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Partita a quattro: I Romanzi Storici
Azioni libro
Inizia a leggere- Editore:
- HarperCollins Italia
- Pubblicato:
- Jan 20, 2012
- ISBN:
- 9788858900536
- Formato:
- Libro
Descrizione
Inghilterra, 1816. Fare da chaperon alla cugina Milly, affinché la ragazza abbia modo di conoscere meglio il futuro sposo, è per Tilda un'impresa più ardua del previsto. Quando infatti arriva alla lussuosa residenza del Duca di St Ormond, scopre che lui è Crispin Malvern, l'uomo di cui si era follemente innamorata sette anni prima e che l'aveva fatta soffrire. Rimasta vedova di recente, Tilda apprezza molto l'indipendenza che il suo nuovo status le concede e così, quando tra lei e Cris torna a vibrare una certa attrazione, cerca in ogni modo di favorire la relazione tra il gentiluomo e la cugina. I suoi sforzi tuttavia non sortiscono alcun effetto, perché Milly nel frattempo si è innamorata...
Informazioni sul libro
Partita a quattro: I Romanzi Storici
Descrizione
Inghilterra, 1816. Fare da chaperon alla cugina Milly, affinché la ragazza abbia modo di conoscere meglio il futuro sposo, è per Tilda un'impresa più ardua del previsto. Quando infatti arriva alla lussuosa residenza del Duca di St Ormond, scopre che lui è Crispin Malvern, l'uomo di cui si era follemente innamorata sette anni prima e che l'aveva fatta soffrire. Rimasta vedova di recente, Tilda apprezza molto l'indipendenza che il suo nuovo status le concede e così, quando tra lei e Cris torna a vibrare una certa attrazione, cerca in ogni modo di favorire la relazione tra il gentiluomo e la cugina. I suoi sforzi tuttavia non sortiscono alcun effetto, perché Milly nel frattempo si è innamorata...
- Editore:
- HarperCollins Italia
- Pubblicato:
- Jan 20, 2012
- ISBN:
- 9788858900536
- Formato:
- Libro
Informazioni sull'autore
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Anteprima del libro
Partita a quattro - Elizabeth Rolls
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Unruly Chaperon
Harlequin Mills & Boon Historical Romance
© 2003 Elizabeth Rolls
Traduzione di Paola Picasso
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5890-053-6
www.eHarmony.it
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
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1
Inghilterra, 1816
«Zio Roger, vorrei assicurarmi d’aver capito bene.»
Lady Winter, in piedi al centro del salotto di Broughton Place, si sfilò i guanti scuri dopo aver doverosamente baciato sulla guancia Lord Pemberton.
«La zia mi ha scritto per chiedermi di stabilirmi da lei per il periodo in cui dovrà rimanere confinata in casa, ma adesso voi mi dite che in realtà vuole che faccia da chaperon a Milly.» Il tono di Lady Winter lasciava capire che non era molto contenta di quella richiesta.
Alta ed elegante nel suo abito marrone scuro da viaggio, non assomigliava affatto alla timida e sgraziata Matilda Arnold che sette anni prima aveva sposato il Visconte Winter. Suo zio però non vedeva alcuna differenza.
«Ecco, vedi...» esordì battagliero Lord Pemberton.
Ma Lady Winter lo interruppe. «Immagino che la zia Casterfield abbia fatto da chaperon a Milly durante la passata Stagione. Che ne è stato di lei? Credevo che la consideraste più adatta di me ad assolvere questa incombenza.»
L’innegabile verità di quell’affermazione non rasserenò Lord Pemberton, che deglutì con evidente fatica. «Ecco, vedi...» ripeté.
«Per caso c’è di mezzo qualche scandalo che le impedisce di portare avanti il suo compito?» azzardò Lady Winter speranzosa. «O forse i pretendenti di Milly l’hanno innervosita al punto da costringerla a ritirarsi?»
