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Giochi di corte
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Giochi di corte

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Moglie innamorata e madre di due adorabili gemelli, lady Bess ha tutto ciò che desidera, tranne un marito che le stia accanto occupandosi di lei e dei figli. Pur amandola con tenerezza, infatti, sir Harry non sa resistere al richiamo di altre due grandi passioni, la vita di corte e il gioco d’azzardo, che lo portano a restare lontano da casa per lunghi mesi. Bess decide così di lasciare Maiden Court, la dimora di famiglia, per raggiungerlo a Richmond, alla corte del re, di cui Harry è amico e confidente. Dal momento stesso in cui la nobildonna ritorna a corte, però, la loro unione verrà messa a dura prova da malintesi e gelosie che minacciano di distruggere la felicità conquistata a costo di tanti sacrifici.
LanguageItaliano
Release dateApr 10, 2017
ISBN9788858963210
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    Giochi di corte - Laura Cassidy

    successivo.

    1

    Nel gennaio del 1541, Elizabeth Latimar diede alla luce il suo primo figlio, seguito, venti minuti dopo, da una sorella gemella. Nove mesi più tardi, Bess annunciò la propria decisione di raggiungere a Richmond Palace suo marito Harry, che si trovava al seguito di re Enrico VIII e della sua nuova regina.

    Ben sapendo che sua madre sarebbe stata contraria all'idea, Bess aveva deciso di metterla davanti al fatto compiuto.

    «Sarebbe del tutto imprudente» fu la prevedibile reazione di Joan de Cheyne. «I piccoli hanno bisogno di te molto più di quanto non ne abbia Harry.»

    Bess, risistemandosi il corpetto dell'abito dopo aver allattato i gemelli, si adagiò contro i guanciali, preparandosi a una prolungata disputa con la madre.

    Era senza dubbio grata di avere l'aiuto di Joan: il mestiere di madre non era uno di quelli che si imparavano in un batter d'occhio. A volte George e Anne piangevano senza alcun motivo apparente, gettando Bess in uno stato di trepidazione che l'esperta Joan riusciva sempre ad alleviare. Erano due bambini adorabili, dalla carnagione chiara, la chioma corvina e grandi occhi azzurri orlati da ciglia folte e nere, e la nonna stravedeva per loro. L'unico dispiacere per lei era che assomigliavano in modo impressionante al padre, senza aver ereditato alcunché della bellezza bionda di Bess.

    La maternità era gratificante, pensava Bess, ma non le pareva giusto dover per quello accantonare il proprio ruolo di moglie. Tutti sembravano infatti convinti che, ora che aveva dei figli, lei avrebbe dovuto dedicarsi solo ed esclusivamente a loro, oltre che alla gestione della tenuta di famiglia. Bess la pensava invece diversamente.

    Era grata al cielo di averle concesso una gravidanza dopo ben quattro anni di matrimonio, durante i quali si era a lungo preoccupata di essere sterile. Erano passati cinque anni dal giorno delle sue nozze, celebrate in una chiesetta del Devon, allietate dalla presenza degli amici più cari e dalla benedizione di sua madre, una donna di origini ben più umili, e del suo aristocratico padre, che l'aveva condotta all'altare.

    Cinque anni, dunque, da quando aveva sposato, per amore, sir Harry Latimar, un uomo del tutto estraneo all'ambiente in cui Bess era cresciuta. Harry era infatti uno dei personaggi più in vista alla corte dei Tudor, nonché uno degli amici più cari del re.

    Quando Bess e Harry si erano conosciuti, lui era fidanzato con un'ereditiera, promessagli dal re in segno di stima e di amicizia. Era quindi sorto uno scandalo quando Harry aveva rinunciato a una tale fortuna per prendere in moglie una giovane senza dote, giunta a corte dalle terre dell'ovest, su invito di una cugina. La Piccola Duchessa del Devon, come si divertivano a chiamarla alcuni, si era presto accattivata le simpatie dell'allora regina, Anna Bolena, restandole accanto anche nei tristi eventi che avevano poi portato all'esecuzione della sovrana, su ordine dello stesso re Enrico.

    Quando aveva lasciato la corte dei Tudor, Bess aveva portato con sé uno dei gioielli più ambiti e ammirati: l'attraente Harry Latimar. Per quattro anni non era riuscita, con sua grande costernazione, a dargli i figli che entrambi tanto desideravano, ma alla fine le nausee mattutine sempre più insistenti si erano fatte latrici della buona notizia. I mesi della gravidanza non erano stati facili, bensì afflitti da malori e stanchezza.

