Ricordi di letto (eLit): eLit
By Maya Banks
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About this ebook
Bryony Morgan è furiosa e non riesce a credere che Rafael de Luca l'abbia dimenticata. D'accordo, lui è un milionario molto impegnato, nonché estremamente... arrogante. Lei, però, non è donna che si arrende alle prime difficoltà. Decide di affrontarlo e di rivelargli le conseguenze di ciò che hanno condiviso. Per Rafael la notizia è un fulmine a ciel sereno: come può non ricordare una donna così sexy ed esplosiva, che con un solo sguardo riesce ad accendergli il sangue nelle vene? Per risolvere una vola per tutte la questione, Rafael propone a Bryony di tornare con lui sull'isola in cui si sono conosciuti, e di rivivere la loro passione fin nei minimi dettagli.
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Book preview
Ricordi di letto (eLit) - Maya Banks
Credits: bernardbodo / iStock / Getty Images Plus
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Enticed By His Forgotten Lover
Harlequin Desire
© 2011 Maya Banks
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 9788858929674
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Frontespizio. «Ricordi di letto» di Banks Maya1
Rafael de Luca si era trovato in situazioni peggiori in passato e, senza dubbio, avrebbe affrontato anche di peggio in futuro.
Poteva farcela.
Non si sarebbe fatto mettere in crisi da nessuna di quelle persone. Non avrebbero mai saputo che aveva perso la memoria e che non aveva la minima idea di chi fossero o del perché si conoscessero.
Stringendo i denti, perlustrò la sala affollata, sorseggiando un vino annacquato per camuffare il suo disagio. Non sapeva neanche lui come avesse fatto a resistere così a lungo. La testa gli pulsava violentemente e a ogni sorso che mandava giù gli risultava sempre più difficile trattenersi dal rimettere.
«Stai andando alla grande, Rafe» mormorò Devon Carter, comparendo al suo fianco. «Sei qui ormai da un bel po’. Volendo, potresti anche andar via. Nessuno sospetta nulla.»
Rafael si voltò verso i suoi tre amici, Devon, Ryan Beardsley e Cameron Hollingsworth, che lo sorvegliavano e proteggevano come angeli custodi. Erano andati a trovarlo in ospedale, dopo l’incidente che gli aveva lasciato un buco nero nella memoria, e per fortuna non lo avevano trattato con commiserazione. Non lo avrebbe sopportato. Al contrario, avevano cercato di sdrammatizzare la situazione prendendolo in giro, con quel loro solito finto cinismo dietro il quale si nascondeva un affetto di lunga data.
«Mi hanno detto che non sono mai tra i primi ad abbandonare una festa» ribatté Rafe, accostando di nuovo il bicchiere alle labbra. Non appena l’aroma del vino gli sfiorò le narici, lo abbassò subito, cambiando idea. Che cosa non avrebbe dato per un analgesico. Normalmente, rifiutava qualsiasi farmaco. Detestava lo stato di torpore in cui lo lasciavano i calmanti, ma in quel momento sarebbe stato contento di perdere i sensi per qualche ora e svegliarsi, magari, senza quel terribile dolore alle tempie.
Le labbra di Cam si torsero in una smorfia. «Chi se ne frega di quello che fai abitualmente. È la tua festa. Di’ a tutti che...»
Ryan sollevò la mano, bloccandolo. «Sono degli importanti uomini d’affari, Cam. Li vogliamo o no i loro soldi?»
L’amico scrutò la sala con occhi stretti.
«A che mi servono delle guardie del corpo? Ho già voi tre» biascicò Rafael, in tono scherzosamente seccato, ma in fondo era contento di avere delle persone di cui potersi fidare. A nessun altro, a parte loro, aveva raccontato della perdita della memoria.
Devon si protese di scatto verso di lui e gli sussurrò all’orecchio: «L’uomo che si sta avvicinando è Quenton Ramsey terzo. Sua moglie si chiama Marcy. Ha già dato la conferma per l’accordo di Moon Island».
Rafael annuì e, staccandosi dal trio, sorrise alla coppia che si avvicinava. Bisognava fare in modo che nessuno dei loro potenziali investitori si allarmasse. Rafael e i suoi soci tenevano molto a quella piccola isola di fronte al Texas, nella baia di Galveston. Il terreno era già suo. Ora si doveva solo costruire l’albergo e fare felici gli investitori.
«Quenton, Marcy, che piacere rivedervi. Posso dirle che stasera è un vero splendore, Marcy? Quenton è un uomo fortunato.»
Le guance dell’anziana donna arrossirono al complimento, mentre Rafael le prendeva la mano e l’accostava alle labbra. Chinò il capo, ossequioso, e finse di interessarsi alla conversazione, ma avvertì uno strano formicolio alla nuca e frenò l’impulso di grattarsi. Tenne la testa bassa, come se pendesse dalle loro labbra, ma con gli occhi passò rapidamente in rivista la sala, alla ricerca dell’origine di quel fastidio.
Sulle prime, il suo sguardo passò oltre, poi tornò indietro e si posò sulla donna che gli stava esattamente di fronte, sul lato opposto della sala, e lo fissava implacabile. Lui rispose a quello sguardo fermo con la medesima insistenza e, per qualche istante, si tennero incatenati con gli occhi.
Era difficile capire il potere di quel magnetismo. Di solito preferiva le bionde, alte, dalle gambe lunghe e la carnagione chiara. Quella donna, invece, era minuta, la pelle olivastra, con una cascata di riccioli neri e gli occhi ugualmente scuri.
