Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

La donna del capitano
La donna del capitano
La donna del capitano
Ebook244 pages3 hours

La donna del capitano

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Belgio - Inghilterra, 1812 - 1820. Per il Capitano Allan Landon il dovere e l'onore vengono prima di ogni altra cosa. Così, quando si imbatte in una giovane travestita da uomo che vaga sul campo di battaglia, a Waterloo, non ha alcuna esitazione e la porta in salvo. Le conseguenze del suo gesto sono enormi: non può abbandonarla al suo destino ma non può neppure venire meno alle proprie responsabilità di soldato. E nel momento in cui la vede per la prima volta in abiti femminili, capisce che dovrà affrontare una nuova, difficile guerra. Dentro il proprio cuore.
LanguageItaliano
Release dateApr 10, 2018
ISBN9788858981016
La donna del capitano
Author

Diane Gaston

Diane Gaston's dream job had always been to write romance novels. One day she dared to pursue that dream and has never looked back. Her books have won Romance's highest honours: the RITA Award, the National Readers Choice Award, Holt Medallion, Golden Quill, and Golden Heart. She lives in Virginia with her husband and three very ordinary house cats. Diane loves to hear from readers and friends. Visit her website at: http://dianegaston.com

Related to La donna del capitano

Related ebooks

Historical Romance For You

View More

Related articles

Reviews for La donna del capitano

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    La donna del capitano - Diane Gaston

    Immagine di copertina:

    Nicola Parrella

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Chivalrous Captain, Rebel Mistress

    Harlequin Historical

    © 2010 Diane Perkins

    Traduzione di Elena Vezzalini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-101-6

    Prologo

    Badajoz, Spagna 1812

    I passi pesanti della banda di predoni erano così vicini che il Tenente Allan Landon sentì nelle narici l’odore di sudore e di sangue delle loro uniformi. Lui e il suo capitano, Gabriel Deane, si nascosero nell’oscurità al passaggio della folla inferocita.

    Impossibile immaginare qualcosa di più orribile di quegli uomini in preda a una furia omicida, che si incitavano reciprocamente alla violenza, alla distruzione, al massacro di civili innocenti.

    Le lingue di fuoco che stavano distruggendo un alto edificio di pietra illuminarono da dietro il branco che, brandendo bastoni e baionette, passò di fianco ad Allan. Il tenente si accese di sdegno. Perché quegli uomini non erano i suoi nemici ma i suoi connazionali, soldati inglesi privi di ogni decenza, di ogni morale, vittime della follia.

    Dopo il sanguinoso assedio di Badajoz, dove avevano perso la vita migliaia di loro compagni d’armi, tra le truppe inglesi era circolata voce che Wellington avesse autorizzato tre ore di saccheggio.

    Quella era stata la scintilla che aveva fatto divampare la sommossa.

    Quando i saccheggiatori scomparvero dietro l’angolo, Allan e Gabriel Deane tornarono sulla strada.

    «Wellington dovrebbe farli impiccare» commentò Allan.

    Ma Gabe scosse il capo. «Sono troppi. Ne abbiamo bisogno per combattere contro i francesi. Voi e io stiamo rischiando la vita, e tutto per colpa di quel dannato Tranville» borbottò.

    Edwin Tranville.

    Era stato il padre di Edwin, il Brigadiere Generale Lionel Tranville, a spedirli in quella bolgia di violenza. Quando il figlio, che era anche il suo aiutante di campo, era scomparso aveva ordinato ad Allan e a Deane di andare a cercarlo e di riportarlo al campo.

    «Gli ordini sono ordini.» Il tono di Allan suonò fatalista alle sue stesse orecchie ma, che gli piacesse oppure no, il suo dovere era obbedire ai superiori.

    Due uomini, spuntati all’improvviso da un vicolo, li superarono di corsa.

    E da quel vicolo provenne l’urlo di una donna.

    «Non!»

