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Ricordi a fior di pelle (eLit): eLit
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Ricordi a fior di pelle (eLit): eLit

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About this ebook

ROMANZO INEDITO
Quando Jennifer incontra Trev Montgomery, il suo cuore smette di battere. Lui è bellissimo, sexy, e sette anni prima, per pochi mesi, è stato suo marito. Costretta a fingersi morta da circostanze che non fa mai potuto rivelare, Jennifer si è costruita un nuovo aspetto e una nuova identità, lontano da Trev. Ma ora il destino li ha fatti rincontrare e la passione torna a divampare. Chi è davvero quella sconosciuta? Trev non ha risposte, solo una certezza: è la donna della sua vita.
LanguageItaliano
Release dateSep 2, 2019
ISBN9788830503410
Ricordi a fior di pelle (eLit): eLit
Author

Donna Sterling

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Ricordi a fior di pelle (eLit) - Donna Sterling

    successivo.

    1

    Trev Montgomery era sul molo dell'albergo, circondato soltanto dall'oscurità e dal profumo salmastro dell'oceano Atlantico. Serrò le dita intorno alla fede nuziale e la sottile fascetta d'oro gli premette dolorosamente il palmo della mano.

    Aveva quell'anello da sette anni.

    Portò la mano dietro la testa e con un movimento improvviso gettò il gioiello più lontano che poté. Gli parve di vedere chiaramente lo scintillio dell'oro sull'acqua scura, oltre le onde. Percepire la sua fredda discesa nell'infinito.

    Non provò alcun senso di liberazione. Ma ormai era arrivato il momento di concludere tutta quella storia. Avrebbe sbattuto la porta in faccia alle domande che lo avevano assillato senza sosta fino ad allora. Cosa era successo a Diana? Perché era scomparsa senza lasciare traccia?

    Era stanco di sperare inutilmente. Voleva voltare pagina, cominciare un nuovo capitolo della propria vita.

    Quella mattina, dopo che la Corte aveva dichiarato Diana legalmente morta, aveva lasciato la sua città nel sud della California. La città dove aveva incontrato e sposato Diana, dove avevano vissuto e si erano amati per quattro mesi meravigliosi. E dove lei era scomparsa, senza un'apparente valida ragione.

    Non riusciva più a restare in quel luogo di sogni infranti, ormai si era deciso a cambiare vita. Raggiunta la costa est aveva concluso un contratto d'acquisto per un terreno, e a Sunrise, in Georgia, avrebbe ricominciato tutto dal principio.

    La sua famiglia e gli amici, rimasti in California, lo esortavano da anni a rifarsi una vita. Alcune delle amiche di Diana avevano perfino cercato di sostituirla. Ma Trev aveva sentito il bisogno imperioso di allontanarsi da tutti.

    Desiderava qualcosa di nuovo. Qualcuno di nuovo.

    Fin dalla prima volta in cui era stato a Sunrise aveva avuto l'idea di costruire un complesso edilizio. La posizione favorevole del territorio e l'ospitalità della gente avrebbero costituito la cornice ideale per le case dei suoi sogni. Aveva scoperto quella cittadina durante il viaggio di nozze con Diana. Ma ormai questo non aveva grande importanza.

    Benché il paese avesse mantenuto la sua bellezza e il fascino delle piccole cittadine, era anche cambiato notevolmente. L'albergo nel quale soggiornava Trev, per esempio, non c'era sette anni prima. Il ristorantino sul molo dove avevano gustato deliziosi frutti di mare era diventato una boutique alla moda.

    No, il ricordo di Diana non lo avrebbe perseguitato anche in quel posto.

    Trev voltò le spalle all'oceano e tornò verso l'albergo.

    Diana era stata dichiarata morta. Quella notte avrebbe cominciato una nuova esistenza. Senza di lei.

    Jennifer Hannah era nervosa, stava infrangendo una delle regole più importanti. Non socializzare con i colleghi. A parte le festività inevitabili, si era attenuta a quel principio per tutti i sette anni trascorsi a Sunrise.

    La sua professione come contabile per una piccola società di lavoro temporaneo e il volontariato, nel tempo libero, la tenevano sufficientemente occupata. O almeno così credeva.

    Ma le sue colleghe, quella sera, l'avevano convinta a festeggiare l'entusiasmante risultato raggiunto sul lavoro. Tutti i dipendenti temporanei della società erano stati assunti a tempo indeterminato. La Helping Hand Staffing Services stava crescendo. E così si erano dati appuntamento nel bar del nuovo e lussuoso albergo costruito in città.