«È per via di sua suocera!» scattò Lord Pemberton, perdendo la pazienza.
Lady Winter inarcò le sopracciglia e lo fissò incredula. «La vecchia Lady Casterfield ha suscitato del clamore?! Oh, buon Dio! Che cosa sconcertante. Credevo che a ottantotto anni sarebbe stata più discreta.»
«Sta morendo!» ruggì Lord Pemberton.
Lady Winter affettò un’aria sorpresa. «Morendo? Ma non c’è niente di scandaloso in questo.»
Il collo di Lord Pemberton divenne rosso come quello di un tacchino. «Mia sorella» ringhiò, «sente giustamente che in questa situazione sua suocera merita più attenzioni di Milly.»
Lady Winter dedicò la dovuta considerazione a quella spiegazione. «Molto giusto davvero» ammise. «Ma non capisco ancora in che modo io rientri nei vostri calcoli. E nemmeno, in tal caso, perché nessuno si sia dato la pena di consultarmi.»
Lord Pemberton digrignò i denti. «Tua zia e io siamo convinti che per te non faccia poi una gran differenza il posto in cui sarai...»
La sua irrispettosa nipote lo interruppe di nuovo con pacata indifferenza. «Non ho difficoltà a crederlo, sir. Ma la vostra mancanza d’intuito non è certo colpa mia. State dicendo dunque che mi avete affidato il compito di fare da chaperon a Milly durante il suo soggiorno a casa di chissà chi, senza avere avuto nemmeno la cortesia di chiedermelo?»
Lord Pemberton la fissò severamente nel tentativo di affermare la sua autorità. «Tu sei nostra nipote nonché la nostra pupilla, signorina, e farai il tuo dovere!»
Lady Winter gli rivolse un sorriso dolce. «Temo che vi sbagliate, sir. Non sono più la vostra pupilla, bensì la vedova di Jonathan. E ho dei doveri solo verso mia figlia. Inoltre ho venticinque anni e sono padrona di me stessa. Pur avendo la massima comprensione per il dilemma di zia Casterfield, per quanto mi riguarda la decisione di partecipare o meno a questo ricevimento dipende solo da me. E al momento non mi sento particolarmente incline a farlo.» Sorrise con ancor maggiore dolcezza. «Senza dubbio mi informerete di come, dove e con chi avete pensato di sistemare mia figlia, in tempo utile perché possa prendere una decisione. Ora però sono molto stanca e vorrei ritirarmi per riposare un po’ prima di cena. Potremo riparlarne più tardi.»
Abbozzò una piccola riverenza e uscì dalla stanza, lasciando lo zio sbigottito e furibondo. Da quando sua nipote si era sposata, Lord Pemberton l’aveva vista raramente e Lady Pemberton ancora meno. Essendo stata molto impegnata con le proprie gravidanze, sua moglie si era occupata ben poco di una nipote che tra l’altro non aveva in simpatia, e non aveva assistito Matilda nemmeno quando era nata la sua unica figlia, Anthea.
Avendo regalato al marito un primogenito maschio, Lady Pemberton aveva attribuito scarsa importanza alla nascita dell’onorevole Anthea Cavendish.
«C’era da aspettarselo che quella ragazza, irriverente com’è, avrebbe messo al mondo per prima una femmina» era stato il suo commento quando era giunta la notizia. Poi non ci aveva pensato più, salvo ordinare alla figlia maggiore, Amelia, di scrivere alla cugina due righe con le felicitazioni di prammatica.
Maledicendo mentalmente le circostanze che lo costringevano a ospitare una persona simile, Lord Pemberton si versò un’abbondante dose di brandy. Amelia era sul punto di accalappiare il partito migliore dell’anno e la signorina Matilda, cioè, Lady Winter, pensava di poter mandare all’aria i loro piani! Senza dubbio la vedovanza le aveva dato alla testa. Dunque credeva di tenerli tutti in pugno? Oh, no, non sarebbe mai successo finché lui avesse avuto un po’ di fiato in corpo.
