Decisamente sexy: Harmony Destiny
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About this ebook
Ecco Zara Lovett. I suoi capelli una pioggia di seta color miele, in tinta con i suoi occhi ambrati. Come un fulmine a ciel sereno quella donna lo sorprende e lo lascia senza fiato, così oltre all'indecisa fidanzata fuggita a un passo dall'altare, ora Alex Carlisle dovrà ritrovare anche la ragione. La chimica tra lui e quella fantastica femmina lo ha trascinato nella confusione più totale. Cosa ne è stato dell'Alex bello e sfuggente, esplosivo ma distaccato! Zara gli fa desiderare davvero di diventare padre e soddisfare così la clausola che il suo vecchio ha posto nel testamento per entrare in possesso della straordinaria eredità di famiglia.
Bronwyn Jameson
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Decisamente sexy - Bronwyn Jameson
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Ruthless Groom
Silhouette Desire
© 2005 Bronwyn Turner
Traduzione di Maria Letizia Montanari
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-809-5
1
Mi dispiace, Alex, ma non posso sposarti oggi.
Di solito la tranquilla compostezza di Alex Carlisle non si lasciava certo scalfire da poche parole scritte, ma quella particolare frase sembrò balzare in aria dall’innocente foglio di carta per abbattersi come un fulmine su di lui.
Piantato in asso. Due ore prima della celebrazione del matrimonio. E lui non aveva avuto il benché minimo preavviso di quanto sarebbe accaduto.
Il resto delle spiegazioni di Susannah ho bisogno di tempo e tranquillità per pensare e mi dispiace così tanto ondeggiò davanti ai suoi occhi annebbiati mentre il livello della frustrazione cresceva pericolosamente. All’inferno tutte le scuse! Lui non aveva bisogno di spiegazioni; aveva bisogno di una moglie nel suo letto.
Quella sera stessa, se non prima.
«Va tutto bene, signore?»
Allentando il pugno in cui stringeva il foglio spiegazzato, Alex rivolse un cenno affermativo verso il portiere dell’albergo che gli aveva consegnato il messaggio. «Grazie, Emilio. Tutto bene.»
Tutto sarebbe andato a posto, decise Alex, serrando la mascella mentre ritrovava parte del proprio autocontrollo dopo quella prima reazione. Una volta che avesse trovato Susannah e avesse chiarito che cosa diavolo potesse essere cambiato dal giorno precedente, quando si erano sentiti per l’ultima volta, tutto si sarebbe sistemato.
Quel contrattempo era sicuramente dovuto al nervosismo dell’ultimo momento. Non poteva trattarsi d’altro. Persino la serena e intelligente Susannah aveva diritto di essere un po’ agitata il giorno del proprio matrimonio, no? Soprattutto essendo a conoscenza dell’importanza che quel matrimonio rivestiva per Alex e tutta la sua famiglia. Non si poteva negare che era una bella responsabilità quella che stava per assumersi.
Passò con cura le dita sul foglio, lisciandolo, poi lo ripiegò nella forma originale. Susannah aveva saputo fin dal principio del testamento del padre. Alex era stato onesto e sincero riguardo all’immediata necessità di avere un bambino che soddisfacesse la clausola... o per lo meno soddisfacesse la sua determinazione a ottemperare alla clausola.
Un bambino nato da uno dei tre fratelli Carlisle, concepito nel giro di tre mesi. Era solo questo che Charles Carlisle aveva chiesto a tutti loro. Così, lui e i suoi fratelli avevano fatto un patto. Uno per tutti e tutti per uno, per accrescere le possibilità di esito positivo.
Come fratello maggiore, Alex lo considerava un suo dovere, una sua responsabilità, il tutto reso ancora più pressante dalla mancanza di successo dei fratelli nella conquista amorosa. Non che questo fatto lo stupisse. Né Tomas né Rafe avevano affrontato il problema adottando una strategia. Né Tomas né Rafe avevano mai preso in considerazione l’ipotesi del matrimonio, di una famiglia, di un bambino.
Alex invece lo aveva fatto.