    Per tutta la notte le grida femminili risuonate nelle loro orecchie erano state come coltellate al cuore di Allan, ma erano troppo lontane perché lui e Gabe potessero accorrere in aiuto. Quell’urlo, tuttavia, sembrava più vicino; imboccarono il vicolo di corsa e giunsero in un piccolo cortile, dove si aspettavano di trovare una donna in pericolo.

    Invece la donna aveva in mano un coltello, e stava per colpire alla schiena un soldato rannicchiato, che frignava come un bambino. La giubba rossa che indossava lo identificava come inglese.

    Gabe afferrò la donna da dietro e la disarmò.

    «Oh no, señora, non lo farete.»

    Il soldato inglese, coprendosi il viso con le mani insanguinate, cercò di alzarsi. «Voleva uccidermi...» piagnucolò prima di accasciarsi al suolo svenuto.

    Allan notò il corpo di un soldato francese che giaceva in una pozza di sangue.

    «Dovete venire con noi» disse Deane afferrando la donna per un braccio.

    «Capitano...» si intromise Allan a quel punto indicando il cadavere.

    All’improvviso un altro soldato inglese sbucò dall’oscurità. «Aspettate.»

    Allan si girò di scatto puntando la pistola.

    L’uomo alzò le braccia. «Sono il Sottotenente di fanteria Jack Vernon, dell’East Essex.» Poi, indicando il soldato inglese svenuto con il viso rivolto in basso, continuò: «Voleva uccidere il bambino e violentare la donna. Ho visto con i miei occhi. Era insieme ad altri due uomini, che sono fuggiti».

    «Di quale bambino parlate?» chiese Gabe guardandosi intorno.

    Una sagoma si mosse nell’oscurità. Allan stava per sparare, ma Vernon gli fermò il braccio con una mano. «Non sparate, è lui.»

    Tenendo stretta la donna, Deane si avvicinò all’uomo svenuto e lo girò di schiena aiutandosi con un piede. «Santo cielo, Landon, avete visto chi è?»

    «Edwin Tranville» rispose con disprezzo il sottotenente al posto suo. «Il figlio del Generale Tranville.»

    Allan sentì la collera montare dentro di sé. «State scherzando? Cosa diavolo ci fa qui?» chiese guardandosi intorno.

    Il sottotenente indicò Edwin: era evidente che lo disprezzava quanto Allan.

    «Ha cercato di strangolare il bambino e la donna lo ha difeso con il coltello. È ubriaco.»

    Il bambino in questione, sui dodici anni, corse disperato verso il corpo del povero soldato francese.

    «Papa!»

    «Non, non, non, Claude!» gridò la donna.

    «Diamine, sono francesi.» Il capitano si inginocchiò di fianco al corpo e posò le dita sulla gola dell’uomo. «È morto.»

    Una famiglia francese coinvolta nella carneficina, immaginò Allan, un uomo che aveva cercato di portare in salvo la moglie e il figlio. Si girò verso Tranville, con un sapore di bile in bocca, domandandosi se prima avesse ucciso il francese davanti al ragazzo e a sua madre e poi cercato di violentare la donna.

    «Mon mari» dichiarò la donna.

    Gabe si alzò di scatto e, indicando il cadavere, chiese al sottotenente: «L’ha ucciso Tranville?».

    Vernon scosse la testa. «Non ho visto.»

    «Accidenti. Cosa ne sarà di lei adesso?» Gabe guardò preoccupato la donna.

    Solo un istante prima era pronto ad arrestarla.

    «Dobbiamo condurli via di qui. Landon, portate Tranville al campo. Sottotenente, ho bisogno del vostro aiuto.»

    Allan si avvicinò.

    «Non vorrete consegnarla alle guardie?»

    «Naturalmente no» rispose Deane in tono brusco. «Cercherò un posto sicuro dove sistemarla. Forse una chiesa.» Guardò Allan e il sottotenente. «Nessuno dovrà sapere ciò che è accaduto. Siamo d’accordo?»

