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La contessa spagnola
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La contessa spagnola

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Spagna, 1812 - Il Maggiore Robert Falconbridge non approva il coinvolgimento di una gentildonna nella difficile e pericolosa missione che li porterà ad attraversare la Spagna occupata dalle truppe di Napoleone. Ben presto, però, si accorge che Miss Sabrina Huntley non è una donna come le altre. Intelligente e piena di risorse, è anche di una bellezza e di un fascino travolgenti, particolari che rendono il loro viaggio assai piacevole e intrigante. E Robert finisce per scoprire che sulla sua vita, più della minaccia del nemico, incombe il pericolo che Sabrina lo possa indurre in tentazione...
LanguageItaliano
Release dateNov 10, 2017
ISBN9788858975213
La contessa spagnola

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    La contessa spagnola - Joanna Fulford

    Spagna, 1812

    Guardando il carro carico e la ruota danneggiata, Sabrina li maledisse entrambi tra sé. Poi fece vagare lo sguardo lungo la strada polverosa che si snodava tra rocce e sterpaglia verso la sierra.

    Il sole aveva già oltrepassato lo zenit e avevano ancora parecchie miglia da percorrere prima di raggiungere la loro destinazione. Ora sarebbero arrivati ancora più tardi del previsto. Il conducente del carro, un uomo basso e tarchiato, di età indefinibile, sferrò un calcio al cerchione e scagliò il berretto al suolo, borbottando un'imprecazione. Poi si voltò verso di lei con un'espressione addolorata dipinta sul viso dalla carnagione scura.

    «Lo siento mucho, Doña Sabrina.»

    «Non è colpa tua, Luis. Questo carro era male in arnese fin dall'inizio» replicò lei in un castigliano fluente quanto quello dell'uomo.

    «Legna da ardere montata su ruote» borbottò. «O meglio, senza più ruote. Se rivedo quell'idiota, Vasquez, lo uccido.»

    Sabrina scosse il capo. «È un alleato, anche se ci procura mezzi di trasporto scadenti.»

    «Con alleati simili, perché mai dovremmo preoccuparci dell'invasore francese?»

    «In ogni caso fa del suo meglio.»

    Luis sospirò. «E va bene. Mi accontenterò di dargli una bella lezione.»

    «No, Luis, per quanto l'idea sia allettante.» Voltandosi verso il carro, aggiunse: «Quello che importa, ora, è sistemare questa ruota in modo da presentarci all'appuntamento con il Colonnello Albermarle».

    Un'altra voce intervenne con calma. «C'è un carradore nella prossima città. Non dista più di cinque miglia da qui.»

    Sabrina si voltò verso l'uomo che aveva parlato. Di mezza età, aveva corti capelli scuri che mostravano qualche traccia di grigio; il volto abbronzato era segnato da rughe profonde ma gli occhi erano attenti e vivaci. Pur non essendo molto alto, la corporatura robusta dava un'impressione di forza.

    «D'accordo, Ramon» disse, annuendo. «Tu e io andremo in città a cercare aiuto. Luis e gli altri possono restare qui e fare la guardia al carro.»

    Detto questo, montò in sella al baio castrato e attese che Ramon risalisse a cavallo. Dopo aver rivolto un cenno a Luis e agli altri tre uomini, partì in direzione di Casa Verde.

    Chiamarla città era un'esagerazione, decise un'ora più tardi, quando raggiunsero il centro abitato. Non era niente di più che un grosso villaggio sonnolento. La maggior parte delle costruzioni erano baracche dalle mura piene di crepe e dai tetti malandati. I polli razzolavano tra lo sporco e un maiale stava sdraiato al sole, accanto a un muro di terra e fango. Bambini vestiti di stracci giocavano davanti alla porta aperta di una casa. La strada stretta conduceva a una piazzetta polverosa e Sabrina si voltò a guardare il suo compagno.

    «Dove possiamo trovare il carradore?» chiese.

    «La casa di Garcia è dietro la chiesa.» Ramon indicò l'edificio imponente imbiancato a calce sul lato opposto della piazza. «Non è lontano.»

