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Il cerchio magico (eLit): eLit
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Il cerchio magico (eLit): eLit

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About this ebook

Cinque amiche si incontrano in un cimitero per celebrare un rito di iniziazione, al quale seguono strani eventi di morte e follia.
Anni dopo Elizabeth Douglas, che faceva parte del gruppo, scopre il cadavere di una sua allieva di criminologia. Sembra che il soprannaturale ci abbia messo lo zampino un'altra volta.
Ci vorrà la razionalità del detective Cullen Ryan per scoprire cosa sta dietro a queste storie di streghe e per risvegliare in Elizabeth la passione del passato.
LanguageItaliano
Release dateMay 30, 2018
ISBN9788858987803
Il cerchio magico (eLit): eLit
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Amanda Stevens

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    Il cerchio magico (eLit) - Amanda Stevens

    successivo.

    Prologo

    Era stata una giornata tersa e soleggiata, col cielo di un bell'azzurro intenso. Ma mentre scendeva la sera, dense nubi temporalesche avanzarono dal mare, oscurando la pallida luna e accentuando la sinistra desolazione del paesaggio. Si era alzato anche il vento, agitando le foglie morte lungo i vialetti del cimitero.

    C'era qualcosa in quel vento, pensò Elizabeth Douglas con un fremito. Qualcosa di malefico.

    Consultò il quadrante luminoso del proprio orologio. Quasi mezzanotte. L'ora dei fantasmi...

    Addossate contro il muro di cinta che delimitava il terreno di sepoltura, lei e le sue amiche studiavano con paurosa trepidazione la selva di lapidi e cappelle fatiscenti che si estendeva davanti ai loro occhi. Angeli di marmo si stagliavano contro l'oscurità, vegliando ad ali chiuse e capo chino gelide tombe silenti.

    Elizabeth non si sarebbe voluta trovare lì. Si sarebbe voluta trovare dappertutto fuorché lì. Trascorrere la notte nel Cimitero di St. John come parte del rito iniziatico di un'associazione studentesca era un'autentica follia e costituiva tra l'altro una grave infrazione alle regole. Si sarebbero trovate nei guai fino al collo se la direzione avesse scoperto che cosa stavano combinando.

    «Pensi che vedremo il fantasma di Leary stanotte?» domandò Claire Cavendish in tono basso e nervoso. Timida e impressionabile com'era, temeva l'imminente nottata ancor più di Elizabeth. «Dicono che appaia ogni cinque anni.»

    «Oh, via» sbuffò Kat Ridgemont. «Non crederai a tutte quelle storie di streghe e fantasmi, no? Sono idiozie inventate a beneficio dei turisti. Non c'è niente di vero.»

    «E le donne che sono state assassinate a Moriah's Landing quindici anni fa?» insistette Claire. «Sono idiozie anche quelle?»

    «Claire!» sibilò Brie Dudley scandalizzata.

    Claire si portò una mano alla bocca. «Oh, santo cielo, Kat. Perdonami, ho parlato senza pensare. Avevo dimenticato.»

    Kat scrollò le spalle. «Non importa» mormorò. «A volte dimentico anch'io.»

    Ma Elizabeth ne dubitava. La madre di Kat era stata la prima vittima del serial killer che aveva terrorizzato Moriah's Landing quindici anni prima. Con lei, altre tre giovani donne avevano perso la vita, ed Elizabeth intuiva che, contrariamente a ciò che aveva affermato, Kat era tuttora ossessionata da quelle morti insensate. Come l'intera cittadinanza, d'altra parte, visto che l'assassino non era mai stato catturato.

    Elizabeth rabbrividì. Pur sapendo che il cimitero era un luogo tutto sommato tranquillo, provava un'angoscia profonda.

    Del resto, a diciotto anni, era la novellina del gruppo. Le altre ragazze avevano vent'anni ed Elizabeth era consapevole della differenza di età. Certo non sarebbe stata la prima a suggerire una ritirata strategica.

    «Elizabeth?»

    «Mmh?» Batté le palpebre quando il fascio luminoso di una pila la investì in pieno viso.

    «Tutto bene?» chiese Brie con espressione allarmata. «Non hai più spiccicato parola da quando siamo entrate.»

