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Noi due sotto la neve: Harmony Jolly
Noi due sotto la neve: Harmony Jolly
Noi due sotto la neve: Harmony Jolly
Ebook183 pages2 hours

Noi due sotto la neve: Harmony Jolly

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About this ebook

Non tutti credono all'amore a prima vista. Come definire, allora, quella strana sensazione che prende la bocca dello stomaco quando due sguardi si incrociano e non si lasciano più?

Ecco, ci mancava anche questa! Grace Wilcox è sull'orlo di una crisi di nervi che, ovviamente, non può farsi venire, dato che non è da sola ma con suo figlio. La loro auto ha appena sbandato ed è andata a finire dritta in un banco di neve. Fortuna che non si sono fatti niente, ma hanno bisogno di un posto dove ripararsi e passare la notte.

Chi è che bussa a quell'ora? E soprattutto con quel tempo? Bill Paulson non crede a ciò che gli si para davanti! Una donna bellissima, nonostante abbia il viso stravolto dalla fatica, e un bambino. Ehi, io sono allergico ai quadretti familiari! Ma non posso lasciarli sulla porta. Domani mattina devono sloggiare. Bill, però, calma i tuoi bollenti spiriti.

LanguageItaliano
Release dateDec 22, 2014
ISBN9788858929483
Noi due sotto la neve: Harmony Jolly
Author

Melissa Mcclone

Laureata alla Stanford University, ha lasciato il lavoro di ingegnere meccanico per scrivere.

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    Noi due sotto la neve - Melissa Mcclone

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Little Bit of Holiday Magic

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2013 Melissa Martinez McClone

    Traduzione di Anna Sibilia

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5892-948-3

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Ti prego, non morirmi ora.

    Grace Miss-Sfortuna Wilcox strinse ancor più il volante, come se la sola forza di volontà potesse tenere in vita il motore che singhiozzava nel bel mezzo di una bufera, a Mount Hood. Le catene scricchiolavano sulla neve. Il tergicristalli andava avanti e indietro frenetico, lottando contro la neve che cadeva, per tenere pulito il parabrezza. Il motore tossicchiò, un brutto rumore foriero di un imminente disastro.

    Grace levò il piede dall’acceleratore. Doveva scordarsi di raggiungere la costa dell’Oregon in serata. Il furgone non sarebbe sopravvissuto a Mount Hood. Era in balia della bufera, con il figlioletto di tre anni e mezzo al seguito.

    Rabbrividì, un misto di panico e freddo. Il riscaldamento aveva smesso di funzionare un’ora prima e giaccone e guanti di lana non bastavano a tenerla calda.

    Premette il piede sull’acceleratore, pregando per un miracolo. Poi gettò un’occhiata sul sedile posteriore.

    Liam dormiva tranquillo sotto una montagna di coperte.

    Un’ondata di calore la pervase. Quel bambino era l’unica ragione che la spingeva a tener duro. «Spero tu stia facendo sogni d’oro, cucciolo.»

    Già, perché poi la realtà prende il sopravvento. Sei al sicuro soltanto da piccolo, quando hai una mamma che si prende cura di te.

    E lei si sarebbe presa cura del suo bambino. Anche se quella sera pareva destinata a rivelarsi un fallimento.

    Liam doveva essere esausto. Erano quasi le undici, ben più tardi dell’ora in cui di solito lo metteva a nanna, e avevano passato tutta la giornata per strada.

    «A quanto sembra, Astoria dovrà attendere ancora un pochino» disse Grace a voce alta.

    Si accorse che le tremava la voce. Per la paura e il freddo.

    Se solo fossimo già lì.

    La piccola città sulla costa dell’Oregon, che distava tre ore da Mount Hood, sarebbe diventata la loro casa. Avrebbe cominciato una nuova vita lì.

    Con un solo faro in funzione, Grace cercò di vedere qualcosa nel turbine di neve.

    Doveva trovare un riparo per la notte prima che il furgone si fermasse del tutto.

    Le parve di vedere qualcosa... un cartello stradale... No, un’insegna: Hood Hamlet. Una freccia indicava a destra.

    Non sapeva cosa fosse Hood Hamlet, ma qualunque cosa sarebbe stato meglio che restare per strada al gelo.

    Mise la freccia e svoltò a destra.

    La neve era alta. Trenta centimetri in più che sulla strada principale. Il furgone avanzava piano e il motore gemeva e sputacchiava sempre più.

    Era impossibile vedere a più di tre metri di distanza. Aguzzò la vista e scorse un incrocio poco più avanti. Ma non c’era alcuna indicazione che stesse avvicinandosi a Hood Hamlet. Doveva andare a destra o a sinistra?

