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Una moneta per un bacio
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Una moneta per un bacio

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About this ebook

Inghilterra/Italia 1802 - Cleona non ha avuto un debutto in società come tutte le altre ragazze. Sua madre Eloise è una donna egoista, che ama il lusso a ogni costo ed è assediata dai debiti, perciò non vuole che nulla, come per esempio una figlia in età da marito, interferisca col suo piano di ricevere una proposta di matrimonio vantaggiosa. Scoraggiata e triste, Cleona fugge da casa in cerca del conforto di Beryl, sua amica e vicina, ma, uscendo dalla porta secondaria, incontra Lord Sylvester Raven che la scambia per una donna di servizio e le ruba un bacio, lasciandole una moneta per farsi perdonare. Cleona rimane senza parole, ma quando giunge a casa di Beryl per raccontarle l'accaduto, si accorge che le sorprese non sono ancora finite.

LanguageItaliano
Release dateJul 20, 2015
ISBN9788858934890
Una moneta per un bacio
Author

Barbara Cartland

Nata a Edgbaston, nei pressi di Birmingham, il 9 luglio 1901, negli anni Venti e Trenta fu una delle personalità più celebri dell'alta società londinese, acclamata oltre che per la bellezza e il fascino anche per gli audaci ricevimenti che organizzava e per la sua innata capacità di "fare tendenza" nel campo della moda. Nel corso della sua lunghissima vita ha dato il proprio sostegno a numerose cause umanitarie e caritatevoli, e nel 1981 è stata nominata dalla Regina Elisabetta Dama dell'Ordine dell'Impero britannico proprio per il suo impegno in ambito letterario, politico e sociale. Autrice di numerosi romanzi storici, biografie, commedie e persino saggi, è diventata famosa in tutto il mondo per aver scritto più di 700 romanzi rosa, impresa per la quale nel 1983 ha meritato un posto d'onore nel Guinness dei primati. Si è spenta alla veneranda età di 99 anni il 21 maggio del 2000.

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    Una moneta per un bacio - Barbara Cartland

    Immagine di copertina:

    Simona Reggimenti

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The coin of love

    Jove Publications, Inc., New York

    © 1956 Barbara Cartland

    Traduzione di Marina Boagno

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-489-0

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    «Povera me, sono un vero disastro!» Mrs. Eloise Wickham sospirò, chinandosi in avanti per guardarsi meglio allo specchio dalla cornice dorata del suo tavolo da toletta.

    «Signora, come potete dubitare di essere una bellezza senza confronti?» esclamò la modista. «Guardate come il cappello mette in evidenza l’oro dei vostri capelli e l’impareggiabile trasparenza della carnagione.»

    Eloise sporse le labbra, voltandosi prima da un lato e poi dall’altro fino a quando, finalmente, sorrise e affermò: «Benissimo, li prendo tutti. Comunque non pensate di venire a importunarmi con il conto, perché solo il cielo sa quando sarete pagata».

    «La signora è molto gentile.»

    La modista era tutta sorrisi, mentre faceva cenno alla sua assistente di raccogliere la scatole vuote. Era valsa la pena fare quel lungo viaggio da Londra per assicurarsi una simile ordinazione. E benché fosse consapevole che la sua distinta cliente diceva la verità, quando affermava che era inutile importunarla per il conto, il pagamento sarebbe avvenuto, alla fine.

    Nel frattempo c’era il vantaggio di aver fornito i copricapo alla bellezza più nota del momento. In effetti, Londra spettegolava di ben poco d’altro, poiché si diceva che il principino fosse decisamente infatuato della bella vedova dell’Oxfordshire.

    Tuttavia, mentre fissava la propria immagine riflessa nello specchio, Mrs. Wickham non pensava al Principe di Galles, ma a qualcosa di molto diverso. Non aveva frequentato il beau monde di St. James negli ultimi tre anni senza imparare quanto effimero potesse essere il favore reale. Aveva visto altre volte il Principe di Galles innamorato, e sapeva bene che, per quanto al momento si proclamasse assolutamente infatuato di lei, c’erano tutte le probabilità che l’indomani portasse un nuovo volto e una nuova infatuazione al molto influenzabile proprietario di Carlton House.