    Elizabeth ostentò la massima indifferenza. «Stavo solo pensando.»

    Kat le scoccò un'occhiata. «A McFarland Leary?» domandò tra il serio e il faceto.

    «A chi, sennò?» ribatté lei.

    «Credi anche tu ai fantasmi, vero?» le sussurrò Claire.

    Elizabeth esitò. In realtà, non sapeva bene a che cosa credere. Sapeva soltanto che c'erano cose al mondo che non si potevano spiegare.

    «Guardate!» esclamò Tasha Pierce con urgenza. «Ci siamo!»

    Kat e Tasha, che erano davanti, si arrestarono quando quest'ultima orientò la pila verso la tomba di Leary. Il tempo e gli agenti atmosferici avevano levigato la superficie della lapide, cancellando gran parte delle iscrizioni. Ma sapevano tutte che era la tomba di Leary.

    Un lampo saettò nel cielo mentre il vento spazzava il cimitero. Rabbrividendo, Tasha si infilò i biondi capelli dentro il giubbotto. «Sarà meglio cominciare prima che piova» borbottò.

    Le ragazze si inginocchiarono attorno alla tomba. Tasha piazzò la pila al centro, poi tirò fuori dello zaino un cofanetto di legno intagliato e lo sollevò.

    «Dentro ci sono cinque pergamene» spiegò solennemente, sovrastando il vento con la propria voce. «Sono tutte bianche tranne una. Chiunque troverà l'effigie di McFarland Leary dovrà entrare nel mausoleo maledetto. Da sola.»

    Elizabeth fu l'ultima a scegliere. Le altre l'avevano aspettata, e ora svolsero tutte le piccole pergamene che avevano pescato.

    Di colpo Claire sussultò. La pergamena col volto di Leary era toccata a lei!

    Tra tutte, era la meno indicata ad affrontare la prova. Era la più sensibile, la più apprensiva.

    Elizabeth ricacciò la paura. «Andrò io al posto tuo, Claire» propose.

    «No» intervenne Brie. «Sei la più giovane, Elizabeth. Andrò io.»

    «No, io.» Tasha gettò via la propria pergamena. «Questo cimitero trabocca di Pierce. Penseranno loro a proteggermi.»

    «Io dico che non dovrebbe andare nessuno.» Chiudendo il cofanetto, Kat si guardò intorno. Il vento le spostava all'indietro i capelli corvini, conferendole un aspetto quasi ultraterreno. «Non ci possono costringere. Il nonnismo è morto.»

    Ci fu un coro di assensi ma Claire scosse il capo mentre si raddrizzava. «Non si tratta di nonnismo. Non proprio, ecco. È una tradizione e tra l'altro non voglio che nessuna di noi venga ostracizzata per causa mia.»

    Kat ebbe un gesto di stizza. «E chi se ne frega?»

    «Frega a me» riconobbe Claire. «Posso farlo. Devo farlo. Andrà tutto bene.»

    Ignorando le proteste, brandì la propria pila e si avviò verso l'antico mausoleo in rovina. Nel chiarore intermittente dei lampi, Elizabeth vide una croce rotta stagliarsi contro il cielo tempestoso.

    Claire salì i gradini di pietra, aprì la porta e, senza mai voltarsi indietro, scomparve oltre la soglia. Per un attimo, la sua pila guizzò sulle pareti della cripta, dopodiché la porta si richiuse alle sue spalle.

    «Le vado dietro.» Kat fece per alzarsi quando Tasha la trattenne per un braccio.

    «No, aspetta. Può darsi che sia veramente qualcosa che preferisce fare da sola. Tra l'altro, se avrà bisogno di aiuto, saremo qui.»

    «Allora dobbiamo fare la nostra parte» dichiarò Brie. «Siamo tutte d'accordo?»

    «Sì» confermò Elizabeth ma era tormentata dai rimorsi perché, pur essendo in pena per Claire, era felicissima all'idea di aver schivato lo spaventoso cimento.

    «Una volta che ci saremo prese per mano, il cerchio non dovrà essere spezzato» avvertì Tasha. «Fisicamente o mentalmente.»