Camminò avanti e indietro di fronte al caminetto, sforzandosi di ricordare tutti i mezzi che aveva usato in passato per ottenere l’ubbidienza di quella nipote recalcitrante. Era riuscito a farle sposare il Visconte Winter, rifletté cupo. Gli stessi metodi avrebbero funzionato anche nella presente circostanza.
Trattenendo a stento la collera, Lady Winter salì lo scalone dell’antica residenza di famiglia e, arrivata al piano superiore, si diresse senza esitare verso la migliore stanza degli ospiti. Non appena aprì la porta, si accorse senza particolare sorpresa che i bagagli suoi e di sua figlia non c’erano ancora. Sorridendo a denti stretti, tirò imperiosamente il cordone del campanello.
Cinque minuti dopo la governante entrò nella stanza, stupefatta. «Che cosa... Oh, siete voi, signorina Tilda!»
Lady Winter annuì. «Esatto, signora Penny. I miei bagagli non sono stati ancora portati su?» domandò con franchezza e malcelato interesse.
La signora Penny sbarrò gli occhi. «Ma certo, signorina Tilda!» Uno sguardo imperioso la costrinse a correggersi. «Mi... milady. La signora ha dato ordine di sistemarli nella camera della signorina Amelia, come sempre.»
Simulando uno stupore assoluto, Lady Winter inarcò le sopracciglia. «E che uso pensate possa fare delle mie cose la signorina Amelia? Fatele portare qui, per cortesia. E, ditemi, dov’è la signorina Anthea?»
Sconcertata da quello sfoggio d’imperiosità da parte di una persona che non aveva mai osato alzare la testa, e men che mai con Lady Pemberton, la signora Penny aprì e chiuse la bocca diverse volte. «La signorina Anthea è nella nursery insieme agli altri bambini.»
Lady Winter parve riflettere. «Oh, è andata a trovare i cuginetti. Molto bene. Ma dormirà qui, nella stanza spogliatoio. Vi prego di provvedere, signora Penny. E gradirei molto una tazza di tè. Grazie.»
La governante si ritrovò fuori della porta senza nemmeno rendersene conto. Sbigottita, scosse la testa. Di certo il matrimonio aveva cambiato parecchio la signorina Tilda.
Non appena la porta si chiuse alle spalle della donna, Lady Winter, nata Matilda Arnold, si lasciò cadere su una seggiola e tirò un sospiro di sollievo. Lo sforzo di mostrarsi imperiosa e sicura di sé era stato sfibrante, ma in un certo senso anche divertente. Non avrebbe mai immaginato di poter zittire suo zio. E la povera Penny! Tuttavia non aveva ancora finito. Doveva affrontare sua zia.
Il suo viso assunse un’espressione decisa. Non si sarebbe più fatta dominare da loro. Di certo non si sarebbe fatta manipolare allo scopo di accalappiare un marito ricco per Amelia. No, sarebbe rimasta per assistere la zia e poi, se si fosse accorta che quella richiesta era stata solo una scusa per attirarla nella loro rete, sarebbe ripartita per il Leicestershire l’indomani. O forse il giorno dopo, dato che i cavalli avevano bisogno di riposare.
I suoi bagagli e Anthea arrivarono un quarto d’ora più tardi insieme alla sua cameriera, Sarah.
Quando la porta si chiuse alle spalle del valletto che aveva portato su il baule, Sarah lanciò un’occhiata divertita alla sua padrona. «Vedo che li avete messi in riga, milady.»
Tilda ridacchiò. «Perché no? Essere educata e sottomessa non ha mai funzionato, perciò...»
La porta si aprì di nuovo ed entrò una bimbetta di cinque anni che teneva stretta al petto una bambola.