    Grace scelse la destra. Girò lentamente il volante, e il furgone cominciò a slittare di lato.

    No. No. No. Controsterza piano...

    Non era questo che le aveva insegnato Damon mentre imparava a guidare? Girò il volante nella direzione opposta e il furgone si raddrizzò.

    Un’occhiata nello specchietto le confermò che Liam stava sempre dormendo. «Forse la sfortuna ci sta concedendo una tregua, amore» commentò speranzosa.

    Non aveva nemmeno finito di dirlo che il furgone riprese a slittare, mettendosi di traverso.

    Cercò di correggere, ma il veicolo partì nella direzione opposta e cominciò a girare su se stesso. Con il cuore che le batteva all’impazzata, vide il mondo vorticarle intorno attraverso il parabrezza a tratti sgombro. Alberi, neve.

    Grace non riusciva più a capire cosa era reale e cosa era frutto della sua immaginazione.

    Una voce rassicurante le echeggiava nelle orecchie: Andrà tutto bene...

    Damon.

    Gli occhi le si riempirono di lacrime. Da quando era morto niente era più andato bene...

    Un muro di neve le si parò davanti.

    Ogni muscolo del suo corpo si tese, mentre il panico la travolgeva. Chiuse gli occhi e cominciò a gridare. Se solo avesse potuto tenere Liam stretto tra le braccia...

    «Damon, aiutaci.»

    Il furgone sobbalzò, con un terribile stridio metallico. Qualcosa esplose, colpendola in viso. Subito dopo un odore orribile la investì.

    Erano fermi e Liam piagnucolava, spaventato.

    Un’ondata di adrenalina la scosse. Il volto le doleva. Tossendo, chiamò il figlio.

    Liam si mise a piangere più forte. Quel pianto la straziò. Con le mani che le tremavano si mise ad armeggiare con la cintura. L’airbag si era sgonfiato e le giaceva in grembo. Doveva fare in modo di prendere in braccio suo figlio. «Stai tranquillo, tesoro. Resta fermo, sto arrivando.»

    Liam continuava a singhiozzare. «P-nut? Dov’è P-nut?»

    «Te lo trovo subito, amore» rispose lei, il tono rassicurante. Riuscì finalmente a slacciare la cintura, si voltò e si sporse verso il retro. Il viso le bruciava da morire. Faceva quasi fatica a respirare. Non vedeva nulla, ma a tastoni cercò il peluche. «Peanut dev’essere qui da qualche parte.»

    Provò ad accendere la luce e l’abitacolo si rischiarò come per miracolo. Grazie a Dio, la batteria funzionava ancora.

    Individuò subito un lampo di blu tra i sedili e preso l’elefantino lo mise tra le braccia del figlio. «Ecco qui, cucciolo. La mamma ha trovato Peanut.»

    Liam smise subito di piangere. «Mio» mormorò, cullando il suo peluche preferito.

    «Hai male da qualche parte, tesoro?»

    «No» disse il piccino. Poi baciò l’elefante. «Sto bene. E anche P-nut sta bene.»

    Le si chiuse la gola per il sollievo. Ma fu un sollievo di breve durata. Se non avesse fatto subito qualcosa, sarebbero morti congelati. Tossendo, rincalzò le coperte intorno a Liam. «La mamma ora deve dare un’occhiata al furgone.»

    Doveva trovare aiuto. Estrasse il cellulare, ma scoprì che era morto.

    «Resta fermo lì e tieni al caldo Peanut» disse al figlio. «Torno subito.» Abbassò la maniglia della portiera. Nulla. «Andiamo. Forza...» mormorò, provando di nuovo.

    Niente da fare, non si apriva.

    Si spostò sul lato del passeggero e tentò di uscire da lì. Al terzo tentativo la portiera si aprì. Ringraziando il cielo, scese dal furgone. Le scarpe da ginnastica affondarono nella neve soffice e subito le si ghiacciarono le dita dei piedi.

    Incrociando le braccia sul petto e infilando sotto le ascelle le mani coperte dai guanti, chiuse la portiera con il fianco. Doveva tenere al caldo Liam.

    Il furgone era sprofondato in un cumulo di neve alta. Il lato del passeggero non aveva riportato grossi danni, ma dal rumore che aveva sentito nell’impatto l’altro lato doveva essere messo male.

    «Aiuto!» gridò, anche se dubitava che ci fosse qualcuno che poteva sentirla. Tra la neve che cadeva e il buio, non vedeva nulla. «Qualcuno mi sente?»

    Il vento copriva la sua voce.

    Stava per abbandonarsi al panico, ma tenne duro. Doveva essere forte per suo figlio.