    No, pensò Eloise Wickham, lei conduceva un gioco più impegnativo.

    Si alzò dallo sgabello davanti al tavolo da toletta e si ammirò allo specchio. La sua figura era perfetta! Non c’erano molte donne della sua età che potessero portare abiti di foggia greca, secondo la nuova moda che il regime napoleonico aveva lanciato a Parigi. La sua figura era ancora quella di una giovinetta, la vita sottile, i seni alti e la pelle chiara come se respirasse l’aria pulita della campagna, anziché i fumi e la nebbia di Londra.

    Eppure aveva trentasette anni. Ogni giorno Eloise ricordava che si stava avvicinando sempre più al suo quarantesimo compleanno. Il solo pensiero la terrorizzava. Quotidianamente scrutava il proprio viso allo specchio, alla ricerca dei primi segni di quella sottile ragnatela che un giorno avrebbe circondato i suoi grandi occhi azzurri.

    A trentasette anni, che cosa poteva ancora aspettarsi? Solo una bellezza sfiorita, la vecchiaia e una crescente valanga di debiti a meno che – a tal pensiero Eloise trasse un profondo respiro – a meno che trovasse un marito!

    Voltò bruscamente le spalle allo specchio e andò alla finestra. I prati verdi, vellutati, declinavano verso un ruscello che serpeggiava attraverso un pascolo. I meli e i ciliegi erano in fiore. Gli asfodeli sbocciavano fra l’erba alta. Presto sarebbero fioriti anche i lillà e allora il giardino sarebbe stato un miracolo di quella fresca bellezza tipicamente inglese. Tuttavia Eloise vedeva solo un paesaggio vuoto... alberi che avevano bisogno di essere potati, aiuole che necessitavano di almeno un’altra mezza dozzina di giardinieri, una terrazza con il pavimento incrostato di muschio. Irritata, voltò le spalle alla finestra. Il giardino era trascurato, la casa malandata e bisognosa di riparazioni. Per entrambi ci voleva denaro, denaro, denaro... e lei non ne aveva.

    «Dio, come odio la campagna!»

    Aveva pronunciato le parole ad alta voce e per un attimo provò l’impulso di ordinare seduta stante la carrozza e farsi riportare a Londra.

    Poi lottò con decisione contro quel desiderio. Restare là faceva parte del suo piano – un piano a lungo studiato – e se voleva che riuscisse doveva essere paziente.

    Attraversò la stanza e suonò imperiosamente il campanello. Passarono alcuni minuti prima che comparisse un’anziana cameriera in cuffietta.

    «Ah, eccoti, Matthews» l’apostrofò Eloise sgarbatamente. «Suono il campanello da quasi venti minuti. Pensavo che fosse guasto.»

    «Funziona perfettamente, signora» rispose la donna. «Anzi, suonava tanto da assordarmi.»

    «E allora perché non hai risposto?» chiese Eloise.

    «Stavo preparando la vostra cioccolata. Ho solo due mani, e sapete che siamo a corto di personale.»

    La cameriera parlava con la familiare franchezza di una vecchia domestica, ed Eloise trattenne le parole rabbiose che le salivano alle labbra. Matthews, nonostante l’irritante abitudine di prendersi il suo tempo per ogni cosa, era un’eccellente cameriera, affidabile in tutto e per tutto.

    «Benissimo» ribatté severamente. «Spero almeno che sia bollente, ora che l’hai portata.»

    «È calda a sufficienza» dichiarò Matthews. «È per questo che avete suonato?»

    «No! Volevo chiederti se c’era una lettera per me, o un messaggio.»

    La cameriera rispose a quella domanda impaziente con deliberata lentezza.

    «In effetti uscendo dalla cucina ho visto un valletto in livrea entrare nel cortile» affermò. «Se il campanello non avesse suonato così forte avrei potuto aspettare e chiedergli chi era e che cosa voleva. Però sembrava che voi aveste tanta fretta, signora, che ho pensato bene di salire senza altri indugi.»