«Mamma, devo dormire nella nursery? La prozia Pemberton dice che devo stare sempre là e dormire con la cugina Maria.» Due occhioni scuri e supplichevoli implorarono una sospensione della sentenza.
Tilda rise e allargò le braccia. «Dovrai stare nella nursery con gli altri bambini quando io non potrò occuparmi di te, ma dormirai qui, nello spogliatoio.»
Anthea emise un sospiro di sollievo e si buttò tra le braccia della madre. «Che bellezza! La cugina Maria voleva Susan nel suo letto!»
«E tu che cos’hai detto?» domandò Tilda, posando le labbra sui riccioli castani della figlia, tanto simili ai suoi, e lanciando a Sarah uno sguardo di avvertimento.
Più tardi. Non voleva che Anthea capisse che tra lei e i Pemberton i rapporti erano molto tesi.
«Ho detto che non poteva e sono venuta a cercarti» rispose la bambina, stringendosi a lei.
«Brava» approvò Tilda. «Adesso disfiamo i bagagli, mettiamo tutto a posto, e poi, prima che torni nella nursery per cenare, ti racconterò una favola. Tra una portata e l’altra, verrò a metterti a letto.»
Quando scese a cena, Tilda aveva formulato il suo piano d’azione. Era semplice, efficace e, cosa più importante, avrebbe fatto imbestialire la sua famiglia. Sorrise, guardandosi allo specchio, e osservò la sconosciuta che vi era riflessa.
Com’era cambiata! A parte i colori, c’era poca somiglianza tra la goffa ragazza di sette anni prima e l’elegante signora che la fissava di rimando. Era sempre troppo alta, ma se non altro adesso non inciampava più nella sua ombra. Invece del severo nodo sulla nuca che le aveva imposto la zia, ora una massa di riccioli castani era raccolta sulla sommità del capo e due sereni occhi dorati splendevano sotto l’arco delicato delle sopracciglia.
Forse non era una bellezza, ma era migliorata parecchio. Tanto per dirne una, si era arrotondata, cosicché l’abito di satin verde aderiva alle sue curve snelle ma generose in modo soddisfacente. Il corpetto aveva una scollatura modesta, tuttavia non le sembrava il vestito adatto per fare da chaperon a una giovanetta.
Fatto che Lady Pemberton puntualizzò nell’istante in cui lei mise piede in salotto. Splendente in un abito di satin color pulce, fissò con espressione indignata il modello elegante che fasciava la figura graziosa della nipote. «Santo cielo, ragazza! Questo non è il genere di vestito che indossano le accompagnatrici.»
Tilda scomparve di colpo per lasciare il posto a Lady Winter, che inarcò le sopracciglia nel modo che aveva annichilito Penny e disse in tono languido: «No, non lo è. Siete molto intelligente ad averlo notato. Buonasera, madame. Mi auguro che stiate bene. Quando sono arrivata, lo zio mi ha detto che stavate riposando e io non ho voluto disturbarvi».
Lady Pemberton ignorò i convenevoli. «Ho saputo che ti sei sistemata nella camera migliore. Bene, puoi restarci per questa notte, ma domani dovrai trasferirti in quella di tua cugina. La stanza degli ospiti è per i nostri invitati.»
Lady Winter si sedette con grazia su una bergère. «Davvero? Non sapevo che voleste invitare qualcuno poco prima del vostro periodo di isolamento.» Rivolse uno sguardo sorpreso al ventre arrotondato della zia e sorrise. «Sapete, non credo che Amelia sarà disposta ad accogliere nella sua stanza le sue due cugine.»
Lady Pemberton si accigliò. «Che cos’è questa sciocchezza? Tua figlia, Matilda cara, starà nella nursery. Non tollererò capricci.»
Una nota gelida s’insinuò nella voce di Lady Winter. «Vi domando perdono, madame, ma tocca a me educare mia figlia. Naturalmente durante il giorno Anthea starà con gli altri bambini, ma di notte è abituata a dormire vicino a me.»
