papà voleva quasi lasciarle al veterinario perché se ne liberasse. Ha detto che mi avrebbe turbato troppo avere le ceneri di Teddy. Ma mi avrebbe turbato molto di più non averle.»

    «Immagino che le sue intenzioni fossero buone.»

    «Sai che cosa dice la nonna...»

    «Sì, lo so. La via dell'inferno è pavimentata di buone intenzioni.» Juliet sorrise. «Abbiamo sentito tutti quella lezione.»

    Si incamminarono sul sentiero lastricato che conduceva al portico laterale. Quando entrarono nella cucina rustica, il pranzo domenicale era già sul lungo, vecchio tavolo di pino. Pollo arrosto, biscotti al latte e burro, salsa... ma anche ratatouille di verdura, insalata, e per Wendy, una piccola ciotola di fagioli misti.

    La ragazza si sporse verso la zia e sussurrò: «Non parlare della mia intenzione di venirti a trovare a New York, okay?».

    Juliet annuì.

    Joshua si sedette vicino alla figlia. Quarantenne, era il più alto dei fratelli Longstreet, e anche quello che aveva la testa più dura. Non approvava l'istruzione domestica, la dieta vegetariana, l'anno sabbatico di Wendy, i sei mesi della sua ex moglie in Nuova Scozia... niente di tutto questo. E non ne faceva mistero.

    Sam, minore di lui di due anni, si occupava delle attrezzature della ditta di famiglia e ne curava il buon funzionamento. Lui e sua moglie Elizabeth, infermiera, avevano tre figli, due maschi e una femmina, rispettivamente di tredici, dieci e sei anni. Tutti frequentavano la scuola pubblica.

    Il padre di Juliet, Will Sr., con i capelli quasi tutti bianchi a sessantacinque anni, si sedette a capotavola. Sorrise a Wendy e le chiese della sua passeggiata fino al lago.

    «Le foglie stanno cominciando a cambiare colore» borbottò lei, ma parve che non trovasse nient'altro da dire.

    La nonna le mise una piccola caraffa di tè verde bollente davanti al piatto.

    «Ho letto che il tè è la bevanda più salutare che ci sia. Dovremmo tutti berne di più.»

    Wendy le sorrise, palesemente compiaciuta di quel piccolo segno d'approvazione. Anne Longstreet aveva passato da poco la sessantina, ma dimostrava meno della sua età. Era una donna bionda, robusta, che il lavoro e le preoccupazioni sembravano aver reso più forte, anziché logorarla.

    Juliet vide un muscolo guizzare sulla guancia di suo fratello. Joshua non voleva che sua madre, né nessun altro, incoraggiasse Wendy nelle sue strane abitudini alimentari. Ma tenne la bocca chiusa, e questo era già qualcosa. Amava sua figlia. Nessuno, Juliet compresa, ne dubitava. Solo, non aveva avuto molta voce in capitolo sul modo in cui era stata allevata, e adesso gli sembrava quasi una sconosciuta.

    Inoltre odiava il tè, specialmente quello verde.

    Quando Wendy si riempì il piatto di ratatouille, Joshua si rilassò un po'. Juliet lo capiva. Tutti erano preoccupati che fra la partenza della madre e la morte del cane Wendy cominciasse a rifiutare il cibo. Era dura con se stessa per natura. E l'anoressia non era un rischio da sottovalutare.

    La conversazione si spostò sui lavori autunnali e sul raccolto delle mele e delle zucche. Wendy si animò, spiegando la sua idea di esporre le zucche davanti alla casa per venderle. Juliet non contribuì alla conversazione, ma ascoltò con piacere, immaginando come sarebbe stato rimanere... tornare.

    Quando si preparò per partire, considerò l'idea di prendere da parte Joshua e parlargli di Bobby Tatro, ma decise di non farlo. Tatro era un problema suo. E non sarebbe andato a cercarla nel Vermont. Con un po' di fortuna, non l'avrebbe cercata affatto. Erano passate tre settimane. Era un buon segno.

    Ma finì che fu Joshua a prendere da parte lei.