    Le ragazze si presero per mano, formando un cerchio protettivo mentre invocavano le forze naturali della terra, dell'aria, del fuoco e dell'acqua perché proteggessero Claire dal fantasma di McFarland Leary e dagli spiriti della notte.

    Ma solo per una frazione di secondo Elizabeth si estraniò e la sua mente corse a Cullen Ryan, il ragazzo per il quale aveva una cotta terribile. Inguaiatosi con la legge, Cullen aveva abbandonato gli studi l'anno prima, lasciando la città nel cuore della notte. Lei non sapeva dove si trovasse al momento o se lo avrebbe più rivisto. Ma si augurava che, dovunque fosse, stesse bene.

    E nell'attimo esatto in cui la sua concentrazione si attenuò e il cerchio spirituale si ruppe, si udì il fragore del tuono, seguito da un grido agghiacciante.

    Claire!

    Le ragazze balzarono in piedi e si precipitarono alla cripta. La porta sembrava bloccata ma Kat riuscì ad aprirla con un calcio. Il fascio della sua torcia scacciò le ombre e inargentò le ragnatele che pendevano dal soffitto affrescato. Un lezzo di morte e decomposizione aleggiava a mezz'aria ma non c'era traccia di Claire.

    Elizabeth fu assalita da un orribile senso di colpa. Sapeva che cos'era successo. Quando aveva pensato a Cullen, il cerchio si era rotto. Il male si era creato un varco e adesso Claire era scomparsa.

    Era lei la responsabile.

    1

    Cinque anni dopo...

    Elizabeth sbirciò attraverso il parabrezza rigato di pioggia mentre risaliva il viale d'accesso in direzione della villa illuminata. Le querce spoglie si stagliavano contro il gelido cielo di febbraio.

    Coprendo una superficie di oltre cinquanta ettari coltivati a giardino, la tenuta della famiglia Pierce - nascosta alla vista da un'alta cinta ammantata di edera nonché da una fila di maestosi sempreverdi - costituiva un vero capolavoro di riservatezza e design. Il suo centro focale coincideva con la lussuosa dimora coloniale di William e Maureen Pierce, gli esponenti più illustri della cittadinanza.

    Era stato un Pierce a fondare Moriah's Landing nel 1652 e i discendenti vi abitavano da allora. La famiglia rimaneva attiva in molti campi, specie in quello politico e scientifico. Correva voce che il fastoso ballo in maschera di quella sera mirasse non soltanto a continuare le celebrazioni che avevano avuto inizio a Capodanno per commemorare il trecentocinquantesimo anniversario della fondazione della città ma anche a lanciare la prima campagna politica del figlio maggiore.

    Elizabeth nutriva simpatia per Drew Pierce e riteneva che sarebbe stato un buon sindaco, specie considerando che non stimava particolarmente l'attuale, Frederick Thane. Ma nonostante i pettegolezzi riguardanti Drew e il potenziale parapiglia che si sarebbe scatenato una volta che il sindaco Thane si fosse presentato al ricevimento, Elizabeth non era ansiosa di partecipare alla serata. Non era mai stata brava a socializzare e un ballo in maschera non era esattamente di suo gradimento.

    Ma in fondo, decise ora, spacciarsi per ciò che non era si sarebbe potuto anche rivelare interessante. Una nobildonna del diciassettesimo secolo, con tanto di scollatura abissale e diadema in testa, avrebbe magari saputo come cogliere il momento, se mai se ne fosse presentato uno, cosa che Elizabeth Douglas non era mai stata in grado di fare.

    Si sollevò la scollatura, arginando il seno che minacciava di tracimare. Miracoli del suo nuovo Wonderbra, pensò impressionata.

    L'algido biancore di un lampo l'accecò per un istante mentre rallentava. Minacciosi nuvoloni grigiastri si stavano addensando all'orizzonte e, al di sopra del rombo del motore, avvertì l'eco del tuono.

    Nel tardo pomeriggio, quando le prime gocce avevano incominciato a picchiettare il tetto del suo accogliente cottage, era corsa a guardare fuori pensando, con una fatalistica scrollata di spalle, che ovviamente sarebbe piovuto quella sera. Pioveva sempre a Moriah's Landing nei momenti cruciali... Come quando la madre di Kat Ridgemont era stata assassinata vent'anni prima. O come la notte in cui Claire Cavendish era scomparsa dal vecchio mausoleo maledetto.

