Un piacevole accordo: Harmony Collezione
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Massimo Sforza è convinto che i sentimenti siano in realtà una debolezza. Gli unici piaceri della sua vita sono concludere ottimi affari, schiacciando qualunque avversario provi a fermarlo, e godere della compagnia di tutte le donne che desidera, entrambe cose che gli riescono senza fatica. Il suo nuovo rivale si rivela però più tosto che mai: Flora Golding, perfetto esempio di spirito libero, è l'ultimo ostacolo che si frappone tra lui e l'acquisizione di uno splendido palazzo che gli interessa. E nel tentativo di vincere la resistenza della bella Flora, Massimo non si accorge di quanto si stia assottigliando l'invalicabile confine tra lavoro e passione.
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Un piacevole accordo - Louise Fuller
successivo.
1
Nella buia camera da letto dell'attico di uno dei suoi hotel di lusso, Massimo Sforza fissò le lancette che brillavano sul quadrante dell'orologio: era quasi ora. Fece un respiro profondo e aspettò, finché non udì un debole squillo. Sospirò. Era giunta la mezzanotte. L'espressione sul viso abbronzato si irrigidì nello spostare distrattamente lo sguardo verso le due donne nude che giacevano distese sull'enorme letto. Erano bellissime e l'uomo tentò svogliatamente di ricordarne i nomi. Non che avessero molta importanza, dato che non le avrebbe sicuramente mai più riviste. Le donne avevano infatti la tendenza a confondere un rapporto occasionale con uno stabile, mentre, al contrario, la parola fedeltà non faceva parte del suo vocabolario. La mora si girò nel sonno e posò le braccia sul petto di lui. Irritato, si allungò e allontanò da sé quel groviglio di corpi, per poi voltarsi e alzarsi da letto. Si fece largo tra le pile di scarpe e indumenti sparsi disordinatamente sulla moquette grigio pallido. Davanti alla grande finestra panoramica che copriva l'intera lunghezza dell'appartamento, notò una bottiglia di champagne mezza vuota e, abbassandosi, la afferrò.
«Buon compleanno Massimo» mormorò, portandosi la bottiglia alle labbra. Fece un'espressione disgustata. Era sgasato e amaro, proprio come il suo umore in quel momento. Si mise quindi a osservare la strada sottostante. Odiava i compleanni, in modo particolare il proprio. Erano lo specchio di finti sentimenti e festeggiamenti vuoti. Al contrario, l'unica, vera buona ragione per festeggiare era una firma su un contratto, come quella che gli aveva recentemente permesso di espandere il suo crescente portafoglio di proprietà immobiliari di un palazzo a sei piani degli Anni Trenta nell'esclusivo quartiere dei Parioli a Roma. Aveva selezionato cinque proprietà, due delle quali in Via dei Monti Parioli, la via più ricercata dell'area. Sorrise cupo. Avrebbe potuto comprarle tutte, ma quella che preferiva non era in vendita. Proprio per questa ragione aveva fatto di tutto per averla. Sul viso comparve un sorriso tirato. I proprietari si erano rifiutati di vendere, ma il loro diniego non aveva fatto altro che fomentare la sua determinazione a cercare la vittoria, che aveva sempre ottenuto. Tutt'a un tratto si ricordò dei disguidi che stava riscontrando in un progetto immobiliare in Sardegna: era giunto ormai tempo di porvi fine. Aggrottò la fronte. La pazienza era sì una virtù, ma lui aveva aspettato troppo.
Alle sue spalle, una delle donne gemette dolcemente e Massimo provò una scossa di desiderio attraversargli la schiena. Sì, in quel momento era senz'ombra di dubbio più interessato ai vizi che alle virtù. Alzò lo sguardo al cielo. Era quasi l'alba, e la riunione sul progetto era stata fissata proprio per quella mattina. Nonostante inizialmente non avesse pensato di presenziare, quale regalo di compleanno migliore sarebbe stato quello di udire con le proprie orecchie che l'ultimo ostacolo era stato abbattuto? I lavori su quello che sarebbe diventato il suo resort più grande e unico sarebbero finalmente potuti partire. Socchiuse gli occhi verso la bionda, la quale, sollevato il capo, gli rivolse un broncio ammiccante. Ricambiò con un freddo sorriso. Forse c'era ancora tempo prima della riunione... Guardò la mora stiracchiarsi pigramente e ritornò a letto.
Esattamente cinquantuno minuti dopo, Massimo faceva il suo ingresso nel quartier generale Sforza a Roma, indossando un impeccabile completo navy e una camicia blu scuro, e con un'ombra di barba perfettamente curata sul viso.