    «Meriterebbe l’impiccagione» protestò Allan.

    «È il figlio del generale» replicò Gabe. «Se denunceremo il suo crimine, Tranville chiederà di certo la nostra testa, non quella di suo figlio.» Indicando la povera donna con il capo, concluse: «Potrebbe anche prendersela con lei e il bambino». Poi abbassò lo sguardo su Edwin. «Il bastardo è talmente ubriaco che forse non sa nemmeno che cosa ha combinato.»

    «L’ubriachezza non è una giustificazione.» Allan non riusciva a credere che Gabe avrebbe permesso a Edwin di passarla liscia.

    Poi guardò la donna, che cercava di consolare il figlio. Lui era disposto a rischiare la vita per amore di giustizia, ma non aveva il diritto di mettere a repentaglio l’incolumità di due persone che avevano già subito un torto.

    «E va bene. Non apriremo bocca...» dichiarò suo malgrado.

    Gabe si rivolse a Vernon.

    «Ho la vostra parola, sottotenente?»

    «Sissignore.»

    Si udì un rumore di vetri infranti e il tetto di un edificio crollò, facendo levare alte scintille al cielo.

    Dopo averlo messo a sedere, Allan si issò in spalla Edwin.

    «Fate attenzione» si raccomandò Gabe.

    Con un cenno del capo, Allan si incamminò a fatica nella direzione da cui erano arrivati. Si ritrovò a sperare di essere attaccato dai predoni, se avesse significato la fine di Edwin, ma le strade che percorse erano state saccheggiate e abbandonate. Così, lasciandosi alle spalle i rumori di Badajoz, condusse Edwin al campo dove erano alloggiati i Royal Scots.

    Arrivato all’alloggio del generale, bussò alla porta.«L’ho trovato» si limitò a dire all’ufficiale.

    Tranville si alzò dalla sedia, aveva il tovagliolo legato al collo. «Cosa gli è successo?»

    Allan strinse le mascelle prima di rispondere. «Era così quando l’abbiamo trovato.» Solo dopo che ebbe depositato Edwin su una branda, si accorse che aveva un taglio sul viso che andava dall’orecchio alla bocca.

    «È ferito!» gridò il padre. Poi, rivolgendosi all’attendente, ordinò: «Presto, chiamate il dottore. Non sapevo che fosse stato ferito in battaglia».

    La ferita era troppo recente perché Edwin se la fosse procurata durante la battaglia, e Allan era pronto a scommettere che anche il padre lo sapesse.

    Il generale cominciò a camminare su e giù nella stanza.

    Allan restò in attesa, con la segreta speranza di essere congedato per non dover fornire ulteriori dettagli sul ritrovamento.

    Ma Tranville sembrava immerso nei suoi pensieri. Di colpo si fermò e si mise di fronte ad Allan. «È stato ferito durante l’assedio, ne sono certo. Non avrebbe dovuto prendere parte al combattimento, ma a quanto pare non ha saputo resistere.»

    Stava cercando di convincere se stesso. «Sissignore» rispose Allan.

    Il generale gli rivolse uno sguardo penetrante. «È stato ferito durante l’assedio. Avete capito?»

    Capiva benissimo. Quella era la versione dei fatti che il generale voleva che lui raccontasse. Si mise sull’attenti. «Ho capito, signore.»

    Allan rabbrividì. Era certo che nascondere la verità su come Edwin si fosse procurato la ferita, o la vera natura del suo carattere, non avrebbe portato a niente di buono, ma aveva dato la sua parola al capitano. E il destino di troppe persone dipendeva da lui.

    1

    18 giugno 1815, Waterloo

    Marian Pallant sentiva i polmoni bruciare, le gambe doloranti. Correva come se fosse stata inseguita dal diavolo in persona.