    Trovarono senza difficoltà il posto ma scoprirono il proprietario e altri due uomini intenti a staccare una ruota da un grande carro carico di provviste. Vicino c'era un altro veicolo simile, pieno di barili e di sacchi. Un gruppo di soldati dalla giubba rossa stazionava lì accanto, chiacchierando e ridendo.

    A quella vista Sabrina e il suo compagno si scambiarono un'occhiata.

    «Andrò io a parlare con Garcia» annunciò Ramon.

    Lei prese le redini del suo cavallo e rimase a guardare mentre attraversava lo spiazzo. Il carradore alzò lo sguardo dal suo lavoro. Seguì uno scambio di battute che durò forse un paio di minuti, poi Ramon tornò con il volto scuro.

    «Dice che non potrà aiutarci prima di domani.»

    «Cosa?»

    Ramon indicò i due carri. «Prima deve sistemare quelli.»

    «Ma noi dobbiamo essere a Ciudad Rodrigo questa sera.»

    «Credo che non sarà possibile. Dice che i soldati inglesi sono arrivati prima di noi e che il loro comandante ha bisogno di quei carri in gran fretta.»

    «Già, e noi abbiamo bisogno dei nostri con altrettanta fretta» replicò. «Parlerò io con l'ufficiale in capo. Forse sarà disposto a cedere.»

    Ramon fece una smorfia. «Ne dubito.»

    «Vedremo.»

    Sabrina smontò da cavallo e gli tese entrambe le redini. Poi, respirando a fondo, si diresse verso il gruppo di soldati in attesa di fianco al carro. Mentre si avvicinava, i due che aveva di fronte alzarono lo sguardo, accorgendosi della sua presenza. I loro volti palesarono sorpresa e curiosità. Vedendoli, i loro compagni si voltarono e la conversazione si interruppe. Sabrina fissò l'attenzione sull'uomo che aveva di fronte.

    «Ho bisogno di parlare con il vostro comandante.»

    «Volete dire il Maggiore Falconbridge.»

    «Potete indicarmi dove trovarlo?»

    «Laggiù» le rispose il soldato, indicando una figura dai capelli scuri, accovacciata accanto a uno dei cavalli da tiro legati lì vicino.

    Dopo aver ringraziato, Sabrina si avviò in quella direzione. Anche se il maggiore doveva averla sentita arrivare, non alzò lo sguardo ma mantenne l'attenzione concentrata sulla zampa anteriore del cavallo. Passò delicatamente le dita forti e sottili lungo lo stinco e si fermò sull'articolazione del nodello.

    «Maggiore Falconbridge?»

    «Esatto.» La voce era gradevole, con un accento inconfondibile da gentiluomo.

    «Sono Sabrina Huntley. Posso parlarvi?»

    Allora lui sollevò lo sguardo e Sabrina si trovò a fissare un volto abbronzato e rasato di fresco. I lineamenti scolpiti non avevano niente della bellezza classica ma la lasciarono ugualmente senza fiato. Il viso era dominato da un paio di penetranti occhi grigi, che ora la esaminavano minuziosamente, a partire dai riccioli dorati trattenuti da un nastro sulla nuca, sorvolando di passaggio su giacca e camicia, pantaloni e stivali, per soffermarsi solo un istante sulla spada al fianco e sulla pistola alla cintura. Un bagliore divertito apparve in quelle profondità grigie. Poi il maggiore si alzò lentamente.

    «Avete tutta la mia attenzione, Miss Huntley.»

    Lo sguardo sorpreso di Sabrina incontrò i bottoni superiori della giacca dell'uniforme e risalì con l'impressione di avere a che fare con un fisico alto e flessuoso. Il cuore perse un battito e per un istante la sua mente fu ignara di tutto se non dell'uomo che le stava di fronte. Si ricompose con uno sforzo poi, adottando un atteggiamento più serio, spiegò brevemente quello che era successo al carro.

    «Devo raggiungere Ciudad Rodrigo stasera stessa. Ho bisogno subito del carradore.»

    «Mi spiace di non potervi essere d'aiuto» rispose. «Ma come vedete è già impegnato.»

    «È una questione della massima urgenza, maggiore» insistette lei.

    «Così pure la mia. Se così non fosse, sarei lieto di venirvi incontro.»

    «Non potete ritardare la riparazione?»