    Claire era stata ritrovata nel cimitero diversi giorni dopo, seviziata nel corpo e nella mente, tanto da non essere in grado di raccontare a nessuno che cosa le fosse successo. Era ricoverata da allora in una clinica psichiatrica a circa centocinquanta chilometri a ovest di Moriah's Landing e, ogni volta che si recava a trovarla, Elizabeth si sentiva soffocare dai sensi di colpa.

    Il che era illogico, lo sapeva. Non c'era niente che avrebbe potuto fare quella notte per salvare Claire. Lei e le altre ragazze non avevano visto chi l'avesse rapita. A tutt'oggi, le autorità continuavano a ignorare come l'aggressore fosse riuscito a introdursi nel mausoleo, catturando Claire e portandola via senza che nessuno vedesse niente.

    Sul momento, i sospetti si erano concentrati sulle ragazze... una cerimonia d'iniziazione conclusasi nel più tragico dei modi. Ma erano state tutte così sconvolte, così terrorizzate, che la polizia aveva finito per credere al loro folle racconto.

    Affrontando l'ultima curva, Elizabeth si ritrovò a guardare verso est e, in lontananza, scorse il profilo di The Bluffs, l'imponente castello di pietra che sorgeva in cima a una ripida scogliera a strapiombo sul mare. Era stato lì, contro gli scogli taglienti sottostanti il castello, che Tasha Pierce era andata incontro a un destino altrettanto orribile, soltanto un mese dopo che Claire era stata ritrovata. Anche quella notte era piovuto.

    Prima Claire e poi Tasha.

    Adesso erano in tre, pensò Elizabeth. Lei, Kat e Brie. E, come ragazza madre, la povera Brie non aveva avuto vita facile. Rimasta incinta, aveva dovuto lasciare il college e lottava da allora per mantenere la bambina e la madre malata.

    Dopo quella notte, comunque, niente era più stato lo stesso. Una sorta di oscura maledizione si era già abbattuta su tre di loro e a volte Elizabeth non poteva fare a meno di chiedersi se lei e Kat non fossero le prossime della lista.

    Kat, d'altra parte, aveva già sofferto. Sua madre era stata assassinata quando lei aveva avuto solo cinque anni, e l'omicida non era mai stato catturato.

    Il che lasciava soltanto Elizabeth.

    Mentre un altro lampo illuminava il cielo a oriente, il castello si stagliò con drammatico contrasto per una frazione di secondo. Distava chilometri, tuttavia Elizabeth ebbe come l'impressione di scorgere una sagoma scura sul torrione d'angolo.

    David Bryson, pensò con un fremito. L'uomo che poteva o non poteva aver ucciso la sua amica Tasha.

    Fermando la macchina davanti alla villa dei Pierce, Elizabeth vide due valletti correrle incontro. Il primo l'aiutò a scendere, riparandola dalla pioggia con un grande ombrello, mentre il secondo si incaricò di parcheggiare la sua nuova Audi. Elizabeth fece una smorfia quando gli pneumatici stridettero sull'asfalto bagnato. Ma stoicamente non si girò neppure a guardare. Al contrario, si strinse nell'elegante mantella di velluto nero e raggiunse il colonnato del portico.

    Quasi a comando, le massicce porte di quercia si spalancarono ed Elizabeth fece il proprio ingresso. La mantella le venne sfilata dalle spalle, e si concesse un momento per lisciarsi il corpetto dell'abito. Quando sollevò lo sguardo, restò di stucco.

    Era già stata in quella casa, naturalmente. Ma molto tempo addietro, prima della morte di Tasha, e aveva dimenticato l'eleganza del posto, l'assoluta opulenza.

    Tre gradini di candido marmo conducevano all'immenso atrio incassato, col pavimento a scacchiera bianco e nero. Di fronte, la splendida scalinata che portava ai piani superiori era sovrastata da una vetrata imponente da cui la luce del sole doveva entrare trionfante durante il giorno. Quella sera, tuttavia, i lampi dardeggiavano attraverso le nuvole scure mentre la pioggia sferzava i vetri.

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