    E forse si trattava proprio del diavolo, se il suo nome era Napoleone Bonaparte. L’imperatore francese, fuggito dall’isola d’Elba tre mesi prima, era già in marcia verso Waterloo per affrontare l’esercito di Wellington. E Marian si trovava tra i due fuochi.

    Udì alle sue spalle il crepitio dei moschetti e il rumore di migliaia di stivali che affondavano nel terreno fangoso al rullo dei tamburi dei francesi. Da qualche parte più avanti c’erano gli inglesi.

    O almeno lei lo sperava.

    Come artigli le dita melmose del terreno, ancora inzuppato dalle piogge torrenziali della notte appena trascorsa, si aggrappavano ai suoi stivaletti. Le alte spighe della segale le sferzavano gambe e braccia. Marian scorse una fattoria in lontananza, e si mise a correre. Se non altro, avrebbe potuto nascondersi.

    Solo tre giorni prima stava danzando con la sua amica Domina al ballo della Duchessa di Richmond quando si era presentato Wellington con la notizia che l’esercito di Napoleone era in marcia verso Bruxelles. Gli ufficiali presenti se n’erano andati in tutta fretta, ma nel corso di uno straziante addio Domina aveva appreso dal suo innamorato, il Tenente Harry Oliver, che se gli alleati non avessero vinto in una località chiamata Quatre Bras il duca avrebbe dovuto difendere Bruxelles, vicino a Waterloo. Domina aveva trascorso i due giorni successivi a supplicare Marian di andare con lei a cercare il reggimento di Ollie: voleva a tutti i costi assistere alla battaglia, ed essere nei paraggi nel caso il suo fidanzato avesse bisogno.

    Alla fine Marian aveva ceduto, ma solo perché non voleva lasciar partire l’amica da sola. Dopo avere indossato gli abiti del fratello di Domina, poiché due donne in viaggio da sole avrebbero attirato l’attenzione, avevano cavalcato per ore sotto una pioggia battente. E cominciavano a pensare di essersi perse, quando finalmente avevano udito delle voci maschili.

    Che parlavano francese.

    In preda a un attacco di panico, Domina aveva incitato il cavallo al galoppo al punto da far cadere di sella una Marian senza fiato. Non volendo urlare per timore che i francesi potessero sentirla, Marian aveva guardato Domina e il cavallo scomparire nella notte piovosa. Poi si era rannicchiata vicino a un albero, sperando nel ritorno dell’amica.

    Invano.

    Per tutta la notte Marian aveva temuto che Domina fosse stata catturata dai francesi. Cosa avrebbero fatto dei soldati francesi a una fanciulla inglese? Ma quando era spuntato il giorno, Marian aveva cacciato dalla mente le preoccupazioni per l’amica. Le colonne di soldati francesi avevano ripreso a marciare, e puntavano dritte verso di lei.

    La fattoria era la sua unica possibilità di salvezza, perché l’erba alta l’avrebbe nascosta alla vista dell’esercito di Napoleone.

    Che però sentiva sempre più vicino.

    Mentre correva, infilò un piede in una buca del terreno e cadde. Per un istante restò immobile, con il viso contro la fredda terra umida; era troppo stanca per reagire. Ma di colpo sentì la terra vibrare per l’inconfondibile scalpitio degli zoccoli di un cavallo.

    Era forse Domina? Si alzò a fatica, ma era troppo tardi. Il destriero sbuffante, troppo grande per essere quello della sua amica, stava piombando su di lei. Mentre cercava di spostarsi con un salto, gli stivaletti scivolarono sul terreno fangoso. A quel punto si coprì il viso con le mani e si preparò a essere travolta.

    Invece sentì una mano forte che, dopo averla afferrata per il bavero della giacca, la issò sulla sella come se avesse sollevato una piuma.

    «Ehi, giovanotto. Cosa ci fate in questo campo?» Parlava inglese.

    Grazie a Dio.