    Convocato a corte proprio nell'ultima fase della gestazione, Harry non era stato presente quando si erano levati i primi vagiti dei suoi figli. Ovviamente era accorso nelle ore successive, percorrendo a spron battuto le strade che collegavano Richmond a Kew, salendo poi le scale tre gradini alla volta per irrompere infine in camera di Bess con aria estatica.

    Il suo sguardo adorante si era posato prima sull'amata moglie, poi sui due piccoli capolavori, che dormivano nella culla accanto al letto. Harry aveva preso le mani di Bess e le aveva baciate con fervore, dichiarandole il suo amore sconfinato. In quell'attimo, Bess si era sentita al culmine della felicità.

    Il battesimo, tenutosi un mese dopo, era stato celebrato in grande stile, alla presenza del re in persona e dei personaggi più illustri della sua corte. Bess e Harry avevano trascorso i due mesi successivi senza separarsi un istante, vivendo in uno stato di idilliaco isolamento dal resto del mondo, finché, purtroppo, lui non era stato richiamato a corte.

    Ora mancava da casa da più di cinque mesi, e Bess non vedeva l'ora di ricongiungersi a lui.

    «È stato Harry a chiederti di raggiungerlo?» le domandò Joan con aria scettica.

    «No. Probabilmente pensa, come voi, del resto, che i gemelli sono ancora troppo piccoli per essere lasciati da soli.» Bess aveva letto e riletto l'ultima lettera del marito, colma di frasi affettuose, ma priva di un invito a raggiungerlo a Richmond.

    «E infatti è proprio così!» ribatté Joan. «Bess, cara, sei sempre stata una moglie esemplare, e Harry ha ogni diritto di aspettarsi da te una simile condotta anche come madre!»

    «Sono stata moglie, prima che madre» le ricordò Bess, ostinata. «E voglio stare al suo fianco. Essere separata da lui mi causa una gran sofferenza» aggiunse.

    Era la verità. Elizabeth amava così profondamente i suoi figli da occuparsi di loro con una sollecitudine quasi inappropriata in una donna del suo rango. Ma l'amore che provava per loro era di natura ben diversa da quello che nutriva per il loro padre, tanto che era impossibile cercare di mettere quei due sentimenti a confronto.

    Bess aveva amato Harry Latimar fin dal primo istante in cui aveva posato lo sguardo su di lui, in una giornata di pioggia scrosciante, nel cortile del palazzo di Greenwich. Nei mesi successivi quell'amore era sbocciato e cresciuto come un fiore, e aveva resistito a ogni avversità.

    Joan interruppe quei pensieri. «Hai qualche motivo preciso per voler andare da lui?» volle sapere.

    «Che cosa intendete dire, madre?» le chiese Bess in tono freddo. «Non è forse naturale che una moglie voglia rivedere il marito?»

    «Oh, certo.» Joan arrossì, rendendosi conto di aver irritato la figlia. Si allontanò di qualche passo, fingendo di affaccendarsi su e giù per la stanza.

    Bess era indispettita. Sapeva alla perfezione a che cosa stesse pensando sua madre. Harry attirava le appartenenti al gentil sesso come il nettare attira le api. Le era dunque rimasto sempre fedele nel corso di quei cinque anni di matrimonio? Bess non era in grado di rispondere, o forse non osava, ma non tollerava che alcuno, nemmeno sua madre, potesse anche solo insinuare che... Era dunque quello il vero motivo per cui voleva tanto recarsi a Richmond?, si domandò preoccupata.

    Preferendo non soffermarsi a considerare quella spiacevole possibilità, fissò il suo limpido sguardo azzurro, ora adombrato dall'ira, su sua madre, intenta a riattizzare il fuoco nel caminetto.

    Joan non aveva mai nemmeno tentato di valutare Harry Latimar paragonandolo agli altri uomini che conosceva. Era infinitamente diverso da tutti gli abitanti della comunità rurale del Devon in cui lei era nata e cresciuta. Ma era diverso anche da suo marito, Robert de Cheyne, padre di Bess, ora defunto. Vero era che i due condividevano i nobili natali, e un passato di valenti cavalieri al servizio del re.