Sua Signoria scelse quel momento inopportuno per fare la sua comparsa e Lady Pemberton chiese subito il suo sostegno.
«Milord! Devo insistere! Ecco qui Lady Winter, una gran dama! Ha l’insolenza di pretendere la camera migliore.»
Lord Pemberton rivolse un’occhiata minacciosa alla nipote e si lanciò in una tirata che sette anni prima avrebbe ridotto la signorina Matilda Arnold all’obbedienza. L’impudenza, il comportamento irrispettoso e l’ingratitudine di quella ragazza lo esasperavano. «Finirete come vostra madre! Ricordate le mie parole!» tuonò.
Lady Winter lo ascoltò con blando interesse. Persino la frecciata finale non riuscì a farla arrossire. «In questo caso mi meraviglia che mi consideriate un’accompagnatrice adatta per Amelia. Se ci avete ripensato, me ne andrò da Broughton Place non appena i miei cavalli si saranno riposati.» Un lieve sorriso le curvò le labbra. «Nel frattempo resterò dove sono.»
Lord Pemberton tacque e la guardò incredulo, ma l’arrivo di Amelia, la figlia maggiore, e di Thomas, il primogenito, gli impedì una nuova esplosione di collera.
Bastava uno sguardo per capire che quei due erano fratelli. Entrambi avevano i capelli ricci e scuri, e luminosi occhi azzurri che in Lady Pemberton sembravano più scoloriti. Ma mentre Amelia aveva ereditato la statura minuta della madre, Thomas era diventato alto come il padre.
Voltandosi per salutare la cugina, Tilda pensò che gli anni avevano mantenuto la promessa di bellezza che Amelia aveva mostrato da piccola. La testa riccioluta e i vividi occhi celesti erano incantevoli come sempre. La figura perfetta, piccola ma proporzionata, aveva un tocco di fragilità che molti uomini sembravano apprezzare.
Per un attimo Tilda si sentì di nuovo la ragazza goffa e sgraziata, paragonata in continuazione alla sua più avvenente cugina. Ma lo sguardo di ammirazione che le rivolse Tom mentre si precipitava a salutarla, le ridiede sicurezza.
«Tilda!» esclamò il cugino, abbracciandola. «Giuro che non ti avrei riconosciuta.» Poi l’allontanò per poterla guardare. «Sei stupenda! Questo verde ti dona. Sarà meglio che non ti facciano fare da chaperon ad Amelia. Sua Grazia potrebbe decidere che preferisce te.»
Una risatina deliziata scaturì dalle labbra di Tilda. «Oh, Tom. Che assurdità. Come se qualcuno potesse preferire me a tua sorella!» esclamò con sincerità. Poi si rivolse alla cugina. «Sei adorabile, Milly. Non ho bisogno di chiederti come stai.»
Amelia sbuffò. «Adesso che sono cresciuta preferisco essere chiamata Amelia. Milly è così infantile!»
«Oh, smettila, Milly» la redarguì il fratello. «Ecco qui Tilda, bella, elegante e viscontessa fino al midollo, che non fa alcuna storia per il suo diminutivo.» Si voltò verso la cugina e proseguì. «Dimmi, nella tua scuderia ci sono ancora quei bai stupendi? E la giumenta grigia?»
Tilda annuì sorridendo. «Oh, sì. Ma temo che Frosty non reggerebbe il tuo peso.»
Tom sospirò. «Peccato. Ma quei bai! Fantastici.»
Il suo tono era così nostalgico che lei sorrise. «Se vuoi, e se tuo padre lo permette, domani potremmo attaccarli al calesse, così potrai provarli.» Fece una pausa e aggiunse con severità. «Ma solo se sarò sicura che sai guidarli.»
Tom arrossì, ma prima che potesse rispondere Lord Pemberton intervenne. «Ti prego di dirmi chi dovrà decidere se Tom è in grado di guidarli.»
