I desideri del capo: eLit
By Maisey Yates
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About this ebook
Quando Madeline Forrester sente per la prima volta la voce del suo capo impartire ordini al telefono ne resta immediatamente ipnotizzata, e capisce che prima o poi dovrà fare i conti con il suo magnetismo. Ma nemmeno quell'esperienza l'aveva preparata alla vista di Aleksej Petrov: quell'uomo è l'ultima cosa di cui Maddy ha bisogno, ma anche la prima che desidera. E lui, pur essendo assolutamente determinato a non confondere il lavoro con il piacere, si trova inspiegabilmente a dover combattere con le scintille che la sua segretaria gli accende in corpo...
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I desideri del capo - Maisey Yates
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Petrov Proposal
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2011 Maisey Yates
Traduzione di Laura Pagliara
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-382-4
www.harlequinmondadori.it
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
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1
Quella voce le faceva sempre venire la pelle d’oca. Dopo un intero anno di lavoro per Aleksej Petrov, Madeline credeva che l’effetto sorprendente di quella voce profonda, calda come cioccolato fuso e dal lieve accento russo, sarebbe scomparso.
Macché.
«Signorina Forrester» disse lui, e la voce uscì forte e chiara dal cellulare, provocandole una stretta allo stomaco, «confido che lei abbia preparato tutto per questa sera.»
Dagli scalini d’entrata, dove si trovava, Maddy abbracciò con lo sguardo la sala da ballo. «Tutto è come da programma. I tavoli sono preparati, le decorazioni fatte, la lista degli invitati è confermata.»
«Dovevo verificare. Soprattutto dopo l’incidente all’esposizione White Diamonds.»
Madeline si risentì, ma mantenne la voce calma. Un vantaggio, uno dei tanti, quello di avere un capo che non aveva mai visto di persona. Se riusciva a mantenere un tono fermo, lui non avrebbe mai intuito quali erano i suoi veri sentimenti.
Non poteva leggere la tensione nel volto o nel corpo. Né vederla sollevare gli occhi.
Strinse i pugni e affondò le unghie nei palmi. «Non è stato quello che definirei un incidente. C’erano degli imbucati e si sono serviti di pasti che non erano destinati a loro. Ma abbiamo risolto la cosa. Due o tre persone sono rimaste senza cena per una ventina di minuti, niente di più, a nessuno è stato arrecato un grave disagio.» Non si era resa conto che lui lo sapeva già.
Quello era stato il primo grande evento che aveva coordinato per la Petrova, il primo da quando si era trasferita in Europa. Aleksej non aveva mai partecipato agli eventi minori che lei aveva allestito in Nord America. Conduceva gli affari dai suoi uffici di Mosca e, più raramente, da quelli di Milano, concedendo la sua persona per le serate più importanti... e questa era certamente una di quelle.
La sua presenza avrebbe creato il caos al ricevimento. Il tentativo di intrufolarsi, sia dei giornalisti sia dei semplici curiosi, sarebbe stato un grosso problema.
Aleksej era un brillante uomo d’affari, un uomo che aveva portato se stesso, e la propria azienda, alla celebrità, diventando creatore e titolare di una casa di design che produceva la gioielleria di alta moda più ambita al mondo.
Il successo, associato al fatto che non cercava, anzi sfuggiva l’attenzione dei media, non faceva che aumentarne il fascino per il pubblico e la stampa.
Quella, per Madeline, sarebbe stata anche la prima occasione di incontrare il capo di persona. Non sapeva perché, ma al solo pensiero sentiva lo stomaco stringersi.
«Chi ha dovuto aspettare la cena credo non sia d’accordo» osservò lui con tono secco.
Lei si guardò le unghie e notò una scheggiatura nello smalto. Avrebbe dovuto sistemarlo prima della festa. «È stato un problema di sicurezza, non di organizzazione. E la sicurezza non rientra nei miei compiti.»
La risata trattenuta di Aleksej vibrò attraverso il telefono. Vibrò in lei.
«La sua inflessibilità è sempre stimolante.»