    Se non avesse avuto Liam, avrebbe gettato la spugna la notte che quel militare aveva suonato alla porta di casa sua e le aveva annunciato che Damon, l’uomo che amava da quando era ragazzina, suo marito, soldato di professione, era stato ucciso in Afghanistan. Damon aveva salvato tre compagni prima di morire, ma il fatto che fosse un eroe non avrebbe mai potuto colmare il vuoto che la sua perdita aveva lasciato nella vita sua e del loro bambino. Un vuoto che ancora adesso, a distanza di due anni e mezzo, era lacerante.

    Andrà tutto bene, piccola, era solito dirle il marito.

    Tutto quello che doveva fare era trovare un riparo e tenere Liam al caldo. Per il resto poteva attendere la luce del giorno.

    Grace si guardò intorno.

    Alberi e neve. Non si vedeva altro.

    Della stupida neve e degli stupidi alberi.

    Mettersi in viaggio dalla Georgia all’Oregon due settimane prima di Natale era stata una follia. Certo, finalmente si era decisa, ma avrebbe dovuto aspettare ancora qualche mese, sino a quando non fosse arrivata la bella stagione.

    Cosa diavolo le era venuto in mente?

    Voleva crearsi ricordi nuovi del Natale, non struggersi su quelli vecchi. Voleva festeggiare l’anno nuovo in un posto diverso, senza rimuginare su quello che sarebbe potuto essere e non era stato. Voleva incontrare gente nuova, non continuare a salutare vecchi amici, commilitoni di Damon, che venivano trasferiti o mandati in missione, senza sapere chi di loro sarebbe tornato a casa.

    La neve l’aveva coperta dal giaccone ai jeans. Anche i capelli ne erano pieni. Grace infilò in tasca le mani ghiacciate.

    «Mi dispiace...» mormorò, lottando contro le lacrime. «Sarei dovuta restare in Georgia.»

    Andrà tutto bene, piccola.

    Grace avrebbe voluto crederci. Si girò verso il furgone. Verso l’abitacolo illuminato. Verso Liam.

    Non gettare la spugna.

    La neve placava il bruciore della pelle. Non tossiva più e non le faceva più male respirare. Tutti segni positivi. E quella strada doveva portare da qualche parte, no?

    Si costrinse a muovere le gambe per trovare aiuto. I piedi erano completamente affondati nella neve. Le scarpe bagnate le trasmettevano un gran freddo su per le gambe.

    Di nuovo guardò in direzione del furgoncino, non voleva perdere di vista suo figlio. Riportando lo sguardo davanti a sé, si schermò gli occhi per proteggerli dai fiocchi di neve che le vorticavano intorno come piccoli pugnali.

    Aguzzò lo vista, scandagliando l’area da destra a sinistra.

    Alberi, neve e...

    Babbo Natale?

    Grace sbatté le palpebre e rimise a fuoco. Un Babbo Natale illuminato baluginava in lontananza. Alle sue spalle si intravedeva una casa piena di lucine colorate.

    Andrà tutto bene, piccola.

    Sì, sarebbe andato tutto bene. Almeno per quella sera.

    Grace alzò gli occhi verso il cielo. «Grazie, Damon.»

    «Tranquilla, mamma, la corrente c’è.»

    Bill Paulson emerse dalla cucina tenendo una bottiglietta di birra in mano e il telefono appoggiato all’orecchio nell’altra. «Questa è la terza volta che chiami stasera. È tardi. Vai a letto. Domattina vengo a liberarti il viale. Devo anche controllare le case che diamo in affitto.»

    «A meno che non continui a nevicare.»

    Quel commento non lo meravigliò. Sua madre preferiva saperlo intrappolato in un luogo sicuro e al caldo piuttosto che impegnato in un’altra avventura tra le montagne. Tendeva a dimenticare che lui aveva trentatré anni, non tredici. Anche se doveva riconoscere che a volte si comportava più come un ragazzino che come un adulto.

    «Sarà meglio che smetta» disse, sprofondando nella poltrona di pelle con lo schienale reclinabile, la sua preferita. Alla televisione stavano passando le immagini di una partita di football, con il volume al minimo. Nel camino i ciocchi scoppiettavano allegramente. «Non voglio perdermi un’altra giornata in montagna.»

    Dall’altro capo del filo gli giunse un sospiro familiare. Adorava sua madre, ma sapeva cosa stava per arrivare.

    «Nella vita non ci sono solo le arrampicate e lo sci.»

    «Tu non fai scalate e non scii, mamma.»

    «No, ma tu sì.»

    «La montagna è la mia vita» ribatté lui. «Non c’è nulla che mi piaccia

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