Due calmi occhi castani lo fissarono. «Credevo di essere stata chiara, sir. Lo deciderò io.»
«Non con una delle mie carrozze!» tuonò Lord Pemberton. «Mi venga un colpo se permetterò a uno scricciolo di ragazza di rovinare i miei veicoli. Fai provare a Tom quei cavalli e che sia finita!»
Paonazzo, Tom lanciò a Tilda uno sguardo di scusa, aspettandosi di vederla avvizzire sotto la furia del padre. Lei, invece, rimase impassibile.
«Temo di non poterlo fare, sir» rispose. «Quei cavalli sono miei e, dato che non ho avuto l’occasione di vedere Tom guidare da quando mi fece ribaltare con il calesse otto anni fa, non posso permettergli di guidarli da solo finché non sarò sicura che è in grado di farlo.»
«Buon Dio!» Lady Pemberton era scandalizzata. «Pretendi di saperne più di tuo zio?»
«No, madame» rispose Tilda. «Ma certo conosco i miei cavalli meglio di lui. Non rischierò né le loro zampe, né il collo di Tom. E ditemi, che cosa si deve fare per avere qualcosa da bere?»
Ridendo, Tom si sedette. «Hai ragione, Tilda. Che cosa posso offrirti? Ratafià?»
Lei rabbrividì. «No, grazie. Jonathan mi ha educata con molta attenzione. Preferirei del Madera.»
Il cipiglio di Pemberton si accentuò. «Ai miei tempi le giovani donne...»
Due occhi ironici si levarono su di lui. «Caro signore, non ditelo. Chiunque penserebbe che siete abbastanza vecchio da essere... mio marito.»
Il silenzio sbigottito che seguì quel riferimento al fatto che Lord Winter aveva avuto trentacinque anni più della sua sposa diciottenne fu rotto da Lady Pemberton.
«Fosti fortunata a ricevere quella proposta.»
«Ne sono sicura» convenne Lady Winter, pensierosa. «Adesso parlatemi della Stagione di Amelia. La seconda per te, vero, cara? Caspita! E non sei ancora fidanzata? Io sono stata scelta dopo appena metà Stagione. Dico bene, madame? Il caro Jonathan non perse un attimo. Ah, grazie Tom.» Rivolse un sorriso affascinante al cugino e sorseggiò il Madera, riflettendo.
Amelia arrossì. «Capisco. Sei invidiosa perché io sono più bella e ho ricevuto più proposte di te...»
Tilda la interruppe con gentilezza. «Niente affatto, Amelia. Ti sbagli. Ma dimmi, quante offerte hai avuto in totale?»
Prima che la madre potesse zittirla, Amelia esclamò: «Quattro! Cinque, se conto Sua Grazia».
«Quattro.» Lady Winter sorrise. «Sei davvero fortunata ad avere tanta scelta. Cominciavo a pensare che gli uomini di Londra fossero ciechi per non averti ancora sposata. Vedi, credevo che per te fosse imperativo accettare la prima offerta in modo da far affluire i soldi necessari alla presentazione in società della prossima sorella.»
«Oh, ma si trattava di Lord Walmisley!» protestò Amelia. «È troppo vecchio. Deve avere quarant’anni.»
«Quarant’anni» si stupì Lady Winter. «Una bella età. Povera me, mi meraviglio che il povero Jonathan sia riuscito ad arrivare all’altare. Per non parlare della prima notte di nozze.» Nel silenzio sbigottito che seguì quella frase, Tilda sorrise serenamente. «Si può sapere quale duca Amelia ha preso all’amo?» domandò con dolcezza. «Perché immagino che abbia puntato gli occhi su un duca e non su un arcivescovo vedovo. Hai detto Sua Grazia, non è vero, Tom?»
Il cugino annuì. «Sì, St Ormond.»
