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La proposta del libertino
La proposta del libertino
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La proposta del libertino

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About this ebook

Inghilterra, 1816 - Marcus Wolfe, nobile rampollo di una ricca famiglia londinese e impenitente libertino, non crede ai propri occhi quando, bloccato in una sperduta locanda da una nevicata fuori stagione, si trova davanti una splendida fanciulla assai poco vestita. Ancora più grande è lo stupore nel ricevere una bella ramanzina dalla giovane in questione, che non è evidentemente chi lui crede. Folgorato dalla fermezza e dall'integrità morale di Sophie, nei giorni successivi scopre di essersene perdutamente innamorato. Ma lei parte all'improvviso, e a Marcus, dopo averla faticosamente rintracciata, non resta che affrontare un assiduo e difficilissimo corteggiamento per convincerla di essere degno di lei.
LanguageItaliano
Release dateJan 10, 2018
ISBN9788858977019
La proposta del libertino
Author

Dorothy Elbury

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    La proposta del libertino - Dorothy Elbury

    Immagine di copertina:

    Gian Luigi Coppola

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Rake’s Final Conquest

    Harlequin Historical

    © 2011 Dorothy Elbury

    Traduzione di Daniela Mento

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A..

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-701-9

    1

    «Ho tanto freddo, Miss Flint! Quando arriveremo?»

    «Tra poco, mia cara Lydia» rispose Sophie nel tono più allegro possibile, nonostante fosse gelata fino alle ossa.

    Cercando di dimenticarsi del freddo che sentiva, si chinò per avvolgere meglio nella coperta la fanciulla che le era stata affidata. Poi lanciò un’occhiata fuori del finestrino della carrozza, al paesaggio ricoperto di neve.

    «Andiamo piuttosto lentamente, questa inaspettata nevicata deve avere impedito al cocchiere di procedere velocemente come al solito» commentò.

    «È da mezz’ora che avanziamo lenti come un funerale di lumache» brontolò il passeggero robusto, dal volto arrossato, seduto di fronte a lei. «Avremmo fatto meglio a proseguire con la diligenza per Reading. Lo avevo detto al cocchiere che il tempo sarebbe peggiorato, ma non mi ha dato ascolto. A chi importa dell’esperienza di un vecchio lupo di mare? Ed eccoci qui, nel bel mezzo di una tempesta di neve!»

    «Non dovete dimenticarvi che i cocchieri delle diligenze postali devono attenersi strettamente all’orario» gli ricordò il curato alla destra di Sophie. «Sono sicuro che il poveretto sta facendo del suo meglio, date le condizioni del tempo. Dovremmo essergli grati, invece di criticarlo.»

    Un gemito soffocato attirò tutti gli sguardi verso la coppia che occupava un angolo della carrozza. Il giovane strinse ancora di più a sé la donna, un po’ imbarazzato.

    «Avrete di certo notato che mia moglie si trova... in una condizione molto delicata. Speravamo di giungere a Maidenhead in tempo, ma adesso è vitale che arriviamo a destinazione nel più breve tempo possibile!»

    Nessuno degli occupanti della diligenza aveva potuto fare a meno di notare l’avanzato stato di gravidanza della signora, quando era salita a Bath, e le parole del marito vennero accolte da un silenzio preoccupato.

    «Non abbiate paura, mia cara signora» disse il curato dando un colpetto rassicurante sul ginocchio della gestante. «Vedrete che il nostro bravo cocchiere vi porterà a Maidenhead molto prima che...»

    La carrozza si fermò in quel momento, impedendogli di finire la sua frase incoraggiante. Si sentì che qualcuno stava scendendo da cassetta, e questo allarmò ancora di più i presenti. Dopo pochi secondi lo sportello si spalancò lasciando entrare una folata di vento e di neve fra le proteste dei viaggiatori.

    «Mi dispiace, signori e signore» bofonchiò l’uomo salendo e chiudendo lo sportello. «Sono venuto a informarvi che siamo in una brutta situazione. Sembra che la tempesta di neve sia peggiore di quanto avessimo creduto.»

    «Ve lo avevo detto!» ruggì il capitano di marina.

    Lui fece finta di non avere udito. «Ormai siamo in mezzo alla bufera e il cocchiere non riesce a vedere a un palmo dal naso, senza contare che i cavalli sono nervosi» continuò.

