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A distanza di sicurezza: Harmony Destiny
A distanza di sicurezza: Harmony Destiny
A distanza di sicurezza: Harmony Destiny
Ebook170 pages2 hours

A distanza di sicurezza: Harmony Destiny

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About this ebook

Baroni dell'oro nero 7/8
Una potente famiglia di petrolieri: scandali, segreti inconfessabili ed eredità da spartire nella selvaggia Alaska

Il milionario Conrad Steele vuole Felicity Hunt nel suo letto a tutti i costi, ma senza nessun impegno né vincolo futuro. Conrad sa cosa si prova a essere abbandonati all'altare e non è disposto a correre nuovamente il rischio. La stessa Felicity fa di tutto per restare a distanza di sicurezza dall'affascinante milionario. L'organizzazione di un evento di beneficienza, però, porta i due a passare lunghi momenti insieme durante i quali il timore reciproco si affievolisce e la tentazione diventa sempre più grande, fino alla notte in cui esploderà la passione e cambierà ogni cosa...
LanguageItaliano
Release dateOct 21, 2019
ISBN9788830505773
A distanza di sicurezza: Harmony Destiny
Author

Catherine Mann

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    A distanza di sicurezza - Catherine Mann

    successivo.

    1

    Era tornato.

    A Felicity Hunt bastò vedere lo Stetson marrone chiaro appoggiato sul ginocchio per capire che Conrad Steele non avrebbe onorato la sua richiesta di smettere di cercarla. Quell'uomo era una minaccia per l'equilibrio che era riuscita a riacquistare a fatica dopo il divorzio.

    D'accordo, aveva la reputazione di essere un uomo determinato, di quelli che sanno come parlare e insistono finché non ottengono ciò che vogliono.

    Be', non avrebbe ottenuto lei.

    Anche se di certo si stava giocando tutte le carte per attirare la sua attenzione. Quel giorno, nel giardino della memoria dell'ospedale, Conrad stava leggendo un racconto a un gruppetto di pazienti di altezza inferiore al metro, raccolti intorno a lui. Erano tanto assorti da far tenerezza.

    Felicity aveva appena fatto visita a un bimbo di tre anni che era stato dato in affido e ora si trovava in condizioni critiche; la vista di Conrad, in quelle circostanze, non fece che rafforzare la sua determinazione a tenerlo a distanza, anche se ovviamente era più facile a dirsi che a farsi: da assistente sociale dell'Anchorage General Hospital, aveva un debole per i pazienti più piccoli.

    I bambini erano seduti sulle sedie a rotelle o su dei materassini, gli occhi spalancati a dimostrare l'attenzione concentrata su quel cowboy che parlava di un cavallo magico.

    La voce profonda rombava sulle parole, il libro che sembrava una miniatura nelle sue mani grandi. Lo teneva aperto affinché il piccolo pubblico potesse vedere le immagini, come l'acquarello del grande cavallo con una coperta e una sella sulla schiena.

    Una bambina alzò la mano per fare una domanda. «Cosa sono quelle cose che pendono dalla sella?»

    «Quelle sono le staffe, per i piedi del cavaliere» rispose Conrad sbattendo i tacchi degli stivaletti per terra; poi elaborò la risposta in termini molto semplici e comprensibili, dimostrando tutta la propria competenza per ciò che riguardava il mondo equestre.

    Quando sollevò lo sguardo dai bambini, andò a incrociare quello di Felicity, che si era appoggiata a un pilastro. Le scintille scoccarono immediatamente; lei sarebbe dovuta esserci abituata, ormai, eppure la colsero ancora di sorpresa. Era bastata un'occhiata di non più di tre secondi per lasciarla scossa anche dopo che lui aveva riportato l'attenzione sul libro.

    Accidenti a lui... Era bello di una bellezza non patinata, come una star del cinema con quella mascella pronunciata e gli zigomi alti. Aveva i capelli scuri corti e ordinati, appena un accenno di argento sulle tempie; e quegli occhi, di un azzurro cristallino e ardenti come la fiamma più rovente.

    Le spalle larghe riempivano alla perfezione la camicia bianca immacolata, la giacca appoggiata sullo schienale di una carrozzella. La cravatta di seta rossa attirava l'attenzione sul collo.

    Era un uomo su cui gli altri si appoggiavano.

    Felicity si costrinse a inspirare ed espirare, regolarmente, per rallentare il battito cardiaco. Tormentò tra le dita il badge appeso al cordoncino d'argento, considerando che sarebbe dovuta uscire dal giardino, e l'avrebbe fatto, prima che lui concludesse la storia.

    Nel frattempo, però, la sua mente sembrava persa nei ricordi di come aveva conosciuto Conrad, di come lui l'aveva corteggiata con una lusinghiera intensità.

    Si erano incontrati grazie a una sua amica volontaria in terapia intensiva neonatale, che usciva con il nipote di lui. Erano usciti qualche volta insieme, perché lei non aveva saputo resistere, ma prima di Natale gli aveva detto chiaro che tra loro non ci sarebbe mai stato niente.

