I due volti del milionario: Harmony Destiny
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About this ebook
Elizabeth Bevarly
Elizabeth Bevarly é nata e cresciuta a Louisville, nel Kentucky e si é laureata con lode in letteratura inglese all'università di Louisville nel 1983. Nonostante abbia sempre desiderato diventare una scrittrice, prima di riuscire a coronare il suo sogno, ha lavorato con contratti a termine in sale cinematografiche, ristoranti, boutiques e grandi magazzini.
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I due volti del milionario - Elizabeth Bevarly
successivo.
Prologo
Clara Easton stava dando il tocco finale alla torta natalizia, guarnendola con gli ultimi frutti di bosco, quando il campanello sopra l'ingresso del Tybee Island's Bread & Buttercream suonò per quella che si augurava l'ultima volta nel corso della giornata. Non che non fosse riconoscente per ogni cliente che varcava la soglia del suo negozio, ma con il Giorno del Ringraziamento appena alle spalle e Natale a un mese scarso di distanza, la panetteria-pasticceria era decisamente sotto pressione. Senza contare che doveva passare a ritirare Hank dalla babysitter tra... consultò istintivamente l'orologio. Capperi! Fra trenta minuti! La giornata era letteralmente volata via.
Con un po' di fortuna, la cliente avrebbe potuto essersi appena ricordata che aveva bisogno di un dessert per la consueta festa del fine settimana e che qualunque cosa le fosse rimasta, le sarebbe andata benissimo. Invece la visitatrice non era né una lei, né un cliente abituale, come si affrettò a riferirle Tilly, la giovane commessa, raggiungendo Clara in cucina. Nossignori, era un uomo che chiedeva della Signorina Easton. Un uomo in giacca e cravatta. E con tanto di valigetta professionale.
Il che era un tantino bizzarro, tutti sull'isola la chiamavano Clara, e pochi se non nessuno dei suoi clienti erano uomini d'affari... o anche solo uomini, per la verità. Madri e mogli erano la linfa che mandava avanti il Bread & Buttercream. Clara era talmente incuriosita che non perse nemmeno tempo a levarsi il grembiule prima di precipitarsi in negozio. In compenso, riuscì a infilare qualche ricciolo corvino sotto la bandana bianca da pirata che portava in testa.
Anche se non avrebbe certo sfigurato sull'isola con il suo indubbio fascino e il fisico prestante da surfista, l'uomo che si trovò di fronte non era chiaramente un prodotto locale. Il suo abito aveva un taglio troppo impeccabile, al pari della sua capigliatura, e pareva fuori dal suo elemento in mezzo a scaffali di torte in scatola e pasticcini.
«Salve» lo salutò Clara. «In cosa posso esserle utile?»
«Signorina Easton?» domandò lui.
«Clara» lo corresse istintivamente lei. Signorina Easton dava l'idea di una zitella di epoca vittoriana che gestiva una pensione per signorine cui si richiedeva di non rientrare dopo le nove per preservare reputazione e purezza.
«Signorina Easton» ripeté in ogni caso l'uomo. «Mi chiamo August Fiver e lavoro per lo Studio Legale Tarrant, Fiver & Twigg.»
Così dicendo, le porse un biglietto da visita che recava il suo nome e la sua qualifica, ovvero vicepresidente e ricercatore successorio, oltre a un indirizzo di New York City. Clara sapeva che questo genere di legali aveva a che vedere con le disposizioni testamentarie, ma non conosceva nessuno che fosse morto di recente. Non aveva familiari, fatta eccezione per suo figlio, e tutti i suoi amici e amiche stavano bene.
«Ricercatore successorio?» mormorò quasi tra sé.
Lui annuì. «Il mio studio viene incaricato di rintracciare gli eredi che sono, per così dire, parenti di cui si è persa traccia che, però, rientrano nell'asse patrimoniale del de cuius.»
La spiegazione non chiarì affatto le idee. Da ciò che Clara sapeva delle due persone che si erano scambiate sufficienti fluidi corporei per metterla al mondo, qualunque cosa avessero da lasciarle in eredità era rubata oppure frutto di un qualche raggiro. Meglio lasciar perdere.
La confusione le si dovette riflettere in volto, perché August Fiver le disse: «Si tratta di suo figlio, Henry. Sono qui per conto della nonna paterna, Francesca Dunbarton». Le labbra gli si piegarono all'insù in un accenno di sorriso mentre aggiungeva: «Dei Dunbarton di Park Avenue».
Clara rimase a bocca spalancata. Aveva passato quasi un mese con il padre di Henry quattro estati prima, quando lavorava al banco del Bread & Buttercream. Brent era seducente, simpatico e dolce, con lo sguardo da poeta, la bocca di un dio e un corpo degno di un museo italiano. All'epoca, viveva in una tenda, suonava la chitarra e leggeva per lei ad alta voce alla luce di un fuoco. Poi, un mattino, se ne era andato, pronto ad affrontare qualunque cosa la vita avesse in serbo per lui.