    «Non intenderete fermarvi qui fino a quando la bufera sarà passata?» si allarmò il futuro padre. «Mia moglie sta molto male e temo che fra non molto avrò bisogno di una levatrice!»

    Il silenzio preoccupato che seguì quelle parole venne rotto da un sobbalzo della carrozza, che sembrava avere ripreso a muoversi.

    «In alto i cuori!» esclamò l’uomo mentre apriva di nuovo lo sportello. «Sembra che il vecchio Jim abbia deciso di continuare il viaggio. Mi ha detto di avere visto una taverna lungo la strada, poco fa, e forse vuole tornare indietro per cercare rifugio fino a quando si sarà calmato questo vento infernale. Sempre che riusciamo a ritrovarla, naturalmente.»

    Un’altra folata di vento gelido e di neve entrò nella carrozza. Non erano nemmeno le cinque del pomeriggio, ma già non si vedeva niente per il turbinio della neve che scendeva e i finestrini appannati. Comunque i passeggeri si resero conto ugualmente che il veicolo aveva invertito la marcia. Adesso che non dovevano più affrontare i venti gelidi che li respingevano, i quattro cavalli sembravano più calmi e si lasciavano guidare docilmente lungo la strada che avevano già percorso.

    Per tutta la durata della manovra la diciassettenne Lydia Crayford, con gli occhi sbarrati per la paura, rimase aggrappata al braccio di Sophie.

    «Oh, Miss Flint!» gemette. «Così arriveremo ancora più in ritardo. Non riesco a immaginare che cosa dirà la mamma, quando non ci vedrà giungere a Londra alle otto, come aveva stabilito!»

    Dopo sei mesi come istitutrice dei due figli minori dei Crayford, Sophie invece riusciva a immaginarlo benissimo. Era sicura che la colpa per il ritardo di Lydia sarebbe stata attribuita interamente a lei, anche se l’incarico che le era stata affidato non rientrava tra le sue mansioni.

    Mrs. Crayford, essendo stata informata di una sospetta epidemia di morbillo nell’esclusivo collegio di Bath dove studiava la figliastra, e non volendo perdere nemmeno uno degli eventi mondani della Stagione, aveva cercato di convincere il figliastro Arthur ad andare a prendere la sorella per riportarla a casa. Il giovane, però, si era rifiutato di farlo perché non aveva la minima voglia di vagare per la campagna trascinandosi dietro una mocciosa, come aveva risposto alla matrigna.

    Dunque Mrs. Crayford non aveva fatto altro che demandare il compito all’istitutrice dei due figli minori.

    Aveva fornito Sophie del denaro sufficiente per i due biglietti, più un paio di scellini per i pasti, e l’aveva indirizzata alla stazione postale di Lad Lane, dandole istruzioni di prendere la diligenza notturna per Bath e di tornare insieme a Lydia con quella del mattino seguente, senza perdere tempo.

    «Così non dovrete nemmeno pernottare lungo la strada, tanto potrete dormire durante il viaggio» aveva aggiunto, consegnandole i soldi per i biglietti. «Roberts vi aspetterà alla locanda del Cigno, alle otto di domani sera, per riportarvi a casa. Dovrete essere assolutamente puntuali, perché ho bisogno della carrozza per andare al ricevimento dei Messingham.»

    Riflettendo sull’estrema parsimonia della sua padrona, Sophie aprì la borsetta e fece i conti del denaro che le rimaneva. Non c’era nemmeno di che pagare un pasto decente per quella sera, per non parlare di un pernottamento. Se Lydia non avesse avuto un po’ di denaro con sé, si sarebbero trovate in serio imbarazzo, sempre che la carrozza riuscisse a ritrovare la taverna che il cocchiere aveva visto lungo la strada.

    Proprio in quel momento, il veicolo, che aveva appena svoltato a destra, si fermò di colpo. Sophie premette il naso contro il vetro dello sportello nel tentativo di vedere dove erano arrivati.

    Riuscì a distinguere un paio di bassi edifici, in una piccola rientranza della strada maestra. Se quella era la taverna, somigliava di più a una bettola malfamata. Di certo non era il locale in cui Mrs. Crayford avrebbe voluto che la figliastra pernottasse, se mai fosse venuta a saperlo.

    Subito si udirono grida acute e sgradevoli, con grande disagio dei passeggeri che si scambiarono sguardi pensierosi.

    Il Capitano Gibbons scosse il capo.

