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Arresa allo sceicco: Harmony Collezione
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Arresa allo sceicco: Harmony Collezione

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Il regno di Alazar 2/2



Rapito alcuni anni prima, Azim al Bahjat sconvolge il sultanato di Alazar con il suo improvviso ritorno. Per consolidare la propria posizione all'interno del regno, l'ambizioso sceicco ha bisogno di avere al suo fianco la donna che un tempo gli era stata promessa. Ma la sensuale Johara Behwar non sembra intenzionata a facilitargli il compito.



Anche se trova eccitante la passionalità con cui Azim la reclama, il primo istinto di Johara è quello di fuggire il più lontano possibile. Ma lo sceicco non è il tipo d'uomo a cui si possa opporre un rifiuto e, mentre lui si impegna a dimostrarle quanto potrebbe essere inebriante la loro prima notte di nozze, Johara scopre che arrendersi alla volontà del sultano è più piacevole di quanto potesse immaginare.
LanguageItaliano
Release dateMar 20, 2018
ISBN9788858978443
Arresa allo sceicco: Harmony Collezione
Author

Kate Hewitt

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Arresa allo sceicco - Kate Hewitt

    successivo.

    1

    «Ho grandi notizie, habibti

    Johara Behwar guardò sorpresa suo padre che si stava avvicinando. Lei era in piedi nel giardino della villa di famiglia in Provenza. L'aria era satura del profumo di lavanda e il sole illuminava benevolo il mondo con i suoi raggi.

    Le visite del genitore erano rare e preziose ed era appena stato lì la settimana precedente. Vederlo di nuovo era davvero inaspettato.

    «Buone notizie...?» ripeté. Il padre non aveva preso bene come lei la rottura del suo fidanzamento.

    «Sì. Sono sicuro che sarai molto compiaciuta» continuò Arif sorridendole.

    «Il solo vederti mi rende contenta» rispose Johara.

    «Sei molto cara, habibti» le disse il padre. Poi estrasse una scatolina dalla tasca della giacca e gliela porse.

    Lei l'aprì e scorse un diamante che risplendeva sul velluto blu.

    «È incantevole. Grazie, papà.» Quindi se lo allacciò al collo. Era un gioiello prezioso, ma considerando quanto fosse tranquilla la sua vita non avrebbe avuto molte occasioni per indossarlo. Tuttavia apprezzò il gesto. «Allora, qual è la bella notizia?»

    Arif le strinse la mano. «Ho rinegoziato il tuo matrimonio» le annunciò trionfante.

    Non era affatto una bella notizia. «Rinegoziato?» ripeté Johara raggelando. «Ma... solo una settimana fa mi hai detto che Malik aveva messo fine al nostro fidanzamento!» esclamò. Aveva avuto sei giorni per assimilare la notizia e godersi l'inaspettata libertà che non aveva mai pensato di possedere. Si era sentita leggera, come se avesse potuto volare. Era libera di fare ciò che voleva e per un folle momento aveva pensato di andare all'università e avere un futuro diverso. E adesso... «Cosa significa? Mi hai riferito che Malik è sterile...» Le sembrava indelicato menzionare quel fatto, tuttavia il genitore non le aveva risparmiato i dettagli quando era venuto in Francia per informarla, furibondo, che Malik al Bahjat, erede al trono del sultanato di Alazar, aveva rotto il fidanzamento.

    Lei aveva cercato di calmarlo, spiegandogli che non le importava se non sposava Malik. Non aveva osato dirgli che avrebbe preferito non sposarsi affatto. Dopo che per tutta la vita avevano continuato a ricordarle quale fosse il suo dovere le era sembrato eccessivo.

    «Sì, sì» ribatté Arif impaziente. «Ma Malik non è più l'erede al trono. Per fortuna non l'hai sposato. Sarebbe stato un disastro.»

    Johara era d'accordo, anche se dubitava che fosse per lo stesso motivo. Quei pochi giorni di libertà le avevano fatto comprendere quanto fosse sgradito un matrimonio combinato. Purtroppo, temeva che il genitore non sarebbe stato del suo stesso avviso. Quindi cosa stava succedendo? Se non si trattava di Malik, allora...?

    Arif si sfregò le mani, soddisfatto. «Si è risolto tutto per il meglio, Jojo» le disse usando il soprannome che Johara non gli aveva più sentito da anni. «Per te.»