    «Un valletto in livrea! Oh, Matthews, deve aver portato una lettera. Presto, va’ a vedere di chi è!»

    Eloise batté il piede, impaziente, e la cameriera uscì dalla stanza senza affrettare il passo.

    Aggirandosi nervosamente per la stanza, Eloise ebbe una rapida visione di se stessa allo specchio. Rosa e bianco, oro e azzurro. Quei colori descrivevano la sua delicata bellezza da statuina di porcellana, e Lord Vigor aveva chiarito, non una, ma dozzine di volte, che era ciò che più ammirava in una donna.

    L’ammirazione era sufficiente?, si domandò Eloise, angosciata. Sufficiente ad assicurarle che lui desiderasse concedere il suo nome e la sua fortuna alla donna alla quale aveva brindato, definendola incomparabile, durante una cena a Vauxhall?

    Ormai da tre mesi non dedicava le proprie attenzioni a nessun’altra. Era geloso di tutti. Sì, perfino dello stesso Principe. Purtroppo, però, non era arrivato al punto di suggerire che la loro relazione amorosa dovesse avere una base più permanente.

    Eloise non era una sciocca. Sapeva perfettamente che le scommesse da White’s davano cinque a uno contro di lei la probabilità che inducesse Vigor al matrimonio. Eppure lei continuava a sperare. Eclissarsi era stata una sua strategia, uno sforzo disperato per metterlo alle strette.

    La porta si aprì, facendola voltare di scatto. «Chi è, Matthews? Che cosa ha detto? Ha portato un biglietto?»

    Prima ancora che la cameriera potesse rispondere, però, Eloise l’aveva raggiunta e aveva preso la grossa busta bianca dal vassoio d’argento su cui era posata.

    Un’occhiata alla calligrafia le bastò. Con un gridolino di trionfo se la strinse al petto. Poi, con mani tremanti aprì la busta. Lesse qualche riga e si lasciò sfuggire un altro grido di pura gioia.

    «È qui, Matthews! Mi ha seguita! Alloggia alla locanda a Woodstock, e chiede se può venire a farmi visita oggi pomeriggio. Oh, Matthews, Matthews! Ho vinto. Ho vinto!»

    «Il valletto sta aspettando la risposta, signora.»

    Il tono della cameriera era piatto e non denotava alcuna emozione.

    «Sì, certo, una risposta. Che cosa devo dire?» Eloise si voltò a guardare l’anziana domestica. «Deve venire a cena, naturalmente. La casa ha il suo aspetto migliore, a lume di candela. Riempiremo di fiori il salotto, e io indosserò quel nuovo abito verde che ho fatto arrivare da Parigi. Sarà molto primaverile, giovanile e semplice.»

    «Quindi ci sarà una persona in più a cena, signora?» chiese Matthews.

    «No, no, certo che no, sciocca. Non sarò così stupida da invitare lui solo e fargli pensare che sono venuta qui apposta per intrappolarlo. No, dev’essere una festa. Chi possiamo invitare? I Marlborough... so che sono a casa. I Barclay verranno di sicuro, se li invito. E chi altri? Dobbiamo essere almeno in otto.» Ci fu un momento di pausa, poi Eloise continuò: «Ma certo, che stupida! Lady Beryl Knight è al castello. Cleona mi ha detto ieri che l’ha vista fuori a cavallo. Cleona!». Eloise si fermò di colpo e si portò le dita alle labbra. «Avevo dimenticato Cleona» aggiunse in un tono molto diverso.

    «Infatti lo pensavo, signora.»

    «Be’, naturalmente è solo una bambina. Non può partecipare alla cena.»

    «Miss Cleona ha compiuto diciotto anni il mese scorso, signora. Ricorderete che vi ho scritto un appunto per rammentarvi il suo compleanno.»

    «Sì, e le ho mandato un regalo» asserì Eloise in tono di sfida.

    «Non molto adatto, signora. Quel vestito era di gran lunga troppo piccolo, e il modello era da bambina.»