«Signor Sforza!» squittì sorpresa Carmelina, la receptionist.
«Carmelina» rispose lui calmo, sorridendole.
«Non mi aspettavo di vederla qui oggi...» balbettò. «Devo essermi confusa, pensavo che oggi fosse...»
«Il mio compleanno?» ribatté ridendo l'uomo. «Non si è sbagliata, ma non ho intenzione di fermarmi a lungo. Passavo di qui mentre ero diretto al ristorante La Pergola e ho pensato di fare un salto in sala riunioni. Non si preoccupi, sono cresciuto ormai e posso aspettare domani per il regalo dei collaboratori.»
Vide Carmelina arrossire. Era così dolce e aveva chiaramente un debole per lui, ma Massimo non confondeva mai il lavoro con il piacere. Non l'avrebbe mai fatto, se non nel remoto caso in cui ci fosse un'improvvisa carenza di donne bellissime e sexy, vogliose di condividere con lui il letto. Indeciso, si fermò per un momento davanti alla porta della sala riunioni, per poi aprirla con decisione. Ci fu un turbinio improvviso di persone e di sedie nel momento in cui entrò nella stanza.
«Signor Sforza!» Salvatore Abruzzi, il responsabile amministrativo della società, si fece avanti con un sorriso nervoso stampato in faccia. «Noi non...»
«Lo so.» Massimo gli fece un cenno spazientito. «Non vi aspettavate di vedermi.»
Abruzzi sorrise debolmente. «Pensavamo che fosse impegnato in altre faccende, ma la prego di unirsi a noi e... buon compleanno Signor Sforza!»
Anche il resto dei colleghi si unì agli auguri. Massimo sedette sulla sua poltrona e osservò la sala.
«Vi ringrazio, ma il regalo migliore che potete farmi è dirmi la data di inizio dei lavori in Sardegna.»
Un silenzio imbarazzato cadde nella stanza. Giorgio Caselli, il legale della società e la persona più simile a un amico che Massimo aveva, si schiarì la voce e guardando il presidente negli occhi disse: «Mi dispiace Signor Sforza, ma temo che non potremo darle questa notizia al momento».
Per un istante, la sala sembrò sprofondare per l'imbarazzo generale.
All'improvviso, Massimo si voltò e guardò risoluto l'avvocato. «Capisco.» Fece una pausa. «No, in realtà non capisco proprio.» Scrutò la stanza, il suo sguardo blu era più freddo del ghiaccio. «Magari qualcuno vuole spiegarmi?» Aggrottando la fronte, si appoggiò allo schienale della poltrona e allungò le gambe. «Vedete, mi avevate fatto credere che tutti gli ostacoli erano stati... rimossi.»
Ci fu un altro silenzio forzato, al termine del quale Caselli sollevò la mano. «Era quello che credevamo, signor Sforza. Sfortunatamente, la locataria di Palazzo della Fazia si rifiuta ancora di accettare tutte le nostre offerte. Come ben sa, è autorizzata a rimanere nella proprietà dalla volontà del testamento di Bassani.» Facendo una pausa, Caselli tamburellò su un fascicolo di documenti di fronte a lui, facendo sobbalzare alcuni membri del consiglio. «La signorina Golding ha messo in chiaro la propria opinione. Si rifiuta di lasciare il palazzo e francamente signore, non penso che cambierà idea nel breve termine.» Sospirò. «So che non avrebbe voluto sentire queste parole, ma ritengo che dovremmo pensare a un compromesso.»
Notando l'espressione impassibile del principale, Caselli sospirò di nuovo e rovesciò il faldone dei documenti. Ci fu un sussulto soffocato mentre Massimo fissava freddamente la pila di lettere identiche tra loro. Erano tutte affrancate con il logo degli Sforza e nessuna era stata aperta.
Massimo sollevò il capo con un'espressione aggressiva e sguardo cupo. «Non accadrà mai.»
Il responsabile amministrativo si schiarì la voce: «Credo che in questo caso, signore, Giorgio abbia ragione. Forse dovremmo considerare una qualche forma di conciliazione...».
Massimo scosse la testa. «No!» Afferrò quindi una delle lettere. La sua espressione non tradiva alcuna emozione e l'intensità del suo sguardo contraddiceva la pacatezza del tono di voce. «Non scendo a compromessi, né concilio. Mai!»
Tutti attorno al tavolo lo guardarono con un misto di ammirazione e timore.
«Ma abbiamo provato ogni possibilità, signor Sforza» disse Silvana Lisi, responsabile delle acquisizioni immobiliari. «Lei semplicemente rifiuta ogni tipo di comunicazione, anche di persona.» Scambiò uno sguardo disperato con i propri colleghi. «Si rifiuta completamente di collaborare e a quanto pare è anche irascibile. Credo che abbia minacciato di sparare a Vittorio l'ultima volta che ha fatto visita al palazzo.»