    Ma quando Robert era rimasto storpiato da un grave incidente occorso durante un torneo, il suo vero carattere era venuto alla luce. Troppo orgoglioso per poter tollerare la pietà dei suoi pari, si era rifugiato nel Devon, dove aveva conosciuto e sposato Joan, e avevano rimesso in sesto una fattoria abbandonata. Insieme avevano coltivato la terra e cresciuto una figlia bella e virtuosa. Robert era stato un padre e un marito esemplare, che non aveva mai dato alla moglie alcun motivo di preoccupazione. Era morto due anni prima, nella stessa silenziosa dignità nella quale era vissuto. Joan aveva allora affidato la fattoria ai suoi nipoti, e si era trasferita da Bess in pianta stabile.

    «State pensando a mio padre?» le domandò Bess di punto in bianco, vedendola assorta.

    Joan avrebbe dovuto stupirsi di tanta sagacia, ma Elizabeth era sempre stata dotata di un intuito portentoso. Annuì in silenzio.

    «Mi manca molto» disse Bess.

    «Anche a me» sospirò Joan. In un attimo, condividere il ricordo del caro estinto disperse ogni tensione tra le due donne. «Sono sicura» proseguì Joan, «che se fosse qui anche lui metterebbe in discussione la tua decisione di allontanarti dai piccini.»

    «Oh, madre! Saranno qui, al sicuro, con voi che li adorate! Vi prego, cercate di capire perché debbo assolutamente andare!»

    «Non ci riesco, Bess! Non li hai nemmeno svezzati...»

    «Lo farò subito. Inizierò questa settimana stessa. Un poco di carne stufata, del latte... Avanti, so bene che vi piacerebbe dar loro la pappa!»

    Su quel punto la figlia aveva ragione. «Be'...» Joan esitò. «Hai intenzione di inviare un messaggio a Harry, per informarlo del tuo arrivo?»

    «No» decretò Bess. «Lo saprà quando mi vedrà davanti a sé.»

    «Ma, cara... ti sembra una decisione saggia?»

    «Perché non dovrebbe esserlo?»

    Di nuovo, Joan fu trafitta da quello sguardo azzurro, di colpo fattosi glaciale.

    Due settimane dopo Bess era sulla via per Richmond Palace. Richmond, in origine denominata Shene da una parola antica che significava bel posto, meritava pienamente un tale appellativo. Era incastonata nella foresta come una gemma preziosa, sulle rive del Tamigi, in un punto in cui le acque erano ancora azzurre. Le sue mura vantavano un gran numero di torrioni e torrette, conferendole una sagoma assai singolare, che si stagliava maestosa contro il cielo e il paesaggio circostante. I suoi giardini erano teatro dei divertimenti del re e dei suoi cortigiani, con distese erbose e fiorite, campi da tennis e per il tiro con l'arco, e ampi spazi per cavalcare.

    Da sempre era, tra le residenze reali, la preferita di Bess, tanto che la gentildonna non vedeva l'ora di rivederla.

    Era stata sua intenzione lasciare Maiden Court alle prime luci dell'alba, ma una serie di contrattempi era intervenuta a impedirglielo.

    Harry aveva portato la sua giovane sposa a Maiden Court subito dopo le nozze. Bess si era innamorata di quel posto non appena aveva posato lo sguardo sulla casa, vecchia, ma ricca di fascino. Allora era in cattivo stato: le grandi stanze erano percorse da spifferi gelidi, i muri erano spogli e scrostati, e le finestre annerite dal fumo. Ma la struttura portante era ottima, e la disposizione delle stanze gradevole, e così Bess si era messa subito al lavoro.

    Per un mese la fatiscente magione era stata teatro di frenetica attività, mentre i pavimenti venivano sgombrati e lucidati, il mobilio rinnovato, le finestre pulite e riparate. Non contenta di ristrutturare la casa, Bess si era anche impegnata a riportare i giardini allo splendore di un tempo, tagliando, potando e seminando dove necessario. Infine si era concentrata sui terreni, resi sterili da anni di inattività. In pochi mesi, l'intera tenuta era rinata sotto il suo amorevole tocco.

    Harry aveva osservato con divertito stupore il turbine di attività a cui la sua giovane moglie si era dedicata anima e corpo. Era spesso costretto ad assentarsi, e ogni volta che tornava a Maiden Court restava sbigottito dai prodigiosi cambiamenti occorsi nel frattempo.