    Marian socchiuse gli occhi e intravide un’uniforme rossa. «Sono diretto a quella fattoria» rispose indicando il gruppo di edifici circondati da un muro.

    «Siete inglese? A dire il vero anch’io sto andando là. A Hougoumont.»

    Si chiamava dunque così la fattoria? A Marian non interessava. Le bastava non dover più camminare, e avere incontrato un soldato inglese.

    In poco tempo il cavallo raggiunse il boschetto che Marian aveva visto da lontano. Mentre lo attraversavano, il suo cappello restò impigliato in un ramo basso e i biondi capelli le caddero sulle spalle.

    «Santo cielo, siete una donna.» L’uomo tirò le redini bruscamente e il cavallo girò in tondo. «Che cosa diavolo ci fate qui?»

    Marian si girò sulla sella per guardarlo con maggior attenzione e sgranò gli occhi: l’aveva già visto. Lei e Domina avevano notato quell’ufficiale alto e avvenente mentre passeggiavano nel parco di Bruxelles.

    «Mi sono persa.»

    «Non sapete che sta per iniziare una battaglia?»

    «Stavo cercando un luogo sicuro dove rifugiarmi.»

    «Nessun luogo è sicuro» commentò in tono seccato. Invece di proseguire verso la fattoria, tornò all’albero per recuperare il cappello. «Rimettetelo. Meglio che non si sappia che siete una donna.»

    Già. Credeva forse che lei non se ne rendesse conto? Marian raccolse i capelli come poteva e li ficcò sotto il cappello. Alle loro spalle udirono degli uomini che entravano nel bosco. Il proiettile di un moschetto le sfiorò un orecchio.

    «Sono francesi, penso che cerchino una scaramuccia.» L’ufficiale spinse il cavallo al galoppo, e dopo un istante gli alberi divennero una macchia indistinta di verde e marrone.

    Finalmente raggiunsero il cancello di Hougoumont.

    «Sono il Capitano Landon, porto un messaggio per il Colonnello MacDonnell» annunciò. Quando il cancello si aprì, informò subito gli uomini: «Ci sono dei soldati francesi nel bosco».

    «Li abbiamo visti!» rispose un soldato, indicando un muro dove alcuni uomini si stavano preparando a sparare attraverso le feritoie. «Il colonnello è laggiù.»

    MacDonnell camminava avanti e indietro nel cortile, controllando i soldati e sbraitando ordini. Alcuni uomini indossavano la giubba rossa dell’esercito inglese, altri un’uniforme verde.

    «Restate vicino a me» intimò il Capitano Landon a Marian.

    Una volta scesi da cavallo, la tenne stretta per un braccio come se temesse che potesse fuggire, e non la lasciò nemmeno dopo avere consegnato il messaggio all’ufficiale.

    Il colonnello ripiegò il biglietto. «Resterete qui finché non avrò capito cosa vogliono questi francesi. Poi vi darò la mia risposta. Chi è quel ragazzo?» domandò indicando Marian.

    «Un inglese, si è perso.»

    Landon strizzò il braccio di Marian, per farle capire che non doveva contraddirlo.

    MacDonnell la guardò con sospetto. «Siete con l’esercito, ragazzo?»

    Marian cercò di parlare con voce profonda.

    «No, signore. Vengo da Bruxelles, volevo vedere la battaglia.»

    Il colonnello scoppiò a ridere. «Bene, la vedrete. Come vi chiamate?»

    Marian esitò, mentre pensava a un nome facile da ricordare. «Fenton» mormorò infine. «Marion Fenton.» Marion era un nome anche maschile, Fenton era il cognome di Domina; se le fosse successo qualcosa, forse la famiglia dell’amica sarebbe stata avvisata. Nessun altro sapeva che lei si trovava a Bruxelles.

    «Dopo la battaglia tornerò a prenderlo, e farò in modo che sia restituito alla sua famiglia» si intromise il Capitano Landon.

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1