Clara non lo aveva rimpianto più di tanto. Non ne era stata innamorata, e aveva programmi per il futuro che non lo comprendevano. Volutamente, non si erano nemmeno detti i rispettivi cognomi, talmente erano sicuri che ciò che stavano condividendo non potesse essere che temporaneo. Si erano divertiti per qualche settimana, poi la cosa era giunta al naturale epilogo.
Solo che non era esattamente finita lì. Quando Clara aveva scoperto di essere incinta, si era sentita in dovere di contattare Brent per metterlo al corrente. Aveva ancora il suo numero di telefono. Tuttavia gli SMS che gli aveva inviato non avevano ricevuto risposta, come pure le successive telefonate. Alla fine, il numero era stato cancellato, risultando inesistente. Non era stato facile crescere un bambino da sola. Non lo era tuttora. Clara, però, se la cavava. Era un po' come se fossero lei e Hank contro il resto del mondo. E la cosa le stava bene.
«Non mi ero resa conto che Brent provenisse da una famiglia agiata» affermò. «Non era... non abbiamo... quell'estate è stata...» Clara rinunciò a descrivere quello che non si poteva descrivere. «Mi sorprende perfino che abbia detto a sua madre di Hank. Mi spiace che la signora Dunbarton sia passata a miglior vita senza poter conoscere suo nipote.»
A questo punto, l'espressione di August Fiver si fece seria. «La signora Dunbarton è viva e vegeta. Mi duole doverla informare che è Brent a essere passato a miglior vita.»
Per la seconda volta in altrettanti minuti, Clara rimase allibita. Poi cercò di capire cosa provava alla notizia della morte di Brent e la turbò scoprire che non ne aveva idea. Era semplicemente passato così tanto tempo dall'ultima volta che lo aveva visto.
«Dato che suo figlio è l'unico erede di Brent Dunbarton, tutto ciò che apparteneva a suo padre ora appartiene a Henry. E non è una somma da poco.»
Non è una somma da poco, si ripeté tra sé Clara. Cosa voleva dire?
«Centoquarantadue milioni» affermò August Fiver.
Clara accusò un tuffo allo stomaco. Doveva aver capito male. Una cifra del genere neanche riusciva a immaginarla, figurarsi se poteva pensare di...
«Centoquarantadue milioni di dollari» ribadì il legale, sgombrando il campo da qualsiasi dubbio. «La stima del patrimonio del signor Dunbarton, ovvero l'eredità di suo figlio, ammonta a tanto. E la nonna di Henry non vede l'ora di incontrarvi entrambi. Come pure il fratello di Brent, Grant. Mi hanno incaricato di condurla a New York insieme a suo figlio al più presto possibile. Pensa di poter essere pronta per partire domani?»
1
Clara non si era mai spinta più a nord di Knoxville, Tennessee. Tutto quello che sapeva di New York City lo aveva appreso da televisione e film, nessuno dei quali l'aveva preparata per affrontare la realtà fatta di edifici che si arrampicavano in cielo e strade intasate di gente e di taxi. Nonostante questo, però, quando la berlina a bordo della quale aveva preso posto insieme a Hank e Gus, come August Fiver le aveva dato istruzione di chiamarlo, svoltò per imboccare Park Avenue, Clara iniziò ad avvertire il fascino di New York.
Alla fine, le ci erano voluti quattro giorni per lasciare Tybee Island. Solo per preparare le valigie le ci era voluto un giorno, e poi aveva dovuto evadere ordini per un compleanno, un baby shower, la tradizionale festa per l'imminente nascita di un bambino, una serata di giochi di società e una torta nuziale. Inoltre era stato necessario avvisare l'asilo di Hank e organizzare i turni per coprire la sua assenza al Bread & Buttercream. Grazie al cielo, la settimana si preannunciava tranquilla, anche se stava per scatenarsi la frenesia per l'avvicinarsi delle festività natalizie.
Guardando fuori dal finestrino, Clara stentava a credere ai suoi occhi. La città era semplicemente...
«Mamma, questo posto è eccezionale!»
Clara sorrise al figlioletto.
Accomodato fra lei e Gus, nonostante il vincolo della cintura di sicurezza Hank si protese nel tentativo di osservare il paesaggio urbano che sfilava accanto all'auto, chiaramente rapito quanto sua madre. Tuttavia, a parte la capacità di stupirsi, i capelli scuri e gli occhi verdi, le somiglianze fra loro finivano lì. Infatti, Hank aveva un viso che era la copia perfetta di quello di Brent, di cui condivideva anche il carattere. Era accomodante e giocherellone, curioso e poco propenso alla serietà in genere.
