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Sedotta in segreto: Harmony Destiny
Sedotta in segreto: Harmony Destiny
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Ebook151 pages2 hours

Sedotta in segreto: Harmony Destiny

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About this ebook

L'ESTATE DEI SEGRETI - Vol. 3. Stanca di passare inosservata agli occhi del capo che ama da anni, Kara Sloan decide di fare i bagagli e di andarsene. Ma quando ormai è assolutamente convinta del suo piano, Cooper Lonergan la sorprende con una notte di folle passione. Lui non può permettersi che la sola donna che riesca a organizzare il suo caotico lavoro gli scivoli via dalle mani senza fare nulla. L'idea di Cooper è di tenersi stretta Kara non solo nella vita, ma anche nel letto! Questo improvviso cambio da tutto affari a tutto piacere non è però privo di calde conseguenze.

I romanzi della serie:

1) Passato proibito

2) La lunga estate calda

3) Sedotta in segreto

LanguageItaliano
Release dateFeb 10, 2016
ISBN9788858945490
Sedotta in segreto: Harmony Destiny
Author

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Book preview

    Sedotta in segreto - Maureen Child

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Strictly Lonergan’s Business

    Silhouette Desire

    © 2006 Maureen Child

    Traduzione di Roberta Canovi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-549-0

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    «Facile» si ripeté Kara Sloan, squadrandosi nello specchietto retrovisore con occhi severi. «Lui apre la porta, tu dici me ne vado

    Come no!

    Se fosse stato così facile, avrebbe pronunciato quelle tre paroline già sei mesi prima. Diavolo, un anno prima – il momento in cui si era resa conto di aver commesso l’enorme errore di innamorarsi del capo.

    Il problema era che ogni volta che si ritrovava nei paraggi di Cooper Lonergan il cervello si spegneva automaticamente per lasciare spazio alle emozioni. Uno sguardo da parte di quegli occhi scuri e lei si trasformava in un budino.

    E non aveva neanche ancora capito come fosse successo. Il cielo le era testimone che certo non era stato nei suoi piani. Era la sua assistente da cinque anni, e per quattro tutto era filato alla perfezione: avevano condiviso un’amicizia piacevole e un proficuo rapporto di lavoro. Finché all’improvviso, più o meno un anno prima, Kara si era accorta di essere innamorata di lui.

    E da quel giorno era stato un inferno.

    Non poteva nemmeno prendersela con Cooper per non essersi accorto che i suoi sentimenti erano cambiati. Perché avrebbe dovuto? Per lui, Kara era una vista familiare quanto il divano di casa. E altrettanto comoda.

    No, era tutta colpa sua: aveva cambiato le regole e non l’aveva neanche informato. Lei era innamorata e lui continuava a considerarla un’amica.

    «E questo è il motivo» ribadì con testardaggine, fissandosi nei grandi occhi verdi, «per cui te ne devi andare. Basta che lo affronti e glielo dici.»

    Inalò a fondo, espirò e annuì con decisione. Poteva farlo. E l’avrebbe fatto.

    Borbottando tra sé, scese dall’auto, richiuse la portiera e alzò gli occhi sulla grande casa vittoriana che Cooper aveva affittato per l’estate. Sembrava... accogliente, in un certo senso. Come se la casa la stesse aspettando.

    Sciocco, ma in quel momento le dispiaceva non potersi fermare. Le dispiaceva doversene andare per tornare a New York nel giro di due settimane. C’era qualcosa in quel luogo che la chiamava.

    La casa era collocata al centro di un grande prato perfettamente curato, circondata da diversi alberi maestosi. Le finestre scintillavano nella luce del sole mattutino e nel porticato erano allineati vasi di terracotta colmi di fiori freschi, i cui colori lussureggianti davano un tocco di vivacità.

    Respirando a pieni polmoni, annusò il profumo dell’erba appena tagliata e la brezza dell’oceano, distante solo poche miglia. Kara si era sempre considerata una ragazza di città: felice a Manhattan, amava la calca e la ressa della folla, la cacofonia dei clacson e degli insulti dei tassisti che guidano come se ogni miglio percorso sia una vittoria personale.

    Tuttavia, rifletté, anche la campagna ha i suoi lati positivi. La tranquillità, il colore, il ritmo pigro...

    Non avrebbe mai potuto farvi l’abitudine, però, questo era certo.

    I tacchi di otto centimetri traballarono leggermente sul selciato scomposto e lei non poté che considerarlo un segno appropriato: non era stata in equilibrio precario per tutto il corso dell’anno, ogni volta che c’era stato di mezzo Cooper? Tra l’altro, se avesse avuto un minimo di buon senso, avrebbe viaggiato in jeans e scarpe da ginnastica. Ma no, doveva avere un aspetto curato quando si trovava in sua presenza. Come se lui avesse mai fatto caso a com’era vestita.

    Digrignando i denti, Kara ammise tra sé che Cooper non si sarebbe scomposto nemmeno se si fosse presentata nuda.

    Il che, si ammonì inflessibile, non faceva che rafforzare la necessità di dare le dimissioni. Era troppo frustrante essere innamorata di un uomo che ti vede solo come la migliore assistente al mondo.

    «Tutta colpa mia» bofonchiò, voltando le spalle alla casa e avvicinandosi al bagagliaio. Pigiò un bottone sul portachiavi e il portellone si aprì lentamente come il coperchio della bara in un vecchio film di Dracula.

    Lavoravano bene, insieme, si facevano delle gran risate, e Kara aveva avuto la soddisfazione di rendersi conto che era tanto brava nel proprio lavoro che il capo non riusciva a cavarsela senza di lei. Poi però aveva sconvolto tutto stravolgendo le regole.