    Mentre attraversava la porta girevole dell'elegante hotel, ammise con se stessa di essere ansiosa di trascorrere una serata un po' diversa dal solito, in mezzo alla gente. Per quanto cercasse di tenersi occupata, la solitudine continuava ad affliggerla.

    Ma non poteva permettersi di pensare alla propria solitudine, né di ricordare ancora i giorni trascorsi con gli amici veri, le risate sincere e l'amore più appagante.

    L'amore. No, non poteva assolutamente pensarci. L'amore apparteneva ormai a un'altra vita. I ricordi servivano solo a tormentarla.

    Si fermò nell'ingresso, cercando di lenire il dolore che minacciava di soffocarla. Non devi pensare alla vita intera che dovrai trascorrere senza Trev. Vivi un momento alla volta. Erano sette anni che viveva di momenti.

    Dopotutto la solitudine era solo un piccolo prezzo da pagare in cambio della sopravvivenza, sua e probabilmente anche di Trev.

    Ripresasi, attraversò la hall dell'albergo. I suoi tacchi alti ticchettarono sul pavimento di marmo mentre oltrepassava elaborate fontane e rare piante tropicali. Il pensiero di un tale lusso a Sunrise le procurava una sensazione dolceamara.

    Per quante opportunità di lavoro offrisse l'albergo agli abitanti del posto, Jennifer detestava vedere Sunrise cambiare e modernizzarsi. Aveva scoperto quell'idilliaca cittadina di pescatori durante la sua vera vita, e l'aveva condivisa per poche ore con Trev. Avrebbe voluto che rimanesse per sempre così.

    Respingendo quel pensiero, si diresse verso il bar, ma un'insegna attirò la sua attenzione. Il nostro più caloroso benvenuto alle Costruzioni Montgomery.

    Che ironia! Aveva pensato a Trev e subito vedeva un'insegna con lo stesso nome della sua compagnia.

    Quel pensiero la raggelò. Non poteva essere l'impresa di Trev! No, lui lavorava in California, dall'altra parte del continente.

    Ma la possibilità che potesse trattarsi di Trev la turbò profondamente. Emozioni contrastanti si scontrarono dentro di lei, il timore che lui riuscisse a riconoscerla e nello stesso tempo la speranza elettrizzante di poterlo rivedere.

    No!

    Ciò sarebbe equivalso a infrangere la regola. Se la Costruzioni Montgomery era effettivamente la società edile di Trev, Jennifer se ne sarebbe dovuta andare. Immediatamente. Non poteva correre il rischio di incontrarlo.

    Anche a lui Sunrise era piaciuta. Avevano perfino scelto il punto in cui costruire la casa dei loro sogni, se avessero mai avuto il denaro sufficiente e avessero deciso di lasciare la California.

    Probabilmente però Trev non ricordava più il pranzo a base di frutti di mare consumato sul molo. Questa è soltanto paranoia, rifletté Jennifer. L'agente che si era occupato del suo trasferimento l'aveva avvertita della possibilità di soffrirne. Era il minimo che potesse succedere, quando qualcuno era costretto a nascondersi da chiunque conoscesse.

    Jennifer si sforzò di pensare razionalmente. Avrebbe domandato alla reception. Doveva assolutamente sapere se Trev si trovasse a Sunrise.

    In tal caso avrebbe dovuto lasciare la cittadina, cercare una nuova casa e ricominciare da capo.

    Eppure... poterlo rivedere! Solo uno sguardo.

    Ma Diana era morta e Jennifer Hannah non sapeva nulla di Trev Montgomery, né della sua famiglia... né dei baci appassionati e degli amplessi sconvolgenti che le facevano ancora ribollire il sangue nel bel mezzo delle notti più solitarie.

    Un movimento improvviso la strappò da quei pensieri tristi.

    Un guinzaglio di pelle le imprigionò le caviglie, minacciando di farla cadere, mentre un piccolo barboncino le correva intorno abbaiando.

    «Smettila immediatamente, Duchessa!» esclamò una signora dai capelli bianchi.

    Lei rise, divertita dal festoso abbaiare della bestiola. Quando si fu liberata dal guinzaglio, la padrona del cane si scusò per il comportamento del suo bambino, eccitato perché finalmente in vacanza. Jennifer si voltò sorridendo verso il banco della reception, decisa a chiedere informazioni.

    Ma il suo sguardo incontrò quello di un uomo fermo dalla parte opposta dell'ingresso. Un uomo alto, con capelli castani e spalle straordinariamente ampie, le labbra atteggiate a un'espressione familiare.

    Trev! In carne e ossa. Suo marito, il suo amante. Il suo passato. Lui la guardò con intensa curiosità. Un desiderio feroce esplose dentro di lei. Jennifer avrebbe voluto gridare il suo nome.