    E poi aveva cominciato il nuovo lavoro. Un sogno diventato realtà, essere assunta direttamente dall'ospedale per prendersi cura dei pazienti minorenni. Motivo in più per concentrare tutte le proprie energie sulla carriera, e non su una storia che non poteva avere un futuro. La fine traumatica del matrimonio l'aveva lasciata con un cuore spezzato. Il dolore era stato così intenso che le aveva procurato problemi sul lavoro, impedendole di concentrarsi. Aveva dovuto impegnarsi a fondo e a lungo per ricostruirsi una reputazione, e non aveva alcuna intenzione di rischiare un'altra battuta d'arresto nella vita professionale, come in quella personale.

    Dopo aver concluso la storia, Conrad chiuse il libro e passò il testimone a una volontaria che aveva portato delle marionette. Felicity lasciò andare il cordoncino, le dita che ormai avevano perso la sensibilità da tanto l'aveva tenuto stretto. Aveva atteso troppo, persa nei propri pensieri. Se si fosse mossa in fretta, avrebbe ancora potuto defilarsi ma... non avrebbe solo rimandato l'inevitabile? Prima o poi avrebbe dovuto affrontare Conrad, per ribadire il proprio bisogno di spazio.

    Lui recuperò Stetson e giaccone. Si fece strada tra l'assembramento di bambini, oltre i gerani piantati nei vasi di terracotta, oltre gli alberelli e la fontana di pietra. Gli occhi fissi su di lei.

    Felicity rilasciò il fiato, il cuore che tornava a galoppare di propria iniziativa.

    «Buongiorno» la salutò lui semplicemente, dopo averla raggiunta, senza alcuna esitazione. «È un piacere vederti.»

    Lei si morsicò il labbro e cercò di non guardargli la bocca né gli occhi, bombardata com'era dai ricordi dei pochi momenti passati insieme. «Dovremmo uscire. Non voglio disturbare lo spettacolo.»

    Nel locale si stava diffondendo la musica registrata di un flauto, e la volontaria si apprestava a iniziare la sua storia. I bambini erano immobili per seguire la performance.

    Conrad aprì la porta che dal giardino si immetteva nel corridoio affollato da personale e visitatori, il flusso di gente che procedeva in entrambe le direzioni, correnti opposte che in qualche modo si intrecciavano fluidamente. La parete vetrata mostrava uno spazzaneve che si apriva la strada verso il lotto accanto al parcheggio multipiano.

    Conrad la prese per il gomito e la guidò verso una nicchia dove erano state sistemate le macchinette per il caffè e le merendine. Bastò quel semplice contatto a farle incendiare il corpo, mentre il suo sguardo passionale la faceva sentire una sirena nonostante la gonna gessata e la camicetta bianca.

    Conrad appoggiò una mano alla parete, le spalle che bloccavano la vista del corridoio, rendendo tutt'a un tratto intimo uno spazio decisamente pubblico. «Congratulazioni per il nuovo impiego.»

    Quindi lo sapeva; probabilmente glielo aveva detto Tally Benson, l'amica che usciva con Marshall Steele, suo nipote. E questo significava che la sua presenza in ospedale non era una coincidenza: la stava cercando.

    Sentì montare la frustrazione, ma anche un brivido di piacere, per quanto non voluto. «Te l'ha detto Tally?»

    «È stato Marshall» la corresse. «Non sapevo che volessi cambiare lavoro.»

    Felicity ebbe difficoltà a concentrarsi sulle parole, per colpa del suo profumo speziato che le riempiva ogni respiro.

    «Non è che il posto precedente non mi piacesse, ma questo è il sogno della mia vita.» Motivo in più per dedicargli tutta la sua attenzione.

    «Sono fortunati ad averti.» La sua mano era abbastanza vicina da accarezzarle i capelli, però lui non si mosse.

    Il contatto fantasma fu altrettanto potente.

    I convenevoli, tuttavia non le interessavano più di tanto.

    «Perché sei qui?» andò al sodo. «Questo tuo improvviso interesse per i bambini malati mi risulta quanto meno sospetto.»

    «È per l'asta del mese scorso» le ricordò. «Non hai voluto uscire con me, così il tempo che avrei dedicato a te lo dedico invece ai bambini.»

    Felicity si era infuriata quando lui aveva chiesto alla nipote di vincerlo all'asta degli scapoli per poi passarle la vittoria. Non le piaceva essere manipolata. Altro motivo per cui vederlo in ospedale, quel giorno, l'aveva irritata, nonostante la sua vicinanza le facesse infiammare la temperatura corporea.

    D'altra parte, non poteva negare che stesse facendo del bene ai bambini, molti dei quali dovevano sopportare una lunga degenza nel reparto di oncologia pediatrica.