    «No davvero. Devo consegnare queste provviste oggi stesso o i miei uomini non mangeranno.»

    Il tono era tranquillo e cortese ma conteneva un'inflessione d'acciaio. Sabrina provò un'altra tattica.

    «Se non trovo aiuto, i miei uomini e io saremo costretti a passare la notte all'aperto.»

    «È increscioso, senza dubbio, ma per fortuna il tempo è clemente in questa stagione.»

    Sabrina serrò la mascella. «C'è anche la possibilità di incontrare una pattuglia francese.»

    «Non ci sono pattuglie francesi nel raggio di venti miglia.» Il maggiore si concesse una pausa, posando lo sguardo sulla spada e sulla pistola. «E anche se ci fossero, non credo che sarebbero così temerari da rischiare di attaccarvi.»

    Gli occhi verdi lampeggiarono. «Non siete galante, maggiore.»

    «Me lo dicono spesso.»

    «Dunque lascereste una dama senza aiuto in queste circostanze?» insinuò lei.

    «Certamente no, ma per vostra stessa ammissione potete contare sull'aiuto di diversi uomini.» Dopo una seconda pausa, aggiunse: «Posso chiedervi che cosa trasporta il vostro carro?».

    Sabrina esitò una frazione di secondo.

    «Frutta.»

    Il maggiore inarcò un sopracciglio scuro.

    «Credo proprio che la vostra frutta sia abbastanza al sicuro.»

    «Non credo che comprendiate la serietà del caso, Maggiore Falconbridge» ribatté, stringendo le mani a pugno. «Devo avere il carradore.»

    «E l'avrete... domani.»

    «Non ho mai incontrato un uomo così sgarbato e privo di tatto in vita mia!»

    «Dovete uscire più spesso.»

    Il rossore le affluì al volto, colorandole le guance di una deliziosa sfumatura rosata. Il maggiore abbozzò un sorriso di apprezzamento.

    Sabrina lottò contro l'istinto di colpirlo.

    «Per l'ultima volta, maggiore, mi aiuterete?»

    «Mi dispiace tanto, ma non posso.»

    «Bruto!»

    Per tutta risposta ebbe un sorriso impenitente. Infuriata, Sabrina girò sui tacchi e tornò a passo di marcia dove Ramon aspettava con i cavalli.

    Lo spagnolo la guardò con un'espressione interrogativa dipinta in volto.

    «Devo dedurre che vi ha detto di no?»

    «Proprio così.»

    Afferrando le redini, montò in sella e girò il cavallo verso l'uscita della città, fermandosi solo per lanciare un'occhiata fulminante a Falconbridge mentre gli passava accanto. Il maggiore fece una risata sommessa, seguendola con lo sguardo.

    Dopo che i carri furono riparati, Falconbridge cavalcava di fianco al convoglio con passo tranquillo. Di tanto in tanto faceva vagare lo sguardo sulle colline circostanti ma non vide nulla che potesse preoccuparlo. Per il resto, la sua mente era piacevolmente occupata dallo strano incontro nel cortile del carradore. Sorrise tra sé, benché con una punta di mestizia. La sua risposta alla preghiera della dama era stata scortese, come aveva detto lei stessa. Senza dubbio non si era guadagnato una grande reputazione. Tuttavia lui non avrebbe perso quell'esperienza per niente al mondo. Ne era valsa la pena solo per vedere il fuoco accendersi in quei meravigliosi occhi verdi. Per un istante si era chiesto se l'avrebbe colpito; poteva leggere chiaramente il desiderio sul suo volto. L'immagine gli tornò con forza alla mente. Sapeva che non l'avrebbe dimenticata tanto facilmente.

    Il suo insolito modo di vestire l'aveva portato inizialmente a chiedersi se fosse al seguito dell'esercito, ma il suo accento aristocratico gli aveva fatto subito escludere l'ipotesi. Tutto il suo atteggiamento indicava una persona abituata a dare ordini. Falconbridge ridacchiò tra sé. A Miss Huntley non piaceva ricevere un rifiuto. In altre circostanze si sarebbe comportato meglio, ma non aveva mentito dicendo che doveva consegnare al più presto le provviste. Il suo sorriso si allargò, ricordando che gli aveva detto di essere diretta a Ciudad Rodrigo. Senza dubbio l'avrebbe incontrata di nuovo e presto.