Desiderava un figlio nato all’interno di un nucleo familiare. Desiderava una moglie e aveva scelto Susannah, amica e donna d’affari, per tutti i giusti motivi. Adesso lei aveva solo bisogno di sentirsi ricordare questi motivi.
Il portiere si schiarì con discrezione la voce. «I fiori sono stati portati nella sua suite mezz’ora fa, signor Carlisle. E la consegna di Cartier è stata messa nella cassaforte dell’albergo per maggiore sicurezza. Credo che ora sia tutto a posto.»
Tutto era pronto per il matrimonio da celebrarsi in forma riservata come avevano deciso sia per mancanza di tempo sia per evitare di attirare l’attenzione della stampa. Tutto era pronto. Tranne la sposa.
«C’è un’altra cosa» affermò Alex, riscuotendosi dallo stato di torpore e rimettendosi in moto. «Forse la mia fidanzata arriverà in ritardo. Per favore, si assicuri che il pastore possa prolungare la sua disponibilità questo pomeriggio.»
«Per quanto tempo, signore?»
«Senza scadenza. Ma provvederò a far sì che ne valga la pena.»
«Sì, signore.»
«Avrò bisogno della mia auto tra dieci minuti.» Così sarebbe andato da Susannah e l’avrebbe aiutata a superare il nervosismo dell’ultimo momento. C’era da sperare che sua madre sapesse dove si trovava. Altrimenti l’avrebbe chiesto a una delle sue impiegate. «Devo fare alcune telefonate, poi uscirò. Ma se la signora che ha consegnato questo biglietto...»
«Zara.»
«Susannah» lo corresse, accigliandosi.
«Credo che sia un’amica della sua fidanzata, signore, Zara Lovett. Ha lasciato la busta mentre andava al lavoro.»
La tensione di Alex si allentò lievemente, poi si rafforzò in una nuova determinazione. Se questa amica aveva consegnato la busta, molto probabilmente doveva sapere dove si trovava Susannah. «Lei sa dove lavora Zara Lovett?»
«Certo, signore. Opera come personal trainer per un’agenzia alla quale ci rivolgiamo spesso per i nostri ospiti. Ho i suoi estremi sul computer.»
Susannah non era lì.
Maledizione!
In sella alla sua motocicletta Zara Lovett compì il secondo, lento giro attorno al capanno. Nessun veicolo dietro casa, constatò con una fitta di delusione. E tutte le finestre erano chiuse. Il piccolo capanno era annidato al centro di una formazione rocciosa, ancora addormentato dopo il lungo letargo invernale. L’unico segno di vita proveniva dallo stridulo richiamo corale dei kookaburra, tipici uccelli australiani, appollaiati su un albero della gomma.
Senza dubbio ridevano di lei e dei suoi inutili sforzi.
Due ore e mezzo di tragitto da Melbourne, dieci bigliettoni gettati via per un orrendo pasto lungo la via e tutto per niente. Era stata così sicura che Susannah fosse lì. Quando la cliente dell’una non si era presentata all’appuntamento, nella palestra in centro città, Zara l’aveva considerato un segno del destino e una benedizione.
Con tutto il pomeriggio a disposizione, avrebbe potuto fare qualcosa per placare la preoccupazione che continuava ad assillarla.
La sua apprensione non era causata dal fatto che Susannah avesse mandato a monte il matrimonio. Anzi, questo l’aveva indotta a elevare un ringraziamento al cielo. No, la sua ansia era provocata dall’insolita e improvvisa decisione di Susannah che, contrariamente alle sue abitudini, se ne era andata senza avvertire anima viva. Proprio Susannah che non andava in bagno senza averlo comunicato prima per telefono!
Ecco perché Zara aveva pensato al capanno. Apparteneva al nonno di Susannah ed era l’unico luogo isolato dove si sarebbe potuta rifugiare. Quella mattina di buon’ora, Susannah le aveva inviato un affrettato messaggio vocale con il quale chiedeva a Zara di consegnare una lettera all’albergo del fidanzato, affermando di volersi assentare per qualche tempo per riflettere.