    «È molto altruistico, da parte tua. Perché hai scelto di leggere libri invece che, non so, aiutare nel negozio di souvenir?»

    «Mi piacciono i bambini, anche se purtroppo non ne ho di miei. Sono sempre stato uno zio orgoglioso e molto attento ai miei nipoti. E la Fondazione della mia famiglia sta avviando tutta una serie di progetti qui all'Anchorage General

    Possibile che fosse vero e lei non ne avesse ancora sentito parlare? Oppure era solo una scusa inventata per starle attorno, perché lei aveva avuto il coraggio di dire di no a uno Steele?

    «Che genere di progetti?»

    «C'è un programma per donare i libri ai pazienti» rispose senza alcuna esitazione.

    Felicity gli credette, almeno riguardo a questo.

    «È una bella idea, ma ho bisogno di assicurarmi che tu sappia che il mio interesse non è in vendita.»

    Il suo sorriso sparì.

    «Non lo è neanche il mio onore. La mia famiglia ha sempre supportato questo ospedale in segno di gratitudine per l'eccellente cura che prestano ai pazienti. I miei nipoti sono nati tutti qui. Mia nipote Naomi è stata curata per il cancro. La donazione dei libri fa parte di un nuovo programma pilota.»

    «Programma pilota?» non riuscì a trattenersi dal chiedere, intrigata quanto meno come professionista. Giusto perché aveva voluto dimostrarsi distaccata.

    «La Fondazione delle famiglie Steele e Mikkelson sta cercando altri modi per fare la differenza in ospedale. Uno di questi è donare libri, volumi che i pazienti possono tenere in modo che non si corra il rischio di diffondere germi e altro condividendo il materiale comune.»

    Come ragionamento non faceva una piega, anzi.

    «È davvero generoso. Sono certa che i bambini e i genitori ne saranno molto grati.»

    Le finanze rischiavano di diventare un problema, nel caso di un ricovero prolungato, tanto che acquistare dei libri veniva considerato un lusso.

    Conrad, comunque, non aveva ancora finito.

    «L'approvazione è stata data ieri, quindi, tecnicamente, sono libero di parlarne, anche se non è ancora uscito il comunicato stampa.»

    Il suo sorriso si allargò, e la determinazione di Felicity cedette.

    «Okay, lo ammetto: hai il mio interesse... solo a livello professionale, chiaramente.»

    «Chiaramente» ripeté lui, tuttavia il sopracciglio si era inarcato, seppur in maniera impercettibile, e il suo sorriso mostrava sicurezza, oltre che sensualità. «Faremo una donazione al reparto di oncologia, in onore di mia nipote. L'ala le verrà dedicata ufficialmente nel corso di una cena per il consiglio di amministrazione dell'ospedale e i membri della Fondazione.»

    Le sue parole cominciavano ad avere un senso; non si trattava solo di un regalo o di una scusa per incappare in lei per caso: Conrad e la Fondazione della sua famiglia erano davvero interessati a far parte del panorama finanziario dell'ospedale.

    E quando questa presa di coscienza le fece dedurre l'inevitabile verità, Felicity non riuscì a trattenere un brivido di eccitazione.

    «Girerai spesso da queste parti, vero?»

    Lo Stetson in mano, Conrad osservò Felicity allontanarsi lungo il corridoio dell'ospedale.

    Di sicuro non le era indifferente, e questa era una cosa buona.

    Diamine, certo che avrebbe girato spesso da quelle parti: l'aveva desiderata dal primo momento in cui l'aveva vista. Da allora aveva cercato di conquistarla: compito non facile, dato che lei pativa ancora le conseguenze di un brutto divorzio. Del resto, Conrad non era tipo da lasciarsi spaventare da una battaglia.

    Era molto selettivo, in fatto di donne. Usciva solo con donne che non erano interessate al lieto fine davanti a un altare. Lui stesso ci era già caduto, e in un'altra occasione ci era andato molto vicino, solo per poi essere mollato dalla fidanzata all'ultimo momento. I due tentativi gli erano bastati per tutta una vita.

    Poi, quando il fratello maggiore aveva perso la moglie e una figlia in un incidente aereo, assistere impotente al suo dolore non aveva fatto altro che cementare la sua determinazione a restare scapolo.

    Si era dedicato ad aiutare a crescere i nipoti; gli piacevano molto i bambini, perciò non era stato troppo arduo dare una mano al fratello. Conrad aveva quindici anni meno di Jack ed energia e tempo da vendere. Non poteva fare a meno di chiedersi, però, se il fatto che i nipoti ormai fossero tutti adulti non contribuisse a farlo sentire irrequieto.

    Lo sguardo ritornò su Felicity che stava entrando in ascensore. Di sicuro quella donna aveva la sua attenzione, come probabilmente avrebbe avuto in qualsiasi momento della vita gli fosse capitato di conoscerla. Aveva sperato che l'incontro di quel giorno andasse un po' meglio, comunque

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