    «Sembra che siamo arrivati in un covo di ladri!» fu il suo parere mentre cercava anche lui di vedere qualcosa attraverso i finestrini appannati. «Ci deruberanno anche dell’ultimo soldo e poi getteranno i nostri cadaveri ai lupi. Se si aspettano che io entri lì dentro...»

    «Non mi sembra che ci sia molta scelta» obiettò seccamente Sophie, alzandosi dal sedile. «O entriamo lì dentro o rimaniamo qui a morire di freddo. Vieni, Lydia!» Prese per mano la fanciulla e riuscì a farla alzare, anche se sembrava poco entusiasta. Poi aprì lo sportello e scese insieme a lei. E affondò con i piedi nella neve.

    Strinse i denti e si voltò per avvisare il futuro padre che doveva prepararsi a prendere la moglie fra le braccia, perché il terreno era troppo scivoloso per una donna nel suo stato.

    Sophie afferrò saldamente la mano tremante di Lydia e incominciò a dirigersi verso la porta illuminata, rassicurando la ragazzina che presto sarebbero state al caldo e all’asciutto. Quando però entrarono, fu chiaro che il cocchiere aveva qualche difficoltà a convincere la padrona a ospitare i suoi passeggeri.

    «Oh, signorina!» esclamò con sollievo la donna vedendo arrivare Sophie e Lydia, «spiegate voi al vostro cocchiere che vorrei davvero aiutarvi ma oggi non si sono fatti vedere né il mio garzone né la sguattera, a causa della tempesta di neve. Come potrei provvedere a tutti voi?»

    «Non avete camere libere?»

    «A dire la verità ce ne sono tre, ma sono piccole e di certo non adatte a gente come voi. Bisognerebbe preparare i letti, accendere il fuoco, e senza nessuno che mi aiuti non sono in grado di farlo.»

    «Tre stanze sono proprio quello che ci vuole. Con noi c’è una signora che sta per dare alla luce un bambino e di certo non vorrete che partorisca nella stalla come ai tempi di Gesù.»

    «No, mio Dio, no!» esclamò la padrona. «Farò tirare subito fuori coperte e lenzuola. Sapete, non capita spesso che abbiamo dei clienti che si fermino a dormire, da queste parti. È solo che nessuno mi può aiutare e non sono più giovane e forte come una volta.»

    «Allora permettetemi di assicurarvi che vi assisterò volentieri io, che sono abbastanza giovane e in buona salute per farlo. Per prima cosa mettiamo a letto Mrs. Lucan, poi penseremo anche agli altri.» Poi Sophie si rivolse a Lydia. «Vieni, sono sicura che troveremo qualcosa da fare anche per te.»

    «Ma io ho un’emicrania terribile e non ho la minima idea di come si faccia un letto!» si lamentò la giovinetta seguendo imbronciata l’istitutrice. «Non oso immaginare che cosa dirà la mamma quando glielo racconterò.»

    Sophie preferì non rispondere. Non voleva domandarsi che cosa avrebbe detto Mrs. Crayford, così si occupò, con la padrona della taverna, di tirare fuori lenzuola e federe da un grosso armadio al primo piano. Coperte e trapunte vennero trovate su un vecchio divano in una stanza.

    Dopo, istruì una sempre più imbronciata Lydia sul modo di preparare i letti, mentre la padrona e suo marito, Mr. Webster, accendevano il fuoco nei caminetti.

    Quando Jack Lucan arrivò ansimante con la moglie fra le braccia, una delle tre stanzette era già abbastanza accogliente e riscaldata. Non solo, Mrs. Webster aveva avuto la premura di fare portare un mattone bollente dalla cucina, così la gestante poté sdraiarsi in un letto caldo e comodo, come non si era aspettata date le circostanze.

    Le altre due camere erano ancora più piccole e gelide. Sophie chiese per sé e per Lydia quella con un solo letto, cui fu aggiunto, tra mille scuse, un pagliericcio da mettere sul pavimento. Lei assicurò che quel giaciglio sarebbe andato benissimo e aggiunse, per togliere d’imbarazzo il padrone, che a volte aveva dormito in condizioni peggiori, quando seguiva il padre, militare di carriera.

    Il reverendo Palfrey e il Capitano Gibbons non sembravano molto lieti di dovere dividere il letto nell’altra stanza, ma era un grande sollievo essere al caldo e al coperto con un tempo simile. Comunque il vecchio marinaio non smise di lamentarsi e di ripetere che avrebbe fatto le sue rimostranze a chi di dovere, appena arrivato a destinazione.