    «Da dove arriva la nostra casa?» gli aveva domandato Bess una volta. «Voglio dire... quando ti ho sposato non sapevo nemmeno che tu avessi una tenuta a Kew.»

    «Non me ne ricordavo più» era stata la bizzarra risposta di Harry. «È stato un regalo.»

    Quella conversazione si era tenuta su una spianata sovrastante Maiden Court. Era tardo pomeriggio, e Bess aveva condotto Harry, tornato da poco, a vedere tutte le modifiche che lei aveva apportato durante la sua assenza. Harry si era profuso in complimenti e la moglie ne era stata assai compiaciuta. Erano poi rimasti a lungo a osservare dall'alto il loro nido d'amore, teneramente abbracciati.

    «Maiden Court è uno strano nome» aveva meditato ad alta voce Bess. «Ma delizioso.»

    «Viene dal francese» aveva risposto Harry. «Ma è stato modificato negli anni per via della cattiva pronuncia. Il comandante normanno che pose le fondamenta della casa la chiamò Mille un acres, mille e uno acri, ossia la ricompensa ricevuta per aver sconfitto i sassoni. Ma nel corso del tempo gli inglesi hanno storpiato il nome fino a dargli un suono che per loro avesse un senso compiuto, ossia Maiden Court.»

    «Oh!» aveva esclamato Bess, perplessa. «Pensavo fosse un omaggio alla figlia di uno dei proprietari. Chi te l'ha regalata? Il re?»

    «No, non lui.» Harry era stato stranamente evasivo. «Vieni, tesoro. Rientriamo, inizia a far freddo.» E il discorso era stato così abbandonato.

    In breve tempo Bess si era accattivata anche le simpatie degli abitanti del vicino villaggio di Kew, di solito notoriamente ostili ai forestieri. Quando passava a cavallo gli uomini si toglievano il cappello in segno di ossequio, e le donne si informavano cortesemente sulla sua salute.

    Tale popolarità era stata causata da un fatto avvenuto quando Bess risiedeva a Maiden Court da circa un anno. Una sera, proprio mentre Bess si accingeva a partire per raggiungere Harry a corte per i festeggiamenti natalizi, aveva trovato la sua cameriera personale, Mary, in lacrime. Tra i singhiozzi, Mary le aveva raccontato che sua sorella aveva da poco dato alla luce un bambino che, però, era nato talmente gracile da non avere molte speranze di superare la notte.

    «Sarà il decimo» aveva sospirato Mary.

    «Ha dieci figli?» aveva domandato Bess.

    «No, sarà il decimo che perderà.»

    «Ha già perso nove figli?» Bess era inorridita. Due o tre, per quanto terribile, era un fatto purtroppo normale, ma dieci...

    «Forse si può fare qualcosa» aveva dichiarato, sperando in cuor suo che fosse proprio così. Sua madre Joan era un'esperta di rimedi a base di erbe, e Bess aveva imparato parecchio da lei. A detta di Mary, il neonato faticava a respirare, come se avesse la gola occlusa. Bess si era frugata nella mente cercando di ricordare se Joan le avesse mai insegnato qualcosa in merito.

    Era corsa in camera sua per recuperare il libriccino in cui aveva trascritto tutti i rimedi usati da sua madre. Dopo aver letto le parti che le sarebbero potute tornare utili, aveva convocato Mary, ordinandole di condurla dalla puerpera.

    Le due giovani, imbacuccate a dovere, erano quindi uscite nella notte gelida e ventosa. Poco dopo avevano raggiunto una misera casupola ai bordi del villaggio.

    «Fate bollire dell'acqua» aveva subito ordinato Bess. «Quanta più possibile, usate tutte le pentole che avete in casa. Datemi il bambino e non preoccupatevi.» In quel momento di disperazione Bess era apparsa come un angelo biondo di fronte a quella povera gente, che non aveva esitato a eseguire le sue istruzioni. Aveva quindi preso in braccio il bambino ed era uscita al freddo della notte.

    Quando la casetta era stata satura del vapore creato dall'acqua bollente, Bess era rientrata e si era seduta accanto al fuoco, cullando l'infante e aspettando.

    Il giorno dopo gli abitanti del villaggio avevano gridato al miracolo, alla notizia che il piccolo Joseph aveva ripreso a respirare con facilità e riposava

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