Massimo la fissò. «Quanto aggressiva potrà mai essere una povera vecchietta?» Scosse la testa con disprezzo. «Sentite, non mi importa quanti anni abbia o se assomigli a una dolce nonnina, Vittorio è pagato per acquisire i terreni e le proprietà. Se invece è più interessato a prendersi cura degli anziani, gli suggerisco di cercarsi un altro lavoro.»
Pallido e ansioso, Abruzzi scosse il capo. «Mi dispiace signor Sforza, ma penso che sia stato informato male. La signorina Golding non è affatto anziana.»
Massimo aggrottò la fronte. «Pensavo che fosse una vecchia signora inglese!»
Un silenzio imbarazzato cadde nuovamente nella sala. Caselli prese con cautela la parola: «C'era un'anziana che viveva a palazzo quando abbiamo acquistato la tenuta, ma era solo un'amica di Bassani, non la locataria. Ha lasciato la proprietà più di un anno fa».
«Quindi non è di alcun interesse per noi» chiosò Massimo. «A differenza dell'irascibile signorina Golding, che sembra che da sola sia riuscita a ostacolare il progetto e a surclassare i miei migliori collaboratori. Forse farei bene ad assumerla.»
Caselli gli sorrise nervoso. «Posso solo offrirle le mie scuse...» La voce si affievolì non appena scorse lo sguardo impaziente del capo.
Facendo piazza pulita delle lettere dal tavolo, Massimo si allungò in avanti. «Quel palazzo è mio, Giorgio. La tenuta e i terreni circostanti sono miei. Abbiamo approvato la prima fase del progetto quasi sei mesi fa ormai e, a oggi, i lavori non sono ancora partiti. Mi aspetto qualcosa di più delle tue scuse. Pretendo una spiegazione.»
L'avvocato rimescolò frettolosamente le carte di fronte a sé. «Fatta eccezione per la signorina Golding, tutto procede secondo i piani. Avremo ancora una o due riunioni con il dipartimento protezione ambientale, ma sono solo formalità, mentre il consiglio regionale è fissato tra due mesi. Dopodiché avremo concluso l'iter. So che abbiamo il permesso per convertire e ristrutturare l'edificio, ma forse potremmo modificare il progetto e costruire un nuovo palazzo in un'altra area del territorio. Non avremo nessun problema a farlo accettare e in questo modo aggireremo direttamente l'ostacolo della signorina Golding...»
Massimo lo fissò freddamente. «Vorresti farmi cambiare i piani proprio adesso? Modificare un progetto sul quale abbiamo lavorato per più di due anni solo a causa di un'astuta locataria? Non penso proprio!» Scuotendo il capo, osservò furente la sala. «Quindi, chi è esattamente questa signorina Golding? Qualcuno può darmi una risposta?»
Sospirando, Castelli allungò le mani su un faldone di documenti sul tavolo di fronte a sé e ne estrasse una sottile cartella. «Il suo nome è Flora Golding. È inglese e ha ventisette anni. Ha girovagato per il mondo e quindi non abbiamo molti dettagli a disposizione. Viveva con Bassani fino alla sua morte e, a quanto pare, era la sua musa, o per meglio dire, una delle tante. È tutto riportato in questa cartella.» L'uomo si inumidì le labbra. «Ci sono anche delle foto, scattate durante la festa per l'apertura dell'ala dedicata a Bassani alla Galleria Doria Pamphili. Fu la sua ultima apparizione in pubblico.»
Massimo non diede segno di aver ascoltato una parola della spiegazione. I suoi occhi erano fissi sulla fotografia che reggeva tra le mani. Più che al resto, sembrava essersi focalizzato solo sulla figura di Flora Golding: era stretta al braccio dell'artista Umberto Bassani e sembrava molto più giovane di una ventisettenne. Era anche piuttosto nuda. Rimase frastornato. Sentì le guancie avvampare nel notare che la donna indossava un vestito di seta naturale, leggermente più chiaro della pelle. Osservando le morbide curve del suo seno e del sedere sotto l'abito attillato e la pelle leggermente dorata del décolleté, provò una fitta di desiderio. Non era decisamente una vecchietta! Studiò in silenzio i lineamenti del viso: con quegli occhi ambrati da gatta e quel taglio dei bei capelli castani quella ragazza possedeva una bellezza particolare, che saltava all'occhio. Era stupenda, senza ombra di dubbio. Stupenda e avida. Altrimenti, per quale altro