    «Be’, come potevo sapere che era cresciuta così enormemente?» scattò Eloise. «Quando me ne andai giocava ancora con le bambole, e adesso, tornando, mi sono trovata davanti una ragazzona grande e grossa.»

    «È alta quanto voi, signora» puntualizzò Matthews, «e vi assomiglia molto, se permettete che ve lo dica.»

    «Assomiglia a me!»

    C’era qualcosa di simile al terrore nella voce di Eloise. Quasi istintivamente voltò la testa per guardarsi allo specchio. Sì, Cleona somigliava molto a lei! Se n’era accorta nel momento in cui era entrata in casa, dopo quasi tre anni d’assenza, e aveva visto sua figlia.

    Aveva lo stesso viso a forma di cuore, gli stessi capelli d’oro pallido, la stessa pelle bianca e delicata, le guance di pesca e le labbra rosse e piene. Ed era giovane. Giovane!

    «Matthews, che cosa devo fare con lei?»

    «È vostra figlia, signora, e vi ama.»

    «Lo so, ma devi capire che non posso proclamare al mondo che ho una figlia di diciotto anni.»

    «È innaturale per Miss Cleona vivere qui anno dopo anno senza vedere nessuno, senza nessuno che le sia affezionato, a parte me. Io ho fatto del mio meglio, signora, ma è tempo che prenda il posto che le spetta in società.»

    «Non adesso. Non in questo momento!» esclamò Eloise. «E non stasera... non quando viene a cena Lord Vigor. La terrai di sopra, Matthews. La terrai lontana. Dille quello che vuoi, ma tienila alla larga.»

    «Tenere alla larga chi, mamma?»

    Sia Eloise, sia la cameriera si voltarono con il sussulto imbarazzato di chi si sentiva in colpa per ciò che stava dicendo.

    Non c’era alcun dubbio che la fanciulla sulla soglia assomigliasse alla madre, ma mentre alla bellezza di Eloise contribuiva ogni artificio conosciuto in fatto di parrucchieri, cosmetici e couturier alla moda, Cleona era naturale come la primavera.

    Indossava un abito in cotone fuori moda, di un celeste scolorito. La fascia alla vita era lisa in una dozzina di punti e l’orlo distava da terra diversi centimetri. Era troppo corto, troppo disadorno per la sua figura dalle curve dolci, con una promessa di futura maturità. Eppure, in qualche modo, non sembrava assurdo indosso a lei, ma esaltava la radiosità della sua bellezza.

    «Chi dovete tenere alla larga, mamma?» ripeté.

    «Ascolta, Cleona» cominciò Eloise, «ho bisogno del tuo aiuto. Darò una cena e voglio che Henry vada a Blenheim per invitare i Marlborough, e che George vada dai Barclay. Vivono in due direzioni opposte, altrimenti un uomo solo potrebbe andare da entrambi, ma questo significa che useranno tutt’e due i cavalli, perciò mi chiedevo se tu non potresti attraversare il parco e invitare Beryl a essere mia ospite.»

    «Sì, mamma, certo, mi farebbe piacere» acconsentì Cleona. «Era così bella quando l’ho vista, mercoledì. Aveva un vestito da cavallerizza di velluto cremisi, e una piuma dello stesso colore sul cappello. Avrei voluto parlarle, ma mi intimidiva.»

    «Ebbene, puoi lasciare l’invito alla porta, se non te la senti di vederla» suggerì Eloise.

    «Mi piacerebbe parlare di nuovo con Beryl» affermò Cleona. «È sciocco sentirmi intimidita da una persona che conosco da tutta la vita. Naturalmente è più grande di me, ma quando giocavamo insieme da bambine era come se avessimo la stessa età. Quando ho saputo che era scappata di casa per sposarsi a Gretna Green, al principio non riuscivo a crederci.»

    «È stata una cosa molto stupida» sentenziò Eloise. «E se vuoi la mia opinione, Beryl è stata fortunata che suo marito sia rimasto ucciso così presto.»

    «Oh, mamma!»