    Sophie lasciò che Mr. Lucan si occupasse della moglie e andò in cucina per vedere se ci fossero provviste sufficienti per tutti. Per fortuna Mrs. Webster era una donna pratica, che credeva nell’importanza di avere una dispensa sempre ben fornita per ogni evenienza. Almeno quella notte i viaggiatori non avrebbero sofferto la fame.

    «Non ho mai cucinato per più di un paio di ospiti alla volta» si lamentò la padrona. «Non so come me la caverò con tutta questa gente. Mio marito stava per tirare il collo a una gallina, ma di certo non basterà a sfamare tutti quanti.»

    «Basterà, se ne faremo uno stufato con le verdure invernali che avete in dispensa» le rispose Sophie arrotolandosi le maniche. «Non credo che sarà difficile.»

    Si sedette davanti al grande tavolo di abete della cucina e incominciò a pulire e a tagliare le diverse verdure.

    «Scusatemi» disse Mrs. Webster sbucciando una patata, «ma mi sembrate un po’ strana. Non offendetevi se ve lo dico, vi avrei preso per una cameriera se non fosse per il modo in cui parlate. Si sente che siete una persona istruita.»

    «Be’, in un certo senso...» Sophie rise tagliando a quarti una cipolla e mettendola nella pentola. «Mia madre e io, per vent’anni, abbiamo seguito mio padre in tutte le sue campagne militari. Trascorrevamo gran parte del nostro tempo occupandoci dei giacigli e della cucina, cercando di approfittare al meglio di tutto quello che avevamo a disposizione. Perciò una situazione come questa non mi trova affatto impreparata.»

    «Una vita dura per una fanciulla» osservò la donna. «Non avevate fratelli e sorelle?»

    «Oh, sì. Ho un fratello di quattordici anni. Si chiama Roger e adesso è in collegio. Mia madre voleva che continuasse a studiare, anche se...» Si interruppe con un nodo alla gola. Anche adesso, a quasi un anno dalla morte di suo padre, era sempre doloroso parlarne.

    «Vostro padre è morto in guerra, vero?» chiese Mrs. Webster con molta comprensione.

    Sophie annuì.

    «Abbiamo perso anche il nostro Jamie, quattro anni fa, in un posto in Spagna che si chiama Badhow o Bardhoff... Non sono mai riuscita a ricordarlo.»

    «Badajoz» precisò Sophie che aveva ritrovato la calma. «Fu una battaglia terribile e i nostri soldati combatterono con tutto il loro coraggio. Dovete essere molto fiera di vostro figlio.»

    «Sì, sono fiera di lui» replicò la padrona con un sospiro. «Ma vorrei tanto che fosse rimasto a casa con noi.»

    Seguì un lungo silenzio, interrotto soltanto dall’arrivo del padrone con la gallina appena sacrificata.

    «È la più grossa del pollaio» annunciò sedendosi per spennarla.

    Tre ore più tardi, dopo essersi serviti un paio di volte dello stufato di gallina e verdure e avere assaggiato il vino allo zenzero di Mrs. Webster, i viaggiatori esausti si dichiararono pronti per andare a dormire.

    Sophie era andata poco prima a portare un vassoio con la cena a Mr. Lucan e a sua moglie, ma li aveva trovati addormentati, l’uno fra le braccia dell’altra. Non aveva avuto il coraggio di svegliarli, pensando che un buon sonno ristoratore avrebbe fatto loro meglio dello stufato caldo.

    Un’altra delle sue preoccupazioni era stata il continuo starnutire e rabbrividire della sua protetta durante la serata, che sembrava preludere a qualche malattia. Sperò che non fosse il morbillo da cui la matrigna aveva cercato di salvarla.

    Fortunatamente Mrs. Webster aveva qualche medicina per l’emicrania. Solo dopo averla somministrata a Lydia e averla messa a letto con un mattone caldo sotto i piedi, Sophie poté finalmente occuparsi di se stessa.

    Quando era partita da Londra, aveva creduto di tornare a casa prima del tramonto, così non aveva portato altro con sé che i vestiti che indossava. Non aveva nemmeno una camicia da notte e preferiva non svegliare la ragazza per chiederle se ce n’era una in più nel suo bagaglio. Non le restava che dormire con la sottile sottoveste di mussolina, dato che il vestito era appeso davanti al fuoco, nella speranza che il calore facesse sparire la maggior

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