Proposta di Natale: Harmony Bianca
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Può un playboy incallito diventare un affidabile padre di famiglia?
L'infermiera Cassidy Rae è rispettosa delle regole, seria e pignola nel suo lavoro. Ma crede anche nella magia del Natale e che, in quel periodo dell'anno, tutto possa accadere. Il suo ottimismo viene però messo a dura prova dall'arrivo del dottor Brad Donovan, che con quell'aspetto da surfista e quel fascino decisamente ribelle sembra deciso a mettere in crisi tutte le sue certezze e soprattutto a rovinarle la reputazione. Quello che non sa è che Brad sta per regalarle un Natale che non riuscirà a dimenticare facilmente.
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Book preview
Proposta di Natale - Scarlet Wilson
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Her Christmas Eve Diamond
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2012 Scarlet Wilson
Traduzione di Claudia Cavallaro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-785-5
www.eHarmony.it
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
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Prologo
30 settembre
Cassidy bussò alla porta fatiscente. Alle sue spalle, Lucy ridacchiò nervosamente. «Sei sicura che l’indirizzo sia quello giusto?»
Cassidy si voltò a guardarla. «Sei stata tu a occupartene. Come posso saperlo?» Abbassò lo sguardo sul foglietto sgualcito che aveva in mano. «Questo è decisamente il numero diciassette.»
Guardò le tende in stile anni Sessanta appese alle finestre che sbatacchiavano a ogni passaggio di autobus. «Forse in casa non c’è nessuno?» disse, speranzosa. Era la peggior idea che avesse mai avuto. No. Sbagliato. Non era stata una sua idea. In un momento di debolezza aveva accettato di accompagnare le colleghe per capire come mai andassero pazze per quelle cose.
«Questo dove lo hai trovato, Lucy?»
L’anno prima, Lucy non aveva fatto altro che trascinare le amiche da un numero infinito di indovini di ogni genere. A detta di tutti, alcuni erano bravi, altri no, e altri ancora erano semplicemente personaggi inquietanti. Cassidy era sempre riuscita a evitarlo... fino a ora.
«Qui è venuta mia cugina Fran. Ha detto che è fantastica.»
Cassidy sembrò perplessa. «La cugina Fran che ha partecipato a un reality e poi ha passato la settimana successiva nascosta nell’armadio?»
Lucy annuì. «Ah, fantastico» disse Cass con un sospiro.
«Chissà se mi dirà quanti bambini avrò» mormorò Lynn con aria sognante. Diede una gomitata a Cassidy. «A Lizzie King ha detto che sarebbero stati dei gemelli e ormai manca poco alla nascita.»
«Io voglio soltanto sapere se Frank mi chiederà mai di sposarlo» disse Tamsin. «Se non lo vede nel mio futuro, lo pianto. Cinque anni sono tanti.»
Cassidy arricciò il naso e scosse la testa. «Non puoi piantare Frank solo per quello che ti ha detto un’indovina.»
Ma l’espressione di Tamsin diceva Non impicciarti. «Vedrai!»
Si udì un rumore, poi la porta si spalancò con un cigolio. «Salve, ragazze, accomodatevi.»
Cassidy batté le palpebre. L’odore di gatti la colpì in faccia come un rullo compressore.
Prima di chiudersi la porta alle spalle, lasciò passare il gruppo ansioso di entrare. Un gatto dall’aria rognosa le si strofinò contro le gambe. «Via!» sibilò.
«Muoviti, Cassidy!»
Lei inalberò un sorriso e raggiunse le colleghe camminando su una moquette appiccicosa. Preferì non pensare quale ne fosse la causa.
Le tre amiche erano sedute vicine su un divano marrone, con un altro gatto che strisciava sullo schienale dietro di loro. Cassidy resistette alla tentazione di strofinarsi gli occhi che le bruciavano. Era allergica ai gatti.
«Allora, chi vuole cominciare?»
Cassidy guardò l’ora. Come aveva potuto lasciarsi coinvolgere in quella situazione?
«Vai prima tu, Cass» disse Lucy, poi si rivolse alla donna che puzzava di gatto. «Dovrai fare del tuo meglio, Belinda. La nostra Cassidy non crede a queste cose.»