    «Non c’è proprio bisogno di misurare le parole in faccende come questa» ribatté Eloise. «È stato un matrimonio disastroso per la figlia del Conte di Forncett. Un oscuro capitano d’artiglieria... Come ha potuto anche solo incontrare un uomo simile?»

    «A caccia, mamma.»

    «Ah, ecco! Ho sempre detto che è pericoloso crescere le ragazze in campagna. Sono esposte a conoscere ogni sorta di gente sconveniente, mentre a Londra, adeguatamente sorvegliate, incontrano solo i partiti più desiderabili.»

    «Pensate di portarmi a Londra, mamma?»

    Eloise si voltò di scatto verso lo scrittoio. «Andiamo, Cleona» ribatté in tono petulante, «non posso credere che tu sia così egoista da tenermi qui a spettegolare mentre sai che ho tanto da fare. Bisogna organizzare tutto per questa sera, e tu farai meglio ad aiutare Matthews a tirare fuori le migliori tovaglie di lino e i tovaglioli bordati di pizzo. Spero che non siano andati smarriti.»

    «No, certo che no, mamma.»

    «Non dobbiamo far aspettare troppo il valletto di Lord Vigor» continuò Eloise. «Scriverò subito quel biglietto, Matthews, e tu glielo porterai. Nel frattempo, George ed Henry si prepareranno per andare a consegnare gli altri. E tu, Cleona, potrai incamminarti attraverso il parco non appena avrò scritto a Beryl.»

    «Benissimo, mamma. Non ci metterò molto, e al ritorno potrò aiutare Matthews.»

    Cleona andò alla porta, ma prima di raggiungerla si fermò. «Ero io, non è vero, mamma, che volevate tenere alla larga, questa sera?» domandò.

    Eloise alzò gli occhi dallo scrittoio dov’era già seduta. Per un momento parve voler negare, poi, mentre guardava la figlia, i suoi occhi si indurirono. E se Lord Vigor l’avesse vista? «Sì, Cleona, è così» ammise, in un tono tagliente fin quasi alla brutalità. «Non hai nessun abito decente da indossare. Non vorrei vergognarmi di te di fronte ai miei amici.»

    «Non preoccupatevi, mamma, mi terrò lontano da loro. Non mi importa dei vostri amici, ma non vorrei mai che vi vergognaste di me.»

    Cleona corse via, ma non prima che Eloise e la cameriera vedessero le lacrime nei suoi occhi.

    «Siete stata crudele, signora» osservò Matthews a bassa voce.

    «Non ho potuto evitarlo» replicò Eloise in tono di sfida. «Questa è la mia ultima occasione, capisci? L’ultima occasione. Oh, ho avuto delle proposte e ne avrò altre... ma non da uomini importanti, non da qualcuno che possa darmi la posizione che voglio.»

    «E supponendo che Sua Signoria chieda davvero la vostra mano?» insistette Matthews. «Non gli farete mai vedere vostra figlia? Intendete tenerla nascosta per sempre?»

    «Buon Dio, donna! Non assillarmi con le tue domande insensate, in questo momento» scattò Eloise. «È questa sera che conta, mettitelo bene in testa. Questa sera! Per l’amor del cielo, va’ a occuparti della tavola per la cena, o niente sarà mai pronto. E di’ alla cuoca che voglio vederla subito.»

    «Benissimo, signora.»

    Matthews uscì dalla stanza. In cima alle scale esitò un momento. Sapeva che Cleona era andata in camera sua, e sospettava che stesse lottando contro le lacrime e contro l’inesprimibile sofferenza che le parole aspre della madre le avevano causato. Era troppo giovane, troppo vulnerabile, pensò, non avrebbe saputo come lenire quella ferita. Poi, però, dato che nemmeno lei aveva idea di come affrontare la situazione, scosse il capo e discese lentamente le scale, diretta in cucina.

    Mezz’ora dopo Cleona si incamminò attraverso il parco con in mano la lettera di sua madre.

    Attraversò il ponticello di legno che univa il loro parco a quello di Lord Forncett. Suo padre non aveva mai posseduto il vecchio palazzo

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