Anche Zara aveva trascorso qualche tempo lì con lo stesso scopo. Quando arrivava il momento di isolarsi, di pensare a quale direzione dare alla propria vita, il capanno si rivelava il luogo ideale.
Zara rallentò l’andatura e fermò la moto. Spense il motore e abbassò il cavalletto. Poteva anche sgranchirsi le gambe e riempirsi i polmoni di aria fresca e profumata prima di fare ritorno in città. Si tolse casco e guanti. Poi abbassò la cerniera del giubbotto di pelle nera... e la rialzò subito non appena il vento sfiorò la pelle nuda della scollatura.
Alla faccia della gloriosa primavera che aveva lasciato a Melbourne! Lanciò uno sguardo al cielo nuvoloso e decise di limitarsi a una veloce passeggiata di cinque minuti. Poi sarebbe partita prima che il tempo incerto si tramutasse in tempesta.
Un lampo di... qualcosa... in mezzo agli alberi attrasse la sua attenzione mentre si preparava a smontare dalla moto. Fissando il folto della vegetazione, attese fino a quando il lampo non riapparve e prese forma nella carrozzeria lucida di un’auto. Un secondo dopo sentì il rombo del motore che rallentava mentre l’auto faceva il giro del capanno. Zara si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
«Finalmente, Suse.»
Zara socchiuse gli occhi mettendo a fuoco la macchina scura che continuava ad avanzare. La stessa prestigiosa marca europea, gli stessi vetri affumicati, la stessa linea svelta ed elegante, ma in un modello più grande e aggressivo dell’auto di Susannah.
E sicuramente non c’era Susannah al volante, decise Zara mentre l’auto si fermava a pochi metri di distanza. La portiera dalla parte del conducente si spalancò e un uomo scese dall’auto. Di colpo Zara si sentì il cuore in gola.
Alex Carlisle.
Anche se non si erano mai incontrati, lo riconobbe all’istante. Notò che con quell’abito scuro competeva in eleganza e lusso con il suo veicolo europeo. Vide come fossero larghe le sue spalle e piatto il suo stomaco mentre Alex abbottonava la giacca sopra la camicia candida.
Non le sfuggì che lo sguardo di lui la fissava senza esitazioni.
Zara aveva visto la sua foto abbastanza spesso per sapere che i suoi occhi avevano la stessa sfumatura grigio-azzurra di una tempesta invernale su Port Phillip Bay, la grande baia su cui sorgeva Melbourne. Immaginava che fossero altrettanto freddi e pericolosi. Nonostante la sua tenuta da motociclista in pelle nera, Zara si sentì accapponare la pelle quando la portiera dell’auto venne chiusa con decisione.
Poi Alex Carlisle annullò la distanza che li separava con pochi, lunghi passi. Ma che cosa diavolo ci faceva lì? Anzi, come mai era a conoscenza di quel luogo?
Gli stivali piantati solidamente ai lati della moto, Zara sollevò il mento, preparandosi a rivolgere alcune domande. Ma quando i loro occhi si incontrarono, le sembrò che una potente scossa elettrica l’attraversasse dalla testa ai piedi, incenerendo ogni velleità di chiedere. Quando finalmente il suo cervello riprese a funzionare, aveva perduto ogni vantaggio. Alex socchiuse gli occhi fissandola intensamente. «Sei Zara Lovett?»
«In persona.»
Lui annuì seccamente, poi chiese: «Dov’è Susannah?».
Di sicuro non sprecava tempo per andare al sodo. E nemmeno fiato per presentarsi. Probabilmente, pensò Zara, era abituato a essere riconosciuto dal momento che la sua foto appariva spesso e volentieri sui giornali australiani. «Non lo so» rispose, altrettanto secca.
Lo sguardo di lui si posò sul capanno e sul terreno circostante per qualche secondo di valutazione prima di tornare a puntarsi su di lei. «Non è qui?»
Zara scosse il capo, un gesto che forse lui non notò perché si era avviato verso il portico del capanno. «Non mi credi?» gli gridò dietro Zara mentre lui si chinava a sbirciare attraverso una finestra.
Le mani sui