Continuava a fissarlo con sguardo severo, come se lo avesse già ispezionato da cima a fondo e lo trovasse in qualche modo carente. Non gli sembrava di averla mai vista in vita sua. O, invece, sì?
Imprecò contro il vuoto di memoria. Non ricordava nulla delle quattro settimane precedenti l’incidente, avvenuto alcuni mesi prima, e aveva enormi buchi anche nella memoria antecedente. Amnesia selettiva, gli avevano detto. Nessuno soffriva di amnesia, a parte le donne isteriche delle telenovela. Il medico aveva ipotizzato una causa di origine psicologica, che frenava l’accesso a determinati ricordi. L’idea non gli era piaciuta affatto. Non era un pazzo. Chi diavolo poteva mai desiderare di non rammentare più nulla?
Si ricordava di Dev, Cam e Ryan. Di ogni istante dell’ultimo decennio. Degli anni di università, dei loro successi lavorativi. Si ricordava della maggior parte delle persone che lavoravano per lui. Non di tutte, però, il che gli comportava un certo carico di stress in ufficio. Soprattutto ora che stava cercando di chiudere un contratto per la costruzione di un complesso alberghiero su un’isola che avrebbe fruttato a lui e ai suoi soci fior di quattrini.
Gli rodeva non ricordare la metà almeno dei loro investitori e non poteva permettersi di perdere nessuno in quella fase delle operazioni.
La donna, intanto, non gli staccava gli occhi di dosso; però restava lì dov’era, senza accennare ad avvicinarsi. Lo sguardo, nel frattempo, era diventato ancora più glaciale.
«Scusate» disse ai Ramsey e, con un sorriso si svincolò dal gruppetto, muovendosi discretamente in direzione della donna misteriosa.
Le guardie del corpo lo seguirono, ma lui le ignorò. Erano una seccatura a cui Rafael non era abituato, ma sapevano tenersi alla giusta distanza, per fortuna.
Mentre si avvicinava, la donna continuava a guardarlo dritto negli occhi, senza nemmeno sforzarsi di accennare un sorriso, il mento sollevato con aria di sfida. C’era qualcosa in quell’espressione battagliera che lo intrigava...
Le si fermò davanti e, per un istante, rimase immobile a esaminare i tratti delicati del suo viso, chiedendosi se quello fosse o no il loro primo incontro.
«Ci conosciamo?» le domandò con la voce più carezzevole che gli riuscì di modulare, sapendo che funzionava con le donne.
I casi erano due. Lei sarebbe scoppiata a ridere, negando che si fossero mai visti, o avrebbe clamorosamente mentito, rivelandogli che erano persino andati a letto insieme. Il che era impossibile, considerato che non era il suo tipo.
Rafael posò lo sguardo sul suo generoso decolleté, enfatizzato dal vestito da cocktail stile impero che da sotto i seni le scendeva in morbide volute fino alle ginocchia.
Non fece nulla di ciò che aveva ipotizzato. Quando spostò nuovamente lo sguardo sul suo viso, vide che aveva gli occhi lampeggianti di rabbia.
«Se ci conosciamo?» La sua voce era poco più che un bisbiglio, ma lui sentì ogni singola parola colpirlo con la violenza di una scudisciata. «Sei proprio un bastardo!»
Prima che potesse elaborare lo shock di quella reazione, la misteriosa mora gli si scagliò contro, colpendolo in viso. Rafael barcollò all’indietro, tenendosi il naso.
«Figlio di...»
Prima che potesse chiederle se fosse impazzita, una delle guardie del corpo si mise tra di loro e, nella foga, diede accidentalmente uno spintone alla donna che perse l’equilibrio e si piegò su un ginocchio, portandosi automaticamente la mano fra le pieghe del vestito. Fu allora, mentre si cingeva il ventre, che lui capì. Il vestito morbido nascondeva una gravidanza.
La guardia si precipitò verso di lei per sollevarla maldestramente.
«No!» gridò Rafael. «È incinta. Sta’ attento a non farle male.»
L’uomo indietreggiò, puntando il suo sguardo sgomento su di lui. La donna non perse tempo. Si alzò in piedi di fretta e corse via, i tacchi tintinnando sul pavimento di marmo.
Rafael la guardò attonito, senza dire una parola. Non era rabbia ciò che le aveva visto negli occhi quando lo aveva colpito, bensì delusione, dolore. In qualche modo, l’aveva fatta soffrire. Ma, maledizione, non ricordava né come né perché.
Dimenticando il violento pulsare alle tempie, le corse dietro, per la hall dell’albergo e giù per le scale che portavano in strada. Sui gradini vide due scarpe argentate scintillare sotto la luna. Si piegò a raccoglierle e corrugò la fronte. Una donna incinta inerpicata su quei trampoli? E se avesse preso una storta? Se fosse caduta? Perché diavolo era corsa via così? Era evidente che cercasse un confronto con lui, ma alla prima occasione se l’era data a gambe levate.
«Che sta succedendo, Rafe?» gli chiese Cam, sopraggiungendo di corsa.
In effetti, l’intero staff della sicurezza, compresi Cam, Ryan e Devon lo avevano seguito fuori, per strada, nell’aria fredda d’autunno. Gli si erano tutti radunati intorno e lo scrutavano preoccupati. Rafael sbuffò e consegnò quel paio di sandali eleganti a Ramon, il capo della sicurezza. «Trova la donna che portava queste scarpe.»