    Lei stava per dissentire, ma si trattenne. Detestava vedere il disappunto negli occhi del padre. Era come se il sole sparisse dietro una nube e un gelo improvviso le riempisse il cuore. Da tempo non aveva più l'amore di sua madre e non avrebbe potuto sopportare l'idea di perdere anche quello di suo padre.

    «Dimmi cos'è successo, per favore.»

    «Azim è tornato» annunciò Arif con una gioia che lei non riusciva a comprendere.

    «Azim?» ripeté Johara. Quel nome le era familiare, eppure...

    «Il vero erede al trono di Alazar è ricomparso malgrado tutti fossero convinti che fosse morto.» Arif scosse la testa. «È davvero un miracolo.»

    «Azim...» Naturalmente! Azim al Bahjat, il fratello maggiore di Malik. Era stato rapito vent'anni prima, quando lei aveva appena due anni. Non c'era mai stata una richiesta di riscatto così come non era mai stato ritrovato il corpo. Malik era diventato l'unico erede. Fino a quel momento. «Co... cos'è successo?»

    «A quanto pare, dopo il rapimento ha perso la memoria. Ha vissuto in Italia per tutto questo tempo senza sapere chi fosse. Poi ha visto un servizio su Alazar al telegiornale e la memoria è tornata. A quel punto è ritornato a reclamare il trono.»

    «Ma... tutto questo cos'ha a che fare con me?» volle sapere Johara. Di certo il padre non l'avrebbe data a un perfetto sconosciuto!

    Il sorriso di Arif si indurì agli angoli. Lei conosceva bene quello sguardo e rabbrividì.

    «Sono sicuro che hai già indovinato, Jojo» ribatté il padre gioviale, seppure con una leggera minaccia nella voce. «Azim diventerà tuo marito.»

    Lo stomaco di Johara si contrasse in una morsa. «Ma... non l'ho mai visto» protestò.

    «Fin da quando sei nata sei stata promessa all'erede al trono del sultanato» dichiarò Arif. «Infatti eri destinata ad Azim prima del tuo fidanzamento con Malik.»

    «Non lo sapevo. Nessuno si è preso la briga d'informarmi.»

    Arif si strinse nelle spalle. «Non aveva senso dal momento che è sparito quando eri molto piccola. Ma adesso che è tornato ti reclama come sua moglie.»

    Johara non voleva essere reclamata. E di certo non da uno sconosciuto. Non quando si sentiva finalmente libera per la prima volta nella sua vita.

    «Mi sembra un po' troppo improvviso» commentò, cercando di non mostrare il proprio orrore per non dispiacere il genitore. «Il mio fidanzamento con Malik al Bahjat è stato rotto soltanto una settimana fa. Forse dovremmo aspettare un po'.»

    Arif scosse la testa. «Aspettare? Azim è determinato ad assicurarsi il trono e perché sia così deve sposarsi il prima possibile. Infatti ti attende ad Alazar domani pomeriggio.»

    Johara lo fissò sentendosi sprofondare nell'abisso. Sapeva quale fosse il suo dovere. Glielo avevano ripetuto in continuazione, ricordandole che aveva ricevuto molto e che quello era l'unico modo in cui poteva ripagare la famiglia. E lei voleva accontentare il padre che vedeva raramente. Si era preparata a sposare Malik, anche se aveva trascorso pochissimi giorni ad Alazar. Poi, per una settimana, si era immaginata un'esistenza del tutto diversa, in cui seguire i suoi interessi e realizzare i suoi sogni.

    E adesso, mentre fissava suo padre, si rendeva conto di quanto fosse stata sciocca e ingenua perché non avrebbe mai permesso alla sua unica figlia di non sposarsi. Era legato a un paese tradizionalista e voleva vederla unita in matrimonio a un uomo che non aveva mai visto e di cui nessuno sapeva niente perché era sparito per vent'anni.

    «Johara?» la sollecitò Arif. «Spero non sia una notizia sgradita.»

    Lei osservò il genitore che aveva sempre adorato. Aveva avuto una vita protetta, ricevuto un'istruzione a casa e svolto lavori in ambito caritatevole. Sua madre era sempre stata distante a causa della sua malattia e della sua infelicità e pertanto erano il sorriso, la risata e l'amore del padre che bramava. Non poteva rifiutarsi.

    «No, certo che no.»