Clara era contenta che Hank fosse diverso da lei sotto quell'aspetto. Infatti, lei era stata una ragazzina seriosa e incline alla malinconia. Cose come il gioco e il divertimento erano state ampiamente latitanti nella sua infanzia, e aveva imparato presto a non porre mai domande, per non infastidire gli adulti. Nello stato della Georgia, la vita di una minorenne sbattuta di casa famiglia in casa famiglia andava così. Era per questo che voleva che la vita di suo figlio fosse il più possibile priva di turbolenze e saldamente radicata in un luogo ben preciso. Sperava solo che questa eredità da parte di Brent non scombussolasse l'ordine delle cose.
L'auto si fermò davanti a un edificio di una dozzina di piani, la cui facciata in pietra era addobbata con dei festoni dorati per le festività imminenti. Il vialetto era bordato da siepi cariche di luci e un portiere in livrea rossa stava di guardia all'ingresso. Era il genere di posto di gente a capo di qualche impero industriale e che apparteneva sicuramente alla famiglia da almeno un paio di secoli. I Dunbarton potevano risalire nel loro albero genealogico fino alle origini inglesi, le aveva spiegato Gus, erano imparentati alla lontana addirittura con un duca. Questo significava che Hank avrebbe potuto potenzialmente diventare re nel caso fosse tornata la Peste Nera e avesse spazzato via diverse migliaia di persone che si interponevano tra lui e la successione al trono.
L'atrio del palazzo era sontuoso quanto l'esterno, tutto marmi e mogano splendente, adorno di sempreverdi in vaso e ghirlande piene di nastri di velluto rosso. E, quando presero l'ascensore per l'ultimo piano, le porte si spalancarono su un attico il cui atrio era un trionfo di stelle di Natale. Clara passò un braccio attorno alle spalle di Hank per stringerlo a sé, e Gus sembrò intuire l'ansia che l'aveva assalita. L'avvocato sorrise in modo rassicurante mentre suonava il campanello. Lei lanciò un'occhiata a Hank per assicurarsi che fosse presentabile e, immancabilmente, dovette chinarsi ad allacciargli una scarpa.
«Signor Fiver» sentì qualcuno salutare Gus con tono di voce decisamente formale.
Il maggiordomo, pensò Clara mentre annodava le stringhe di Hank. Accidenti, era tagliato per quel mestiere, visto che sembrava in tutto e per tutto pagato per suonare freddo e distaccato.
«Signor Dunbarton, buongiorno» replicò Gus.
Okay. Non era il maggiordomo. Era il fratello di Brent. Clara non riusciva a ricordare la voce di Brent, ma era sicura che non fosse stata affatto così solenne.
Allacciate le stringhe, si alzò per salutare il padrone di casa e... E fece un mezzo passo indietro, trattenendo il fiato in gola. Perché il padre di Hank era come se fosse uscito dalla tomba e la stesse fissando con un'espressione triste come la morte.
O forse no. Guardandolo meglio, Clara non vide poi così tanto di Brent negli occhi azzurri e nei capelli corti e neri del fratello. Gli occhi di Brent brillavano sempre divertiti e la sua capigliatura era lunga da fluttuare morbidamente nella brezza dell'oceano. Gli zigomi marcati, la mascella pronunciata e il naso elegante erano uguali, ma non erano certo temprati dalla carezza del sole e dal sale. E la bocca... Oh, la bocca. La bocca di Brent era sempre piegata in un sorriso impertinente, ed era piena e carnosa, il tipo di bocca che avrebbe potuto spingere qualsiasi donna a fare un colpo di testa. La versione che aveva di fronte era tesa e assottigliata in una linea intransigente, chiaramente non portata al sorriso. E mentre Brent non portava altro che T-shirt e shorts sformati, quest'uomo indossava dei pantaloni color antracite, camicia bianca, cravatta azzurra e giacca scura.
Dunque, non era lo zombie di Brent. Era il fratello vivo e vegeto di Brent. Il fratello gemello. L'immagine riflessa di un uomo che, un'estate, aveva riempito Clara di felicità e le aveva lasciato il dono di un figlio che avrebbe assicurato che quella felicità la accompagnasse per sempre.
Paradossalmente, era l'immagine riflessa di un uomo che non gli somigliava affatto.
Non era affatto come se l'era aspettata.
Anche se, per la verità, Grant Dunbarton non sapeva bene come si era aspettato che fosse la madre del figlio di Brent. Suo fratello era stato estroso e volubile in fatto di donne. Anzi, lo era stato su tutto. Donne, auto, abbigliamento. Amici, famiglia, società. Promesse, obblighi, responsabilità. Si poteva citare qualsiasi possibile interesse, e di sicuro aveva attirato l'attenzione di Brent... almeno fino a quando non se ne era stancato. Vale a dire, nel