    Quelle riflessioni lo tennero occupato finché non furono in vista della città. Dopo aver consegnato le provviste, Falconbridge si diresse subito in caserma. Quando arrivò all'alloggio che divideva con il Maggiore Brudenell, lo trovò seduto al tavolo. Anche se aveva la sua stessa età, le somiglianze finivano lì. Capelli del colore del grano maturo circondavano un viso leggermente abbronzato, dai lineamenti cesellati che parlavano del suo nobile lignaggio. Alzò lo sguardo dal foglio su cui stava scrivendo con un caldo sorriso nei vivaci occhi azzurri.

    «Ah, Robert. Tutto è andato come previsto?»

    «Sì, abbastanza.»

    «Gli uomini saranno molto contenti. L'ultimo barile di maiale sotto sale era così rancido che avremmo potuto usarlo come arma. Se l'avessimo sparato contro i francesi, a quest'ora sarebbero in piena ritirata.»

    Falconbridge sorrise. «Forse dovremmo provare, la prossima volta.» Indicò con un cenno il foglio di carta. «Una lettera a casa, Tony?»

    «Sì. Avevo in mente di farlo da quindici giorni e non ne ho mai avuta la possibilità. Devo finirla prima di partire.»

    «Partire per dove?»

    «Alla Sierra de Gredos. Ward mi ha scelto per un altro incontro con El Cuchillo.»

    Il nome del capo dei ribelli era ben conosciuto. Per qualche tempo aveva passato informazioni agli inglesi in cambio di fucili. Dato che era stata confermata la sua affidabilità, il Generale Ward era ansioso di mantenere i contatti.

    «Allora starai via un paio di settimane.»

    «Immagino di sì.»

    Falconbridge guardò la lettera non finita.

    «A volte penso che la guerra sia più dura per chi rimane a casa.»

    «Non essendo sposato, non hai questa preoccupazione» gli fece notare l'amico.

    «Né la vorrei, nonostante il tuo luminoso esempio.»

    Brudenell scosse il capo. «Non sono certo un esempio luminoso. In realtà non vedo mia moglie da così tanto tempo che probabilmente si è dimenticata che aspetto ho.»

    «Questo mi sembra difficile.»

    «Niente affatto. Il nostro è stato un matrimonio combinato e nessuno dei due ha avuto scelta. Sono abbastanza sicuro che Claudia si goda una bella vita a Londra senza preoccuparsi troppo per la mia assenza.»

    Il tono era allegro ma Falconbridge colse nei bellissimi occhi azzurri un'ombra di tristezza che svanì subito. Fino a quel momento l'amico aveva parlato del suo matrimonio solo nei termini più generici. In ogni caso non era un argomento che Falconbridge amasse affrontare. Anche dopo tutto quel tempo, era un aspetto del passato che preferiva dimenticare.

    A quanto pareva non gli era concesso quel lusso perché Brudenell continuò: «Non sei mai stato tentato di fare il grande passo?».

    «Una volta ero sul punto di farlo, ma la dama in questione si è ritirata.»

    «Mi dispiace.»

    Falconbridge si strinse nelle spalle. «In fondo è stata una fortuna. Da allora preferisco cogliere il piacere dove lo trovo.»

    «Naturalmente potresti incontrare la donna giusta. Ci hai pensato?»

    «Devo ancora incontrare una donna con cui desideri passare il resto della mia vita» rispose Robert. «Il gentil sesso è affascinante ma anche volubile e poco affidabile. Relazioni brevi con donne di una certa classe danno più soddisfazioni.»

    «Sei un cinico, amico mio.»

    «No, sono solo realista.»

    Qualsiasi cosa stesse per ribattere Brudenell andò perduta, perché sulla soglia apparve un attendente che si rivolse a Falconbridge.

    «Vi chiedo perdono, Maggiore Falconbridge, ma il Generale Ward richiede subito la vostra presenza.»

    «Molto bene. Sarò subito da lui.»

    Dopo che l'attendente se ne fu andato, i due amici si scambiarono un'occhiata.

    Falconbridge inarcò un sopracciglio.