    «Tutto okay, Juliet?»

    «Sì, tutto bene.»

    «Hai avuto un'aria preoccupata per tutto il finesettimana. Quella storia del mese scorso, con quell'assassino...»

    «È tutto finito» affermò lei. «Non sono mai stata coinvolta più di tanto.» Alla luce del rilascio di Tatro, aveva quasi dimenticato il suo incontro, in agosto, con un criminale internazionale.

    Ethan Brooker era comparso a casa sua a New York e l'aveva coinvolta, o meglio, trascinata, nella sua caccia a quello che era risultato essere un killer con una lunga lista di bersagli. Lo stesso Ethan per poco non era stato ucciso. Non era la prima volta. Era un ufficiale dei Corpi Speciali, caratterizzato da una capacità unica di attirare i guai, almeno ultimamente.

    «Brooker?» chiese Joshua, come se le leggesse nel pensiero. «Che ne è stato di lui?»

    «Ha preso il volo, una volta che le acque si sono calmate.»

    «È quello che ha fatto anche in maggio.»

    Juliet tentò di sorridere.

    «No, in maggio ha preso il volo prima che le acque si calmassero. È stato fortunato a non venire arrestato.»

    Alla fine, Brooker era tornato, e aveva detto all'FBI, ai marshal e al Servizio segreto ciò che sapeva sul folle piano per estorcere un perdono presidenziale, che aveva contribuito a smascherare... anche se non sempre seguendo le regole. E Brooker non era mai stato molto interessato a quel piano. Tutto ciò che gli interessava era scoprire chi aveva ucciso sua moglie, e perché.

    «Juliet, tipi come quello... è bene starne alla larga.»

    «Ethan se n'è andato, Joshua. Non ho idea di dove sia. Non potrei contattarlo neppure volendo.»

    Lui annuì, brusco. «Già. Okay. Se mai volessi parlarne, sai dove trovarmi.»

    Era la frase più fraterna che le avesse mai detto, e Juliet dovette controllarsi per non guardarlo a bocca aperta. «Grazie» disse. E lo pensava. «Ma Brooker e io... be', non c'è proprio niente.»

    Per una volta, Joshua non si mise a discutere.

    Durante le cinque ore del viaggio in macchina per New York, Juliet continuò a ripetersi che suo fratello... e tutti quanti... avevano ragione. Durante l'ultimo anno, Ethan Brooker era stato un uomo al di fuori di ogni controllo, disposto a tutto pur di trovare l'assassino di sua moglie e ottenere le risposte che cercava su quel delitto. Juliet ripensò al suo primo incontro con Ethan, poco prima che trovassero, insieme, i cadaveri di due malviventi nel cortile della casa del Tennessee in cui era cresciuto il presidente degli Stati Uniti. Non era un inizio di buon auspicio in alcun tipo di rapporto.

    Ethan non era ricomparso nella sua vita e non aveva dormito sul suo divano per una qualche attrazione romantica nei suoi confronti. Aveva avuto bisogno del suo aiuto. E quando non ne aveva più avuto bisogno, aveva alzato i tacchi.

    Tanto meglio, si disse Juliet, e si concentrò sulla guida mentre il traffico si faceva più intenso, in vista dello skyline di New York.

    Quattro ore dopo il suo arrivo a New York, Juliet sedeva a un tavolo incrostato di sporcizia appoggiato al muro di fondo di un bar del Bronx che puzzava di fumo stantio. Non aveva toccato il caffè che aveva ordinato. Il colore non era incoraggiante. Non che lei fosse così schizzinosa. Non aveva neppure fatto notare al barista che fumare era vietato in tutti i bar di New York.

    George O'Hara - era il suo vero nome, benché affermasse di non avere una sola goccia di sangue irlandese - non sembrava curarsene. Bruno e decisamente sovrappeso, O'Hara, seduto di fronte a lei era un ex carcerato che, dopo essere uscito di prigione, aveva messo la testa a posto e aveva cominciato una nuova vita. Puliva dei bar durante il giorno, e faceva cabaret la sera. Occasionalmente, forniva informazioni a Juliet. Con il contagocce. Non aveva un gran desiderio di dirle nulla, ma ammetteva che certa gente doveva essere tolta dalle strade.