La donna, piccola e grassottella, la scrutò da capo a piedi. Arricciò il naso a mo’ di commento sui suoi vestiti. «Da questa parte, cara» mormorò avviandosi lungo un corridoio.
Un po’ nervosa, Cassidy la seguì. Tanto valeva togliersi il pensiero. Almeno, dopo avrebbe potuto aspettare le altre in macchina.
La stanza in cui venne fatta entrare era nel più completo disordine e piena di gatti.
Mentre Belinda si accomodava a un lato del tavolo e mescolava le carte, lei guardò la poltroncina consunta al lato opposto. Un enorme gatto rosso vi stava orgogliosamente seduto e la sfidò con lo sguardo a spostarlo.
La giacca di velluto turchese che indossava avrebbe attirato i suoi peli come le ragazzine a un concerto di Bieber.
Avrebbe dovuto andarsene.
«Spostati, Fulmine!» gridò Belinda dando un calcio alla sedia e il gatto la guardò con durezza prima di stirarsi lentamente sulle zampe e saltare a terra.
Cassidy non poté trattenere un sorriso. Il nome meno appropriato che avrebbe potuto avere quel gatto. Belinda fissò lo sguardo su di lei. Come era possibile che una donna così morbida e rotonda avesse occhi d’acciaio? Temette che potesse perforarle il cranio. Si guardò intorno. C’erano libri ovunque. Pile di riviste. Mensole e mensole di ninnoli, tutti bisognosi di una bella spolverata. E provocarono un’altra allergia. Uno, due, tre... no, i gatti nella stanza erano quattro e tutti la guardavano come se non dovesse proprio trovarsi lì. Forse sapevano qualcosa che lei ignorava.
«Allora, che cosa facciamo?» si affrettò a chiedere.
Belinda mescolò di nuovo le carte. «Quello che preferisci.» Dispose le carte sul tavolo. «Posso farti i tarocchi o leggerti la mano o...» si guardò intorno nella stanza, «... comunicare con gli spiriti e vedere che cosa hanno da dirmi.»
Il pensiero provocò un fremito lungo la spina dorsale di Cassidy. Non era sicura di crederci, ma di certo non voleva correre il rischio di comunicare con qualche spirito sgradito. E non le piacevano nemmeno i tarocchi. Con la fortuna che si ritrovava avrebbe girato la carta della Morte... o quella del Matto.
«Solo la mano, per favore.» Le sembrò l’opzione più semplice. Che cosa avrebbe mai potuto capire da qualche linea del palmo?
Belinda si sporse sul tavolo e le afferrò il polso. Non le esaminò il palmo, si limitò a tenerle la mano e in silenzio le passò sul dorso le grosse dita per alcuni minuti, poi gliela girò e le toccò l’interno.
Un largo sorriso le illuminò il viso.
La suspense la stava uccidendo. Cassidy non amava i lunghi silenzi. «Allora?»
Belinda le lasciò andare la mano. «Sei una vera lagna, giusto?»
«Come?» Cassidy era sbalordita. Di solito quelle persone dicevano solo cose positive, no? Di certo non parlavano male di te.
Belinda annuì. «In apparenza, sei una che ama scherzare con i colleghi, ma in realtà vedi il bicchiere sempre mezzo vuoto. Sei molto portata all’autocritica. Tutto in te indica insicurezza.» Fece un respiro profondo. «Però sei molto scrupolosa, e a causa della tua attenzione ai dettagli non è facile lavorare con te. C’è chi non sa come prenderti. Quanto agli uomini...»
«Che cosa?» In quel momento, gli uomini erano l’ultima sua preoccupazione. E la parola insicurezza l’aveva colpita sul vivo. Era già brutto avere dei genitori che appartenevano al jet set e sempre in giro per il mondo, per non parlare del fidanzato che l’aveva piantata all’improvviso.
«Sei una ragazza intelligente, ma a volte non vedi più in là del tuo naso.» Belinda scosse la testa. «Hai delle idee fisse e non sei molto brava nell’arte del compromesso. Meno male che fra poco è Natale.»
Questo la fece infuriare. «Questo che cosa c’entra? E poi mancano ancora tre mesi a Natale.»
Belinda incrociò le braccia sul petto, l’espressione compiaciuta. «Sarai una sposa di Natale.»