Inflessibilità? Sì, va bene, forse era diventata un po’ inflessibile. Anche se, in realtà, stava scherzando. Più o meno. Ma lei amava quel lavoro, ne aveva bisogno.
Aleksej si aspettava la perfezione, e Madeline l’aveva sempre raggiunta, non intendeva certo rispondere degli errori commessi da altri.
Non aveva ottenuto la recente promozione alla Petrova Gems assumendosi la responsabilità per le mancanze altrui.
«Bene, ho parlato con Jacob riguardo alle misure di sicurezza per questa sera, e non penso che avremo altri problemi del genere.»
«Buono a sapersi.»
«Sta cercando di innervosirmi, vero?» chiese, mentre la stizza e l’adrenalina le montavano in corpo.
Riusciva a mantenere la calma con tutti, sempre. Ma Aleksej Petrov, con quella voce sensuale e peccaminosa, la innervosiva più di ogni altra cosa al mondo. C’era qualcosa in lui... un altro motivo per rallegrarsi del loro rapporto di lavoro a distanza.
«Forse. L’avrei licenziata subito se l’avessi considerata un’incompetente, Madeline. Non le avrei certo dato una promozione» aggiunse, e il suono del suo nome su quelle labbra le fece drizzare i peli sulle braccia.
«Allora prendo la mia attuale posizione come un complimento» gli rispose, sforzandosi di mantenere l’abituale atteggiamento freddo e calmo.
Era passato così tanto tempo da quando si era concessa la distrazione di un uomo, da quando aveva concesso a qualsiasi cosa di distrarla. Aveva ripreso il controllo della propria vita, e l’aveva fatto alla grande.
Era andata avanti, aveva fatto carriera, senza mai voltarsi indietro verso la ragazza insicura e vulnerabile che era stata cinque anni prima. Non avrebbe permesso ad Aleksej, o alla sua voce, di distruggere tutto quello che aveva costruito.
«Comunque, per questa sera, tutto procede secondo i piani» dichiarò con decisione. Era impaziente di riportare la conversazione a quello che doveva essere l’argomento della telefonata. Riportarla in zona sicura.
«Buono a sapersi.»
La voce, ora, non sembrava più arrivare solo dal telefono. Era più profonda, più ricca, e riempì la sala da ballo vuota, scatenandole un’ondata di calore in tutto il corpo.
Madeline sentì un formicolio alla nuca.
Si voltò e si ritrovò davanti, ad altezza occhi, un ampio petto maschile. Era rivestito in modo più che dignitoso, bisognava ammetterlo, da una camicia che aderiva perfettamente ma che non nascondeva i muscoli tonici e bene delineati che c’erano sotto.
Deglutì a fatica. D’improvviso le si era seccata la gola, si era chiusa. Le tremavano le mani. Il suo capo dalla voce sensuale era lì, davanti a lei, in carne e ossa.
Ed era perfino più bello di quanto avesse immaginato.
Guardando le fotografie, aveva sperato che lo avessero semplicemente ritratto da buone angolature, che non fosse davvero così affascinante come appariva. Invece no, le fotografie non gli rendevano giustizia.
Era robusto, forte e alto più di un metro e ottanta. Con un volto attraente. Aveva sopracciglia scure e ben delineate, la mascella spigolosa. Occhi marrone scuro, seducenti ma del tutto indecifrabili. Duri. Tutto, in lui, aveva un aspetto severo.
Tranne le labbra. Le labbra sembravano capaci di ammorbidirsi per baciare una donna. Madeline si sorprese a inumidire le sue, in reazione a quel pensiero. E poi si rese conto che era rimasta lì impalata, a fissare il suo capo come un’idiota.
L’uomo che le firmava la busta paga.
Oh, perfetto.
«Signor Petrov» disse. Si accorse di tenere ancora il telefono all’orecchio e abbassò il braccio. «Io...»
«Signorina Forrester.» Aleksej allungò una mano. Lei gli fu estremamente grata per averle ricordato quello che doveva essere un normale comportamento, in una situazione del genere, perché la sua testa era andata momentaneamente in blocco.