    Un gruppo di persone si intromise tra loro, interrompendo lo sguardo che aveva imprigionato entrambi. Subito Jennifer si riprese. Doveva andarsene!

    L'uomo cominciò a dirigersi verso di lei.

    Il panico la travolse, e Jennifer compì l'azione più assurda possibile. Si mise a correre. Attraverso la folla, lungo un passaggio laterale, poi in un labirinto di corridoi secondari.

    «Diana!»

    Il grido accelerò le scariche di adrenalina. Lei svoltò un angolo, correndo con tutta la velocità consentitale dalla gonna stretta e i tacchi alti.

    «Fermati, Diana!»

    Come poteva riconoscerla? I suoi capelli erano biondi, non castani, e gli occhi blu, non verdi. Naso, mento, bocca e palpebre erano stati alterati chirurgicamente. Aveva ventisette anni, non venti. Era ingrassata. Non avrebbe dovuto riconoscerla.

    Eppure ci era riuscito.

    Jennifer scorse l'insegna uscita. Precipitatasi in quella direzione, aprì la pesante porta e si ritrovò su una scala di cemento grigio.

    Aveva appena cominciato a salire le scale, quando la porta si spalancò di nuovo.

    «Diana!» Passi affrettati risuonarono dietro di lei.

    Jennifer raggiunse la porta del piano superiore. Chiusa.

    Due mani forti la afferrarono per le spalle. «Cosa diavolo...?» ringhiò lui, girandola e inchiodandola contro il muro di cemento. Trev Montgomery, l'unico uomo che Jennifer avesse mai amato, l'uomo la cui vita lei avrebbe potuto distruggere troppo facilmente.

    Lo sguardo infuocato di lui scrutò i suoi lineamenti.

    Jennifer aveva dimenticato quanto fosse grande, virile, forte e muscoloso. Il suo viso, abbronzato da anni di lavoro all'aperto, aveva un aspetto più affilato, gli zigomi e la mandibola più pronunciati. Le piccole rughe che gli evidenziavano gli angoli degli occhi colore del whisky erano più profonde, come le linee ai lati della bocca. I segni del tempo avevano accresciuto il suo fascino. Un fascino pericoloso... almeno per lei.

    «Mi... mi ha scambiata per un'altra» dichiarò Jennifer con il fiato corto, cercando di utilizzare il tono privo di inflessione dialettale che le avevano insegnato.

    Lo stupore disegnò un'espressione corrucciata sul volto di Trev. Lei si sforzò di restare impassibile. Non si sarebbe mai aspettata di sentire di nuovo il tocco delle sue mani forti.

    Lentamente, sul viso di lui dilagò la delusione, vuota e terribile. «Non è lei...» sussurrò. «Non è...» Chiuse gli occhi, le labbra serrate in una sottile linea biancastra.

    Ma non la lasciò andare. Stava chiaramente combattendo una battaglia interiore contro se stesso. Osservandolo, Jennifer sentì un dolore intenso crescerle nel petto.

    Sarebbe tanto voluta essere Diana in quel momento, ma non poteva più tornare indietro.

    «Mi deve scusare» disse infine lui con voce roca, guardandola con quegli occhi castani che l'avevano incantata fin dalla prima volta. «Credevo che lei fosse... mia moglie.»

    Sua moglie. Non la ex moglie. Il particolare la colpì.

    Sbattendo le palpebre, lui le lasciò andare le spalle, poi arretrò. «Lei... lei le somiglia così tanto.»

    «Davvero?» Fu la sorpresa a spingerla a porgli quella domanda. Jennifer si era data tanta pena per modificare il proprio aspetto, com'era possibile che Trev notasse ancora la somiglianza?

    «Perfino la sua risata. È stata proprio quella ad attirare la mia attenzione. Quando l'ho sentita...» Trev si interruppe, ma il suo sguardo continuò a scrutare il viso di lei. «È scomparsa da molti anni.» Espirò bruscamente, poi le voltò le spalle. Come se stesse parlando più a se stesso che a lei, aggiunse: «Evidentemente non riesco a smettere di cercarla».

    Un sospetto orribile colse Jennifer. Trev non aveva ricevuto la sua lettera d'addio? Quella in cui lei gli spiegava di essere convinta che la loro relazione non potesse funzionare, e gli diceva che non sarebbe mai tornata? Possibile che la lettera più importante che Jennifer avesse mai scritto in tutta la sua vita non fosse stata spedita?

    «Co... cosa è successo a sua moglie?» gli domandò, pur sapendo che non avrebbe dovuto parlare con lui.

    Trev si fermò vicino alla porta. «Non lo so. Partì per recarsi

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