«Come?»
La donna doveva essere impazzita.
«Come diavolo posso sposarmi a Natale se non ho nemmeno il ragazzo? E non sono neanche lontanamente interessata a qualcuno.»
Belinda si diede un colpetto al lato del naso e scrollò le spalle con aria seccata. «Io vedo il futuro, non il presente.» Si sporse in avanti e le toccò il palmo. «Ti vedo sposata a Natale con un uomo molto bello... e non di queste parti. Beata te!»
Cassidy scosse il capo con fermezza. Le ci erano voluti mesi per riprendersi dalla rottura con il fidanzato spagnolo... ed era un’esperienza che non voleva ripetere. «Lei si sbaglia di grosso, in nessun modo potrò sposarmi a Natale. E soprattutto non con uno straniero. Ho già dato. Il prossimo uomo con cui mi metterò insieme sarà uno scozzese in tutto e per tutto.»
Belinda la guardò come se volesse dirle non hai assolutamente idea di che cosa stai parlando.
«Bene, abbiamo finito.»
Cassidy era sbigottita. Venti sterline per così poco?
Belinda agitò la mano. «Fai entrare la prossima.»
Cassidy esitò per un secondo, pronta a farsi valere. Ma il gattone rosso le sfiorò le gambe e saltò sulla sedia accanto, determinato a spargere migliaia di peli sulla sua giacca di velluto. Lei balzò in piedi. Meno male che avevano finito, avrebbe aspettato in macchina.
Uscì in corridoio borbottando fra sé.
«Hai già finito? Che cosa ti ha detto?»
Cassidy roteò gli occhi. «Non vale neanche la pena di ripeterlo.» Indicò con un cenno la porta in fondo al corridoio. «Forza, Tamsin. Va’ a scoprire quando ti faranno la prossima proposta di matrimonio.»
Con un’espressione determinata in viso, Tamsin si alzò. «Vuoi dire se me la faranno.» Si avviò a passo svelto e si chiuse la porta alle spalle con un colpo violento.
Lucy alzò le sopracciglia. «Che il cielo aiuti Belinda se non dirà a Tam quello che vuole sentirsi dire.» Si rivolse a Cassidy. «Dai, sputa il rospo. Che cosa ti ha detto?»
Cassidy espirò lentamente. Era irritata per essere stata definita una lagna. E soprattutto per essere stata descritta come insicura.
«Pare che mi sposerò a Natale.»
«Che cosa?» chiesero Lucy e Lynn all’unisono, entrambe scioccate.
«Meno male che Tamsin non ti ha sentito» commentò Lucy.
«Ah, ma c’è di peggio. Pare che lo sposo venga da altri climi» disse lei roteando di nuovo gli occhi. «Figurarsi.»
Ma l’espressione di Lucy e Lynn era cambiata e adesso stavano sorridendo. «Noi l’avevamo detto.»
Le guardò sbalordita mentre si davano il cinque. «Che cosa vi prende? Sapete benissimo che è un’idea ridicola. Come se io volessi uscire con un altro medico straniero.»
Lynn incrociò le braccia sul petto. «Succedono le cose più assurde.» Aveva una strana espressione, come se sapesse qualcosa che Cassidy ignorava.
Lucy adottò la stessa posa, spalla a spalla con Lynn. Sembravano essersi coalizzate contro di lei. Socchiuse gli occhi. «Sono disposta a scommettere che Belinda potrebbe aver ragione.»
Cassidy non riusciva a credere a quello che stava succedendo. Quella fanatica di gatti era evidentemente contagiosa. Pensò di trarne almeno un vantaggio. «Quanto?»
Lucy si accigliò. «In che senso?»
Cassidy sorrise. «Accetto la scommessa. Ma qual è la posta?»
«Il turno di notte alla vigilia di Natale. Ah.» Le parole le uscirono di bocca prima che avesse il tempo di riflettere e Lucy si coprì la bocca con la mano. Era il turno più odiato del pianeta. Ogni anno dovevano tirare a sorte per vedere a chi sarebbe toccato.
«Ci sto.» Cassidy tese la mano a Lucy che, annuendo, gliela strinse forte. Non correva alcun rischio di perdere