Ci fu una brevissima pausa. «Caspita!» esclamò Lady Winter con brio. «Una vera conquista. Valeva la pena di lasciar perdere il povero Walmisley, in effetti. E pensa, Sua Grazia non può avere più di trentasei anni.»
A quel punto la divina provvidenza ebbe pietà di Lord e Lady Pemberton e permise al loro maggiordomo di annunciare la cena.
Il pasto non fu un successo. I tentativi di Lord Pemberton di ridurre sua nipote all’ubbidienza furono frustrati dalla presenza dei servitori, mentre la lingua tagliente di Lady Winter non si fermò un attimo. Non disse alcunché di indiscreto, ma apparve evidente che traeva un intenso piacere nel punzecchiare lo zio e la zia.
Quando le signore si ritirarono, Lady Pemberton era in uno stato di nervi pietoso. Appena la porta del salotto si chiuse dietro di loro, si lanciò in un’arringa vera e propria, condannando i modi e lo stile di Tilda.
Lady Winter ascoltò con la dovuta attenzione e solo alla fine, quando Lady Pemberton fece una pausa per vedere che effetto aveva avuto il suo attacco, rispose con aria assente: «Vi domando perdono, madame. Ero distratta. Vi dispiacerebbe ripetere quello che avete detto? Oh, non tutto» aggiunse, vedendo che Lady Pemberton trasaliva di sdegno. «Solo l’ultima parte. Quando avete dichiarato che non sono adatta a fare da chaperon a nessuno. È stata questa affermazione a risvegliare la mia attenzione.»
L’esclamazione divertita di Milly per la temerarietà della cugina fu interrotta dall’arrivo di suo fratello e di suo padre.
Sua Signoria andò dritto al punto e rivolse il suo cipiglio alla nipote. «Spero che tu abbia ritrovato il tuo buonsenso e che ti sia resa conto che il tuo posto è dove ti è stato detto di stare.»
«Ma certo, sir» rispose Lady Winter con un sorriso di scherno. «La zia mi ha appena informata che non sono adatta a fare da chaperon a nessuno. Sono più che contenta di accettare questo verdetto.»
Per un momento parve che Lady Pemberton stesse per avere un colpo apoplettico. I suoi occhi schizzarono fuori dalle orbite e il suo viso assunse un intenso colorito violaceo.
Lady Winter approfittò della sua momentanea incapacità di articolare parola e si espresse in tono dolce ma fermo. «Vedete, milord, non sono più una ragazzina che dipende da voi per tutto. Detto con franchezza, non desidero e non ho bisogno della vostra benevolenza. Voi stessi mi avete resa libera, costringendomi a sposare Jonathan. Ora sono una donna ricca e indipendente... e posso fare quello che mi pare.» S’interruppe per riprendere fiato, poi riprese con voce gelida. «Sono venuta non perché me lo avete ordinato, ma perché ho ritenuto che la vostra richiesta di assistere la zia in questo periodo fosse ragionevole e perché, come donna, non potevo rifiutare. Inoltre...» La voce le tremò leggermente. «... ho creduto che alla fine aveste sentito un po’ d’affetto per me. Ma non accetterò d’essere sottomessa o manipolata. Se è questo che avete in animo, Anthea e io ce ne andremo immediatamente.»
Lord Pemberton scoppiò a ridere. «Ricca! Forse ti piace crederlo, ma posso assicurarti che il tuo patrimonio non durerà a lungo se continuerai a sperperarlo come immagino tu stia facendo.» Il suo sguardo si posò sull’abito di satin, sulla reticella costosa e sulle scarpette di seta.
Lady Winter parve incredula. «Non lo sapete? Avete fatto così poca attenzione all’uomo che mi avete costretta a sposare che non conoscete l’entità della sua ricchezza?»
Lo zio scrollò le spalle. «Sanno tutti che le proprietà di Winter sono notevoli. Ma non puoi venirmi a dire che dopo aver provveduto a sua figlia, è stato
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