Madeline sollevò la mano e afferrò quella di Aleksej. La sua stretta era ferma, mascolina. La pelle, calda contro la sua. Madeline allentò la presa, cercando di apparire calma. Distaccata. Ripiegò le dita, per allontanare l’effetto di quel contatto.
Volse lo sguardo alla sala da ballo, decorata splendidamente. Era tutto pronto, mancavano solo i gioielli, che avrebbero messo negli espositori qualche istante prima dell’inizio della cerimonia.
All’arrivo delle guardie armate.
«Spero sia tutto di suo gradimento» disse, sicura che sarebbe stato così.
Non era una che si accontentava delle mezze misure. Se non era perfetto, non aveva senso.
«Può andare» replicò lui.
Madeline lo guardò. «Mi auguro che sia meglio di un può andare» osservò.
«Può andare.» Un leggero sorriso gli incurvò le labbra, e Madeline si ritrovò a combattere fra il desiderio di continuare a fissare quella bocca seducente e la voglia di voltarsi e uscire dalla stanza.
Lottò disperatamente per riprendere il controllo di sé.
Se non l’avesse colta di sorpresa, non sarebbe stato un problema. Se avesse saputo che il suo capo stava per entrare nella stanza, se non le si fosse presentato alle spalle di soppiatto, e se non fosse stato bello come un Adone abbronzato, non si sarebbe sentita in quel modo.
Ricordati l’ultima volta che hai permesso al tuo corpo di pensare per te.
Le bastò quello per tornare con i piedi per terra.
«Sono felice che approvi» borbottò, rimpiangendo la mediazione del telefono, che avrebbe impedito al capo di notare la sua stizza. E perché era più semplice per lei, se non lo vedeva.
Aleksej scese le scale che conducevano al centro del salone. Lei rimase ad aspettare, mentre lui esaminava l’allestimento dei tavoli e le lanterne bianche scintillanti sospese al soffitto.
«Lavora molto per me» osservò lui, alla fine.
Un’ondata di gratificazione la travolse. «Sì.»
«Mi sono sempre chiesto che cosa la spinga a lavorare per vivere. La sua famiglia è abbastanza ricca per mantenerla.»
Era ovvio che sapesse della sua famiglia. Anche loro erano personaggi di successo. Ma i suoi genitori non avevano più rapporti con lei da almeno dieci anni. Non le avevano dato supporto da piccola e non gliel’avrebbero certo dato da adulta. E lei non si sarebbe mai sognata di prendere un solo penny dal fratello. Gage aveva già fatto abbastanza. Non gli avrebbe permesso di prendersi cura di lei per il resto della vita, anche se lui l’avrebbe fatto con piacere.
«Non avrei nessuna soddisfazione, se sfruttassi il successo altrui. Volevo affermarmi da sola. Guadagnarmi un mio spazio.»
Era un traguardo molto importante per lei, soprattutto dopo che si era vista distruggere la reputazione dai media eccessivamente zelanti, a causa di un’imprudenza di gioventù. In realtà, però, non ce l’aveva con la stampa. Non aveva fatto altro che rivelare la sua stupidità a un pubblico assetato di scandali. Quello che era accaduto, era solo colpa sua. Non poteva neppure attribuirne la responsabilità all’ex capo, per quanto avesse voluto.
L’unica consolazione era la velocità con cui l’intera faccenda era presto sparita dai giornali.
Giornata nuova, scandalo nuovo. Negli ambienti in cui lei si muoveva, tuttavia, il danno era fatto.
«Non c’è dubbio che se lo sia guadagnato. Ha idea di quante persone abbiano cercato di soffiarmela in questi ultimi mesi?»
«Otto» rispose, risoluta. «E non sapevo che lei ne fosse al corrente.»
Aleksej fece un cenno con il capo e tornò verso le scale. Vedendolo avvicinarsi, Madeline sentì lo stomaco stringersi più forte. Quell’attimo di tranquillità che aveva provato si era rivelato un’illusione.
«Fa parte del mio lavoro sapere cosa succede nell’azienda. Specialmente quando cercano di rubare una delle mie figure di rilievo.»
«Ho rifiutato» gli fece notare. «Mi piace il lavoro che svolgo alla Petrova.»