    Juliet giocherellò con il manico della tazza.

    «Che cosa rispondi a chi ti chiede di me?»

    «Che mi trovi divertente. Non è così, forse?»

    Lei lo aveva visto recitare una volta.

    «Sei molto divertente.»

    «Ti piacciono le mie battute sui federali?»

    «Sono io che ti fornisco il materiale» rispose Juliet. «È questo che dici a chi ti chiede di me, vero?»

    O'Hara si chinò leggermente verso di lei.

    «Nessuno mi chiede qualcosa.»

    «Come va il lavoro di pulizie?»

    «Mi rende in tre mesi più di quello che guadagni tu in un anno.»

    Juliet non ne dubitava. «Non sei tu che pulisci questo posto, vero?»

    O'Hara parve offeso. «Non puzzerebbe così, se lo pulissi io.»

    Lei sospirò. Quella mattina aveva fatto un giro in kayak su un incontaminato lago del Vermont, e adesso il fumo le irritava le mucose nasali.

    Girò lo sguardo sulla folla di bevitori allegri e vocianti, un terzo dei quali era sovrappeso quanto O'Hara. Senza guardarlo, continuò: «Ho bisogno di qualunque cosa puoi dirmi su Bobby Tatro».

    Gli aveva già accennato qualcosa in proposito. La richiesta non lo colse di sorpresa. Si appoggiò all'indietro, facendo gemere la sedia, e sospirò.

    «Corre voce che sia all'estero.»

    «Dove?»

    «In Sudamerica.»

    «È un intero continente, George, Non puoi essere più specifico?»

    Lui scosse la testa.

    «Si è messo con certi tipi di vigilantes che si credono giustizieri. Ha intenzione di salvare il mondo.»

    «Bene. Questo lo terrà occupato.»

    Juliet insistette un po' per saperne di più, ma era tutto quello che O'Hara aveva da offrire. Le promise di tenere le orecchie aperte. Andava fiero della sua abilità di ascoltare. Diceva che lo aiutava a diventare un comico migliore. Non gli interessava solo cogliere il contenuto di ciò che la gente diceva, ma il ritmo della parlata, la sintassi e le cadenze del discorso. Juliet gli aveva suggerito di tenere una lezione ai suoi colleghi marshal, e lui era quasi soffocato dalle risate. Ma adesso non stava ridendo. «Quel Tatro non piace a nessuno.»

    «Bene.»

    «Che cosa vuole da te?»

    «Niente, spero.»

    «Lo hai messo dentro?»

    «L'ho catturato dopo che era stato condannato da un tribunale federale e non si era presentato per scontare la pena.»

    «E gli hai rovinato la festa.»

    «L'ho preso nel posteggio di un centro commerciale. Non era una gran festa.»

    O'Hara sollevò il bicchiere di birra, esponendolo alla scarsa luce.

    «Quelle non sono le mie impronte digitali» constatò corrugando la fronte. Posò il bicchiere sul tavolo. «Come sta il tuo tizio dei Corpi Speciali?»

    «Non ne ho idea. E non è il mio tizio di Corpi Speciali» Juliet pagò le consumazioni e si alzò. «Sai come raggiungermi?»

    «Mi hai dato il tuo numero di cellulare, il numero di casa, l'indirizzo, il numero dell'ufficio, quello del cercapersone, l'indirizzo e-mail...»

    «Non ti ho dato l'indirizzo di casa.»

    «Oops. Avevo dimenticato che quello non l'ho avuto da te.»

    O'Hara non sembrava particolarmente preoccupato, né pentito.

    «Se senti qualcosa, fammelo sapere. Non sottovalutare Tatro. Anche se adesso è libero, è un uomo pericoloso. Se ti imbatti in lui, non avvicinarlo. Non pensare neppure il mio nome.»

    Gli occhi espressivi di O'Hara, di un caldo colore castano, manifestarono una preoccupazione mista a vera e propria paura, ma non per se

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