    «Suona interessante.»

    «Se questo non è un eufemismo...» replicò l'altro.

    «Bene, lo scoprirò presto.»

    Era pomeriggio inoltrato del giorno seguente quando Sabrina e i suoi compagni attraversarono il ponte romano sul fiume Agueda e raggiunsero il luogo dell'appuntamento, al Castillo di Ciudad Rodrigo. Dopo l'assedio di gennaio, i francesi erano stati scacciati dalle truppe britanniche. La presa della città e le imponenti batterie posizionate nei pressi avevano consentito di aprire un corridoio orientale per l'avanzata di Wellington in Spagna. La fortezza ferveva di attività. Le guardie ai cancelli riconobbero il convoglio e ne annunciarono l'arrivo, così che quando il carro si fermò nel cortile, Albermarle li stava già aspettando.

    Il colonnello era sui cinquantacinque anni e poco più alto della media, ma nonostante i capelli grigi, aveva un portamento eretto e due occhi azzurri intelligenti e penetranti. Quando vide Sabrina, il suo volto si illuminò di un sorriso.

    «Sei in ritardo, mia cara. Stavo cominciando a preoccuparmi» esordì lui.

    «Abbiamo avuto un danno a una ruota, e c'è voluto più del previsto per ripararla.»

    «Una sfortuna, ma queste cose succedono. Nessun altro problema durante il viaggio?» le domandò.

    Per un istante il viso del Maggiore Falconbridge le lampeggiò nella mente. Sabrina lo allontanò.

    «No.»

    «Bene.» Il colonnello guardò il carico di arance. «E i fucili?»

    Sabrina fece un cenno a Ramon, che scostò il primo strato di frutta e sollevò i sacchi di iuta su cui era posata per rivelare i fucili sottostanti. Albermarle sorrise.

    «Hai fatto un buon lavoro, mia cara, come sempre.» Osservando gli abiti impolverati, aggiunse: «Ti ho fatto preparare un alloggio. Troverai Jacinta con le tue cose. Dopo che avrai fatto un bagno e ti sarai cambiata, ceneremo insieme».

    «Ne sarò felice.»

    «Bene. Parleremo allora.»

    Qualche tempo dopo Sabrina raggiunse il colonnello, elegantemente vestita in un abito di mussola a fiori, con i capelli acconciati con cura. La cena era ottima e così lontana dalle razioni degli ultimi giorni che mangiò di gran gusto. Il colonnello mantenne la conversazione su argomenti generali, ma conoscendolo ormai da molto tempo, lei intuì che aveva in mente qualcosa. Su questo aveva ragione, anche se la questione non venne affrontata finché non ebbero terminato il pasto e rimasero a sorseggiare il vino. Albermarle si appoggiò allo schienale, studiandola con sguardo acuto.

    «Per caso hai riflettuto sulla nostra ultima conversazione, mia cara?»

    «Sì, e la mia risposta è la stessa.»

    «Lo pensavo» disse con un sorriso gentile. «Dunque l'Inghilterra non ha alcun fascino per te?»

    «Ricordo appena i luoghi e ancor meno la famiglia di mia zia. È gentile da parte sua offrirmi una casa, ma mi sentirei come un pesce fuor d'acqua. La mia vita ha sempre girato intorno all'esercito. Mio padre avrebbe potuto lasciarmi in Inghilterra quando venne assegnato all'estero, ma preferì non farlo e io ne sono felice.»

    «Conosco tuo padre da molto tempo. John Huntley è sempre stato un uomo non comune, alcuni potrebbero dire eccentrico, in compenso è dotato di onore e di coraggio e io sono fiero di poterlo considerare un amico. È anche un ottimo cartografo.»

    «Sì, in effetti lo è, ed è grazie a lui che ho ricevuto un'educazione così insolita. Quante giovani donne sono state dove sono stata io e hanno fatto quello che ho combinato?»

    Albermarle ridacchiò. «Poche, immagino.»

    «A volte penso che sarebbe bello avere una casa stabile, andare ai balli e alle feste, ma anche una vita vagabonda non è priva di fascino. Suppongo di averci fatto l'abitudine, anche se mio padre non è più con me.»

    «Ti

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