    Azim al Bahjat guardò dalla finestra la berlina che stava arrivando a palazzo, dentro la quale c'era la sua futura sposa. Non aveva visto nessuna foto di Johara Behwar, ma del resto il suo aspetto era irrilevante. Era la moglie destinata al sultano di Alazar e il popolo si aspettava che la sposasse. Niente gli avrebbe impedito di assicurarsi la sua eredità e il suo destino e di dimostrare alla sua gente, che lo aveva praticamente dimenticato, che lui era il vero erede. Il vero sultano.

    Un servitore si affrettò ad andare ad aprire la portiera e Azim si chinò in avanti, curioso suo malgrado di lanciare un'occhiata alla futura sovrana. Per prima cosa emerse un piede grazioso e minuto, seguito da una caviglia sottile sotto l'abito tradizionale. Poi apparve lei, alta e attraente con i capelli scuri come la notte che spuntavano da un colorato hijab.

    Johara Behwar sollevò la testa per guardare il palazzo e dalla sua finestra Azim poté apprezzare la sua bellezza. Due grandi occhi grigio chiaro, un naso dritto e delicato e labbra carnose e sensuali. Tutto quello splendore, però, era guastato dalla sua espressione di ripugnanza. Mentre osservava il palazzo rabbrividì e si strinse le braccia al petto, quasi avesse bisogno di tenersi insieme per sopportare ciò che l'attendeva: lui.

    Alla fine raddrizzò la schiena e le spalle e s'incamminò verso l'ingresso con l'andatura di un condannato a morte.

    Azim si allontanò dalla finestra sentendosi trafiggere la testa da fitte di dolore lancinanti. Premette le dita alle tempie, peraltro consapevole di quanto fosse inutile. Quindi Johara Behwar era disgustata alla prospettiva di sposarlo. Non era una sorpresa, eppure...

    No, non doveva pensare così. Non era abituato ad alcun tipo di sentimento, men che meno verso la donna che sarebbe diventata sua moglie. Aveva sempre vissuto la sua vita in maniera indipendente, senza bisogno di nessuno. Tenere a qualcuno significava essere deboli e vulnerabili. Causava vergogna e sofferenza. Lui lo sapeva benissimo e non aveva più intenzione di assecondare di nuovo quelle emozioni.

    Il loro sarebbe stato un matrimonio di convenienza, per assicurare un'alleanza e mettere al mondo degli eredi. Nient'altro contava.

    Azim respirò a fondo, poi lasciò ricadere le mani, pronto ad accogliere la sua fidanzata.

    Ogni passo lungo il corridoio in marmo era un passo verso la rovina. Johara si disse che stava fantasticando troppo e che non poteva essere poi così male. Il suo corpo, però, era di parere contrario a giudicare dalla nausea che le attanagliava lo stomaco. Si voltò verso l'attendente che la stava accompagnando da Azim e mormorò: «Credo di non stare molto bene».

    L'attendente si scansò come se temesse che gli vomitasse sulle scarpe. Lei fece alcuni profondi respiri. Le girava la testa e aveva le mani sudate. Un altro respiro profondo. Poteva farcela. Doveva farcela.

    Aveva trascorso le otto ore di volo da Nizza pensando che forse sarebbe potuta giungere a un accordo ragionevole con Azim; gli avrebbe proposto di condurre vite separate, cosa che sarebbe stata conveniente per entrambi.

    «Ora va meglio, sayyida Behwar?» le domandò l'attendente sollecito.

    Johara sollevò il mento e abbozzò un sorriso. «Sì.» Seguì l'uomo lungo il corridoio con l'orlo dell'abito che sfiorava il pavimento. Il padre aveva insistito affinché indossasse il vestito tradizionale per il suo primo incontro con Azim. Personalmente trovava l'intricato ricamo pesante e scomodo e l'hijab caldo sulla sua testa, oltre a farla sentire un'aliena.

    L'attendente si fermò davanti a una grande porta che sembrava fatta d'oro. Lei era stata poche volte a palazzo per brevi incontri con Malik, ma avevano sempre avuto luogo in sale informali. Azim, invece, aveva scelto spazi più opulenti per la loro presentazione.

    «Sua Altezza, Azim al Bahjat» disse l'attendente e Johara entrò in preda al terrore.

    La luce del sole penetrava da diverse finestre ad arco e lei dovette sbattere le palpebre più volte prima di riuscire a mettere a fuoco l'uomo che avrebbe dovuto sposare.

    Lui era

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