    Non era neanche sicura di quando fosse successo, quando avesse smesso di vedere Cooper come un capo e cominciato a fare sogni a luci rosse su di lui. Si era insinuato dentro di lei, abbattendo le sue difese. Dannazione, l’aveva fatta innamorare di lui senza nemmeno provarci e non aveva neanche la decenza di accorgersene!

    Per questo se ne doveva andare, finché era ancora in tempo. Usando le testuali parole della sua migliore amica, era una dannata emergenza.

    La sera prima, lei e Gina avevano preso un aperitivo e quest’ultima le aveva fatto la prevedibile ramanzina che, a parer suo, era compito di una migliore amica.

    «Sai perfettamente che quell’uomo non cambierà mai» le aveva detto.

    «E perché dovrebbe?» l’aveva sfidata Kara, infilzando l’oliva del Martini come se fosse un alieno pronto a conquistare il mondo. «Per quel che lo riguarda, va tutto alla grande.»

    «Appunto.» Gina l’aveva squadrata a lungo, richiamando il barista con la mano perché servisse un altro giro. «È in California da quanto? Tre giorni?»

    «Già.»

    «E ti ha chiamato circa un centinaio di volte.»

    Vero. Il suo cellulare, sempre acceso in modo che Cooper potesse mettersi in contatto con lei in qualunque momento, aveva squillato con allarmante regolarità. Kara aveva controllato l’orologio: venti minuti dall’ultima chiamata. Presto ne sarebbe arrivata un’altra. «Lavoro per lui.»

    «Oh, questa storia va ben oltre il lavoro, Kara» aveva ribadito Gina, sporgendosi sul tavolino del bar finché i lunghi capelli biondi non avevano sfiorato la superficie lucida e brillante. «L’ultima volta che ha chiamato, ti ha chiesto come si prepara il caffè. Ha trenta e passa anni e non è capace di fare un caffè senza il tuo aiuto?»

    Kara era scoppiata a ridere. «Ha trentun anni ed è capace di fare il caffè. Solo che gli riesce da schifo.»

    Gina non l’aveva trovato divertente. Scuotendo il capo, era tornata ad appoggiarsi allo schienale. «Sei tu che hai combinato questo pasticcio, amica mia. Ti sei resa indispensabile.»

    «Ed è un male?» Afferrato il nuovo drink, Kara si era avventata subito sull’oliva.

    «Lo è se Cooper Lonergan ti vede come un robot programmato.» Gina aveva bevuto un sorso prima di agitare il bicchiere per aria. «Non ti vede per quello che sei. Non ti vedrà mai.»

    «Sei troppo dura.»

    «Ma è la verità.»

    «Probabilmente.»

    «Quindi» aveva allora indagato l’amica, «cos’hai intenzione di fare? Girargli intorno finché non sarai vecchia e sola e ti chiederai che cosa è successo alla tua vita? O ne esci finché sei ancora in tempo?»

    E quella, ripensò Kara mentre infilava le mani nel bagagliaio, era la domanda da un milione di dollari. Sapeva che Gina aveva ragione – diamine, ne era stata consapevole per un anno. Non aveva alcun futuro con Cooper; perlomeno, non oltre il rapporto che già avevano. E per lei non era abbastanza.

    Non più.

    Il cortile fu spazzato da una folata di vento fresco che portava il profumo del mare, facendo danzare le foglie sugli alberi, e gettandole i capelli in faccia. Li scostò, tirò un sospiro e recuperò la valigia, la borsa che aveva riempito dei panini preferiti di Cooper, il caffè da intenditore senza il quale non riusciva a scrivere e cinque sacchetti di marshmallow.

    Quell’uomo aveva il palato di un bambino di dieci anni. Sorrise tra sé, considerando, come sempre le accadeva, che era tenero che Cooper dovesse avere sempre a portata di mano i dolci preferiti.

    Ma un istante dopo si riprese. Non era tenero, era fastidioso. Ecco.

    Annuendo, si ripromise di essere inflessibile: nel momento stesso in cui avesse visto Cooper, gli avrebbe dato il preavviso. Due settimane. Poteva assumere un’assistente provvisoria per l’estate in California, e poi trovare un rimpiazzo definitivo quando fosse tornato a casa a Manhattan.

    In quanto a lei, prima fosse tornata a New York e a ciò che era rimasto della sua vita, meglio sarebbe stato.

    Una ferma determinazione la guidò verso la grande casa alla fine del vialetto. A ogni traballamento dei tacchi, si ripeté fino alla nausea è solo un lavoro, ne troverai uno migliore, non hai bisogno di Cooper.

    Si era quasi convinta quando la porta di ingresso si spalancò, sbattendo violentemente contro la parete della casa, e Cooper Lonergan uscì nell’ampio porticato principale.

    Alto e snello, indossava l’uniforme newyorkese composta da pantaloni e camicia neri. Aveva i lineamenti decisi, quasi spigolosi, e i capelli neri, lunghi fino a sfiorare le spalle. Gli occhi scuri scintillavano nel sole e, quando sorrise, Kara sentì un pugno allo stomaco. Probabilmente ebbe quell’impatto perché non sorrideva tanto spesso. Ma ragazzi, quando lo faceva...

    Quell’uomo la faceva impazzire.

    Dannazione!

    «Kara!» Con due soli passi scese i cinque gradini fino al vialetto e raggiunse il punto in cui lei era rimasta inchiodata dalla forza delle proprie emozioni. La accolse in un breve ma forte abbraccio che la illuminò come Times Square a Capodanno, quindi la rilasciò così rapidamente che lei barcollò rischiando di cadere all’indietro.

    «Grazie al cielo sei qui.»

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